[44] Boban divorzia da Ceferin: il re è nudo?
L'ex calciatore croato si dimette denunciando la manovra di potere che sconfessa le riforme volute dallo stesso presidente Uefa nel 2017. Situazione in fermento, l'8 febbraio congresso a Parigi
Berlino, 27 gennaio 2024
Una delle 5 app di sport più scaricate in Italia quest’anno, non senza una certa sorpresa, almeno da parte mia, si chiama Tuttocampo, ed è l’estensione mobile di un sito dedicato al calcio dilettantistico.
Gestito come fosse uno wikipedia del calcio dilettantistico italiano, Tuttocampo nasce nel 2006 e fonda il suo successo sull’attivismo dei suoi utenti che tengono aggiornati risultati e classifiche da tutti i campionati d’Italia (prime squadre e giovanili) e da un po’ di tempo permette anche di inserire i tornei non ufficiali.
Cosa da non trascurare, anzi, principale fatto da tenere in considerazione ogni volta che si parla di Tuttocampo, sono i 18 anni di attività del sito, che ad oggi fattura circa 900 mila euro all’anno (pubblicità) ed è realizzato da un team che da quel che mi risulta conta i collaboratori retribuiti sulle dita delle mani (forse di una sola mano).
Nato come attività hobbistica, senza business plan e investimenti ingenti, non gode dell’hype di altre community (anche a causa dell’audience social sostanzialmente irrilevante), ma non può non essere oggi considerato come case history di successo.
Piccola parentesi. Onestamente se fossi un grande editore investirei su Tuttocampo, che ha utenza propria e una audience indipendente, non mediata da altre piattaforme, anziché guardare a iniziative di sicuro valore ma fortemente legate ad algoritmi altrui, che potrebbero sgonfiarsi alla velocità di un click come accaduto a chi era troppo legato al traffico generato da Facebook, ad esempio.
Ci sarebbe inoltre un secondo tema su cui riflettere, ovvero la digitalizzazione degli sport giovanili e in generale di tutte le community di praticanti, ma ci porterebbe fuori tema. Segnatevelo per un altro numero di Fubolitix :)
Un paio d’anni fa un editore locale mi chiese una consulenza su come sviluppare i propri prodotti e in tema di verticalità il mio suggerimento fu quello di stringere prima di tutto una partnership con Tuttocampo, cosa che poi accadde.
Ne parlo anche perché, di recente, in Germania è nato qualcosa di simile.
A differenza di Tuttocampo, tuttavia, l’app tedesca - che si chiama Prematch - ha effettuato già di due round di finanziamento da circa 4 milioni complessivi oltre ad un terzo non dichiarato (che ad occhio e croce, per come vanno queste cose la dovrebbero portare ad una stima cauta vicino ai 10 milioni raccolti in totale).
In Italia, al contrario, mi risulta che un’altra iniziativa concorrente stia nascendo, con obiettivi piuttosto ambiziosi ed il chiaro intento di entrare nel mercato in cui fiorisce Tuttocampo, ma senza il background finanziario di Prematch, con una sola persona stipendiata e una serie di esternalizzazioni.
Cito questi due esempi come emblema di come si fanno le startup in Italia e all’estero.
Ho visto tante pessime idee buttare soldi (all’estero), e tante idee di valore (italiane) morire perché non opportunamente sostenute. Vedo in alcune (come Tuttocampo) potenzialità enormi, in grado di portarle a diventare veri e propri riferimenti editoriali in quest’epoca di transizione dai contenuti prevalentemente veicolati dai media a quelli che fanno riferimento alle piattaforme.
Rimango convinto che una buona via di mezzo sia sempre la soluzione migliore.
Intanto - anche alla luce del -51% di investimenti in startup in Italia nel 2023 (Sole) - potete leggervi queste analisi di Wired e del Sole 24 Ore (oppure questa analisi sullo strano caso delle startup a debito), decisamente datate (2018) ma sempre attualissime sul perché in Italia si faccia così fatica a creare realtà destinate in breve tempo ad attirare centinaia di migliaia se non milioni di utenti e ad imporsi come aziende di riferimento nel turbolento mondo digitale.
Buon weekend e buona lettura a tutti!
Giovanni
PS: mentre ripensate che Novak Djokovic ieri mattina ha perso senza mai arrivare ad una palla break, e aspettate che Jannik Sinner - che ha vinto le ultime 3/4 sfide al numero uno del mondo - scenda in campo per la finale dell’Australian Open domani mattina alle 9.30 contro Daniil Medvedev, leggetevi Claudio Giuliani su Rivista Undici che merita sempre il vostro tempo. E anche la sua ultima newsletter che è scritta in modo più simpatico e vale la pena.
Questa settimana
1. Cose tedesche (1)
Forse avete sentito parlare della Kings League, la lega calcistica fondata da Gerard Piquè, che in Spagna ha avuto grande successo grazie alla partecipazione di diverse personalità del calcio ed ha ottenuto notevoli ascolti su TikTok, YouTube e Twitch, con sponsor come Adidas, Spotify e McDonald's.
Recentemente anche Mats Hummels e Lukas Podolski hanno lanciato la loro lega privata in Germania, la Baller League, che ha ricevuto 16.000 candidature da potenziali giocatori, dai quali sono stati selezionati 12 team, presieduti da figure come Kevin-Prince Boateng e altri personaggi noti. La prima giornata della Baller League è stata trasmessa su Twitch, ed ha fatto oltre un milione di visualizzazioni in quasi sette ore.
Nel frattempo sempre in Germania Toni Kroos e Elias Nerlich stanno creando una nuova competizione chiamata The Icon League, prevista per l'estate a venire.
2. Cose tedesche (2)
Nelle prossime settimane verrà abbattuto l’ex stadio della famigerata Dynamo Berlino (a proposito: non succede solo in Italia, non sono mancate polemiche e iniziative per bloccare i lavori), il Friedrich Ludwig Jahn Sportpark. Sull’area sorgerà una nuovissima struttura, adiacente alla Max Schmeling Arena, il palazzetto in cui si giocano le gare casalinghe di Br Volleys (pallavolo) e Füchse Berlin (pallamano). Si tratta di uno stadio storico al quale sono anche legato personalmente, trattandosi di fatto dello stadio del quartiere di Berlino in cui vivo e che da tre anni è in gestione alla squadra di calcio berlinese che seguo con più affetto, il Viktoria (inevitabilmente “mia” per via della V sulla maglia biancoazzurra).
Poco distante c’è una statua italiana dedicata al calcio dalla storia singolare, a cui dedicai un video mesi fa.
3. Rientro cervelli
In Parlamento non sono finite le polemiche sul taglio dei benefici fiscali per i calciatori provenienti dall’estero (conseguenti ai tagli sui benefici più generali agli impatriati). Il presidente della Lazio, e parlamentare di Forza Italia, Claudio Lotito, nel tentativo di sventare la manovra, ha spiegato (CF):
Lukaku e Mourinho non sarebbero mai venuti in Italia senza incentivi e non avrebbero pagato le tasse in Italia: quindi in questo modo incrementi il gettito non è che lo perdi.
Giusta considerazione, che mi porta quindi ad una domanda: se si tratta di una operazione esclusivamene vantaggiosa per il fisco italiano, perché le tasse pagate dai calciatori (tante o poche che siano) sarebbero diverse da quelle (tante o poche che siano) pagate da chi (come me) calciatore non è e potrebbe decidere un domani di tornare? Perché è stata fatta questa manovra? Autolesionismo o pura ideologia? E se di ideologia si tratta, a che pro un governo che si dice sovranista disincentiva il rientro di professionisti italiani in patria? Mistero.
4. Arabi ovunque
Eccoci alla consueta rubrica saudita che non può mancare in questa newsletter. Qualche settimana fa mi chiedevo, in questa newsletter, quando sarebbe arrivato il momento in cui anche i media fossero finiti nel mirino degli arabi. Ed a quanto pare, come scrive Presse Gazette il momento è arrivato con l’interesse di Abu Dhabi su Telegraph e Spectator, due autorevoli giornali inglesi.
Per capire concretamente di cosa parliamo: ad oggi le sei monarchie assolute del Golfo Persico (Arabia Saudita, Emirati Arabi, Oman, Qatar, Bahrein e Kuwait) messe insieme fatturano oltre 4.000 miliardi di dollari e sembrano avviate a superare collettivamente la quarta e la terza economia più grandi al mondo, Germania e Giappone.
Tra le letture interessanti sugli affari arabi che hanno Londra come crocevia consiglio anche la lettura di questo pezzo di Politico: “Come la City di Londra sta vendendo il calcio europeo”. Ognuno può farsi la propria idea, naturalmente. Qui quel che conta è, a prescindere dalla vostra posizione sul tema, che si possa continuare a rivendicare liberamente il diritto a parlarne.
PS: nel frattempo i sauditi si sono comprati anche la Formula E, ne dò nota per dovere di cronaca anche se questa newsletter si occupa di sport, non di trasporti.
5. Beachvolley nei Paesi Bassi
Gli Europei 2024 di beachvolley si disputeranno nei Paesi Bassi a Ferragosto. Trovo da sempre fantastico il fatto che in Europa i migliori giocatori del ranking vengano da Norvegia, Svezia, Repubblica Ceca, Germania e poi Italia. L’80% di coste per niente (LOL). Se avete voglia di leggere qualcosa di interessante: “L’Italia ha paura del mare” di Francesco Maselli.
6. Wrestling su Netflix
Ha fatto molto parlare in settimana l’accordo che Netflix ha siglato col Wrestling per trasmettere Raw per i prossimi 5 anni nei mercati americani. Avviene peraltro nei gironi in cui Break point, la serie dedicata al tennis, viene derubricata ad evidente flop della piattaforma di streaming.
Piú che la notizia mi interessa qui l’analisi, fatta da SportsProMedia, che non nasconde stupore. Minal Modha scrive che nonostante le sperimentazioni di Netflix con il live streaming di eventi sportivi, l'azienda non sembra necessariamente orientata verso un forte investimento nel settore dello sport in diretta nell’immediato futuro. Per questo ricorda che Netflix ha avuto successo con la sua strategia, focalizzandosi su documentari sportivi di alta qualità anziché su eventi live. L’accordo quindi potrebbe essere solo una manovra una tantum, visto che Netflix sembra essere guidata dalla volontà di mantenere un focus sulla crescita redditizia, considerando che la piattaforma sta passando da una crescita pura del numero di abbonati alla redditività.
7. Pro Volleyball Federation
Una nuova lega professionistica di pallavolo, chiamata Pro Volleyball Federation (PVF), è stata lanciata negli Stati Uniti (su iVolleymagazine potete leggerne diffusamente). La prima partita ha fatto registrare 11.642 spettatori presenti, solo due palazzetti hanno una capienza inferiore alle 10 mila persone.
Tuttavia, la PVF non è l'unica nuova lega di pallavolo professionistica. League One Volleyball (LOVB) debutterà a novembre in almeno sei mercati, due dei quali sovrappongono con la PVF. Athletes Unlimited Volleyball invece è già attiva dal 2021 con un modello diverso. Un grande momento insomma per il volley femminile USA, con l’eccesso di offerta che potrebbe presto portare a fusioni e concentrazioni in una grande lega nazionale, come accaduto nell’hockey femminile.
Il re è nudo?
Non è stata una gran settimana per Aleksander Ceferin.
(1)
Il presidente dell’Uefa, in un una intervista a Telegraph Sport ha implicitamente ammesso di aver perso su tutta la linea lo scontro alla Corte di Giustizia UE (anche se a parole dice altro).
Ceferin ha infatti dichiarato a proposito del Mondiale per Club FIFA che inizierà nell’estate 2025:
«Ero contrario alla proposta che fosse organizzato ogni anno. Perché non ha senso. Non credo abbia senso neanche ogni quattro anni. Ma le squadre lo vogliono».
Ad onor del vero, nell’aprile 2021 le squadre volevano anche la Superlega. Ma sappiamo tutti come è andata: la Uefa la impedì di fatto minacciando ritorsioni.
Evidentemente, quindi, la volontà dei club in quel momento non bastava.
Il mondiale verrà fatto, al contrario di quanto sostiene il presidente Uefa, perché c’è una Federazione (la FIFA) che lo vuole. Ma questo lui non lo può e non lo vuole dire.
Qualcuno quindi spieghi a Ceferin che la sentenza del 21 dicembre scorso sancisce senza giri di parole proprio questo: che la prossima volta che le squadre vorranno qualcosa potranno farla. Senza il bisogno di avere anche una federazione a sostenerle. E con il divieto già sancito di minacce e ritorsioni.
(2)
Ultimamente il numero uno dell’Uefa non sembra molto a suo agio con le sentenze.
In un altro passaggio ha infatti acceso uno scontro mai visto prima tra l’Uefa e il TAS di Losanna, dichiarando a proposito del caso Manchester City, che vide la federazione europea sconfessata nell’ultimo grado di giudizio:
Sappiamo di avere ragione. Non avremmo deciso se non avessimo pensato di avere ragione
Parole gravi, che minano la credibilità stessa del Fair play finanziario. Il presidente fa sfoggio di retorica, richiama la sua professionalità di avvocato e prova a gettare il sasso tirando indietro la mano.
Ma ultimamente non convince nemmeno i suoi stretti collaboratori.
(3)
Nel frattempo infatti, giovedì, l’UEFA ha incassato le dimissioni di Zvonimir Boban, uno che non ha mai voluto occupare poltrone a dispetto dei propri principi, che motivando il suo addio alla federazione europea (CF) ha denunciato la manovra di potere dell’attuale presidente per essere rieletto.
L’addio di Boban arriva a pochi giorni dal Congresso Uefa che si terrà a Parigi l’8 febbraio e metterà ai voti una riforma in grado di garantire a Ceferin il terzo mandato.
Le parole del croato:
Ho parlato e discusso con il presidente dell’UEFA riguardo (cut) alla proposta al Congresso del febbraio prossimo, per modificare lo statuto dell’UEFA e consentire allo stesso presidente di potersi candidare nuovamente dopo questo mandato che doveva essere il suo ultimo.
Dopo aver manifestato grande preoccupazione e il mio totale dissenso, il presidente mi ha risposto che per lui non c’è nessun problema legale né tantomeno etico morale e che avrebbe perseguito senza alcun dubbio la propria aspirazione.
Il primo a opporsi a questa proposta - con cui Ceferin vorrebbe conservare e rinnovare il suo potere - era stato David Gill, ex direttore generale del Manchester United e oggi membro del Comitato Esecutivo Uefa, che considera la riforma «un passo indietro in termini di democrazia e governance».
Ancora Boban:
Paradossalmente nel 2017 è stato proprio Ceferin a proporre e avviare un pacchetto di riforme che negavano chiaramente tale possibilità: regole che dovevano proteggere l’UEFA e il calcio europeo dalla “bad governance” che è stata per anni il “modus operandi “di tutto il vecchio sistema. È stata una cosa straordinaria per il calcio e anche per Ceferin stesso.
Essere complice di tutto ciò andrebbe contro tutti i principi e i valori che ho sempre difeso.
In questi tre anni il rapporto e la collaborazione con Aleksander e con tutti i colleghi in Uefa è stata ottima. Li ringrazio per questo augurando loro tutto il bene possibile. Dispiace tanto ma, a malincuore, lascio la UEFA.
La replica di Ceferin è arrivata venerdì 26 gennaio in una intervista a Repubblica:
Lui non merita il mio commento. Chi conosce lui e me arriverà naturalmente alle proprie conclusioni. Il Congresso, e non un singolo individuo, detiene l’autorità per determinare l’adeguatezza di qualsiasi cambiamento. Confidiamo nel nostro processo decisionale collettivo e democratico, per guidarci efficacemente verso il futuro.
Al solito: Ceferin non parla mai di principi, butta tutto sul piano personale e va allo scontro muscolare. Se poi le sentenze gli danno torto dice che lui aveva ragione, sono gli altri ad essere macchiavellici. Altre ragioni, il presidente Uefa, non ne conosce.
Il prossimo 8 febbraio la proposta dovrà trovare la maggioranza dei due terzi dei cinquantacinque membri Uefa per modificare i relativi statuti.
All’inizio l’opposizione di David Gill aveva trovato un discreto sostegno, ma è ancora troppo difficile capire come andrà il voto al Congresso, dal momento che Ceferin gode di un discreto consenso tra i Paesi dell’Europa orientale.
Considerazioni a margine
Credo che, a meno di sorprese, Ceferin uscirà formalmente vincitore da Parigi.
Più che al risultato, tuttavia, starei attento alle minoranze interne che si andranno a formare (a patto che queste scelgano quel momento per palesarsi).
Ci sono equilibri geopolitici (e qui si, parlo di geo proprio perché la geografia é il primo aspetto fondamentale di questi equilibri e delle possibili alleanze) da non trascurare, e personalmente non mi stupirebbe se nel bel mezzo del prossimo mandato Ceferin si trovasse a fare la guerra non già ai club superleghisti, ma a fondi di investimento determinati a creare una loro lega privata con i migliori club.
A quel punto l’epilogo più estremo potrebbe essere quello della nascita di fronde interne scissioniste in grado di far saltare il sistema federato del calcio così come lo abbiamo conosciuto.
Se anche Ceferin sarà rieletto, questo non cambierà il fatto che l’alternativa all’Uefa non è mai stata dentro l’Uefa, ma fuori da essa.
Non è un caso che venga dall’Inghilterra (David Gill) una delle voci d’opposizione a Ceferin. Il paese della Brexit, oggi fuori dall’Unione Europea, non può permettere che all’interno dell’Uefa l’asse del comando si sposti troppo ad Est.
La marginalizzazione delle federazioni occidentali rappresenterebbe un invito a nozze ai grandi club ad allontanarsi, cosa che lassù vogliono scongiurare.
La prima Lega a volere una sostanziale conservazione dello status quo è la Premier League, che essendo la più potente e ricca non può che vedere di buon occhio l’attuale centralità delle leghe nazionali nel calcio europeo.
Del resto, chi ha tutto da perdere da una Uefa debole e da un’unione d’intenti che abbia l’Ue come perimetro è proprio la Premier League, che conosce bene la storia, venendo da un paese che ha già sperimentato quanto sia facile passare da impero a isola nel tempo di un’incoronazione.
Outro
Nella sua rubrica settimanale il direttore di Calcio e Finanza, Luciano Mondellini, ha analizzato le differenze di incassi tra Supercoppa spagnola e italiana, con la Liga che incassa sostanzialmente il doppio rispetto alla Serie A.
Motivo presto spiegato dallo stesso direttore: gli spagnoli possono di fatto garantire che Real Madrid e Barcellona siano sempre nella competizione. Gli italiani non possono fare lo stesso con Juve, Milan e Inter.
Aggiungo due elementi di riflessione.
Il primo riguarda la diffusione internazionale dei vari club. Faccio riferimento al traffico generato online dalle diverse squadre. In Italia il Real Madrid è il sesto club piú cliccato e il Barcellona ottavo. Le due big spagnole generano un interesse che è superiore a quello ad esempio di Fiorentina e Torino. In Spagna invece le nostre sono meno seguite: troviamo la Juventus al 21esimo posto, il Milan al 22 e l’Inter al 24. E questo, va detto, in un paese più esterofilo: in Italia 8 dei 20 club più seguiti sono stranieri, in Spagna 11/20 compresi Al Nassr (20) e Inter Miami (16) che già sopravanzano le nostre.
Insomma, la Supercoppa spagnola vale di più perché i club spagnoli che vi partecipano, che ci piaccia o meno, valgono di più.
Il secondo, conseguente, è che ai sauditi interessa poco “il movimento”.
Anzi, meno movimento c’é e più loro ti pagano, quindi quando andiamo a spiegare che il nostro calcio è bello perché non vincono sempre gli stessi, diciamo qualcosa di bello per i tifosi, perfetto se giocassimo a casa nostra, ma in generale meno attraente per gli sponsor, che vogliamo attirare giocando all’estero.
Noi ci rileggiamo tra una settimana.
A presto!
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