Allegrimachia. Il fantasma di Max
Il gol di Zaccagni ha spezzato una discussione che rischiava di diventare dirompente: mentre l'Italia soffriva con la Croazia il 3-5-2 subito sconfessato di Spalletti ha risvegliato gli #allegriout
Lodz, 26 giugno 2024
L’invincibilità sta nella difesa. La vulnerabilità sta nell’attacco. Se ti difendi sei più forte. Se attacchi sei più debole. (Sun Tzu)
Qualche giorno fa mi ha scritto Giacomo Giannecchini, un regista, documentarista e scrittore di racconti che mi ha proposto un articolo su Max Allegri come archetipo culturale dell’Italia moderna, interprete di alcuni tratti dell’identità del nostro Paese.
Aspettavo il momento giusto per rievocare il fantasma di Max su questa colonna quotidiana e lunedì sera, durante Italia - Croazia, mentre l’ignominiosa scelta di Luciano Spalletti di fare il 3-5-2, aspettare i croati e ripartire, faceva il suo corso, ho dato una veloce occhiata su X/Twitter, ed ho notato che il dibattito tra allegriani e non era tornato ai suoi splendori: in tanti stavano provando ad esorcizzare l’allegrismo, il male supremo, che si stava manifestando sul campo di Lipsia.
L’esorcista alla fine è stato Zaccagni, con il suo gol che ci ha proiettato nella patetica rievocazione del mondiale 2006 e mandati a Berlino per la prossima partita con la Svizzera, in un flashback in cui l’unica cosa identitica, al netto del design, era la maglia arancio del portiere.
Ma il dibattito tra allegriani e non è più vivo che mai e non si è esaurito con l’esonero del tecnico di Livorno dalla Juventus.
Allegrimachia
Massimiliano Allegri è l’uomo piú divisivo del calcio italiano degli ultimi 5 anni.
Da quando è tornato alla Juventus si è ricavato una rilevanza, in quello che potremmo definire il “subconscio” del calcio nostrano, che ha pochi precedenti se non nessuno.
Ha vinto 12 trofei in 8 anni di Juventus (con una pausa di due stagioni), ma il “fenomeno Allegri” dal punto di vista mediatico mostra proporzioni che in realtà poco hanno a che fare col mero giuoco del calcio.
Max è il patriarca degli “allegriani” a cui si oppongono senza mezze misure gli “anti-allegriani”.
Una divisione che ha scavato nella società italiana un solco più profondo di quello che si puó immaginare se si considera che stiamo parlando solo di un allenatore di calcio: è diventato suo malgrado, l’incarnazione di un archetipo.
Le sue sembianze si sono trasformate in quelle del dragone che divora la bellezza del gioco. Un essere mefistofelico che ordisce piani per distruggere il pallone e la sua poesia.
Lo stereotipo del cattivo di ogni fiaba.
La Storia a volte è piuttosto buffa e tragica al contempo e anche se si cerca con tutte le forze a sottrarsi alle sue macine, quando il suo meccanismo prende a funzionare non c’è più nulla da fare.
Max Allegri è quindi l’incarnazione, o una delle incarnazioni, della tradizione.
Assistiamo in ogni settore della società allo scontro tra nuovo e antico.
Da una parte un modo di stare al mondo, con radici profonde, consuetudini e idee consolidate.
Dall’altra un modo che si propone, con una certa arroganza e un curriculum quasi nullo, come una magnifica evoluzione, come una strada illuminata dal futuro e dalla saggezza.
L’ex allenatore della Juventus si è trovato a rappresentare, del tutto inconsapevolmente, una delle due parti in causa.
Quella perdente.
La società italiana è scossa fin nelle fondamenta dalle rimostranze di chi è inebriato dal profumo del moderno, appunto da “modus hodiernus”, che si scontra quotidianamente con chi invece mostra forti perplessità nell’abbandonare le certezze acquisite.
Una guerra tra due fazioni che si riverbera ovunque: in politica, nel giornalismo, nel modo di vivere la socialità, nel sesso, sul lavoro, nelle relazioni sentimentali, nella scuola.
Sempre lo stesso scontro: da una parte chi è smanioso di mollare gli ormeggi e buttarsi nel futuro, qualunque esso sia.
Dall’altra coloro che sembrano più diffidenti, se non addirittura recalcitranti, verso il domani.
Non servono grossi studi psicologici o antropologici per rendersi conto che egli è diventato per i tifosi di calcio l’incarnazione della figura del Pater!
Ecco perché il suo impatto nella narrativa sportiva ha di fatto valicato i suoi pur enormi meriti sportivi.
Allegri si è trovato a interpretare il ruolo del patriarca nell’epoca della lotta al patriarcato.
Tantissimi giornalisti e gran parte dei tifosi juventini hanno vissuto, soprattutto negli ultimi tre anni, un periodo difficile in cui sperimentavano sulla propria pelle il meccanismo del transfert psicologico, ovvero una transazione inconsapevole che andava a sovrapporre una figura all’altra.
Tanti piccoli Edipo riversati sui social chiedevano a gran voce la testa del Pater, della personificazione della tradizione, della figura che li ancorava al passato.
Ciò spiega il perché un allenatore di calcio che porta ai propri tifosi dodici trofei in otto anni, con tanto di due finali di Champions League perse contro due delle squadre più forti di ogni tempo, e che è stato l’unico punto di riferimento della squadra durante la tempesta mediatica e giudiziaria che la Juventus ha dovuto affrontare nel 2023, sia stato tanto odiato da molti dei propri figli.
Non si può comprendere davvero il “fenomeno Allegri” se ci si limita a pensare dentro agli schemi di una semplice questione calcistica.
L’Allegrimachia, il sacrificio rituale (e per fortuna solo simbolico) del tecnico livornese, è stata necessaria al mondo del calcio italiano per provare a redimersi, per tagliare i ponti con il passato, per aggiornarsi alle modalità estere.
Gli italiani soffrono di un complesso di inferiorità verso tutti gli altri popoli europei e gli USA, e tendono a volersi uniformare ad essi, autoflagellandosi nella vergogna delle proprie tradizioni e delle proprie modalità.
La modernità è sempre anti-italiana: l’economia dovrebbe essere più americana, lo stile più inglese, la sessualità scandinava, la serietà tedesca, la libertà olandese, il gusto francese.
In tutto questa esterofilia, fatta da caffè americani e cibo etnico, Max Allegri si trovava a essere uno degli ultimi, e più vincenti, rappresentanti della tradizione calcistica italiana e, a ben vedere, ora che le acque attorno a lui sembrano essersi calmate, ora che la folla si è abbeverata del suo sangue, è stato davvero necessario abbatterlo.
Non si poteva evitare.
Che ci si sia comportati bene o male nei confronti della persona sacrificata non importa più poiché essa, come abbiamo visto, in tutta questa storia c’entra poco.
Allegri è diventato un argomento scabroso, un personaggio di cui è meglio tacere. Sarà un rimosso della nuova Italia e del nuovo calcio.
Il mondo dello sport più amato dagli italiani è arrivato ad una svolta epocale e i tempi sembrano non solo maturi, ma oramai anche stretti.
I principi del gioco moderno prendono le distanze dal passato.
Anche nelle chiacchiere da bar si sente sempre più parlare di “schiacciare” l’avversario, “dominare” il gioco, “impedire all’avversario di giocare”, mettere “pressione altissima”, “costringere” all’impotenza.
Un ricco vocabolario che era fin qui usato più in ambito bellico che calcistico.
A quanto pare, della guerra piace chi attacca, non chi si difende. Riscuote successo e ammirazione l’aggressore non l’aggredito.
L’epica della resistenza è oramai considerata volgare.
L’eroico fortino pieno di uomini che cercano dentro di sé forze che non hanno pur di non arrendersi a un avversario superiore in tutto e per tutto, è qualcosa di cui vergognarsi.
Non vende più.
Per i millenials Ettore, figlio di Priamo re di Troia, sarebbe stato un uomo noioso e incapace di fare uno schema d’attacco decente.
Leggendo della resistenza dei troiani nelle antologie a scuola, i nuovi tifosi non possono che schierarsi dalla parte degli achei, poiché loro sì offrono spettacolo!
I nuovi modelli strutturali per il calcio non sono segreti e infatti, a detta di moltissimi addetti ai lavori, nei prossimi anni, per ragioni di business, il pallone dovrà avvicinarsi di più al mondo dell’intrattenimento e allontanarsi dalle antiquate dinamiche sportive.
Più Friedman e meno De Coubertin.
Lo diceva anche l’ex presidente della Juve (uno dei pochissimi estimatori di Max) che le squadre avrebbero dovuto iniziare ad entrare in concorrenza con Netflix e non più tra di loro o con le altre discipline sportive. E per dare il via a questo processo di trasformazione del gioco c’era bisogno, come in ogni rito iniziatico che si rispetti, di sacrificare il capro espiatorio: Massimiliano Allegri.
Note a margine.
Ci avviciniamo a grandi passi verso il torneo di Wimbledon, e l'All England Lawn Tennis Club (AELTC) e IBM stanno ampliando l'uso dell'intelligenza artificiale generativa (Gen AI) a Wimbledon per creare riassunti automatizzati e personalizzati sui canali digitali del torneo. Dalle schede pre-partita con dati e highlights. Wimbledon utilizzerà Gen AI per coprire un numero maggiore di partite, inclusi gli eventi in sedia a rotelle, fornendo anteprime e recensioni post-partita basate su punti chiave per gli eventi singoli su IBM Slamtracker.
Del calcio femminile in Inghilterra mi piace soprattutto l’approccio molto orientato al business: poche supercazzole e freddi numeri per fotografare la realtà. I ricavi aggregati dei club sono più che raddoppiati dalla stagione 2020/21 quando erano di 20 milioni di sterline (25,4 milioni di dollari USA). L'affluenza media durante il 2022/23 ha raggiunto i 5.616 spettatori, con un aumento di quasi il 200% rispetto alla media della stagione precedente di 1.923 spettatori. Significa che ad oggi una partita media della prima divisione femminile in Inghilterra totalizza quanto la somma delle medie dei due gironi di Serie C di maggior affluenza in Italia (B e C). Le perdite sono aumentate a 21 milioni di sterline, ma non vi é dubbio che il ciclo sia virtuoso (qui i dettagli).
L’ultima idea di RedBull nello sport é quella di far nascere una franchigia NBA a Las Vegas. Non sarà facile, perché la concorrenza (LeBron James e altri) é agguerrita. Ma la corsa é aperta.
Outro
Strategia Oceano Blu
Se avete dimestichezza con le cose di marketing certamente sapete cos’é la Strategia Oceano Blu.
Qui mi limito a semplificare per chi non la conoscesse: si tratta di una strategia che consiste nel creare e catturare spazi di mercato inesplorati attraverso la ricostruzione dei confini di un settore, sbloccando così una nuova domanda e generando una crescita profittevole.
Lo scorso anno salutai con un certo entusiasmo, ad esempio, la piattaforma tedesca DYN che offre “tutti gli sport tranne il calcio” e nell’ultima stagione ha trasmesso pallamano, pallacanestro e pallavolo (in ordine di popolarità in Germania) a 12,5 euro al mese.
Al contrario, recentemente si sta parlando dell’ennesimo approdo sulla terra promessa dei documentari sportivi.
A volerne realizzare, stavolta, sarebbe anche X, l’ex Twitter sempre più in crisi d’identità.
SportsProMedia ha analizzato così la situazione:
X ha una sfida seria nel trovare nuove fonti di crescita e riparare i danni reputazionali causati dal caos degli ultimi 18 mesi.
Gli inserzionisti sono stati alienati da misure di riduzione dei costi, politiche sui contenuti e problemi tecnici, mentre la verifica a pagamento ha avuto un effetto a catena sull'engagement organico.Tuttavia, nonostante tutto, X mantiene una base di fan estremamente coinvolta e appassionata quando si tratta di sport.
Nonostante molti pretendenti al suo trono, che si tratti di Threads di Instagram, Bluesky di Jack Dorsey o del misterioso Mastodon, nessuno è riuscito a spodestare X in termini di influenza.
Infatti, nonostante l'ubiquità di YouTube, X rimane il primo punto di riferimento per le discussioni e i video in-game.La sfida per l'azienda è risolvere le relazioni difficili con gli inserzionisti, aumentare i ricavi pubblicitari e stimolare l'uso. Resta da vedere se gli utenti saranno disposti a guardare contenuti di lunga durata su X.
Ma se c'è qualcosa che può farlo accadere, è lo sport.
Secondo SPM quindi X non sta andando a pescare nel mare degli altri, ma cercherebbe di consolidare quello che é il proprio mare.
Staremo a vedere.
A presto!
Giovanni
Grazie Giovanni, apprezzo il tuo coraggio di aver dato spazio ad una voce che, anche se in maniera oggettiva basata sui meri dati, ha dato i giusti meriti ad un allenatore tanto divisivo. Ho apprezzato Allegri per l'intelligenza, l'ironia, una certa arroganza e il saper coglionare con arte e intelligenza un certo mondo che guarda il calcio da uno spalto privilegiato pensando di saperne più di chi il calcio fa. E lo ho amato per aver mostrato il suo lato più umano nella serata dell'ultima vittoria della Juve. Una vittoria che mi ha fatto ancor più gioire proprio per il carico emotivo trattenuto per più di un anno da un allenatore che si è mostrato finalmente senza la maschera che ha tenuto per 10 anni. Io Massimiliano Allegri lo stimo soprattutto quando "si è trovato a rappresentare, del tutto inconsapevolmente, una delle due parti in causa. Quella perdente". Grazie a te e alle liriche parole di Giacomo Giannecchini, che non conoscevo.
l'articolo su Max Allegri è da incorniciare