[19] Le plusvalenze le fanno sempre gli altri
Cosa ci insegnano le parole in libertà di Giampiero Gasperini a proposito di utili dell'Atalanta e debiti dei grandi club
Permettetemi di iniziare questa settimana con un paio di novità che riguardano questa newsletter e la mia presenza social.
La prima riguarda i miei contenuti sulle varie piattaforme audio e video.
Da qualche giorno trovate alcuni contenuti di fubolitix.substack.com in versione podcast anche sulle principali piattaforme: Spotify, Apple, Google e Amazon. E naturalmente il mio canale Youtube.
La seconda invece vi riguarda più direttamente, diciamo in forma attiva.
Sono innanzitutto molto contento di vedere che questa pubblicazione cresce a buon ritmo: negli ultimi 30 giorni ad esempio ho avuto una crescita del 27,5% delle iscrizioni. E qualcuno di voi addirittura ha sottoscritto impegnandosi a pagare per questi contenuti, anche se non ho ancora attivato questa opzione.
Detto tra noi: penso di farlo, in futuro, ma vorrei tenere i contenuti aperti a tutti, per permettere a tutti di leggere e di fare quel che secondo me è più importante nel giornalismo online: poter commentare ed esprimere il proprio pensiero in modo organico, magari suggerendomi libri, link o altri approfondimenti.
Sin da quando scrivo online ho sempre apprezzato questo scambio continuo con i lettori, molto più intenso che in passato (quando si scrive sui giornali di carta, ad esempio, i feedback sono rarissimi e i numeri sul proprio operato quasi inesistenti).
E non vi nascondo che ritengo la possibilità che avete di commentare ed eventualmente correggermi uno dei motori fondamentali del giornalismo online che spinge chiunque produca contenuti a tenere sempre altissimo il livello di cura di quanto viene pubblicato.
Per questo sono sempre felice di leggere i vostri commenti qui sotto (e di vedere magare qualche like, che permette alla newsletter di essere meglio indicizzata e finire sui desktop di più persone). Ma siccome mi pare di aver capito che alcune piattaforme vengono percepite maggiormente come spazi di dialogo, ho deciso di aprire a tutti la possibilità di scrivermi direttamente su Twitter.
Mi piacerebbe che questa pagina (e quello che diventerà in futuro) contenesse anche vostri suggerimenti, domande e risposte. Ne avete la possibilità, utilizzate questi strumenti con cura.
Chiacchiere da bar su calcio e bilanci
Una settimana fa l’allenatore dell’Atalanta Giampiero Gasperini, in conferenza stampa, ha lamentato il fatto che il suo club: “con centinaia di milioni di utili combatte con chi ha milioni di debiti”.
Che gli allenatori ogni tanto si avventurino in discorsi economici non è una novità. Quando lo fanno, quasi sempre, usano un linguaggio demagogico fatto di mezze verità e astute omissioni, che per questo necessita di un approfondimento.
Ho chiesto ad Alberto Medici, consulente finanziario che spesso mi aiuta nel capire i bilanci dei club e con il quale collaboro da almeno 8 anni, di leggere un po’ i dati.
Gasperini dice bene quando evidenzia che da quando allena l'Atalanta il club fa “centinaia” (in realtà UN centinaio) di milioni di euro in utili. Precisamente 161 milioni.
Questo in un sistema in cui altre società hanno prodotto miliardi di euro di debiti. Anche questo è vero, inopinabile, in quanto solo i top 12 club europei hanno raddoppiato la posizione finanziaria netta nei soli "tre anni" di pandemia, nonostante oltre 1 miliardo di aumenti di capitale.
Quel che Gasperini non dice, e che è bene invece sottolineare - per capire come l’Atalanta fa gli utili - è che i 161 milioni di euro di utili, derivano da 362 milioni di plusvalenze (periodo, 2016-oggi).
Tutta questa impalcatura è sfociata in 50 milioni di cassa netta positiva (analisi più precisa meritano crediti-debiti da e verso il sistema calcio per una maggiore accuratezza del dato), che non è male in un sistema che brucia soldi come un casinò di Las Vegas, ma considerato lo step fatto con le ripetute qualificazioni europee deve porre l'accento sulla struttura complessiva.
Dal 2016 la gestione caratteristica ha generato i seguenti ricavi (in milioni): 57, 81, 84, 139, 151, 165 per un totale di 677 milioni. Nello stesso periodo il player trading ha prodotto: 22, 64, 68, 45, 89, 74 per un totale di 362M.
Significa che il 35% dei ricavi dell’atalanta derivano dal saldo tra giocatori acquistati e ceduti (362/1039 milioni).
Anche in questo caso, nessun problema: è scelta di una singola società il proprio modello di business e quello dell'Atalanta è lecitamente e stupendamente improntato alla valorizzazione dei calciatori.
Il costo del personale è stato di: 41, 53, 49, 69, 74, 88 per un totale di 374 milioni. Mentre gli ammortamenti in diritti sportivi: 11, 19, 30, 31, 39, 49 per un totale di 179 milioni. Sommati fanno 553 milioni (82% dei ricavi caratteristici). Dato che scende al 53% se consideriamo anche le plusvalenze, quindi a maggior ragione conditio sine qua non del business della sua società.
Manca pertanto il punto a cui voleva arrivare Gasperini che fa un lavoro super straordinario portando l'Atalanta in Europa e piazzandosi 4, 7, 3, 3, 3, 8, 6 nei suoi anni bergamaschi, ma in questo ragionamento demagogico mischia piani di confronto diversi:
l'obiettivo finale dell'Atalanta non è quello di vincere trofei come Juventus, Milan, Inter, ma valorizzare giocatori (e Gasperini lo sa da sempre)
quota parte dei debiti/spese degli altri club portano la firma di giocatori dell'Atalanta che implicitamente "contribuiscono" ai "suoi" utili
il bilancio di una società di calcio esce in perdita il 99% delle volte e senza cessioni non è mai in equilibrio a parte casi limite (Real Madrid, Man City, Bayern Monaco) che fanno della continuità tecnica il loro marchio di fabbrica (che però va finanziata in ogni caso, quindi debiti)
quindi, senza cessioni, la macchina si ferma, soprattutto la "sua"
Ed ora una confessione: a me questo sistema non piace, come non piace a Gasperini. Ma non mi sentirete mai appigliarmi a mezze verità per difendere una o l’altra posizione. Tutt’al più leggerete proposte, confronti, modelli orientati al futuro, per un calcio in cui la prima come l’ultima abbiano, almeno nel medio periodo, l’orizzonte possibile di una vittoria, e non la strutturale divaricazione attuale che le fa competere a condizioni non egualitarie.
Cosa che - ormai lo sapete - é insita nei sistemi professionistici americani e non in quelli europei.
Gli investimenti di 777 Partners
Nei giorni scorsi è stato annunciato che il pacchetto di maggioranza dell’Hertha Berlino è passato sotto il controllo di 777 Partners. Si tratta della formalizzazione di un’operazione che era nota e necessitava di tempi tecnici per la realizzazione (il comunicato).
A proposito della strategia di questo gruppo, che in Italia tra gli altri controlla il Genoa, si può trovare online una interessante analisi che ne spiega manovre e obiettivi.
Dopo aver completato l'acquisizione del Genoa nel settembre 2021, 777 ha continuato ad aggiungere club al suo gruppo: Vasco da Gama (febbraio 2022), Standard Liegi (aprile 2022) e Red Star FC (maggio 2022)
In una intervista rilasciata ad agosto 2022, Juan Arciniegas (che siede nel board di 777) spiega che avere un gruppo di club in portafoglio rappresenta il futuro degli investimenti sportivi per molte ragioni.
Ad esempio, possedere più club consente agli investitori di diversificare il rischio, soprattutto in Europa, dove i campionati hanno tipicamente una dinamica di promozione/retrocessione che tradizionalmente non esiste negli Stati Uniti.
Arciniegas spiega pure come ci sia un valore significativo nelle sinergie che derivano naturalmente dalla gestione di una rete di club combinati che lavorano all'unisono, sia che si tratti di condivisione dei dati, scouting, sofisticate funzioni finanziarie o anche attività di back office più banali.
Senza negare un aspetto: lo scambio di giocatori interno, che chiaramente può generare una mitigazione del rischio di svalutazione attraverso una accorta gestione degli asset (i cartellini) generando plusvalenze e scambi strategici.
Infine, a giudizio di 777, l'elemento più entusiasmante sono le opportunità commerciali che si presentano in quanto possedere più squadre di calcio consente agli investitori di beneficiare di economie di scala e di un potenziale maggiore potere contrattuale con le controparti.
Un aspetto, quest’ultimo, che è sempre stato in cima a quanto enfatizzato dal primo gruppo di club al mondo per valore e estensione che si conosca ad oggi, ovvero il City Football Group che fa capo al Manchester City e possiede club in tutti i contenenti.
Aspetto non di poco conto, perché se è vero che i diritti tv rappresentano una voce determinante nel bilancio di ogni club, è altrettanto vero che a fare la differenza maggiore sono i ricavi commerciali, visto che alcuni club (i maggiori) possono potenzialmente attingere ad un mercato internazionale, mentre gli altri sono relegati ad una dimensione regionale se non nazionale.
In questo senso sarà interessante monitorare l’evoluzione dei ricavi da sponsorizzazioni del Genoa, una volta che i rossoblù saranno tornati in Serie A.
Egonu
In Italia è in atto una vergognosa campagna di stampa - alimentata da politici razzisti - contro Paola Egonu, campionessa della nazionale italiana con la quale ha vinto la Nations League lo scorso anno ed ha recentemente ottenuto l’oro Europeo e il bronzo Mondiale.
Certi valori, come quello dell’antirazzismo, non sono negoziabili, e quindi sul tema è bene non tacere, mai. Ne ho scritto su Twitter, in un breve Thread.
Doveroso anche un giudizio di merito: permettersi di pesare le parole espresse da chi è stato vittima di abusi (in questo caso razziali) é inaccettabile.
La frase incriminata “l’Italia è un paese razzista” - pronunciata da Paola nel tritacarne di Sanremo - è stata diverse volte spiegata e precisata da Egonu, ma la strumentalizzazione non cessa, e questo rivela purtroppo nella sua essenza che quanto percepito, e ancor peggio subito da Paola, è un sentimento radicato nella nostra società. Per questo torna sempre d’attualità un verso di Francesco Guccini: “sempre l'ignoranza fa paura ed il silenzio è uguale a morte”.
O se preferite, in maniera più diretta: su certi temi il silenzio è il primo stadio della complicità.
Sport e Startup
Nonostante il momento di tensione sui mercati finanziari, vi è una certa effervescenza sul mercato per una serie di iniziative che sono state annunciate nelle ultime settimane in materia di sport e startup.
1️⃣ L'FC Barcelona prevede di investire in startup tecnologiche attraverso la sua iniziativa Barcelona Innovation Hub (BIHUB).
2️⃣ Chiliz ha lanciato un incubatore + acceleratore blockchain da 50 milioni di dollari per assistere le startup di Web3 e sport/intrattenimento.
3️⃣ L'NBA ha annunciato che 7 nuove startup di tecnologia sportiva saranno ammesse al suo acceleratore di lancio.
4️⃣ Major League Soccer sta lanciando MLS Labs, un programma incubatore per giovani startup tecnologiche sportive per testare e scalare i loro prodotti.
È bello vedere che questi campionati e squadre considerano il loro "prodotto" più di un semplice sport, ma un hub di innovazione.
È tuttavia evidente che il fenomeno è più americano che europeo. Ma come spesso si dice, quel che accade oltre oceano ben presto potrebbe arrivare anche da noi.
In Italia esiste qualcosa di simile ed è il WyLab di Chiavari.
Il paese tuttavia rimane storicamente poco propenso al rischio diretto, come dimostra il numero esiguo di startup presenti sulla scena, legata soprattutto ad una propensione al rischio quasi nulla di chi detiene significativi capitali.
Eppure rimangono tre grandi domande, da una prospettiva italiana e europea.
1. Di quante squadre - leghe - aziende con propri incubatori + acceleratori ha bisogno l'ecosistema?
2. Quanto ci vorrà prima che i club e le leghe, italiane e europee, sviluppino una strategia in questo senso.
3. Ci sono abbastanza startup tematiche sportive in costruzione?
Una situazione da monitorare con interesse.
Outro
Questa settimana vi lascio alla lettura di un pezzo che personalmente mi ha catturato dall’inizio alla fine. Michele Spiezia su Storie Sport ci racconta di come 45 anni fa il rapimento di Aldo Moro cambiò anche la narrazione sportiva in Italia.
Tra le altre cose un passaggio interessante di storia del giornalismo: nel marzo del 1978 sull’onda emotiva di quel fatto clamoroso fece nascere la pagine di cronaca dentro i giornali sportivi.
Una testimonianza di valore, da leggere.
E anche per questa settimana é tutto.
Teniamoci in contatto!
A presto