Come è nato il dominio del Real Madrid in Europa
Dalla Legge Bosman in poi i blancos hanno ricominciato a vincere capendo prima di tutti dove andava il mercato ed ora hanno scavato un divario spiegato anche dalla matematica e dal liberismo.
Berlino, 3 giugno 2024
Il Real Madrid ha un'aura, le altre squadre stanno giocando contro lo stemma
(Gareth Bale)
Chi ha un po’ di dimestichezza con gli alti e bassi del calcio e le sue presunte imprevedibilità sabato sera a fine primo tempo aveva molto chiaro in testa che il Real Madrid stava avviandosi a vincere la sua quindicesima Champions League.
Se sei il Borussia Dortmund per fare l’impresa devi fare gol per davvero, non solo nei gol attesi che a fine primo tempo erano 1,68 a 0,09 con solo il 42% di possesso palla.
Quando Schlotterbeck al 40’ e Sabitzer al 43’ sono stati ammoniti per proteste si è capito che la bilancia mentale del match si stava spostando.
Le occasioni di Kroos (punizione) e Carvajal (testa da angolo, fotocopia del gol arrivato più tardi) tra il 4’ e il 5’ st. hanno poi confermato che la musica era cambiata. C’erano tutti gli elementi: i calci piazzati mancati nel primo tempo, la pericolosità, la facilità ad andare al tiro.
È finita come sappiamo: 2-0 e quindicesima coppa ai blancos.
Ogni volta che una squadra è arrivata in finale di Champions league a sorpresa negli ultimi 20 anni alla fine ha vinto il blasone di chi partiva favorito: a memoria cito il Bvb 2013 e 2024, la Juve 2015, l’Atletico Madrid 2014 e 2016, il Tottenham 2019, l’Inter 2023.
Per chiarezza: per un semplice calcolo di peso economico non posso mai considerare sorprese i club della Premier League come il Chelsea (2021) e il Liverpool (2019).
Gli avversari giocano contro il brand dice Gareth Bale.
Ma come siamo arrivati a questo punto?
Lascio le analisi di campo a gente più brava, paziente e appassionata di cose di campo di me, la superiorità tecnica, tattica e progettuale del Real Madrid in questi anni mi pare incontestabile, e mi occupo di quel che questa newsletter preferisce raccontare: economia dello sport, cultura, politica, società.
Il Real Madrid - o meglio, il suo presidente Florentino Perez - ha un grande merito storico: ha capito prima di tutti dove stava andando il calcio.
In Calcio e Potere, Simon Kuper racconta i trionfi degli anni ‘50 e ‘60 fortemente marcati dalla spinta franchista che vedeva nel calcio attraverso questo club un elemento (che oggi chiamiamo softpower) di affermazione continentale.
Qualcosa di simile - seguo sempre la ricostruzione di Kuper - accadde al secondo vincitore della Coppa Campioni, il Benfica “squadra del popolo” sostenuta dalla dittatura portoghese.
Dall’inizio degli anni ‘50 il Real Madrid fu protagonista del calcio mercato spagnolo con metodi non sempre limpidissimi. Fino al 1953 anno dell’arrivo di Alfredo Di Stefano (un caso oscuro di interferenze politiche mai totalmente chiarito di cui ho parlato in questo video) aveva vinto solo due titoli spagnoli.
Nel 1956 quando vinse la prima Coppa dei Campioni il Real Madrid aveva vinto il Campionato spagnolo solo 4 volte come l’Atletico Madrid (l’Athletic Bilbao e il Barcellona 6). Per dire: meno del Torino (6) e del Milan (5) in Italia dove l’Inter aveva già 7 scudetti e la Juve 9.
Dal ‘56 al ‘66 grazie ne vincerà 6 con altrettante Coppe dei Campioni d’Europa.
Negli anni ‘70 il club si eclissò con il franchismo (finito nel 1977), negli ‘80 i blancos persero prima al Parco dei Principi di Parigi contro il Liverpool la finale di Coppa Campioni nel 1981, poi la Coppa delle Coppe a Goteborg contro l’Aberdeen del non ancora Sir Alex Ferguson e vinsero nel 1985 e 1986 la Coppa Uefa, ma vivevano come maledizione il fatto non vincere più la Champions League dal 1966.
A inizio anni ‘90 il Real Madrid era un club che vendeva George Hagi al Brescia e Martin Vazquez al Torino, malgestito sul piano economico e con meno risorse a disposizione di un club medio di serie A.
La maledizione finì nel 1998 grazie ad un gol in fuorigioco di Pedrag Mijatovic: 1-0 contro una squadra ancor più maledetta in questo torneo, la Juventus.
Il resto è storia nota.
Negli ultimi 30 anni il Real Madrid ha vinto 9 volte la Champions League, praticamente una ogni 3 anni con un’impennata negli anni ‘10 e ‘20 non casuale.
Florentino Perez (eletto la prima volta il 17 luglio 2000) è il presidente più vincente della storia del club: 8 Champions League.
A lui si deve l’intuizione di capire dove stava andando il calcio già nel 1994 quando si era candidato alla presidenza (sconfitto) denunciando la mala gestione in cui versava la casa blanca.
Tre le sue mosse strategiche decisive dal 2000 in poi:
l’acquisto di Luis Figo (una mossa da puro mecenate in controtendenza rispetto a tutte quelle successive) per lisciare subito il pelo alla piazza e garantirsi libertà di manovra
la vendita della Ciudad Deportiva per autofinanziarsi e portare fuori il club dalle stringenti necessità finanziarie
l’inaugurazione della strategia galactica, finanziata anche dal passaggio precedente ma soprattutto da investimenti mirati nel marketing del club
Dovette ricredersi sugli Zidanes y Pavones (una squadra mix di campioni e prodotti del settore giovanile) ma fu assai lungimirante rispetto al Barcellona:
innanzitutto perché dimostrò di saper fare mercato meglio dei blaugrana affidandosi a uomini come il super intermediario Ernesto Bronzetti
in secondo luogo perché mise al bando le supercazzole del belgiuoco e si affidò a tecnici pragmatici e vincenti
Nella classifica dei record di mercato (soldi spesi per un singolo giocatore) il nome del Real Madrid lo troviamo solo dopo 12 affari più costosi (ne ho parlato in questo video).
A queste dobbiamo aggiungere almeno due vantaggi diciamo esterni:
rispetto ai club italiani ebbe una legislazione spagnola studiata a metà anni ‘90 per favorire Real e Barcellona sul piano fiscale. Tutti i club diventarono società per azioni tranne quelli “di interesse socio culturale”: i due citati oltre a Osasuna e Athletic Bilbao. E così gli emergenti (Valencia, Atletico Madrid, Deportivo La Coruña) durarono il tempo di poche stagioni. Il Real tornò a vincere in Europa tra il 1998 e il 2002 (3 coppe su 5), mentre in Italia la Serie A delle 7 sorelle sfiancava le contendenti in una competizione logorante imparagonabile al campionato spagnolo.
rispetto ai club inglesi ebbe invece il vantaggio di ricevere tantissimo dalle tv: mentre la Premier iniziò a distribuire le risorse in modo più equo nel 1992, in Spagna la collettivizzazione dei diritti tv arriverà solo dal 2016. Peraltro con un accordo che congelò gli incassi di Real Madrid e Barcellona (in quel momento 150 milioni l’anno) senza alcuna riduzione rispetto a quanto facevano fino a quel momento. Le risorse a disposizione erano quindi pari a quelle dei club di Premier in un quadro competitivo più favorevole.
Volendo potremmo anche aggiungere la “Legge Beckham” che venne circa 20 anni prima rispetto al nostro Decreto Crescita e servì a detassare molti ingaggi dall’estero favorendo gli acquisti di tanti supercampioni finiti al Real.
Quando nel marzo 2021 la Corte di Giustizia Europea punì Real e Barça per Aiuti di Stato con una ammenda di 5 milioni, la sentenza per le sue dimensioni risibili suonò quasi come un premio più che una punizione.
Nel frattempo come detto Perez ha sviluppato il brand, ma a differenza del Barcellona lo ha fatto con un modello di mercato lungimirante che si è dimostrato più resistente nel tempo.
In Calcionomica sempre Simon Kuper racconta molto bene una legge matematica che spiega tanti fenomeni del calcio: la distribuzione di Zipf.
La legge di Zipf è una regolarità statistica ubiqua nei sistemi complessi. Ad esempio, considerando le città di una nazione, tale legge sostiene che la popolazione della seconda città più popolosa all'interno di uno stato è pari alla metà della prima. La terza sarà un terzo. La quarta sarà un quarto.
La stessa legge vale per tante cose del calcio.
Ad esempio le vittorie di un torneo (anche la Serie A, ad esempio) oppure la classifica dei marcatori ma anche il valore dei calciatori. Lasciando perdere la distribuzione perfetta dei valori: tutte queste serie sono ben fotografate da una distribuzione piramidale.
In testa stanno pochissimi, sul fondo tantissimi.
E vale per l’economia: un esempio su tutti la distribuzione della ricchezza nel mondo, ma anche il fatto che nei vari mercati quasi sempre trovate un leader al vertice (prendete ad esempio il divario tra Adidas e Nike o tra Coca Cola e Pepsi) di dimensioni pachidermiche e poi concorrenti proporzionalmente sempre minori e sempre più simili gli uni agli altri.
Da quando nel 1995 con la Bosman e poi nel 2000 con la riforma Champions il calcio è entrato in era liberista (abbandonando le vecchie coppe, più ossequiose delle dinamiche federali, dove uno valeva uno e le federazioni non avevano un peso politico e tecnico come oggi, e in Coppa Campioni non ci andavi tutti gli anni) sono bastati circa 20 anni per far vedere realizzata una distribuzione dei successi e dei valori in maniera piramidale molto simile allo schema di Zipf.
Il Real Madrid nel 1999 (all’alba della nuova Champions) aveva 7 coppe contro le 5 del Milan e le 5 del Liverpool. Da allora ne ha sollevate 8 e le inseguitrici ne hanno vinte 2 a testa.
Cosa è mancato a questi due club? Esattamente ciò che ha fatto la fortuna del Real Madrid:
rispetto al Milan ha capito e assecondato le tendenze del mercato: mentre Perez investiva nel brand e faceva crescere il fatturato i rossoneri sono stati legati al mecenatismo berlusconiano fino a metà anni ‘10: passando l’ultimo decennio a tentare una difficile rimonta.
rispetto al Liverpool che si è trovato a giocare nella lega calcistica mondiale più competitiva di tutte ha avuto i due vantaggi di sistema sopra citati (aiuti di stato e diritti tv). “A little help from my friends” cantavano qualche decennio fa quattro bravi ragazzi che venivano proprio da Liverpool.
Tra queste due e il Real Madrid si è piazzato non a caso il Barcellona che ne ha vinte 4 nei primi due decenni di questo millennio e che infatti ha avuto gli stessi vantaggi del Real, ma ha sbagliato la strategia di lungo periodo.
Nella competizione Real-Barcellona alla lunga ha trionfato il pragmatismo dei blancos, che in era Perez hanno vinto con 3 tecnici diversi ma simili:
Vicente Del Bosque, un pre-belgiochista che gestì alla perfezione le rivalità in nazionale tra blancos e blaugrana
Carlo Ancelotti, uno che disse: “sono nato sacchiano, poi ho scoperto che si può vincere in molti altri modi”
Zinedine Zidane, talmente pragmatico che nemmeno allena più per paura di rovinarsi il record
Nel mezzo ha fatto due semifinali di Champions pure José Mourinho.
Oggi i blaugrana, che i galattici se li volevano costruire in casa e hanno smesso di vincere quando si è esaurita la generazione d’oro degli anni 2000, si affidano ad Hansi Flick, non proprio un profeta del tiki taka.
Il dominio che sta nei numeri è incontestabile, favorito anche da un mercato liberista del calcio che favorisce queste dinamiche.
Rimane solo un dubbio: mentre Joan Laporta (presidente del Barcellona) é inguaiato su altri fronti, Florentino Perez sembra essere rimasto l’ultimo a voler la Superlega.
Verrebbe da dire che è stato abbandonato anche dalla Juve se le ultime mosse politiche bianconere fossero qualcosa in più della testimonianza del vuoto politico che pervade il club bianconero.
Chi glielo fa fare?
L’unica spiegazione può essere il sogno di lasciarci un giorno (il piú tardi possibile, gli auguro) con la certezza che nessuno mai nella storia potrà toccare il suo primato di presidente del Real Madrid più vincente di sempre in era Uefa.
In fondo lui, da quando è arrivato, questa era l’ha dominata in lungo e in largo.
Note a margine
La finale di Londra ha fatto seguito a quella di Atene, Fiorentina - Olympiakos, giudicata come una delle più brutte da vedere di sempre. Ma per questo tipo di analisi lascio a chi le sa fare meglio di me: Michele Tossani sulla sua newsletter.
I soldi confiscati a Roman Abramovich dopo la cessione del Chelsea (per via della situazione dei beni russi legati alle misure successive all’invasione dell’Ucraina) rimangono ancora congelati. A quanto pare la situazione non si è ancora sbloccata. Ne avevo parlato in questo video.
A proposito di outsider di successo (non come il Bvb) su l’Ultimo Uomo c’è un ritratto di Claudio Ranieri che secondo me merita di essere letto.
Mastercard ha lanciato The Pledge Ball, un pallone da calcio realizzato con scarpe riciclate creato con l'artista Helen Kirkum per celebrare i 30 anni di sponsorizzazione della UEFA Champions League, con l'obiettivo di ispirare azioni collettive per l'ambiente.
Outro
A proposito di partite epiche vi consiglio di fare un salto in edicola e acquistare “La Partita” di Andrés Burgo, un libro tradotto da Fabrizio Gabrielli, edizioni 66thand2nd.
Una raccolta di aneddoti che ricostruiscono Argentina - Inghilterra 2-1 a Mexico ‘86, quella del gol di mano di Diego Maradona a Peter Shilton in cui l’imbroglio sportivo assunse la figura dell’iperbole per giustificare se stesso.
La partita, la cui epica è stata alimentata negli anni, viene raccontata in un libro, ricchissimo di testimonianze e interviste, che ricostruisce ogni minuto dell’incontro e di una squadra, l’Argentina, in cui nessuno credeva (si erano qualificati con prestazioni deludenti).
L’epoca di due nazionali costrette dalla guerra delle Falkland/Malvinas - voluta dalla dittatura argentina per distrarre il popolo sulla crisi economica dilagante (raccontata qui magistralmente dal prof. Barbero) - a farsi carico di una rivalità che superava i confini dello stadio.
Andrés Burgo, giornalista e scrittore argentino tra i massimi esperti della nazionale albiceleste, racconta la storia vera nascosta dietro la leggenda.
Di quel mondiale io, bambino di 9 anni, ricordo il mio tifo per l’Argentina e sul piano tecnico soprattutto un altro match, l’appassionante Brasile - Francia dei quarti di finale, con i francesi vincenti ai rigori.
Fu il mondiale di una nazionale italiana tardo bearzottiana di cui andammo poco fieri prima che il grande Azeglio Vicini ci restituisse orgoglio e qualità in un bellissimo Euro ‘88 che si giocò in Germania (Ovest) proprio come l’Europeo di quest’anno che inizia il 14 giugno.
Buona lettura.
A presto!
Giovanni
Ottimo, come sempre, Gio.
In Champions League esiste secondo me pero' per me anche una componente che posso solo definire sovrannaturale. Negli anni di Florentino, quante volte gli episodi gli sono stati favorevoli, e quante volte contrari?
Praticamente sempre e solo tutto in una stessa direzione.
Pensa solo a questa stagione: qualificazioni soffertissime (secondo molti "immeritate") con Lipsia e City, e in finale... Se Kobel non toglie il piede istintivamente all'ultimissima frazione di secondo nel momento in cui Vini Jr. (giocatore comunque pazzesco) fa una delle sue classiche fesserie, il Brasiliano si becca il rosso. Invece...