[31] FIFA e UEFA federazioni o oligarchie?
Dopo Euro 32 anche i Mondiali 30 e 34 saranno decisi unilateralmente: una accelerazione del declino del modello federale assembleare. Ormai non si vota più, decidono i vertici
Nel tardo pomeriggio di mercoledi 4 ottobre 2023 il presidente della Conmebol, Alejandro Dominguez, ha annunciato che il Mondiale 2030 inizierà in Sudamerica con ben 3 partite inaugurali che si giocheranno in Argentina, Paraguay e Uruguay.
Ora, già avere 3 partite inaugurali pare una supercazzola comica, ma andiamo avanti.
La FIFA ha successivamente fatto sapere ufficialmente che il Mondiale si sposterà poi in Europa e Africa e si giocherà quindi in Portogallo, Spagna e Marocco.
Tre continenti e sei paesi coinvolti.
Non è finita: poche ore dopo l’Arabia Saudita ha ufficializzato la sua candidatura per il 2034.
In un colpo quindi le tre manifestazioni d’interesse per il Mondiale sono state tutte accontentate a tavolino dai vertici FIFA. La Conmebol (che ha scritto comunicati entusiastici) aveva poche pretese da avanzare, del resto con la riforma del Mondiale a 48 squadre già dal 2026 qualificherà 6 squadre su 10, un incredibile 60% il doppio dell’Uefa (16/55, il 29,1%).
Già al momento dei primi annunci era chiaro a molti osservatori che l’espediente dei tre continenti stava spianando la strada ad un mondiale in Asia 12 anni dopo quello dell’inverno scorso in Qatar. La possibilità che anche nel 2034 si giochi d’inverno è concreta, con buona pace dell’Australia, altra potenziale candidata a quell’edizione, che a questo punto potrebbe puntare tutto sul 2038.
Dodici anni di questi tempi sono un’eternità, ma il significato politico di quanto sta accadendo è evidente.
In primis la mossa apre un fronte FIFA - Arabia Saudita che permette alla Federazione internazionale di entrare in stretto rapporto con chi nei prossimi anni farà certamente passi in avanti per affermarsi ulteriormente sul mercato calcistico.
C’è anche una nota a latere, lontana ma giusta da menzionare: l’escalation saudita e l’agenda che la FIFA sta delineando sancisce ulteriormente il totale fallimento del piano cinese sul calcio varato nel 2015. Una candidatura di Pechino (auspicata in quel piano) si allontana fino a sparire dall’orizzonte.
Dopo Euro 32 che verrà inevitabilmente assegnato dalla UEFA a Italia e Turchia (lasciando la patata bollente della primogenitura del torneo, che scopriremo solo quando il comitato organizzatore dirà dove si giocherà la finale), anche la FIFA sceglie la strada di decisioni a tavolino che svuotano la natura assembleare delle federazioni internazionali.
Era difficile superare Joseph Blatter, che il 3 dicembre 2010 orchestrò il doppio voto per assegnare i mondiali 2018 e 2022 a Russia e Qatar.
Il già bistrattato voto assembleare perde completamente il suo significato. Gli accordi si fanno a tavolino in nome di equilibri politici dai contorni nebulosi.
Se mi seguite da un po’ già cosa penso delle Federazioni e del loro ruolo attuale nel mondo del calcio, per questo non voglio dilungarmi eccessivamente sul punto. In caso contrario trovate pressoché in ogni newsletter qualche riferimento.
Mi limito qui a ribadire tre necessità a mio modo di vedere sempre più improrogabili per uscire dal corto circuito dentro il quale il calcio (e tutti gli altri sport, se guardo all’esterno e a quello che molto similarmente fanno le altre federazioni) si sta cacciando.
una legislazione che dia libertà esplicita ai club di gestire i propri campioni senza vincoli di chiamata
uno spostamento dell’asse da tornei sotto l’egida delle federazioni a leghe libere sul modello americano
un confinamento delle federazioni a ruoli promozionali, e la fine del sostanziale monopolio che esse esercitano sulle discipline di loro competenza
Lo dico in quest’ordine: club, leghe, federazioni, perché è in quest’ordine che le cose devono accadere sul piano prima legale e poi politico. La liberalizzazione iniziale dell’attività dei club deve portare a leghe libere e successivamente alla riduzione del perimetro d’influenza federale.
Qualsiasi altra distribuzione temporale rischierebbe di risultare lettera morta.
Oggi l’Unione Europea ha altri problemi, mi pare chiaro, ma è inevitabilmente dal Parlamento di Bruxelles che deve partire una attività legislativa in grado di mettere realmente lo sport professionistico dentro l’agenda dell’unione.
Personalmente non temo l’escalation araba nel calcio: mi preoccupa molto di più il vuoto normativo europeo che rende il calcio continentale terra di conquista e lo lascia in mano ai satrapi federali.
E intanto aspettiamo da 10 mesi il pronunciamento della Corte di Giustizia UE sul caso Superlega… almeno otto mesi di ritardo sull’iniziale agenda… un silenzio assordante.
La Serie A perde ascolti…
Nelle prime 7 giornate di campionato - dati Auditel Total Audience - la Serie A ha perso 1,6 milioni di ascoltatori (per la precisione 1.662.967) ovvero 237 mila spettatori a settimana (237.567).
Solo due giornate, la prima e la quarta, hanno registrato un risultato migliore dell’anno precedente, tutte le altre invece sono risultate in deficit, in particolare nella quinta e sesta oltre un milione di persone in meno ha guardato le partite trasmesse.
Non è facile entrare compiutamente dentro tutte le motivazioni che possono aver generato questo allontanamento.
Di certo è sterile l’insistenza dei dirigenti sul tema della pirateria, come se alla base ci fosse esclusivamente un problema di illegalità.
La pirateria è un alibi che evita l’autocritica.
Basta allargare l’orizzonte ed informarsi per scoprire che la pirateria è proporzionale al business. E che - giusto per avere un dato di riferimento - il campionato inglese è quello più piratato al mondo, ma al contempo anche quello di maggior successo economico, avendo basi ben più solide del nostro. La pirateria, insomma, esiste da sempre.
Al contrario, ci sono due temi nuovi che sono entrati in gioco.
In primis non si può pensare che l’attuale congiuntura economica (negativa) non abbia un ruolo.
In secondo luogo - per fare un’analisi di breve periodo - di certo va considerato il cortocircuito creato sul caso Juve, che somma vicenda disdette (la campagna social condotta dai tifosi), risultati in calo del club, gioco non esaltante (gli #allegriout) ed anche il disappunto dei tifosi avversari (quelli che citano “la difesa del brand” a prescindere che si stia parlando di calcio o di altro).
In altre parole il fatto che la FIGC sia riuscita nel 2023 a coalizzare sugli stessi temi (ma con motivazioni diverse) juventini e anti, è un dato pericoloso per il seguito al campionato. Non era cosí ad esempio nel 2006 quando una parte d’Italia riteneva che giustizia fosse stata fatta e l’altra no.
Oggi tutti urlano all’ingiustizia. Non entro qui nel merito, ma è bene capire quale è stato l’effetto indotto dall’operato della giustizia sportiva nei primi sei mesi del 2023. Anche perché qui stiamo parlando in sostanza di calo dal 22/23 al 23/24.
Vi è poi un terzo tema di lungo corso che sembra peggiorare di anno in anno e settimana in settimana. Ovvero la narrazione tossica e sempre orientata allo scontro e alla polemica, fomentata da presidenti e dirigenti stessi, e alimentate ormai stabilmente da giornalisti - faziosi per loro stessa ammissione -, che allontana i “tiepidi”, non avvicina i giovani e alla lunga stanca anche chi non digerisce la guerra di bande senza quartiere che viene inscenata senza soluzione di continuità.
Non ho dubbi, a tal proposito, sul fatto che la scelta di aprire gli audio del Var, sia solo un ulteriore passo verso una litigiosità faziosa ancor più marcata.
Un passo ulteriore verso la marginalità del nostro prodotto calcio nello scacchiere internazionale, anche se il ministro Andrea Abodi è convinto e proclama: «Audio VAR in tv contro cultura del sospetto e complotto».
Staremo a vedere. Ma pare lo stesso tema che si evocava al momento dell’inserimento del Var. Che non mi pare abbia cambiato alcunché, anzi.
…e i diritti tv non si vendono
Quel che è certificato, ad oggi, è che la Serie A cerca ancora di trovare la quadra per i diritti tv 2024/2027 (o 29, dopo l’allungamento da 3 a 5 anni del ciclo).
Ma il famoso miliardo non si trova.
Anche qui Abodi dice la sua: “Stiamo iniziando a lavorare sull’architettura di base di una riforma della gestione dei diritti audiovisivi. Dopo di che inizierà un confronto con tutti i portatori di interesse perché è opportuno che venga ammodernata, ma non calandola dall’alto. La legge Melandri ha avuto la sua utilità ma il mondo è tanto cambiato, è opportuno riscriverla. Mi auguro di poterlo fare entro la primavera prossima”.
Sorvolando sui tempi (la primavera sarebbe vicinissima all’inizio del campionato e il rischio di arrivarci senza un accordo è concreto), il problema non è la legge, il problema è di mercato, perché basta andare a vedere gli utili (pochissimi) e le perdite (ingenti) di chi in questi anni ha investito nel calcio in tv per capire che semplicemente quel miliardo rappresenta una cifra difficilmente raggiungibile.
Finora la Serie A ha navigato a vista e se l’è cavata:
prima ha trovato l’espediente di spacchettare i diritti su diverse le piattaforme (come se la partita vista via satellite avesse qualcosa di diverso da quella sul digitale terrestre, per dire)
poi ha visto la comparsa all’orizzonte di Dazn (e dello streaming) che ha coperto cifre che Sky non voleva più sborsare
Significativo un paragone con quel che è accaduto in Inghilterra quando la English Football League (Championship, League One, League Two) a sorpresa ha respinto la proposta Dazn, preferendo un accordo con Sky, più solido in termini di abitudini dei tifosi e continuità dell’offerta, a scapito di una quota di ricavi in più.
Ricavi che, sia chiaro, all’EFL servono come il pane (non stiamo parlando di Premier League ma di categoria che hanno un endemico bisogno di risorse e club a rischio fallimento in misura crescente).
Ma qui appunto c’è una concezione alta e solida del brand e del servizio al tifoso/cliente che da noi invece a volte pare inesistente.
A conti fatti il famoso miliardo, dopo che nel triennio precedente già i diritti internazionali sono stati ridimensionati, ad oggi pare una chimera: una cifra che il mercato non è disponibile ad investire su un prodotto che presenta problematiche profonde come il calcio italiano di Serie A.
SuperLega Uefa
Il quotidiano spagnolo El Pais ha scritto nei gironi scorsi che la Uefa starebbe studiando una riforma radicale delle Coppe Europee con 3 livelli da 18 squadre.
Si tratta di una indiscrezione smentita dall’Uefa, ma da cui emergono almeno 3 cose interessanti e verosimili di cui ho già parlato in passato, e che ora sembrano entrare in agenda, come prevedibile.
retrocessioni e promozioni: quel che sembra normale nelle competizioni nazionali non lo è in quelle continentali. Questo meccanismo significherebbe superare radicalmente la qualificazione su base nazionale
calcio europeo nel weekend: è il vero nodo economico, giocare sabato e domenica è ciò che fa fare i soldi (apre ad esempio ai mercato asiatici dove la Champions arriva in piena notte)
una struttura su 3 livelli: sembra assodato che i 3 livelli possano in qualche modo dare garanzie a diverse tipologie di squadre, anche se le 54 squadre ipotizzate sembrano un po’ poche
Tutti e tre i punti, se affrontati, minerebbero alla base la natura stessa dell’Uefa. Normale quindi che la federazione europea smentisca, non può permettersi fughe di notizie su questioni così cruciali della sua stessa esistenza. La piattaforma così costruita avrebbe un senso, ma verrebbe meno il ruolo di “federazione di federazioni” dell’Uefa.
Il punto uno di fatto toglierebbe di mezzo la qualificazione su base nazionale che è il cuore dell’attuale sistema perché tra l’Uefa e i club stanno sempre le federazioni e sembra difficile bypassarle di netto.
Il punto due va a minare il business stesso delle leghe nazionali, il privilegio di giocare negli orari migliori per l’entertainment, togliendo loro date e appeal. Quello che una Superlega indipendente potrebbe fare, andando per la sua strada, difficilmente può essere al centro dell’azione dell’Uefa, che significherebbe andare contro le Federazioni associate, a meno di un corto circuito che metterebbe i vertici federali contro la natura stessa della federazione.
Il punto tre è molto limitante, si parla di 54 squadre ma non bisogna dimenticare che l’Uefa ha 55 federazioni iscritte: significa di fatto tagliare fuori dalle coppe la maggioranza di esse. Nulla è impossibile, ma quale prezzo avrebbe lo strappo?
Cosa rimane quindi di concreto dopo questa uscita di El Pais?
L’idea della Superlega è più viva che mai e l’Uefa lo sa bene.
Lo spauracchio saudita esiste all’orizzonte (un orizzonte nemmeno troppo lontano).
Giusto che la Federazione Europea si interroghi, ma il salto carpiato necessario per stare al centro del sistema pare assai arduo da compiere ed equivarrebbe ad un colpo di stato dirigenziale contro la natura stessa della federazione (che deve rendere conto alle federazioni, non è cosi facile fingere che non esistano).
Intanto fermerei un punto: la Champions League 2025-2027 è ormai in fase di lancio e le condizioni generali la rendono inattaccabile ed al momento inattaccata. Ma il format potrebbe avere vita breve.
L’impressione è che le lancette della rivoluzione siano solo spostate in avanti.
Non sappiamo chi vincerà, ma sappiamo che: anche se la Superlega come l’abbiamo conosciuta è finita, le istanze della Superlega sono più vive che mai. E di certo su di esse anche in Uefa ci si confronta e si discute.
Top club inglesi vendesi
Jim Ratcliffe starebbe considerando una quota di minoranza del Manchester United. Una mossa studiata per mettere fuori corsa il fondo qatariota guidato dallo sceicco Jassim bin Hamad bin Khalifa Al Thani.
Quest’ultimo è cugino di Nasser Al Khelaifi, presidente del PSG, che il 10 giugno scorso si è detto totalmente estraneo all’operazione.
Secondo Ratcliffe - che risulta essere il secondo uomo più ricco d’Inghilterra - entrare con una quota di minoranza permetterebbe di ammorbidire i Glazers e passare in vantaggio rispetto al fondo qatariota.
Ma sullo sfondo rimangono speculazioni dall’Inghilterra secondo le quali l’accordo coi qatarioti sarebbe già fatto e si starebbe solo aspettando un momento politicamente propizio per l’annuncio.
Il blocco delle 3pm
Sul territorio della Gran Bretagna non è possibile trasmettere alcuna partita di calcio alle 15 del sabato.
Questo accade per effetto di una legge che punta a favorire la socializzazione in un orario storico, minimizzando negli intenti il rischio di rinchiudere in casa davanti alla tv un’intera nazione pazza per il football.
La legge peraltro negli anni ha anche favorito il calcio minore, perché l’assenza di partite ha certamente incentivato i tifosi a seguire il calcio sul campo. E spesso la preferenza è accordata alle piccole squadre locali, con effetti apprezzabili sull’affluenza di pubblico alle serie minori.
Da mesi è in atto un dibattito tra chi vorrebbe rimuovere la legge e chi la difende a spada tratta. Toglierla significherebbe offrire alla Premier League una nuova ghiotta fascia oraria sulla quale lucrare in vista del prossimo accordo sui diritti tv.
Si tratta di una questione solo apparentemente secondaria, perché - come detto sopra - la disponibilità di questa fascia negli anni ha di fatto incentivato le varie categorie minori a mantenere pressoché intatta l’abitudine a giocare alle 3 del sabato mantenendo costanti i ricavi da stadio.
Dal punto di vista dei diritti tv gli inglesi sono sempre stati molto attenti e lungimiranti. Sia in Premier League che nelle categorie inferiori. Tutt’oggi solo il 50% delle gare del massimo campionato vengono trasmesse in tv, le altre (eccezion fatta per i periodi di lockdown) no.
Questa accortezza è tra le principali cause che hanno moltiplicato il valore dei diritti dei campionati negli anni.
…in Italia invece
Anni fa ebbi modo di chiedere ad un alto dirigente calcistico italiano di una lega minore: “Perché anziché promuovere lo spezzatino non rivendicate una fascia oraria in cui far giocare tutti, per ripartire dalle basi, ovvero dai tifosi allo stadio? Perché non chiedete alla A di non programmare nulla ad una determinata ora lasciandovi libero lo slot?”.
I diritti tv, del resto, in una categoria come la Serie C (per fare un esempio) non garantiscono che qualche migliaia di euro (50-60) per squadra, con l’effetto di un disamoramento legato all’eccessiva volatilità degli orari delle gare: danno e beffa ad un tempo, in pratica.
Non ricevetti chiare o apprezzabili risposte.
Il terzo maggior evento sportivo al mondo
È il mondiale di rugby. Un articolo di SportsPro racconta molto bene come è possibile che il rugby in Francia sia riuscito a vendere oltre 2,5 milioni di biglietti, con una crescita del 26% dell’audience rispetto al torneo disputato in Inghilterra nel 2015.
Alcune chiavi di lettura:
a differenza di altri sport (come il basket) il torneo viene visto come il momento in cui vedere tutti i più grandi di quella disciplina all’opera
la strategia televisiva riesce ad attrarre anche paesi non tradizionali come USA e Germania e punta molto sui canali gratis
la strategia digital dopo la creazione del primo sito nel 2003 ha visto una importante crescita dei numeri sui social media fino a che per Francia 2023 è stata lanciata Rugby Pass Tv, piattaforma globale a livello mondiale. Questo ha messo la strategia digital al centro della crescita.
l’app ufficiale offre anche un’esperienza di fantasy game per dare un ulteriore motivo di interesse ai tifosi.
Outro
Come avete visto mi sono preso una lunga pausa estiva. Da giugno a settembre non ho praticamente più pubblicato la newsletter, salvo uno speciale agostano sulla questione saudita.
Credo sia importante di questi tempi rivendicare il tempo del riposo come momento prezioso dentro il quale riflettere, ricaricare le pile, leggere, informarsi con lentezza.
Nel mondo dominato dagli algoritmi questo può finire per essere poco redditizio (sia in termini economici che di diffusione) ma credetemi: meglio avere qualcosa di significativo da dire e poterlo fare con freschezza e senza costrizioni che rincorrere il prossimo click.
Spero che la newsletter sia come sempre apprezzata e vi invito per questo a commentare qui sotto o a contattarmi direttamente.
Ci sentiamo la prossima settimana.
Restiamo in contatto!
A presto
Bentornato Giovanni,sentivo la tua mancanza e quella dei tuoi contenuti