Come vedi il calcio dei prossimi 20 anni?
La crisi delle istituzioni mondiali sta soprattutto nell'impossibilità di far convivere tutti i significati del gioco. Riflessioni in risposta ad una domanda che mi è stata mandata da un lettore.
Una delle persone interessanti con cui sono entrato in contatto attraverso Fubolitix è Paolo Valenti, un collega - autore di vari libri sul calcio, la nazionale, i mondiali - che porta un nome assai pesante per uno che ha deciso nella vita di fare il giornalista sportivo.
La newsletter di oggi è dedicata a rispondere ad una domanda che Paolo mi ha fatto nei giorni scorsi e che è la classica domanda stimolante, che ti dà da pensare e ti fa realizzare che effettivamente hai una visione sul tema, che ti pare interessante raccontare.
Tu come vedi il calcio dei prossimi 20 anni?
Parlo a livello di mutamento culturale tra l'approccio passionale, quasi religioso, di europei e sudamericani, e quello che lo pone esclusivamente a livello di entertainment, più legato alla mentalità degli investitori di oggi?
Di questo tema parlo spesso qui, ma oggi prendo l’occasione per un post un po’ più organico del solito.
Il calcio come lo conosciamo, organizzato su base federale è il risultato di quanto successe all’inizio del secolo scorso (ne parlo in Calcio e nazionalismo, un binomio solido).
Gli ultimi 30 anni hanno visto in maniera marcata l’emersione del fenomeno del calcio-business. Oggi siamo al compimento del primo quarto del nuovo secolo (e pure di un nuovo millennio) e quello che vedo intorno è una crisi generalizzata delle eredità storiche in cui siamo spesso disorientati ed a cui reagiamo, in base a sensibilità ed interessi, da conservatori o da innovatori.
Nello sport i soldi hanno sempre avuto un loro ruolo, ma oggi ne rivendicano uno a loro più consono: molti investitori non vogliono più sottostare (non è una questione solo calcistica) alle regole dei burocrati.
Per questo rivendicano mano libera.
E qui nasce lo scontro socio culturale classico: politica vs affari.
Due mondi che si scontrano con le rispettive retoriche: egualitarismo contro efficienza, con la libertà nel mezzo, tirata per la giacchetta da entrambi.
Non è uno scontro che vediamo solo nello sport e nella sua disciplina più popolare a livello mondiale, ma in pressoché tutti gli ambiti della vita.
Se in genere mi trovate dalla parte di una politica illuminata quando si parla di cose che influenzano la nostra vita di tutti i giorni (energia, salute, difesa ecc…), faccio fatica a trovare nello sport la stessa necessità sociale da difendere.
Quando la politica si è occupata troppo di sport lo ha fatto per potere e interessi personali o per autopropaganda e intenti antidemocratici.
Io credo, e vengo alla risposta, che in futuro il calcio continuerà ad esistere, ma non più come monolite piramidale che va dai campioni del mondo alla terza categoria, ma diviso nelle sue varie e tutte legittime sfaccettature, indipendenti le une dalle altre:
esiste il calcio business dei fondi e dei grandi club internazionali;
esiste il calcio identitario delle province e quello dei campanili, con una dimensione geografica d’interesse più ristretta;
esiste il calcio come fenomeno sociale e culturale;
esiste il calcio amatoriale e quello orientato all’inclusione.
Sono andato a ruota libera ma posso aggiungere: esiste il calcio business dell’entertainment (la Kings League e i suoi fratelli) e non esiste solo un calcio a 11 ma quello a 7 o a 5 ed altre declinazioni minori.
Ci avete fatto caso come quello a 7 riesca spesso a spettacolarizzare più che a 5 e a volte anche più che la versione tradizionale a 11?
Ne ha parlato tangenzialmente tra gli altri anche Andrew Petcash di Profluence, che non analizza il calcio, ma parla di tanti altri sport, e fa notare come sia in corso la miniaturizzazione delle discipline, citando rugy a 7, basket 3x3, golf digitale, pickleball.
È un fenomeno che attira investitori ma anche e soprattutto l’attenzione del pubblico. Poteva esserne immune il calcio?
Si, ma non è calcio.
Ottimo, e quindi?
Non so perchè ma questa disputa mi ricorda tanto il Subbuteo e la sua storica divisione tra i tradizionalisti (Old Subbuteo) e innovatori (spiegata bene qui). O se preferite quando gli onnivori non hanno altro da dire ai vegani se non che non possono chiamare carbonara una carbonara perché non ci mettono uovo e pancetta.
Intanto gli sport tradizionali perdono piccole fette di attenzione, ed è quello che conta, perché quella è l’arena dentro la quale tutti competono.
Ciascuno di noi può identificarsi in ognuna di queste realtà, in maniera libera e consapevole. A patto di non ostacolare le diversità.
Quello che non funziona a mio giudizio oggi è, in pochi punti:
pretendere che i fondi siano liberi di acquistare tutti i club che vogliono creando gruppi ma che poi debbano per forza competere non in leghe chiuse ma in una piramide unica dove giocoforza prima o poi si scontreranno due loro club, sollevando dubbi di regolarità e legittimità;
insistere nel controllare i ricavi e non invece i costi dei club, ancorando i secondi ai primi e generando così una cristallizzazione dei valori nel tempo, con l’effetto di legare le mani a chi vuole investire anche in maniera sana;
pretendere che nella stessa piramide convivano club con seconde e terze squadre con obiettivi (di mercato e formazione) sostanzialmente diversi ma concorrenziali e confliggenti, con le realtà storiche delle terze e quarte serie (parlo anche di Spagna e Germania, non solo di Italia);
insistere con una accentuata mobilità tra categorie (tutto bello fin che rischiano gli altri e voi state sul divano) che aumenta a dismisura il rischio e allontana i piccoli-medi investitori;
aumentare i controlli statali (authorities come in Italia, organismi governativi come in UK) sulla attività delle Leghe sportive;
continuare a far crescere a dismisura le competizioni federali (Nations League, Mondiale allargato, manifestazioni FIFA più disparate) lasciando che le Federazioni diventino competitive con le Leghe;
ad un livello ancor più macro: accettare che il centro degli interessi dello sport siano i club (modello europeo) e non le leghe (modello americano), ovvero che i campionati si formino per associazione (modello europeo) e non per devoluzione (modello americano delle franchigie).
In sintesi: accettare l’attuale monopolio federale che discende dalla FIFA contro una più libera accettazione delle specificità e degli interessi variegati che a tutti i livelli caratterizzano questo sport.
Potranno mai tutte queste anime convinvere? Si. Basta volerlo, e basta non metterle tutte dentro la stessa scatola, succederebbe come quando mettete biscotti di diversa consistenza in un contenitore ermetico, diventano immangiabili per osmosi, si snaturano.
Potranno mai tutte queste anime convinvere? Si. Ma questa è un’altra storia, e attenzione: non è una storia del futuro, ma del passato.
Si chiama FA Cup. Ed è il torneo più antico del mondo, nato per far competere tutti in un torneo livella in cui uno vale uno e i sorteggi non guardano in faccia nessuno. Ma per esistere ed essere omninclusivo sta limando una dopo l’altra le proprie regole. Anche se, come sappiamo, i lifting antietà non hanno mai ringiovanito nessuno.
Il problema non è ringiovanire il passato, ma creare le condizioni perché quei valori non siano confliggenti con quelli del presente e del futuro. Altrimenti, inevitabilmente, il passato prima o poi ne verrà travolto, per cause naturali o per implosione.
Note a margine.
I migliori attaccanti. Altra settimana altra ricerca del CIES ;) che diventa ormai un appuntamento fisso di Fubolitix, per chi non ha voglia di leggersi tutto in inglese. Il 495° Weekly Post del CIES Football Observatory presenta i 100 migliori giocatori al mondo in termini di prestazioni offensive, valutati su tre aree del gioco: dribbling, creazione di occasioni e finalizzazione. In cima alla classifica si trova Michael Olise (Bayern Monaco), seguito da Lamine Yamal del Barcellona e Florian Wirtz del Bayer Leverkusen. Sono stati considerati solo i calciatori che hanno giocato almeno 1.080 minuti nella stagione in corso. Praticamente assente la Serie A (ma non è per forza un male).
Non parlate al conducente. Audi e DAZN hanno annunciato una partnership per integrare l’app di streaming sportivo nei sistemi di infotainment dei veicoli Audi più recenti. Gli utenti potranno guardare eventi sportivi direttamente dal display centrale durante le soste o, se passeggeri, su uno schermo dedicato senza distrarre il conducente. L’app è disponibile nell’Audi Application Store per i modelli con Android Automotive OS, come Audi A5, Q5 e A6. Questa integrazione amplia l’intrattenimento a bordo, che già include servizi come Spotify e YouTube, offrendo un’esperienza di viaggio più completa e connessa per gli utenti con un account myAudi attivo.
Roma vs Atalanta a Boston. Secondo un articolo di Sportico, Dan Friedkin, proprietario del gruppo Friedkin, è tra i quattro gruppi in lizza per l'acquisto della maggioranza dei Boston Celtics. Gli altri contendenti includono Steve Pagliuca, attuale investitore dei Celtics e co-proprietario dell'Atalanta, Stan Middleman, presidente e CEO di Freedom Mortgage, e William Chisholm, managing partner di Symphony Technology Group. Il Friedkin Group, con sede in Texas, possiede già l'AS Roma in Serie A e l'Everton in Premier League. Dan Friedkin ha un patrimonio netto stimato di 7,5 miliardi di dollari. La vendita dei Celtics prevede la cessione del 51% ora e la restante quota nel 2028. Il valore della franchigia è stimato in 5,66 miliardi di dollari, il che potrebbe stabilire un nuovo record per una squadra NBA. Il prossimo round di offerte è previsto per la fine di questa settimana.
Outro.
Il solito Real
L'Atlético Madrid è stato eliminato dalla Champions League dal Real Madrid dopo una drammatica serie di rigori, conclusasi 4-2 a favore dei Blancos, con il punteggio complessivo di 2-2 dopo i tempi supplementari.
L'episodio chiave della serie di rigori ha coinvolto Julián Álvarez dell'Atlético, il cui tiro è stato annullato dopo che, scivolando, ha toccato il pallone due volte, secondo il VAR, violando la regola IFAB secondo cui il tiratore non può toccare il pallone una seconda volta.
Al termine della partita, l'allenatore dell'Atlético, Diego Simeone, ha espresso la sua frustrazione riguardo alla decisione arbitrale sul rigore di Álvarez, chiedendo ai presenti in conferenza stampa se qualcuno avesse visto chiaramente il doppio tocco, senza ottenere risposte affermative.
Io stesso devo ammettere di non aver visto il doppio tocco.
Io non credo, e lo dico senza finzione, che ci sia un sistema a favore del Real Madrid. Ma registro che come lo scorso anno anche quest’anno c’è stato un episodio controverso che li ha favoriti. E non è la prima volta.
Piuttosto sono convinto che nel dubbio per l’Uefa sia meglio se sono favoriti i grandi club, per una questione di sostenibilità degli eventi, per una questione di interesse e di seguito, ma anche di opposizione: una partita del Real Madrid in Europa (come la Juve in Italia) cattura sia followers che haters.
Il problema anche qui sta nel sistema economico distorto e inefficiente. Una cosa è rinunciare al seguito delle big per poche settimane, una cosa è estrometterle a inizio marzo, con 3 mesi di torneo da giocare.
Se ci fosse un campionato europeo con playoff concentrati in un mese e mezzo, tipo NBA, questo “danno” sarebbe certo inferiore.
È solo un’impressione, ma ci penso da tempo e ve la esprimo.\
Anche per oggi è tutto. A presto!
Giovanni
Se non ho capito male ,sarebbe un bene favorire Real o Juve per il bene dei campionati .
Se è così a mai più rivederci.