Abbuffata Champions: l'anticalcio come miglior spot per il calcio [EuroIVC #8]
Spettacolo e 18 partite in contemporanea, reti a valanga e tanti calcoli per capire come sarà il tabellone: una formula promossa da chi sta sul divano, ma calano le presenze negli stadi.
Padova, 31 gennaio 2025
L’abbuffata di gol a cui abbiamo assistito nell’ultima giornata di Champions League è il miglior esempio di come l’anticalcio possa diventare un bellissmo spot per il calcio.
Chiarisco.
Lo chiamo anticalcio perché, se non avete esclusivamente guardato la vostra squadra del cuore, avete seguito una Diretta Gol con tanti gol e colpi di scena, ma da cui non avete portato a casa un contenuto tecnico che sia uno.
È però un grande spot perché l’intensità del susseguirsi di gol ed emozioni non può che attirare chi, in fondo, di quei contenuti tecnici non è che si interessi normalmente.
Ha avuto successo, soprattutto emozionale, per il pubblico tv (dei dati negli stadi, di segno opposto, parlo nelle Note a margine).
Ma è il successo di un paradosso.
L’ultima giornata della nuova formula Champions è piaciuta perché è un evento, e conferma che di questo ha bisogno il calcio: di eventi, di unicità, di situazioni memorabili.
Ma è un evento dentro una competizione ridondante (come dimostrano i numeri che sintetizzo nelle note) con più partite che in passato, e chiuse sempre più 3 o più reti di scarto rispetto al passato e meno pareggi.
Siamo di fronte al classico orologio fermo che batte l’ora giusta una volta al giorno.
La Serie A - che complessivamente ha fatto molto bene piazzandosi al momento seconda dietro la Premier League nel ranking stagionale - esce tuttavia un po’ ridimensionata dall’ultima giornata passando da 3 possibili squadre direttamente agli ottavi (di cui 2, le milanesi, molto probabili) ad una sola.
Vero che abbiamo ancora uno 0.9 di vantaggio sulla Liga spagnola nella corsa al quinto posto ma gli incroci pericolosi uniti al fatto che i nostri punti fanno media su 8 squadre e sono quindi inferiori a quelli spagnoli che fanno media su 7.
Alla fine loro ne mandano avanti 2 agli ottavi e a sorpresa il Real Madrid ai playoff, con il Girona fuori (2-1-1), noi facciamo un pur onorevole 1-3-1.
Per il quinto posto nella Champions 24/25 dovremo fare i conti con loro. Ed a farli saranno Juventus e Milan, che sono pure le due squadre più interessate al tema.
Le nostre hanno fatto il 70% circa dei punti europei in Champions con 5 squadre su 8 (62%). Le spagnole il 71% con sole 4 squadre su 7 (57%).
È la conferma che siamo sempre ottimi sul livello medio ma continuano a mancarci le ammiraglie, come ci ha detto l’ultimo turno.
La Juventus - che col Benfica in Champions ha sempre perso (3/3) - è ormai tornata indietro di 35 anni, al ciclo post trapattoniano che la lasciò quasi 10 anni senza vincere nulla e nella mediocrità più assoluta. In questo la Coppitalia allegriana assomiglia a quella di Dino Zoff 90 cambiato per affidarsi alla nouvelle vague bolognese: pure di lui si diceva giocasse male, gli si preferì il calcio champagne.
In generale, comunque, il primo problema non è tattico ma di qualità generale, se è vero come è vero che la squadra di Thiago Motta ha tentato 17 tiri senza segnare - e non ne registrava così tanti senza reti in una gara di Champions League dall’8 dicembre 2015 (19 col Siviglia) - chiudendo così per la quarta volta in Champions League a zero reti: ed in nessuna edizione della competizione è successo più volte ai bianconeri (quattro anche nel 2014/15 e nel 2003/04).
Il Milan - che ha perso due delle ultime cinque gare tra tutte le competizioni (3-0-2), ovvero tante quante quelle rimediate nelle precedenti 18 sfide (11-5-0) - dopo la sbornia saudita ha scoperto che non solo Paulo Fonseca non era il problema principale, ma forse non era nemmeno un problema, in un club che ha sostituito la direzione sportiva col vuoto pneumatico. A dirlo è il suo stesso successore che spiega che “mancano le basi”.
A queste condizioni in qualsiasi posto al mondo ci si dimette subito dopo aver esternato al mondo il proprio condivisibilissimo giudizio. Nel calcio invece lo si usa come alibi. Del resto se ci fossero state le basi probabilmente insieme ad esse ci sarebbe ancora il predecessore.
Brilla solo l’Inter, e lo fa - guardacaso - all’italiana, diventando - nella sera in cui Lautaro Martinez eguaglia Sandro Mazzola con 17 reti in Europa - la prima squadra a tenere la porta inviolata in sei incontri casalinghi di fila in Champions League a partire dall’Atlético Madrid nel settembre 2016 (6) e la prima italiana a riuscirci da quando la Juventus fece altrettanto nel settembre 2005.
L’Atalanta rimane inappuntabile. Non ha vinto a Barcellna ma lo ha fatto realizzando almeno due gol in ognuna delle ultime sette trasferte di Champions League. In particolare, solo il Barcellona (14) ha segnato più gol dei bergamaschi (13) in trasferta in questa edizione della competizione.
Salutiamo infine il Bologna: se Vincenzo Italiano avrà la pazienza di portare avanti in rossoblù un ciclo “alla Gasperini” (ne ha tutte le condizioni) queste otto partite gli torneranno utilissime. La crescita della squadra è stata evidente, dovesse trovarsi in Europa o Conference League tra un anno potrebbe recitare già un ruolo da outsider di lusso.
Statistiche Opta prese da SportMediaset.
Note a margine.
Spettatori. L’Uefa prima dell’ultima giornata della prima fase di Champions League ha dichiarato che la nuova formula è un successo. Naturalmente l’oste ti dice che il vino è buono, ed in questo caso è difficile anche trovare parametri oggettivi per capire se l’opinione è condivisa dai tifosi. Uno di questi può essere l’indice di riempimento degli stadi, che tuttavia ci dice che rispetto al 23/24 quando la media (su tutto il torneo) fu del 92,9% (in crescita del 2,9% rispetto al 22/23 primo anno rigiocato a capienza piena dopo la pandemia), quest’anno si è registrato un calo: 88,1%. A San Siro ad esempio solo due gare sono andate oltre i 70 mila spettatori. I playoff naturalmente potrebbero far recuperare: registriamo e attendiamo i numeri.
Incassi delle italiane. Per l’Inter fin qui 87 milioni di euro, cifra che potrebbe superare i 140 in caso di vittoria finale. Il Milan, perdendo a Zagabria, rinuncia a circa 15 milioni e fermandosi a un incasso complessivo di poco meno di 60 milioni. L’Atalanta chiude al nono posto e manca i 13 milioni degli ottavi diretti, ma porta a casa 66 milioni, tre in più della Juventus (63 milioni), che beneficia di un buon ranking storico. Il Bologna chiude con circa 30 milioni, comunque una somma rilevante per il club.
Macronumeri. Come avevo avuto modo di rilevare già nelle prime giornate questa Champions ha visto aumentare i gol ma anche la disparità tra le squadre in campo.
Aumento della media gol: La competizione ha registrato una media di 3,26 gol a partita, la più alta nella storia del torneo, superando il precedente record di 3,21 gol della stagione 2019/20. Un incremento del 4,7% rispetto alla media di 3,12 gol delle cinque stagioni precedenti.
Diminuzione dei pareggi: I pareggi sono scesi al 12,5% del totale delle partite, rispetto al 20% delle ultime cinque stagioni.
Crescita delle vittorie con ampio margine: Le partite concluse con tre o più gol di scarto sono aumentate al 29% del totale, rispetto al 23% delle cinque stagioni precedenti. In dettaglio, su 144 partite disputate, 44 hanno visto una differenza di tre o più gol, con 19 partite decise da tre gol di scarto, 14 da quattro e 9 da cinque o più.
Outro.
Una risposta su Sinner.
La cosa più bella di questa newsletter dal mio punto di vista è lo scambio che a volte avviene con voi lettori e che porta a interessanti, appassionate e documentate opinioni.
Tra queste merita spazio quella di Filippo Stacchini che mi ha scritto in seguito all’edizione di mercoledì “Se Sinner non va da Mattarella”. Lunga ma meritevole di attenzione e lettura.
Mi sono sorpreso questa mattina ad essere in profondo disaccordo con buona parte di quanto scritto su Sinner, il Quirinale, lo sport come momento di identificazione nazionale. Metto subito le mani avanti: il mio disaccordo non è mosso da patriottismo, da lese maestà, o altri arditi sentimenti - ma solo da punti di vista diversi rispetto al tuo, e che provo a riassumere come segue.
Lo sport è un momento di identificazione nazionale, in Italia, in Europa, nel mondo - e questo dall'alba dei tempi, non certo da un secolo. Gli atleti olimpici in epoca antica erano - quando vittoriosi - eroi in patria (se per patria possiamo indicare le polis del tempo): venivano accolti con parate, celebrazioni, gli si costruivano statue e concedevano onori e privilegi, elargizioni di denaro o esenzioni fiscali vitalizie per - letteralmente - meriti sportivi.
Se vogliamo avvicinarci ai giorni nostri, i vincitori delle più celebri competizioni di canottaggio del 18° secolo, a Londra, vi sfilavano, attraversandola, con tutti gli onori. Vittorie simili aprivano le porte non soltanto alla gloria, ma anche a nuove opportunità di carriera e di crescita sociale - divenivano parte di corporazioni direttamente patrocinate e protette dai reali.
Se vogliamo entrare in orbita tennis, i reali inglesi partecipano alle finali di Wimbledon fin da inizio Novecento - e parliamo di una monarchia che ha un aplomb sicuramente superiore rispetto al piccolo mondo italiano che ci descrivi questa mattina.
La competizione sportiva ha come obiettivo il primeggiare (relativo, o assoluto), e questo primeggiare è legittimo, pieno, soddisfatto, solamente se qualcuno vi assiste: lo sport ha sempre avuto bisogno della comunità di riferimento, lo sportivo ha sempre puntato (anche) agli allori pubblici.
E la politica, come specchio della comunità, si è sempre abbeverata dalla vasca degli sportivi, per dovere "istituzionale", perché la comunità lo richiedeva (e quindi opportunismo politico), e anche perché era a rischio zero (se vince, si celebra, se perde, si è sostenuto lo sportivo, ma di certo non s'è perso con lui).
Trovo quindi inopportuno farne un ennesimo, giovane capriccio italiano, e da Italietta: lo sport sarà sempre momento d'identificazione nazionale, finché il concetto di nazione esisterà. Rimarrà momento d'identificazione locale, finché una comunità locale avrà spirito d'appartenenza (vedi la Val Pusteria nel caso Sinner). E aggiungo, a maggior ragione in un momento storico in cui - come dici giustamente tu - il concetto di nazione sta assumendo contorni sfocati.
Un altro grande dubbio mi è venuto leggendo che "le sue scelte degli ultimi due anni non contemplano nemmeno come elemento accidentale di far qualcosa per onor di patria". Ora, a questa affermazione, tanto per gli sport professionistici quanto dilettantistici, io ribatto con una domanda: esiste l'onor di patria in ambito sportivo?
Pensiamo davvero che gli atleti di discipline olimpiche sognino una vita intera di parteciparvi per onor di patria, per la bandiera? O perché le Olimpiadi risplendono di un'aura mitica, sono la quintessenza della competizione, suggellano in perpetuum una carriera sportiva, aprono le porte alla fama - in patria, certamente.
Credo che quello di andare a lottare per la bandiera sia un concetto obsoleto, sotterrato, impolverato, presente forse in qualche paese autoritario (e anche li, ho i miei dubbi..). I calciatori vestono la maglia della Nazionale per la gloria, per i propri interessi, per l'opinione pubblica, e soprattutto per evitare tutto quel che gli causerebbe un potenziale rifiuto (ref. Rabiot in Francia).
E lo stesso vale per i tennisti della Davis. Tant'evvero che Sinner, in un'ottica di preparazione che non sta a me giudicare, ha rinunciato a gloria, interessi e privilegi derivanti dalla Davis di qualche tempo fa, dovendo appunto ingoiare i malumori della rosea, e di tanti italiani che tale rifiuto non erano pronti ad accettare.
Avrei tanti altri punti da snocciolare, ma chiudo con uno: Sinner è attualmente il tennista n° 1 al mondo. Credo che ciò implichi che sia uno degli esseri umani con la vita più monitorata, programmata, pianificata, regolata al mondo (certamente tra i primi 50, molto probabilmente tra i primi 10).
Una giornata dedicata alla politica a Roma implica una notte fuori, una nutrizione non in linea con quanto previsto, dei brindisi fuori programma, 36 ore di riposo in meno, un buco nel programma di preparazione fisica.
Un tennista di questo livello ha a disposizione qualche giorno di riposo per bimestre: non trovi sia una forzatura da parte del Quirinale nei confronti di Sinner cercare di infilarsi a tutti i costi nella sua agenda così fragile ? E a che pro farlo pubblicamente, mettendo così l'atleta sulla graticola, con tutti ad aspettare un sì?
Non si sarebbe potuta sondare la possibilità per vie riservate, e renderla pubblica solo qualora confermata?
A guardarla da questa prospettiva, lo sgarbo è quasi del Quirinale nei confronti di un atleta, e della sua reputazione nazionale, mettendolo spalle al muro..
Attendo i tuoi commenti! e comunque grazie
Filippo
Quanto dice Filippo è inattaccabile sul piano storico. Il punto secondo me è un altro.
Quando si dice che una volta esisteva la polis e poi è subentrato il concetto di nazione si sta ammettendo che un grande cambiamento c’è stato.
Ecco, a fronte di questo cambiamento io mi chiedo: siamo alla crisi del concetto identitario che ha regolato l’ultimo secolo di sport? Ognuno dia la risposta che preferisce.
Poi Filippo mi pone una domanda: “esiste l'onor di patria in ambito sportivo?”.
Io credo che esista nella misura in cui questo serve a dar lustro allo sportivo, mai il contrario. Infatti Sinner pianifica sé stesso e la conferma a quel che dico la dà Paolo Bertolucci quando dice: “Io sarei andato. (…) Ma non mi hanno mai chiamato al Quirinale, quando vincemmo la Davis tornammo di notte e di nascosto, senza esser ricevuti da nessuno”.
Condivido in pieno invece il finale: “lo sgarbo è quasi del Quirinale nei confronti di un atleta”. Ebbene si. E l’istituzione non ne esce bene, perché l’assenza di Sinner fa rumore, la cosa andava gestita meglio, ma il messaggio finale è che questo riconoscimento nazionale identitario oggi è lettera morta nella carriera di un grande sportivo, facendo apparire l’istituzione come indebolita e quasi privata di contenuti.
Spiaze. Direbbe Simone Inzaghi.
Anche per oggi è tutto. A presto!
Giovanni
Proprio stamattina è arrivato il nuovo numero di Calcio Datato che vi segnalo qui perché analizza quel che dicevo sui risultati e lo squilibrio delle partite di Champions in maniera ancor più approfondita nella mia ultima newsletter.
https://www.calciodatato.com/la-nuova-champions-e-meglio-di-quella-vecchia/?ref=calcio-datato-newsletter