La pallamano spiegata ai calciofili [speciale #EHF #Championsleague #Final4]
Da quando seguo l'handball mi sono reso conto di come la sua conoscenza mi abbia spinto ad approfondire il calcio, spesso come se i due giochi fossero due opposti sovrapponibili. Provateci anche voi.
Colonia, 17 giugno 2025
Nel calcio, il gol è l’evento.
Nella pallamano, è il contesto dell’evento.
Intro
Domenica sera, davanti a 20.074 spettatori, record per la manifestazione, alla Lanexess Arena di Colonia - che dal 2010 ospita ogni anno la Final Four -, Magdeburgo è diventato Campione d’Europa di Pallamano 2025 aggiudicandosi la EHF Champions League.
Terza volta nella sua storia dopo il 2002 e il 2023. Ha battuto Füchse Berlin, le volpi di Berlino, che erano alla loro seconda Final Four dopo quella del 2013/14 ed alla prima finale in assoluto. È stata anche la prima storica volta di un giocatore italiano alla Final 4. Leo Prantner da Merano, classe 2001, ala destra.
L’ultima volta di una finale tutta tedesca fu nel 2013/14 quando Flensburg vinse su Kiel 30-28 vendicando la sconfitta del 2007 (quando ancora si giocava in gare d’andata e ritorno). In generale nell’epoca della Final 4 (iniziata come detto nel 2010) si è trattato della terza finale con due squadre della stessa federazione, nel 2018 Montpellier vinse contro Nantes (alla Champions partecipano 16 squadre, divise in 2 gruppi da 8: le prime 2 vanno ai quarti, dalla terza alla sesta giocano un turno di qualificazione aggiuntivo).
Breve nota finale a questo intro: un giorno dovrò fare una intervista all’Head of Marketing della federazione europea perché secondo me loro hanno un modello che può offrire molti spunti d’ispirazione.
Per sapere cosa è successo in campo a Colonia potete passare direttamente all’outro. Ora invece voglio raccontarvi un po’ di cose che secondo me vi aiuteranno a conoscere meglio non solo la pallamano ma il calcio stesso.
La pallamano spiegata ai calciofili
Ogni tanto in questa newsletter vi parlo di pallamano. In particolare nell’outro del 12 giugno 2024 - esattamente un anno fa - scrissi “Cinque cose di calcio che ho imparato dalla pallamano”.
Ero reduce dalla Final 4 di Champions League dello scorso anno (vinta dal Barcellona).
Mi sono reso conto in questi giorni, non senza una certa sorpresa, che tra Champions e Europa League negli ultimi 3 anni ho visto 4 Final Four su 6: EL 23 Flensburg, EL 24 Amburgo, CHL 24 Colonia, CHL 25 Colonia.
Quello che scrissi mi pare ancora attuale.
In particolare parlai di:
1. Il centravanti è lo spazio
2. Il gioco sugli esterni porta al gol
3. Concentrarsi sugli spazi è più efficiente
4. Dentro una sola partita ci sono più partite
5. La statistica va guardata nel lungo periodo.
Oggi invece vi propongo un approccio più tecnico-analitico-statistico e meno tattico.
Mi sono reso conto che è inutile parlare di tattica se non si chiariscono alcuni passaggi che possono sembrare strani ad occhi abituati al calcio, come del resto sono quelli della maggior parte di chi legge Fubolitix.
Mi concentrerò su alcune tra le più comuni frasi fatte di chi non segue l’handball.
Che senso c’è a giocare con le mani? Si segna sempre!
Il portiere prende 30 gol a partita! È inutile.
Troppi gol creano squilibrio, come può esserci tensione? (ovvero la teoria di Maurizio Mosca sul basket: chissenefrega di discutere cosa è successo su 118 a 97, mi piacciono solo gli ultimi 5 minuti).
Attraverso la pallamano ho avuto un punto diverso per studiare il calcio e per analizzarlo metodologicamente con un approccio meno risultatista e perfezionista, più analitico e capace di cogliere gli aspetti intrinsechi delle performance anche quando il risultato dice cose diverse.
C’è infatti una cosa che ritratterei rispetto a quello che ho scritto un anno fa.
Quando dicevo “la statistica va guardata nel lungo periodo” stavo probabilmente mantenendo una prospettiva più calcistica che pallamanista. Il punto è che l’analisi statistica ha più senso quanto più si hanno a disposizione macro numeri.
Ed in uno sport di grandi numeri ma di eventi rari come il calcio una partita può non bastare ad avere un quadro esaustivo, mentre tendenzialmente la pallamano riesce a fornire più contesto statistico del calcio nella singola partita.
In un’epoca in cui l’analisi sportiva è sempre più guidata dai dati, confrontare discipline diverse richiede non solo metriche comparabili, ma una riflessione sul significato stesso della misurazione.
Il calcio e la pallamano rappresentano due estremi nel modo in cui il punteggio plasma l’intera architettura dell’evento sportivo.
Mentre il calcio vive nella rarefazione del gol, la pallamano si sviluppa nella sua serialità. Questa differenza apparentemente banale — il numero di gol per partita — ha implicazioni profonde su come si costruisce la statistica, su quali eventi vengono valorizzati e su come si articola la narrazione tecnica ed emotiva della partita.
Nel calcio il gol è una risorsa scarsa, un elemento tanto cruciale quanto infrequente.
Il suo valore è determinato proprio dalla rarità. Di conseguenza, il sistema analitico calcistico si è strutturato per valorizzare l’evento eccezionale: chi segna, chi lo assiste, con quale grado di probabilità attesa (expected goals), da quale zona del campo.
La narrativa segue eroi episodici, turning point definiti, paradossi numerici in cui una squadra può dominare ma non vincere.
L’intero ecosistema del racconto sportivo — statistico, mediatico, emozionale — si fonda su questo squilibrio. Anche senza rendersene conto. E anche per questo molti dicono stupidamente “la statistica nel calcio non serve”. Serve, ma va contestualizzata.
La pallamano, all’opposto, è uno sport ad alta densità di punteggio.
Ogni possesso offensivo ha un’alta probabilità di concludersi con un tiro, e ogni tiro ha una possibilità significativa di finire in rete. Di conseguenza, il gol smette di essere un evento e diventa un’unità di misura. Non è il gol a raccontare la partita, ma la sua assenza. In questo quadro, la metrica analitica più rilevante non è ciò che si fa, ma ciò che si sbaglia. L’errore — una palla persa, un tiro sbagliato in superiorità, una disattenzione difensiva — assume un valore moltiplicato: in un sistema dove l’attacco segna sempre, ogni mancata realizzazione equivale a concedere un break tecnico e psicologico.
Da questa inversione nasce un paradigma statistico rovesciato.
Nel calcio si premiano le creazioni: la qualità del passaggio, la pericolosità del tiro, l’efficienza in zona gol.
Nella pallamano si analizza la continuità del flusso e l’interruzione dello stesso.
La parata del portiere, apparentemente sminuita dal numero di reti subite, è in realtà uno degli snodi tattici più decisivi. Non conta quanti gol prende, ma quali e quando.
Una singola parata in un momento critico — magari su un rigore o in contropiede — può invertire l’inerzia della gara. Allo stesso modo, un turnover a metà campo, invisibile a chi guarda solo il tabellino, può scatenare un contro-break da -1 a +2.
Questa dinamica richiede un approccio analitico e culturale diverso. Non si tratta solo di applicare nuove statistiche, ma di ricalibrare l’occhio.
Nel calcio si osserva l’acuto, nella pallamano si deve cogliere la tessitura.
Il ritmo della partita non è scandito dai gol, ma dalle micro-variazioni nella tenuta difensiva, nei parziali di cinque minuti, nella lettura dei cambi, nei timeout ben gestiti. È un gioco che si racconta meglio nel flusso che nell’istantanea.
La conseguenza è una sfida comunicativa notevole. Per chi viene dal calcio, la pallamano può sembrare una successione disordinata di gol, dove l’equilibrio è difficile da leggere e le emozioni sembrano diluite.
Ma è solo un problema di alfabetizzazione visiva: ciò che nel calcio è eccezione, nella pallamano è norma; e viceversa, ciò che passa inosservato nel calcio — un errore di linea, una marcatura passiva — nella pallamano è la vera unità di rottura.
In ultima analisi, la differenza tra i due sport non è solo nel mezzo tecnico (piede contro mano), né nella velocità o nel numero dei gol.
È nella struttura narrativa che ciascuno adotta: il calcio è il romanzo breve, dove ogni parola conta; la pallamano è la partitura ritmica, dove ogni battuta contribuisce a un equilibrio più profondo e meno visibile.
Entrambi raccontano una tensione, ma lo fanno con lingue diverse. E per capirle fino in fondo, non basta guardare: bisogna imparare a tradurre.
E in definitiva io ho imparato questo del calcio vedendo la pallamano. Fermarsi all’evento raro effettivamente fa apparire tutto come episodico, casuale, frutto della cabala. Entrare invece in metriche che si ripetono maggiormente (le finalizzazioni, la pericolosità) aiuta a seguire un contesto logico che spesso come dicevo per una piena comprensione ci porta oltre i 90 minuti fini a se stessi. Perché il risultato può anche essere casuale, ma nel lungo periodo la correlazione tra i punti fatti e la pericolosità, per dire, è molto alta quand’anche non assoluta.
Non è un caso, del resto, se molti grandi innovatori del calcio, primo tra tutti Zdenek Zeman, abbiano avuto un background pallamanistico.
🧠 1. “Che senso c’è a giocare con le mani? Si segna sempre!”
Questa domanda nasconde una premessa: nel calcio il gol è raro e quindi emozionante; nella pallamano è frequente, e quindi banale. Ma il problema è cosa intendiamo per emozione.
⚽️ Nel calcio: Il gol è il culmine di un lungo processo: costruzione, rischio, attesa. L’emozione nasce dalla rarità e dalla difficoltà nel segnare.
🤾♂️ Nella pallamano: Il gol è parte di un ciclo continuo: ogni possesso è un'opportunità. Il valore emotivo sta nella dinamica, non solo nel risultato.
Come è costruito il gol? Chi ha battuto chi nell’uno contro uno? Come ha reagito la difesa? Che tipo di parata c’è stata nell’azione prima?
L’equilibrio, infatti, non sta nel “se si segna”, ma nel come si risponde: per ogni attacco c’è una difesa, e la battaglia si sposta sulla qualità, non sulla quantità.
Se ci pensate i nuovi format sportivi tendono proprio a spezzare l’attesa di quel lungo processo, introducono variabili laddove non possono snaturare il gioco. E questo perché il calcio in sé è roba da intenditori che l’occhio non allenato può percepire come noiosissimo.
Inoltre se nel calcio l’occhio va giocoforza alla tecnica individuale intesa come capacità del calciatore di utilizzare lo strumento di gioco, ovvero il pallone, nella pallamano la tecnica individuale non è strettamente legata al rapporto uomo-palla ma ha componenti fisiche in misura molto alta: la velocità e la forza sono infatti prerequisiti per farsi spazio e vincere lo scontro con l’avversario ed arrivare al tiro.
Non sto dicendo che non c’è la tecnica uomo-palla, sia chiaro, ma non nella misura e nella rilevanza che possiamo osservare nel calcio.
🧠 2. “Il portiere prende 30 gol a partita… è inutile?”
Nel calcio spesso si gioca per il gol.
Nella pallamano, si gioca dentro al gol: è la metrica costante, ma il contenuto cambia di azione in azione.
Domanda legittima — ed è anche uno degli errori più comuni di chi guarda la pallamano da fuori.
Affidiamoci a qualche dato reale: Una partita media di alto livello finisce 30-28 o simile. I portieri subiscono 50–70 tiri a partita. La percentuale di parate varia dal 25% (basso livello) al 40% (élite).
Quindi il portiere non è valutato per quanti gol subisce, ma quante parate fa rispetto ai tiri ricevuti. Il gol è la normalità, la parata fa la differenza, l’esatto contrario del calcio.
Cosa diventa determinante nei momenti chiave: una parata in inferiorità numerica, una parata su rigore, un salvataggio al 59’. E non solo: il portiere può anche entrare nel gioco offensivo con passaggi lunghi in contropiede (quasi da quarterback) o avvicendamento con un giocatore di movimento, creando superiorità numerica temporanea (7 contro 6).
👉 Un portiere di pallamano è un muro reattivo, un regista difensivo e, nei finali di partita, persino un uomo in più in attacco.
🧠 3. “Troppi gol = scarso equilibrio. Come può esserci tensione?”
La pallamano è uno sport statistico "negativo": vince chi ha meno errori gravi, non solo chi fa più gol.
Questa è una critica comprensibile per chi è abituato alla tensione del risultato nel calcio, dove un gol può cambiare tutto. Ma nella pallamano, l’equilibrio non è nel punteggio singolo, ma nell’inerzia.
Come si costruisce la tensione? Un parziale di 3-0 in 90 secondi può ribaltare un intero secondo tempo. Le squadre devono mantenere equilibrio difensivo e controllo emotivo sotto pressione, perché ogni errore può essere punito subito.
Il vero equilibrio è strategico, non numerico: quando cambiare modulo difensivo? Quando rallentare il ritmo? Quando forzare la superiorità? (per questo parlai di “tante partite in una partita).
In questo senso la pallamano è simile al basket, sport su cui sicuramente gli italiani hanno una sensibilità mediamente più alta. Ma c’è una cosa che secondo me spiega bene l’atteggiamento necessario negli sport ad alto punteggio.
In conclusione.
Il calcio e la pallamano non differiscono solo per regole o spazi, ma per il senso stesso della performance misurata.
Nel calcio la statistica serve a esaltare l’eccezione.
Nella pallamano serve a diagnosticare la rottura del flusso.
📌 Per questo, per apprezzare davvero la pallamano, bisogna cambiare il paradigma: non cercare il colpo di genio raro, ma leggere l’intelligenza dell’errore evitato.
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Outro
Ma alla fine come è andata?
La prima semifinale ha visto in campo i due migliori attacchi del torneo: Berlino e Nantes. Dopo 8’20” viene espulso Gidsel - ovvero il giocatore più forte del mondo, come se il Barcellona avesse perso Messi alla sua prima finale di Champions - quando Berlino si trova avanti 6-4 grazie soprattutto ad una marcata differenza in termini di efficienza offensiva (75%-38%).
Non sarà una final four indimenticabile per Mathias, ma nella semifinale con i francesi l’assenza del giocatore migliore del mondo 2023 e 2024 non si sente: a fine primo tempo Füchse avanti di 6 e percentuali praticamente invariate con o senza lui (73-42) grazie ad un monumentale Milosavljev, portiere serbo già vincitore di questo trofeo nel 2019 con Skopje che alla fine chiuderà parando il 38% dei tiri. Mostruoso.
Berlino ha potuto giocare il secondo tempo in controllo, cosa che un anno fa non avrebbe saputo fare. Si è scrollata la pressione vincendo la Bundesliga una settimana fa in un’ultima giornata in cui aveva anche rischiato il tracollo con un primo tempo da dimenticare contro Rhein-Neckar Löwen.
Nella seconda semifinale i campioni in carica hanno sfidato i campioni del 2023, Barcellona - la squadra più presente alle Final Four, in 16 edizioni ne ha vinte 5, perso 3 finali e 5 semifinali, saltando solo 3 edizioni, dal 2011 vince ininterrottamente la Liga a conferma che soprattutto in certi sport le piramidi andrebbero totalmente riviste - contro Magdeburgo, una squadra - quest’ultima - di cui gli inglesi direbbero “you can win with them but not beat them”. Puoi vincere, non batterli.
Una squadra ostica, una specie di Atletico Madrid della pallamano: pragmatica, senza fronzoli. Le due semifinali hanno avuto un episodio praticamente identico - lo potete guardare qui, ci sono state anche polemiche sul campo scivoloso e sull’uso di alcuni effetti speciali prima del match che possono averne peggiorato la situazione -, ma il Barcellona ha subito un contraccolpo maggiore dall’espulsione di Thiagus Petrus (25’58”) in poi chiudendo 18 pari il primo tempo dopo essere stata costantemente in vantaggio.
Il finale è stato assolutamente epico. 30 pari a 1 minuto dalla fine con il Barça in doppia inferiorità numerica. Gol sulla sirena di Magedburgo e finale tutta tedesca.
La finalissima.
Magdeburgo ha surclassato tecnicamente e tatticamente Berlino chiudendo a +6 una partita che già nel primo tempo era stata messa al sicuro. I tifosi pensano ok, è uno scherzo, adesso fanno come in Bundes e la ribaltano. E invece no, davanti hanno l’SCM di Benno Wiegert.
L’allenatore Bennet Wiegert (o “Benno”), dal 2015 al timone del Magdeburgo, ha rivoluzionato il gioco con un approccio statistico‑analitico: predilige tiri ravvicinati (da 5–7 m), zone con i massimi tassi di realizzazione. Ha sacrificato gli “stilemi” tradizionali per dare fiducia atleti più agili e rapidi nel dribbling e nelle penetrazioni . Tatticamente, punta su pressing, passaggi veloci e isolamenti della difesa, per creare spazio al pivot.
Comunicazione chiara, empatia e capacità gestionale sono il suo marchio: mantiene concentrazione e motivazione anche con carichi intensi. E le sue squadre, magari meno spettacolari, più pazienti in attacco, risultano anche meno vulnerabili.
Se a questo aggiungi una prova superlativa del portiere, Hernandez, a conferma che se hai un portiere nella pallamano è bene, se invece ne hai due (l’altro, Portner, è stato decisivo in semifinale) è meglio.
La sfida tattica? Wiegert è un tattico rivoluzionario che sfrutta la statistica per costruire un sistema aggressivo focalizzato sul tiro ravvicinato, ottimizzando ogni timeout.
Jaron Siewert - il giovane allenatore di Berlino, il Nagelsmann della pallamano per l’età - adotta invece un approccio più classico ma raffinato, con forte impronta sul gioco di squadra e schemi chiari ed efficaci.
Il tutto dovendo peraltro lavorare molto sulla crescita interna di giocatori: 8 della rosa di Berlino vengono dal vivaio, come mi disse Bob Hanning (amministratore delegato delle Füchse, ma anche ct della nazionale italiana da marzo 2025) in una intervista che gli feci qualche settimana fa per Il Piccolo.
Berlino esce sconfitta e in chiusura possiamo fare un parallelo con il calcio. Ci sono tornei (la Bundesliga) che vinci con la continuità di rendimento ed altri (come le coppe, la Champions in questo caso) in cui per l’oro devi prevalere nel momento giusto con una prestazione sopra le righe.
Ha vinto l’esperienza. Applausi per Magdeburgo.
Anche per oggi è tutto. A presto!
Giovanni
Amazing!!!!