[29] L'ascesa dei "non sono juventino ma..."
Il fronte anti vede sollevarsi sempre più voci critiche su tifo e giustizia sportiva mentre l'Uefa certifica dal suo interno il ricatto contro i bianconeri
Se mi seguite su Twitter sapete che nell’ultima settimana mi sono astenuto dal commentare il -10 alla Juventus in classifica, ma ho twittato un paio di volte a proposito delle parole di Evelina Christillin.
Juve esclusa dalle coppe dalla Uefa? Possibile. Non dimentichiamoci che con la Uefa i rapporti non sono eccellenti dopo la questione Superlega. Passi di avvicinamento non se ne sono visti al momento.
Mi interessa poco enfatizzare la sua provenienza, la presunta vicinanza alla famiglia Agnelli.
Semmai ci sarebbe da interrogarsi su cosa è oggi la famiglia Agnelli-Elkann, che viene dipinta come un blocco monolitico, nonostante le divisioni anche giudiziarie che la attraversano ormai da un ventennio. Ma questa è un’altra storia.
Quello che conta qui è che un membro del board dell’Uefa ha certificato (senza che nessuna delle parti in causa, la Juve stessa e l’Uefa, intervenisse a smentire o replicare) che la vicenda Superlega è parte integrante delle sentenze sui processi sportivi (sia chiaro: sportivi) ai danni della Juventus.
Ieri, poi, è uscito questo titolo della Gazzetta.
Un titolo che certifica ulteriormente che vi è una forma ricattatoria in atto.
Non è normale che la Uefa pensi di utilizzare i processi sportivi come arma politica.
Non è normale che il club e il calcio italiano di conseguenza non vengano tutelati da un’ingerenza inaccettabile.
Non basta che il solito Sandro Gozi (Parlamentare Europeo di Renew Europe) scriva:
Va ricordato all’associazione svizzera UEFA che nella UE vige lo stato di diritto e che non si fanno ricatti in attesa di una sentenza della Corte: si aspetta e rispetta la decisione.
E sia chiaro che qui il problema non è la Gazzetta dello sport che riporta informazioni in suo possesso che nessuno smentisce, dopo mesi in cui le voci interne all’Uefa avvertono sul ricatto in essere.
Semmai un giornalista a quel punto dovrebbe sentire la necessità di non essere solo notaio ma di fare un’analisi a tutto tondo. Sollevare un dubbio di forma, di merito e pure di coscienza.
Un compito suo, e quindi una colpa parziale. Ma un compito anche di altri: il club, le istituzioni sportive, la politica.
Ma tutto questo non accade.
Giudicate voi. Io qui mi limito a proporvi l’editoriale di Guido Vaciago su Tuttosport che all’indomani della sentenza titola “Era tutto scritto” oltre ad un pezzo riassuntivo di Fabrizio Bava che ha dedicato diversi articoli sul suo blog in questi mesi al caso.
“Non sono juventino ma…”
Ascolto in forma crescente una serie di posizioni critiche da parte di giornalisti e non solo sulla vicenda Juve che aprono un fronte interessante, quello dei “non sono juventino ma…”.
Il direttore Claudio Cerasa su Il Foglio parla di farsa e aggiunge un punto secondo me decisivo, sul piano garantista della questione:
La giustizia sportiva ha fatto tutto questo non aspettando di conoscere l’esito delle indagini penali, almeno di primo grado, ma facendo di tutto per punire preventivamente la Juventus
Poi, siccome i tifosi non sono mai contenti, c’è chi su Twitter se la prende con lo stesso Cerasa dicendo “troppo facile parlare a sentenze emesse”.
Ed allora magari può servire un ripasso generale, ben documentato da chi invece la vicenda la sta denunciando e stigmatizzando sin dal primo giorno, ovvero Cataldo Intrieri, avvocato di dichiarata fede milanista (non che dirne il tifo serva, ma a quanto pare aiuta a raggiungere la sensibilità di qualcuno, il che mi fa un po’ ribrezzo farlo e dirlo, ma tant’è), che su Linkiesta ne ha scritto da gennaio ad oggi.
Quasi quasi basta un collage dei suoi titoli per farne un articolo.
Tutti i contorni politici della giustizia sportiva sulla Juventus (6 febbraio) : la regola che la Juve avrebbe violato non c’è (30 gennaio), la sentenza del Tar e la necessaria rivoluzione della giustizia sportiva (8 marzo), la criptica decisione del Coni e il precedente Meani a favore della Juve (22 aprile), le strane motivazioni del Coni sulla Juventus e le prospettive di un caso ancora aperto (9 maggio).
A questi si è aggiunto negli ultimi giorni un pezzo di taglio totalmente diverso.
Il direttore di Rivista Contrasti, Andrea Antonioli, scrive che L’anti juventinismo è il nuovo grillismo, in un pezzo che vi invito a leggere per intero in cui puntualizza tra le altre cose alcune situazioni interessanti, soprattutto perché, ancora, arrivano da un non juventino che prova ad essere onesto intellettualmente.
La storia, quando la rileggi due decenni dopo, assume contorni diversi:
Non ne posso più di Calciopoli che, diciamocelo, aveva ragione Cossiga: è stata un’operazione “piedi puliti”, una Tangentopoli del calcio che non ha portato alcuna moralizzazione, anzi; siamo passati dalla prima alla seconda repubblica pallonara e le nostalgie per la prima, politicamente e calcisticamente, galoppano ogni giorno di più.
La giustizia sportiva è stata messa a nudo:
Il problema è che il dibattito, chiamiamolo così, è talmente incancrenito nelle logiche polarizzanti e becere del tifo che nessuno (o quasi) riesce a prendere atto della più immediata evidenza di tutta questa storia: la giustizia sportiva non esiste, non ha alcuna autonomia specifica. È una sottocategoria farsesca della giustizia ordinaria, da cui prende contenuti ma non garanzie – basti pensare che le famose intercettazioni, prova regina della colpevolezza bianconera, ancora non erano entrate formalmente nel processo penale, e anzi erano solo gli stralci di intercettazioni selezionati dall’accusa.
Vi è un trait d’union tra lo spirito italico che respiriamo in politica e quello che vediamo nello sport:
Gli anti-juventini sono i nuovi grillini, moralisti e populisti, armati di una retorica stracciona e vittimista, fintamente egualitaria quando in realtà pretende solo il contrario – ovvero che la giustizia sia uguale per tutti tranne che per la Juve, per la quale c’è sempre e a prescindere la presunzione di colpevolezza.
Perché alla fine quest’ultimo mi pare il punto più importante. La vicenda Juventus ci racconta lo spirito di un Paese, dei suoi ultimi 30 anni e di quel che rimane di uno stato che non è mai stato nazione.
Soft power tribale
Nel 2025 la MLS americana aprirà ad una nuova franchigia: San Diego. Dopo la crescita degli ultimi anni dovrebbe trattarsi di una delle poche nuove espansioni del campionato di calcio a stelle e strisce.
Il nuovo club, che dovrebbe iniziare a giocare nel 2025, sarà di proprietà del miliardario egiziano Mohamed Mansour e soprattutto della Sycuan Band della Kumeyaay Nation. Secondo quanto riferito, il gruppo pagherà la cifra record di 500 milioni di dollari per assicurarsi l'ultimo slot di espansione di MLS.
La Sycuan Band è una delle tredici tribù Kumeyaay. Ognuna di esse rappresenta una nazione sovrana con la propria riserva istituita a livello federale. Il territorio aborigeno del popolo Kumeyaay negli ultimi 12.000 anni si estendeva da Escondido nel nord della contea di San Diego, a sud fino all'odierna Ensenada, in Messico, e ad est fino al Mar Salton.
Nel 1891, con l'approvazione dell'Act for the Relief of the Mission Indians, gli Stati Uniti riconobbero lo status sovrano degli indiani della California. Oggi, la gente della Sycuan Band dei Kumeyaay è orgogliosa, e sfrutta al massimo le ricchezze della propria piccola riserva.
Il coinvolgimento della tribù la vede diventare la prima tribù di nativi americani ad avere una quota di proprietà nel calcio professionistico negli Stati Uniti. Del resto storicamente i Kumeyaay erano abili cacciatori e agricoltori con un riconosciuto spirito innovativo, che raggiunsero una comprensione sofisticata e scientifica della vita vegetale e animale e delle acque del loro territorio.
Ovviamente come spesso accade in queste situazioni, il consorzio di investitori sarà molto ampio. Tra di essi la star della Major League Baseball (MLB) Manny Machado e il cofondatore di Zephyr Partners Brad Termini, Tom Vernon e Dan Dickinson, rispettivamente fondatore e membro del consiglio dell'accademia di calcio Right to Dream con sede in Ghana.
Tom Penn, ex presidente del club del Los Angeles FC, sarà amministratore delegato. La squadra giocherà allo Snapdragon Stadium, sede del San Diego Wave della National Women's Soccer League (NWSL), che si trova nel campus della San Diego State University (SDSU).
Manchester City vs Premier League
Mesi fa su Twitter feci notare (nei giorni in cui emerse il video anti juventino di Ciro Santoriello) come anche in Inghilterra ci fosse un caso simile, e scrissi:
Il presidente del panel di inchiesta che giudicherà il #ManCity é tifoso dell'#Arsenal. Tutto il mondo é Paese :)
Con un certo stupore mi presi insulti di vario genere dai tifosi della Juventus.
Nei giorni scorsi si è saputo che il Manchester City ha intentato azioni legali contro la Premier League in merito alle accuse di violazioni delle regole finanziarie.
Tra queste il City ha contestato il coinvolgimento di Murray Rosen KC, il capo del collegio giudiziario indipendente della Premier League, come persona che nomina il presidente della commissione disciplinare. Il Times osserva che, secondo le regole, Rosen può nominare se stesso.
Murray Rosen KC, peraltro, é il suddetto tifoso Arsenal.
Ovviamente il City va su questioni di forma, non potendo contestare il tifo di Rosen. Ma quel che rimane, come scrivevo qui in passato, è il sostanziale corto circuito che diversi istituti di giustizia sportiva stanno affrontando in diversi paesi, non solo in Italia.
Regole FIFA sospese in Germania
Il Tribunale distrettuale di Dortmund ha temporaneamente vietato alla FIFA e alla Federcalcio tedesca (DFB) di «fare rispettare, attuare o applicare» il regolamento sugli agenti dei calciatori adottato nel dicembre 2022. Secondo quanto riportato da Sky Sport Deutschland, l’ottava camera civile ha concesso la protezione legale urgente alle richieste degli agenti sportivi Ralf Bockstedte e Michael Frank, che considerano anticoncorrenziali le restrizioni previste dai regolamenti FIFA (Calcio e Finanza).
I regolamenti della FIFA non sono norme puramente sportive e non sono pertanto esclusi dall’ambito di applicazione dell’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea.
L’articolo 101 è, tra le altre cose, al centro del processo in corso sulla Superlega e sul potenziale monopolio della UEFA nell’organizzazione delle competizioni calcistiche, finito davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea.
Serve una Superlega nel Volley
Lunedí scorso ho avuto una interessante chiacchierata con Kaweh Niroomand, amministratore delegato di Br Volleys Berlin, squadra campione di Germania di pallavolo.
Tra le altre cose Niroomand mi ha detto che spera quanto prima di avviare un dibattito con la CEV (l’equivalente pallavolistico dell’Uefa) per migliorare la Champions League. Ricorda nulla?
Ne è uscito questo articolo su iVolleyMagazine, con cui collaboro da qualche mese.
Nel volley come nel calcio il problema è lo stesso e Niroomand lo inquadra cosí:
Io credo che possiamo discutere con la CEV di una EuroLega, e capire se la federazione europea ha a cuore anche i club o solamente le federazioni. Ci sono spazi per discuterne, credo. La Champions league è migliorata, ma non basta ancora: i soldi arrivano in là nella competizione e contribuiscono solo ad aumentare il gap esistente tra club delle federazioni più ricche e gli altri.
Il dato di fondo è che la sentenza Superlega, attesa per luglio, è attesa non solo dal mondo del calcio, ma da tutto lo sport europeo (club in primis) come una nuova sentenza Bosman che potrebbe cambiare le prospettive.
Outro
Chiudo la newsletter di questa settimana rispondendo ad una domanda che a volte aleggia tra i tifosi, soprattutto juventini.
Perché si ha spesso l’impressione che altri club, come PSG, Barcellona, Manchester City, godano di immunità ed escano - al contrario della Juventus, indenni dalle vicende giudiziarie che li riguardano?
La risposta l’ho data all’inizio: perché anche nel calcio emerge il come l’Italia sia uno stato ma non una nazione, perché non serve una costituzione materiale per tenere insieme diversi territori e diverse persone, ne serve anche una morale che le porti a sentirsi parte di un insieme capace di essere più forte della somma delle parti.
Per questo vi invito a leggere Il calcio alla sbarra di Oliviero Beha, che analizza i casi giudiziari fino a Calciopoli evidenziando come prima del 2006 anche il nostro sistema fosse retto da questa autoimmunità interna, saltata dalla metà degli anni 2000 in poi.
Noi ci sentiamo la prossima settimana.
Restiamo in contatto!
A presto