[54] Questione stadi: non solo burocrazia
Da Milano all'Europa, le infrastrutture sportive spesso pagano una mancanza di visione strategica della politica. E l'Italia in questo campo riesce a brillare in negativo.
Berlino, 20 aprile 2024
Nel suo editoriale di una settimana fa il direttore di Calcio e Finanza, Luciano Mondellini, ha parlato della questione San Siro andando ad un punto chiave - a mio giudizio - della vicenda.
Il titolo dice tutto:
Il convitato di pietra nel dibattito su San Siro: decenni di mancata politica sportiva a Milano.
Aggiunge Mondellini: “Nonostante sia la capitale economica, il capoluogo lombardo resta molti passi indietro dal punto di vista infrastrutturale per lo sport. E nemmeno le Olimpiadi 2026 potrebbero risolvere il problema”.
Non ho mai voluto entrare nelle vicende stadi italiane perché mi pare davvero inutile occuparmi di situazioni intricatissime legate esclusivamente alle politiche cittadine che vanno a cozzare con una burocrazia assurda.
Faccio però una riflessione legata alle città che conosco maggiormente e in cui ho vissuto.
Succede solo in Italia? No.
L’identità sportiva cittadina è un tema aperto in moltissime città europee e come ogni questione identitaria è un work in progress costantemente in aggiornamento, con un necessario dialogo tra pubblico e privato in grado di supportare investimenti ingenti che siano espressione di una visione d’insieme di quello che una città vuole essere dal punto di vista sportivo.
Non succede solo in Italia e non solo in Italia si finisce per incartarsi.
Liverpool ha discusso dal 1996 ai giorni nostri su dove collocare il nuovo stadio dell’Everton.
Manchester, da molti vista come modello, ha un problema non da poco sulla ristrutturazione del vecchio Old Trafford, mentre nella zona Est della città il gruppo proprietario del Manchester City ha avuto campo libero (mettendo sul tavolo un impegno da un miliardo di sterline) tra investimenti immobiliari e infrastrutturali che sono andati ad implementarsi sull’iniziativa pubblica (l’Etihad stadium è comunale, in concessione, sull’area in cui il Council organizzò i giochi del Commonwealth nel 2002).
Berlino si confronta da tempo su quale sarà il futuro dello stadio della Dynamo Berlin, famigerato club della Stasi che giocava al Ludwig Jahn Sportpark Stadion. Accade negli anni in cui l’Hertha si interroga sul nuovo stadio (ma finisce in Serie B) mentre l’Union Berlin che lo stadio lo ha fatto fare ai tifosi (ed è al 75% in piedi) finisce in Champions league ed è costretta quindi a giocare all’Olimpiastadion le partite internazionali.
Le città più piccole in Italia non sono da meno. Brescia, la città in cui sono nato, vede intrecciarsi le vicende sportive del club calcistico cittadino (nuovamente dato in vendita, con tanto di zelante smentita) con quelle delle infrastrutture cittadine (stadio e magari non solo quello, serve un piano d’insieme sugli impianti e i centri sportivi).
Questo per citare solo i casi che conosco direttamente e che rischiano di trascinarsi a lungo, con una politica in difficoltà per mancanza di visione prospettica, ma anche perché al momento in Europa lo sport professionistico è schiacciato tra la sua natura di spettacolo popolare e di alto valore culturale e la necessità di investitori che accorrano a valorizzarlo.
E la via d’uscita non è facile come dimostrano i dibattiti di questi anni. In primis si può far riferimento Superlega, ma in generale il tema è la concatenazione di rapporti tra enti locali e territorio, leghe sportive e club, tutti portatori di legittimi interessi in materia.
Parafrasando Mondellini: il convitato di pietra nel dibattito europeo sullo sport oggi è una mancanza di visione prospettica e d’insieme delle politiche nazionali e locali sullo sport.
Ma forse c’è molto di più: è la stessa ragion d’essere dello sport europeo ad essere oggi in discussione. E qui una riflessione comunitaria in aggiunta al livello locale si impone.
Per questo ci tengo a sottolineare che non succede solo in Italia… anche se in Italia riusciamo egregiamente a battere alcuni non invidiabili record.
Questa settimana
Sul mio canale Youtube ho parlato di:
Bayer Leverkusen campione di Germania, fenomenologia di Xabi Alonso
Under 23, Juve e Atalanta possono salire? Regolamento e mie opinioni
FFP inglese
La Premier League ha votato all’unanimità una revisione del FFP interno. Ne avevo parlato la settimana scorsa su questa newsletter e il risultato come preannunciato è miope e di corto respiro. I tetti di spesa della rosa saranno legati al ricavo come principio chiave nel nuovo sistema di controllo dei costi. Dalla stagione 2025/26, i club che parteciperanno alle competizioni europee dovranno limitare i costi legati alla rosa al 70% del ricavo per rispettare le regole dell'UEFA. Altri club della Premier League saranno limitati all'85% del ricavo, con penalizzazioni in punti in caso di violazioni gravi.
Chelsea hotels
Nel frattempo fa sorridere la notizia relativa al Chelsea che per rientrare nei parametri del FFP ha venduto 2 hotel ma è stato messo sotto indagine dalla Premier League che si interroga sull’equità del valore corrisposto al club. Ah, dimenticavo, gli hotel sono stati venduti alla Blueco 22 Properties Ltd, una sussidiaria della Blueco 22 Ltd, ovverosia la holding attraverso cui Boehly e soci controllano i Blues. Capite perché parlavo di sistema al collasso?
Si stanno incartando
Intanto il Daily Mail ha scritto che il regolatore indipendente dei rapporti tra Premier League e il resto della piramide calcistica inglese costerà ai club in totale quasi 120 milioni di euro.
Pure la FA Cup
So che questa newsletter sembra quasi una monografica sulla Premier League, ma vi prometto che tra un attimo arrivano anche le altre notizie.
Dalla prossima stagione la FA Cup non avrà più replay a partire dal First Round proper, ovvero quando a inizio dicembre entrano in competizione le squadre della English Football League. La cosa non è piaciuta alle leghe minori, a partire dalla stessa EFL, che lamentano il fatto che la Football Association avrebbe preso una decisione unilaterale (evidentemente caldeggiata dalla Premier League) senza alcuna consultazione. Va ricordato qui che per un club minore poter giocare una gara casalinga contro un grande club può diventare un plus finanziario importante sulla stagione, e questa regola chiaramente ne limita le possibilità.
Non c’è che dire, dopo la scesa in piazza populista per difendere il calcio del popolo i tifosi inglesi stanno incassando una beffa dopo l’altra.
La Serie A a 18
L’amministratore delegato del Monza e senatore Adriano Galliani nel corso delle audizioni davanti alla Commissione Cultura e istruzione del Senato ha dichiarato tra le altre cose: “Si può passare anche da 20 a 18 squadre, ma con percentuali di ricavi a chi retrocede”. Forse per la prima volta un dirigente tocca il vero punto: a nessuno interessa se la Serie A vada bene a 20, 18 o (dico io) 16 squadre. Il punto è sapere in quanti hanno accesso al famoso miliardo dei diritti tv.
Arriva Disney
Disney+ sbarca nel mercato dei diritti tv: trasmetterà le coppe europee in Danimarca e Svezia. Primo assaggio: la società trasmetterà Europa League e Conference League. Ma chiaramente si tratta di un passaggio simbolico che apre a più ampi scenari in futuro. Per le stagioni dal 2024/25 e fino al 2026/27, Disney+ sarà l’unica piattaforma grazie alla quale sarà possibile vedere le competizioni UEFA per club di secondo e terzo livello in Danimarca e Svezia. L’accordo copre 342 partite per stagione, distribuite su 19 settimane, e tutte le partite saranno incluse senza costi aggiuntivi per i clienti Disney+.
MLS record
La partita tra Sporting Kansas City e Inter Miami FC ha fatto registrare 72.600 tifosi allo stadio. Record per il campionato, grazie alla presenza di Lio Messi, una conferma del fatto che sono i grandi giocatori a fare grandi le competizioni e non viceversa.
Ne sono convinto da tempo, alla Champions League mancano i Totti e i Buffon molto più di quanto a Totti e Buffon non manchi la vittoria in Champions League. Del resto se non l’avesse vinta un anno fa Cristiano Ronaldo mai avreste sentito parlare della Coppa dei Campioni araba per club.
Tattiche e punti di vista
Anche se tutti abbiamo ancora negli occhi l’assedio (infruttuoso) del Manchester City contro il Real Madrid, vi consiglio di leggere Grace Robertson nella sua Graceonfootball (che merita di essere seguita) che analizza come il gioco di posizione che ha in Pep Guardiola e Mikel Arteta gli esponenti di maggior successo sia diventato una tattica difensiva.
Outro
Questa settimana voglio chiudere con una bella storia di calcio italiano.
Noi tutti siamo un po’ esterofili e tendiamo a parlare bene a priori di quello che accade fuori dai nostri confini non notando le storie belle che ci vivono accanto.
È il caso del Centro Storico Lebowski, un club di Promozione Toscana che recentemente ha perso la Finale della Coppa Italia regionale di categoria, ma che può vantare un tifo da categoria ben superiore.
Si tratta di un club autodefinitosi “a proprietà collettiva”. Vale la pena di navigare il loro sito per capirne di più. Perché non esistono solo lo United of Manchester, l’Europa CE o il Sankt Pauli (a proposito, gli anarchici fanno sul serio e sembrano in procinto di tornare in Bundesliga, addirittura prima dell’odiato Amburgo). Esiste anche il CSLebowski. E merita di essere capito e raccontato.
Fin qui il Lebowski è sfuggito all’attenzione dei media maggiori, ma non alle produzioni indipendenti di documentari e storytelling calcistici, meritandosi anche questi tre minuti dell’ineguagliabile Federico Buffa, uno che fa talmente bene quel che fa da doversi accollare la colpa di aver convinto orde di bimbiminkia che lo storytelling sportivo sia una cosa semplice e alla portata di tutti:
Se non l’avete fatto ascoltatevi il racconto qui sopra di Federico Buffa, e se come me vi appassionerete al club che nelle sue file ha avuto anche il piacere di far giocare gratis Borja Valero, gustatevi pure questo documentario.
Vi garantisco che ne vale la pena.
Noi ci sentiamo tra una settimana.
A presto.
Giovanni