Fondi d'investimento e calcio, un rapporto controverso
In Europa il 35% dei club è stato finanziato secondo le regole del private equity, ma il calcio ha le sue specificità e quindi gli investitori stanno provando ad adattarsi in maniera creativa.
Berlino, 23 luglio 2024
Non tutti i private equity sono guidati da diavoli. Solo alcuni.
(Paul Krugman)
Negli ultimi anni, in un ambiente generalmente sfavorevole per gli affari e i nuovi investimenti, il private equity nello sport è in continua ascesa.
Mentre l'attività di affari, la raccolta di fondi e le uscite sono rallentate ovunque, le società di private equity supportate da investitori miliardari hanno continuato ad acquistare e investire in squadre sportive.
Oltre due terzi delle squadre NBA hanno una connessione o un investimento di private equity, e tutte le principali leghe statunitensi, tranne la NFL, ora permettono alle società di private equity di possedere partecipazioni minoritarie nelle squadre.
In Europa, il 35% dei club calcistici è stato finanziato tramite capitale proveniente da società di private equity o venture capital, fondi sovrani o consorzi privati.
Nella prossima stagione il 50% dei club di Serie A avrà una proprietà straniera riconducibile ad una delle categorie di investitori di cui parliamo tra poco.
Di cosa parliamo. Nel private equity sportivo, le società raccolgono capitali da investitori esterni e investono nei club.
E qui dobbiamo subito aggiungere un “ma”, che poi è il vero tema del rapporto controverso di cui parlo nel titolo.
Generalmente gli investitori hanno l'obiettivo di vendere le loro partecipazioni per trarne un profitto entro 3-7 anni.
Spesso in economia si parla di fondi predatori che ristrutturano e rivendono al rialzo al momento giusto una volta riportate le società su un percorso virtuoso di crescita, non senza sacrifici in termini - soprattutto - di posti di lavoro.
Lo sport tuttavia ha le sue regole, e ci sono due cose che sarebbero del tutto controproducenti, se riprodotte tout court dalle aziende alle società:
non si possono vendere massicciamente gli asset (giocatori) per monetizzare, pena la svalutazione competitiva della quadra, e quindi la perdita di valore patrimoniale;
la tradizionale difficoltà delle società sportive a perdere soldi rende quasi impossibile una strategia a breve-medio periodo.
Se ne deduce che chi vi racconta che un fondo entra in un club per vendere i gioielli o per incassare col malloppo in realtà non abbia ben presente il contesto.
Non è un caso se negli ultimi anni club come Manchester United e Liverpool hanno provato ad andare sul mercato per cambiare proprietà ma hanno dovuto alla fine accontentarsi di vendere quote di minoranza per incassare - intanto - la certificazione dell’esponenziale aumento di valore nel tempo delle società stesse.
Approfondiamo.
L'interesse per il private equity sportivo è esploso rapidamente per diverse ragioni:
Valutazioni in Aumento: le valutazioni delle squadre sportive sono nettamente cresciute negli ultimi 20 anni. Queste valutazioni elevate hanno creato un bisogno di liquidità, poiché i proprietari più anziani potrebbero voler vendere le loro partecipazioni ma affrontano un pool limitato di acquirenti.
Investimenti Non Correlati: anche in caso di recessione o calo del mercato, un club continui a generare flussi di cassa e i tifosi a frequentare le partite. Le squadre sportive hanno connessioni emotive che le rendono diverse dalle aziende tradizionali.
Crescita dei Ricavi: oltre a biglietti e merchandising, nell’ultimo ventennio è esplosa una fonte di ricavo marginale fino ad inizio anni 90: i diritti tv e in generale i diritti digitali: realtà aumentata (AR) / realtà virtuale (VR) e e-gaming.
Cattiva Gestione Finanziaria: molte squadre nonostante tutto continuano ad essere gestite male perdendo denaro, creando per la società di private equity l'opportunità di migliorare la loro efficienza.
Cambiamenti Normativi: Molte leghe sportive (si pensi non solo agli USA ma anche agli accordi di Ligue 1 e Liga con CVC Partners, a lungo in odore di entrare anche nella Serie A) hanno allentato le loro regole di proprietà nel tempo e ora permettono alle società di private equity di possedere partecipazioni minoritarie.
Infine vi è un fattore che potremmo definire politico - che ben conosciamo in Italia, ma che viene raccontato per lo più a convenienza - da non sottovalutare:
diversi club (in Italia: quasi tutti) scaricano buona parte delle proprie spese operative e di capitale, come gli stadi, sulle città. È un grande modello di business perché la squadra esercita pressioni a cui i tifosi / elettori sono sensibili e per questo la città spesso tende a correlarsi in maniera molto mite con quella che in fondo è un’azienda che raccoglie ricavi da biglietti, licensing, trasmissioni e merchandising.
Lo so, vi sto raccontando, qui, una cosa diversa da quella che sentite solitamente: la narrazione dello stadio come esclusiva opportunità è estremamente parziale. Oggi molto spesso i club non generano buoni ricavi da stadio semplicemente perché non investono in alcuni servizi di base (fast food) da stadio.
Categorie. Le società di private equity sportivo possono essere divise in cinque categorie principali:
società di PE focalizzate sullo sport (un esempio: RedBird - Milan e altre attività)
grandi fondi diversificati (Elliott, già salvatore del Milan, o Sixth Street che recentemente ha investito nel Real Madrid);
fondi sovrani (come Qatar Sports Investments - PSG e il Public Investment Fund - PIF del Newcastle United);
conglomerati (Fenway Sports Group: Boston Red Sox, Liverpool FC, Pittsburgh Penguins, ecc.).
holding familiari individuali.
Il modello. Ma se, come abbiamo detto, due dei maggiori assunti delle strategie di PE non si possono copiare nello sport, come funzionano questi investimenti?
La risposta breve è: "Molto simili agli affari di equity di crescita".
Le regole finanziarie (sia il controverso FFP Uefa che quelle delle leghe USA) impongono più paletti che nel normale libero mercato, quindi le principali fonti di ritorno sono:
Crescita dei Ricavi: da maggiori vendite di biglietti, merchandising, diritti di licenza/trasmissione, eventi dal vivo e operazioni immobiliari.
Miglioramento dei Margini: mentre alcune squadre sportive sono gestite efficientemente (molte squadre NBA hanno margini del ~30%), molte altre non lo sono. I club calcistici europei sono noti per perdere denaro, e le società di private equity sono autorizzate a possedere alcune squadre in paesi specifici, quindi vedono questo come un'opportunità attraente per migliorare l'efficienza.
Multiproprietà (MCO): questo è stato il principale motore dei ritorni poiché le valutazioni delle squadre sportive sono aumentate, ma è discutibile se questo continuerà per sempre.
Le MCO stanno modellando le dinamiche future dello sport, influenzando l'equilibrio competitivo, la distribuzione dei talenti e il branding globale.
L'aumento delle squadre possedute da MCO è sorprendente:
2021: 117
2022: 227
2023: 300
2024: 336 (in crescita)
La proprietà multi-club consente ai proprietari di diversificare il loro investimento in diversi mercati e capitalizzare le sinergie in sponsorizzazioni, reclutamento di giocatori e opportunità di branding.
Anche l’UEFA sembra inerme e recentemente ha dovuto ulteriormente allargare le maglie dell’ammissione alle Coppe europee per non penalizzare club come Manchester City e Manchester United.
Le MCO del resto vanno contro il principio più volte ribadito dall’UEFA, che insiste nel volere un calcio unico e piramidizzato anzichè leghe chiuse.
Come spesso quindi accade l’UEFA da una parte enuncia i principi e dall’altra li disattende.
È evidente che avere due gruppi in una competizione sia un conflitto d’interessi, non tanto per possibili combine sul campo, quanto in sede di mercato quando la necessità di concentrare talento in un club ammiraglia che punti ai massimi risultati è evidente e finisce per creare figli di serie A e serie B.
Questo crea un clima di incertezza tra i tifosi, specialmente in Europa, dove la MCO è vista con sospetto.
Ovvio che oggi i tifosi del Girona sono contenti di essere in Champions League e magari domani lo saranno quelli del Palermo promossi in Serie A, ma questo dura fino a quando i loro interessi non cozzeranno con quelli del club ammiraglia: a quel punto si scopriranno figli di un dio minore, che Uefa e Fifa lo vogliano o meno,
Naturalmente ci sono vantaggi patrimoniali e commerciali, ma anche tecnici:
I club all'interno delle reti MCO spesso sperimentano un aumento del 20-30% dei ricavi commerciali grazie a accordi di sponsorizzazione condivisi e sforzi di branding globale;
Il valore di mercato medio dei club sotto strutture MCO è stimato essere del 15-25% superiore rispetto ai club indipendentemente posseduti in leghe simili;
la direzione tecnico sportiva centralizzata permette di distribuire talenti che magari mai avrebbero giocato nei club minori del gruppo.
In conclusione. L'evoluzione della proprietà delle squadre sportive sta passando da famiglie a miliardari, da private equity a proprietà dei tifosi e mercati pubblici. Lecito attendersi a breve un interesse verso mercati in via di sviluppo come Africa, Medio Oriente e Asia.
Questo modello offre un approccio innovativo e dinamico per la gestione delle squadre sportive, ma non sempre allineato ai più elementari principi della competitività sportiva.
Tuttavia è bene capire che per un fondo è quasi impossibile agire nel calcio in maniera predatoria, finendo per lo più per lavorare ad un piano di lungo periodo in cui la crescita del club accompagni quella della lega di riferimento, come accaduto per molti club inglesi acquistati a prezzi relativamente contenuti nel decennio a cavallo tra gli anni 90 e 2000 e oggi faciilmente nel novero dei principali club mondiali per valore tecnico.
Note a margine.
Oggi su Il Riformista un mio articolo sulla situazione nella Federazione spagnola (potete leggere qui il ritaglio). Ne ho parlato anche su Youtube.
La Rfef sta attraversando uno dei maggiori casi di corruzione della sua storia, mentre i club, per ammissione stessa dei loro dirigenti sono in un momento di difficoltà. “Quasi di autofinanziamento” dicono a microfoni spenti, e per la prima volta quest’anno partiranno nelle coppe europee al terzo posto del ranking UEFA (come non accadeva dal 1997) essendo stati sorpassati da quelli italiani. Il caso più clamoroso è quello del Barcellona nel mezzo di una crisi dalla quale in genere si salvano solo i cosiddetti “too big to fail”.
Prestiti. La FIFA ha cambiato le regole ma al solito la Serie A fa di testa sua, forse aspettano una deroga o la sanatoria, sta di fatto che la FIGC non ha ancora adeguato le proprie norme rispetto a quelle della FIFA sul tetto ai prestiti: una riduzione graduale dei prestiti verso l’estero: per la stagione scorsa erano un massimo di 7, da questa non si potranno prestare più di 6 giocatori. E così in Serie A ci sono 161 esodati.
Euronumeri. Euro 2024 ha stabilito nuovi record di affluenza, con circa 2,67 milioni di tifosi che hanno assistito alle 51 partite in dieci stadi, superando il record precedente di 2,43 milioni a Euro 2016 in Francia. Sportspromedia ha fatto un interessante riassunto di tutti i record del torneo.
Outro
Calafiori - Arsenal, perché?
Sul mio canale Youtube ho analizzato diffusamente i motivi del passaggio imminente di Riccardo Calafiori all’Arsenal per 42 milioni di sterline.
La scorsa stagione, Arsenal ha subito solo 29 gol, il numero più basso nella Premier League, con un totale di expected goals against (xGA) di 28.4, il più basso nei cinque maggiori campionati europei.
Calafiori ha attirato l'attenzione durante il torneo Euro 2024, dopo essere stato fondamentale per il Bologna, che ha terminato quinto in Serie A.
Ha registrato alte performance in intercettazioni, recuperi e assist. Ha formato una solida coppia difensiva con Sam Beukema al Bologna, che ha vinto 16 delle 30 partite di Serie A con Calafiori in campo, perdendone solo tre.
Calafiori ha numeri migliori rispetto a Gabriel Magalhães in alcune statistiche chiave. Se si trasferisse, potrebbe giocare come difensore centrale, ma Arteta potrebbe impiegarlo come terzino sinistro, simile a come ha fatto con Ben White.
Calafiori si paragona a John Stones del Manchester City per il suo stile di gioco.
A presto!
Giovanni