Gli inglesi che vogliono pensionare la Premier League
Dibattito aperto sul futuro: la nuova Lega ha moltiplicato i ricavi ma i problemi di sistema rimangono molti, la tendenza nazionalizzatrice della politica porta a pensare ad una svolta clamorosa.
Invidiata da tutti.
Eppure in patria c’è chi vuole pensionare la Premier League per tornare ad una lega unificata.
Sul tema è tornato questa settimana The Athletic analizzando il dibattito su cosa potrebbe succedere se veramente dopo 30 anni il calcio inglese decidesse di fare un passo indietro con l’intento di farne uno avanti.
Qui voglio analizzare lo scenario punto per punto perché, nonostante l’ipotesi possa sembrare remota se non del tutto assurda, è pur vero che la sostenibilità del calcio oggi sembra passare attraverso una migliore distribuzione delle risorse.
Io stesso, del resto, da tempo auspico che la Serie A torni a fondere le due Leghe di A e B per rivedere il format (da 20 a 16 squadre) ma soprattutto (questa é l’unica cosa che conta) la distribuzione del miliardo di diritti tv.
Perché la verità che nessuno vuol raccontare è che - ancor più dopo l’ultimo ciclo di diritti tv che ha visto ridursi gli incassi della Serie B ad un terzo del precedente - la B è destinata a somigliare più alla C che alla A.
In Germania come ricordo spesso qui, è già così: lega unica con Bundesliga e Zweite Bundesliga.
Vediamo in dettaglio i punti salienti e le ragioni dietro l’ipotesi - caldeggiata dalla English Football League, la lega che unisce Championship, League One e Two - di una riunificazione.
1. Il disordine finanziario e competitivo della Premier League
Il cuore dell'argomento è che, nonostante il grande successo economico della Premier League, i problemi strutturali e finanziari sono aumentati nel tempo. La divisione tra Premier League ed EFL ha creato un enorme divario economico, con la Premier League che guadagna enormemente più dei club più bassi, come evidenziato dal confronto tra i guadagni da diritti televisivi: nel 1993, la Premier League guadagnava 45 milioni di sterline, mentre nel 2023 si è arrivati a 3,5 miliardi. Questo divario economico ha ridotto la competitività e ha portato ad un fenomeno di "yo-yoing" (promozioni e retrocessioni rapide), dove le squadre appena promosse dalla Championship tendono a retrocedere rapidamente. Inoltre, il sistema dei "paracadute finanziari" per le squadre retrocesse ha creato distorsioni nel campionato di Championship, dove le squadre hanno scelto di indebitarsi per sperare nella promozione, senza considerare le conseguenze finanziarie.
2. Le difficoltà finanziarie e la gestione a livello dei club
La creazione della Premier League nel 1992 ha portato vantaggi per i club più ricchi, ma ha creato gravi disuguaglianze tra le squadre della Premier League e quelle dell'EFL. Nonostante l'incremento dei guadagni della EFL, la Premier League ha visto i suoi ricavi crescere a un ritmo molto più veloce (78 volte di più rispetto al 1992). I club della Premier League, nonostante i ricavi enormi, continuano ad aumentare i loro stipendi, con un incremento di 850 milioni di sterline dal 2022. Nel frattempo, i club più piccoli della EFL sono costretti a lottare con difficoltà finanziarie, molti arrivando a fallire o a dover affrontare gravi problemi economici.
3. Il ruolo del regolatore indipendente
La risposta del governo britannico ai crescenti problemi del calcio professionistico è stata quella di introdurre un regolatore indipendente, che abbia il potere di gestire il sistema e garantire che la ricchezza del calcio sia distribuita in modo più equo e che i club non falliscano. Tuttavia, molti all'interno della Premier League sono contrari, preferendo mantenere lo status quo, nonostante i continui problemi di governance e le richieste di riforma. L'introduzione del regolatore è vista come una risposta a questo fallimento da parte del calcio stesso nel risolvere i suoi problemi.
4. La proposta di unificazione della Football League
La proposta di riunire la Premier League e l'EFL in una struttura unificata, con un solo "rulebook" e una squadra di vendita commerciale comune, potrebbe risolvere molti dei problemi economici e di governance. La proposta, sostenuta da diversi esperti, come Mark Palios e Alex Fynn, suggerisce che una gestione unificata potrebbe ridurre il divario economico tra i vari livelli del calcio inglese, rendendo il prodotto finale più competitivo e attraente per i broadcaster e i fan. La creazione di una lega più equilibrata e centralizzata potrebbe anche migliorare la gestione dei diritti televisivi e dei contratti commerciali, permettendo a tutte le squadre di beneficiare di una fetta maggiore del “grande torto” che rappresentano i diritti televisivi e i contratti commerciali.
5. Le obiezioni e le difficoltà
Ci sono molte obiezioni, soprattutto da parte della Premier League, che teme che unificare il sistema potrebbe danneggiare la propria crescita e l'autonomia. Alcuni, come David Dein (ex vice-presidente dell'Arsenal), credono che unire le due leghe rallenterebbe la crescita della Premier League, che ora è un marchio globale di successo. Tuttavia, altre voci, come quelle di Christina Philippou e Sean Hamil, ritengono che un sistema unificato potrebbe portare a una gestione più strategica, eliminando le disuguaglianze finanziarie e creando un prodotto più solido per il futuro.
6. Il futuro del calcio inglese
In conclusione, l'articolo suggerisce che un ritorno a una struttura unificata, in cui tutte le leghe siano gestite da un unico organo di governo con regole comuni e una distribuzione equa delle risorse, potrebbe portare grandi benefici per il calcio inglese. La Premier League, pur avendo portato enormi guadagni ai club top, ha creato gravi divisioni finanziarie e competitive che minano la sostenibilità del sistema a lungo termine. Una riforma in senso unitario, con l'introduzione di un regolatore indipendente e una gestione condivisa dei diritti televisivi, potrebbe riequilibrare il sistema e portare maggiore prosperità a tutti i club, non solo ai più ricchi.
Un ritorno a un sistema più coeso potrebbe garantire maggiore equità e sostenibilità per l'intero calcio professionistico del paese. Su questo non c’è dubbio.
Nel 1993 la Premier League fu lungimirante e capace di arrivare dove è oggi. Sarà ancora così?
Vi è del resto, per concludere, un ultimo tema: stante l’opposizione politica, istituzionale, alla libertà dei club di strutturarsi in leghe internazionali. E stante il protezionismo calcistico interno. Come può l’Inghilterra fare realmente la differenza rispetto al resto del mondo?
L’ipotesi è sul tavolo. Ma anche altri paesi dovrebbero riflettere.
Note a margine.
In Oceania. Ventiquattro club hanno fatto domanda per partecipare alla OFC Professional League, che inizierà a gennaio 2026 con otto squadre. Le richieste provengono da Nuova Zelanda, Fiji, Papua Nuova Guinea, Australia, Nuova Caledonia, Samoa, Isole Salomone, Tahiti e Vanuatu. L'obiettivo della lega è professionalizzare il calcio nell'Oceania, con il supporto di un investimento di 10 milioni di dollari da parte della FIFA. A settembre, saranno selezionati gli otto club che parteciperanno alla competizione.
Invisibili. Come sempre Kyle Boas ci regala riflessioni suggestive.
I migliori difensori e mediani si notano poco: è il segno che stanno facendo bene il loro lavoro. Se li noti, probabilmente hanno commesso un errore, mettendo a rischio l’intera squadra. Sono l’ultima linea di difesa e fanno brillare gli attaccanti, che ricevono il merito quando tutto funziona. Se un attaccante sbaglia, la difesa finisce sotto pressione e basta un giocatore fuori forma per compromettere l’intero attacco. Un buon difensore garantisce equilibrio e il suo impatto è evidente solo quando manca. Il loro rendimento è fondamentale, ma spesso invisibile finché non viene meno.
Calcio d’Egitto. L’Egitto - scrive Geosport - ha il potenziale per usare il calcio come strumento di soft power, grazie alla sua passione per lo sport, Mohamed Salah e una cultura millenaria. Tuttavia, problemi politici e di sicurezza hanno ostacolato questa opportunità. Il Marocco ha dimostrato come il calcio possa rafforzare l’immagine di un Paese, ma in Egitto le autorità vedono i tifosi organizzati come una minaccia politica. Stadi vuoti e instabilità limitano il turismo e la crescita del settore. Per cambiare, servono investimenti sostenibili, una strategia diplomatica chiara e il ritorno dei tifosi. L’Egitto ha ciò che il denaro non può comprare: autenticità.
Outro.
Non chiamatelo business.
Nei giorni scorsi ho ripreso qui la mia recente intervista a Ferdinando De Giorgi, in cui il ct della nazionale di pallavolo, parlando dei mondiali ogni 2 anni nel suo sport affermava:
E' una formula per il business non per la parte tecnica. Siamo tutti d'accordo, tecnici e giocatori, su questa cosa. Il Mondiale dev'essere simile alle Olimpiadi, qualcosa di unico, esclusivo, farlo in questo modo lo inflaziona.
Si tratta di una affermazione totalmente condivisibile, ma controversa e da leggere attentamente.
De Giorgi afferma che la formula è per il business, non per la parte tecnica, ma anche una formula che inflaziona l’evento.
Ebbene, quanti di voi promuoverebbero in business qualcuno che inflaziona un prodotto? Nessuno credo.
E quindi é giusto iniziare a dire che queste sono scelte politiche di federazioni miopi che andrebbero criticate radicalmente. Altro che business!
La pallavolo, peraltro, ha ormai un problema conclamato di spettatori, motivo per cui la Nations League fa sempre più fatica a riempire i palazzetti nella fase a gironi.
Kaveh Niroomand, che è presidente della squadra di pallavolo di Berlino, oltre che l’uomo più influente del volley tedesco, in una recente intervista che gli ho fatto spiegava chiaramente come la forza dello sport risiede nelle piazze e nella forza economica dei club molto più che nel concetto federale.
Tutto questo per dire che ad essere miopi non sono solo i dirigenti federali della pallavolo mondiale, ma anche quelli del calcio che dopo aver annunciato un mondiale da 50 milioni di euro a squadra dovranno accontentarsi di un terzo, come scritto nei giorni scorsi da Sportmediaset.
Di questo tema ha peraltro parlato anche Front Office Sports nei giorni scorsi, e benché quanto sto per scrivere appaia scontato vale la pena secondo me ricordarlo.
Il futuro dello sport in diretta appartiene agli eventi imperdibili. Il successo del 4 Nations Face-Off (ovvero la nuova formula dell’All Star Game nell’hockey su ghiaccio americano) dimostra che i fan si sintonizzano quando c’è qualcosa in palio, a differenza delle lunghe stagioni regolari che perdono appeal.
La NHL ha battuto la NBA in termini di attenzione mediatica grazie a un torneo avvincente, mentre l’All-Star Game NBA ha visto un calo del 13% negli ascolti.
Le leghe cercano nuovi formati per creare momenti di visione collettiva, come dimostrano i successi in termini di audience delle Olimpiadi 2026 e il ritorno della World Cup of Hockey. L’esclusività e la rarità rendono un evento davvero imperdibile.
Anche per oggi è tutto. A presto!
Giovanni