Il calcio dilettantistico non ha memoria?
Da una parte viene raccontato con metodi superati dai tempi, dall'altra i suoi protagonisti lo vivono come parentesi immersiva personale, senza gran consapevolezza del contesto.
Berlino, 21 novembre 2024
…c’è sempre un’altra stagione. Se perdi la finale di coppa in maggio puoi sempre aspettare il terzo turno in gennaio, che male c’è in questo? Anzi, è piuttosto confortante, se ci pensi (Nick Hornby, Febbre a 90)
Oggi voglio rendervi partecipi di uno scambio di riflessioni, su whatsapp, tra me e mio fratello. Anche lui giornalista, ma soprattutto insegnante di lettere e molto attento alle dinamiche storiche dei fenomeni sociali che lo appassionano.
Alberto mi manda questa riflessione:
Il calcio dei dilettanti per come lo abbiamo vissuto noi ha un suo percorso storico. Noi scrivendone per anni sappiamo quali sono le squadre, le loro vittorie e i loro passaggi di categoria in categoria, conosciamo i personaggi, i loro successi, le loro presenze ed i gol. Potremmo ricostruire tantissime carriere di calciatori e allenatori.
Io però mi sono reso conto che è solo nella nostra testa di giornalisti che il calcio dilettantistico esiste in questo modo.
Per gli attori protagonisti è un breve periodo della vita in cui non c’è mai una visione d’insieme del presente e del passato: questo forse è anche il motivo per cui non esistono mai nei dilettanti delle storie costruite su qualcosa di sostenibile.
Del resto senza memoria non c’è mai contesto.
Il tema è interessante e provo ad andare in profondità.
Condivido l’impostazione, mi pare che effettivamente le cose stiano in questo modo, quindi mi chiedo: la situazione è così per la natura della narrazione, fatta prevalentemente su carta e con assenza di metodi (come database, query, storico individuale e di squadra), che poco si prestano alla ricerca come oggi per lo più siamo abituati?
O la situazione è così per la natura dei protagonisti (calciatori, dirigenti, sponsor e presidenti), che lo vivono appunto come passaggio breve della loro vita, molto legato alle loro cerchie, dove hai anche poca contezza di chi sia il tuo avversario, e che finisce per strutturare questo calcio dentro un eterno presente dove un club non ha memoria della sua storia, rappresenta solo il suo oggi e per evidenti limiti strutturali (soprattutto economici, direi) non ha mai certezza del domani?
Come spesso accade c’è un po’ di entrambe.
I narratori da una parte. Se girate l’Italia del calcio amatoriale trovate, nella migliore delle ipotesi, qualche giornalista esperto che porterà con sé i suoi ricordi nella tomba, tutt’al più ci lascerà qualche libro destinato a diventare introvabile. Ad oggi non conosco iniziative strutturali in grado di conservare una memoria più dettagliata.
La cosa migliore che conosco in questo senso è la community che si chiama Tuttocampo ed è stata costruita in 15 anni di lavoro da due ragazzi veneti e dai loro collaboratori sparsi in tutta Italia, ed è strutturata come una sorta di Wikipedia del calcio amatorial-giovanile.
Il fatto che sia uno wiki - ovvero basato su contributi spontanei ancorché coordinati e strutturati - è un dettaglio che conferma che la domanda esiste. Perché se ogni settimana in maniera naturale e spontanea in ogni parte dello stivale c’é qualcuno che più o meno gratuitamente si prende la briga di aggiornare risultati e classifiche beh… non si può dire che questa cosa non muova passioni profonde.
Non si può non essere al contempo preoccupati dalla perdita di memoria storica ma anche confortati dal fatto che, pur disorganizzati, siamo in tanti, e saremmo in tanti a volerla alimentare.
I protagonisti dall’altra. E qui chiamo in causa gli addetti ai lavori nei club ma anche nelle federazioni.
Siamo sicuri che l’attuale organizzazione piramidale del calcio sia la migliore possibile per esprimere tutto il potenziale del calcio a tutti i livelli: professionistico nazionale, semiprofessionistico interregionale, e poi ancora regionale e provinciale?
In Friuli esiste il campionato Carnico, riconosciuto dalla Figc, che - per quel che ne so - si disputa su tre categorie da aprile a novembre ed è la dimostrazione di come un limite (vivere in montagna) sia diventato a suo tempo una grande opportunità: rendersi indipendenti dalla piramide federale, e strutturare una realtà indipendente forte della sua storia e della sua unicità.
Anche in questo sistema a volte emergono limiti, nessuno è immune al cambiamento e nemmeno alle criticità: ma c’è una cosa che ha grande valore lì dentro e sono gli albi d’oro, la storia, la sensazione di essere dentro un sistema protetto, meno esposto a chiusure e fallimenti. Elementi che diventano narrazione collettiva ed identitaria.
Mi chiedo cosa potrebbe diventare il calcio se tutte le categorie provinciali fossero strutturate così, in maniera indipendente.
Se vinci quest’anno la Prima categoria e ti laurei campione provinciale beh, l’anno prossimo ricomincerai per confermarti campione. E se vinci l’Eccellenza, perché essere obbligato a salire in categorie Interregionali che magari non puoi permetterti, quando potresti nuovamente competere al meglio e secondo i tuoi mezzi (e le tue strutture) per confermarti campione?
Siamo proprio sicuri che i presidenti e gli sponsor, sapendo che, anche vincendo, i loro budget saranno programmabili a 3 o 5 anni o anche di più, non saranno maggiormente attratti dal sostenere il movimento?
Per quello che vale, ieri un sondaggio sul mio profilo Twitter ha visto circa il 70% degli utenti rispondere positivamente all’idea di questo cambiamento.
Sul tema non esistate a scrivermi le vostre idee, lasciando un commento o rispondendo a questa mail, ci tengo molto a sapere cosa ne pensate.
Il bello del calcio è l’idea di ambire a crescere però, no?
Così mi scrive Damiano Benzoni, già volto del canale Youtube di OneFootball e oggi parte della redazione che dirigo, narratore sportivo per vocazione, che tra le altre cose anni fa realizzò un documentario sulla sopravvivenza del Petrolul, squadra di Ploiești in Romania.
Crescere è il bello del calcio?
Secondo me no, ma si può pensarla diversamente. Io credo che vincere sia bellissimo, avere un’identità ancor di più. E credo che dentro l’identità il pensiero che la tua squadra tra 10 anni possa essere ancora lì a competere sia un qualcosa di bello e rassicurante che ti invita a partecipare.
Lukas Wilke, mio amico (e, lo ammetto, barista di fiducia) nonché Ultras dell’Hertha, lo dice bene in questo articolo corredato dalle sue foto:
F*ck big money and investors. Just give me a beer, a bratwurst and the game.
(Si fottano i soldi e gli investitori, mi bastano una birra, un panino e la partita)
Lo stesso Damiano, del resto, qui a Berlino mentre andavamo a vedere la semifinale Primavera tra Hertha e Borussia Dortmund nel vecchio stadio della Dynamo Berlino allo Jahn Sportpark mi segnalò sul tema l’esistenza di “Scheisse, we’re going up!” (tradotto: “m**da, stiamo salendo”) un libro di Kit Holden sulle promozioni dell’Union Berlin e i rischi connessi alle promozioni.
Tifosi occasionali, perdita di identità, problemi infrastrutturali (l’Union ha dovuto giocare la Champions “in trasferta” all’Olympiastadion), rischi finanziari.
Dello stesso tema avevo parlato anche nello scorso mese di marzo dopo il mio viaggio a Barcellona in “Il calcio è business e altro, agitare non mescolare” parlando di club identitari e dell’Europa CE in particolare.
In questi anni si è parlato tantissimo di secessione dei grandi attraverso la defunta Superlega.
E se invece ad andarsene e rendersi indipendenti, in nome della sostenibilità, ma anche della loro identità e di un senso più profondo e rispettoso della propria storia, fossero i piccoli?
Me lo sono già chiesto in passato su questa colonna. Ma la domanda continua a sembrarmi assolutamente pertinente e sensata. La giro a voi.
Note a margine.
Intanto i sauditi… Il numero di ieri del diario di Fubolitix, dedicato allo stato di salute degli investimenti Sauditi nello sport, si è volutamente concentrato solo sui numeri economici. Ma naturalmente il tema complessivo non si esaurisce lì. Come scrive Nick Harris su Sporting Intelligence un nuovo rapporto di Human Rights Watch accusa Mohammed bin Salman (MBS) di usare il fondo sovrano saudita, il Public Investment Fund (PIF), per progetti che violano i diritti umani e danneggiano i cittadini sauditi. Tra le accuse: espropriazioni forzate, abuso di lavoratori migranti e complicità nell'omicidio del giornalista Jamal Khashoggi. HRW denuncia l'assenza di trasparenza e l'uso del PIF per rafforzare il controllo personale di MBS, mentre FIFA e altri attori internazionali continuano a collaborare con l'Arabia Saudita per interessi economici.
Il presidente della pallavolo. Il 39° Congresso Mondiale FIVB ha eletto per acclamazione Fabio Azevedo come nuovo presidente. Azevedo guiderà l’organizzazione per otto anni, puntando a raddoppiare la base globale di fan con la "Strategic Vision 2024-2032". Hugh McCutcheon, ex allenatore e oro Olimpico, è stato nominato Segretario Generale. Recentemente, va ricordato, la FIVB ha inflazionato il suo Mondiale raddoppiandone gli eventi (i prossimi: 2025 nelle Filippine, 2027 in Polonia) ed anche nel volley c’è chi - come il presidente della Lega Volley maschile italiana, Massimo Righi, pensa alla creazione di una Eurolega.
Sponsorizzare le armi da guerra. Quest’estate in “Sponsorizzare i carri armati nel 2024” avevo raccontato i contrasti tra i tifosi del Borussia Dortmund e la proprietà del club in seguito all’accordo con Rheinmetall, il maggiore produttore di armi della Germania. La vicenda non è finita ed i tifosi hanno rinnovato le richieste di interrompere il contratto di sponsorizzazione: in seguito ad una recente assemblea generale, i sostenitori hanno presentato una mozione per terminare l'accordo. Nonostante ciò, la proposta è stata respinta dal club, evidenziando una netta divisione con la dirigenza del club. La controversia si inserisce in un contesto di aumento delle entrate per il Dortmund, che nel 2023/24 ha registrato ricavi record grazie alla Champions League e ad altre iniziative commerciali, ma i fan ritengono che il coinvolgimento con un'azienda legata alla produzione di armi danneggi l'immagine del club e i suoi ideali sociali.
Outro.
Fenix Cup
A proposito di dilettantismo e calcio identitario, ma anche di passioni, calcio, amicizia e del modo migliore che conosco per spendere i soldi viaggiando: sabato mattina prendo il treno per Praga dove lunedì sera insieme ad alcuni amici di Manchester vado a vedere l’FC United of Manchester giocare gli ottavi di finale di ritorno Fenix Trophy contro i Praga Raptors.
La Fenix Trophy è un evento sportivo internazionale, ideato e organizzato dalla società calcistica milanese Brera FC, attivo dalla stagione 2021/2022. Coinvolge club non professionistici europei (ciascuno abbinato a un partner benefico), scelti per la loro eccezionale specificità sociale, storica e culturale.
Quest’anno si disputa con tabellone tennistico fino alla final four, in Italia.
La competizione ha ricevuto l'approvazione della UEFA. A dimostrazione del fatto che se sei piccolo e non disturbi i loro affari a Nyon non hanno alcun problema ad approvarti le competizioni.
Vi racconterò…
Anche per oggi è tutto. A presto!
Giovanni
Interessante punto di vista che potrei condividere. In tal senso, ti segnalo che a Biella, piccola provincia del Piemonte, esistono 3 campionati amatoriali organizzati dalla stessa federazione (non riconosciuti FIGC) che attira tanti giocatori (che potrebbero dire ancora la loro in categoria). I campionati sono Calcio a 5, Calcio a 7 open (diviso in serie A e B), calcio a 7 over 35 e calcio a 11 ( anche se quest'ultimo sono un paio di anni che non parte).