La surreale narrazione su Milan e RedBird
Nessuno sembra voler riconoscere la solidità del progetto ed il ritorno nel gotha del calcio, 30 anni di alibi e narrazione mecenatistica fanno perdere di vista il percorso di questi ultimi anni
Berlino, 16 luglio 2024
Grembiule nero e fiocco azzurro: per un bambino milanista il primo giorno di scuola è un trauma. (Diego Abatantuono)
C’è un qualcosa di surreale intorno a quello che si legge e si dice a proposito del Milan in questi ultimi due anni.
Il club rossonero nella stagione 2021/22 ha vinto uno Scudetto a 86 punti abbastanza inatteso, primeggiando sui cugini nerazzurri per 2 soli punti (86-84).
Nelle stagioni post dominio Juventus ha avuto una media di 79,25 punti dietro solo all’Inter che ne ha fatti 85,25 ma è stato quello più continuo nelle performances.
Nelle 4 precedenti non era mai arrivato a 70 punti ed alla qualificazione in Champions League.
Il pubblico rossonero si è abituato tra gli anni ‘90 e ‘00 al mecenatismo berlusconiano come unico orizzonte di sviluppo.
Nel 2002/03 toccò il punto massimo nella Deloitte Money league con 200 milioni di ricavi dietro solo a Juventus (218) e Manchester United (251).
Nei dieci anni successivi, mentre gli altri investivano, il club non si sviluppava e nel 2011-12 risultava ottavo a livello europeo con la metà esatta dei ricavi del Real Madrid (512-256).
Negli anni dell’addio Berlusconi non trovò mai nulla di meglio che dire che il calcio non era più sostenibile per lui evocando gli sceicchi ma dimenticando i modelli di business implementati da Real Madrid, Bacellona, Manchester United o Bayern Monaco, che gli sceicchi non li hanno mai avuti.
Dopo l’avventura Yonghong Li, su cui stendiamo un velo pietoso, il 21 luglio 2018 il club è passato al fondo Elliott ottenendo una dilazione dei controlli UEFA senza tuttavia evitare l’esclusione dalle coppe 2019/20 per violazioni del Fair play finanziario.
Nonostante questo solo due stagioni dopo ha vinto il campionato e dal 2020/21 si qualifica stabilmente in Champions league.
Sentir dire “RedBird tira a campare, non vuol vincere, gli interessano solo i soldi della Champions League” dovrebbe essere derubricato a chiacchiera tra ubriachi al bar se non fosse che viene più o meno velatamente ripetuta anche su diversi media (non social).
Eppure è convinzione comune che gli americani abbiano in mente altro.
Certo, è sempre bene sapere che quando qualcuno cita Moneyball e poi prova a comperare Alvaro Morata ti sta semplicemente supercazzolando.
Ci sta che i club provino a vendere un po’ di fumo come del resto fa la Juventus con la storia dei giovani da valorizzare che poi vengono invece venduti con gran stupore della stampa amica.
Ma questo non toglie che il Milan in questi anni di gestione Elliott - RedBird abbia ritrovato il suo posto storico ai piani alti del calcio italiano.
Nel 2022 come detto ha vinto lo scudetto e nel 2023 il club è tornato all’utile per la prima volta dal 2006.
Chiaro che per chi riconosce il mecenatismo e gli alibi come unico metro di gestione sia difficile individuare i percorsi virtuosi al di là delle vittorie e delle sconfitte sul campo.
Ma una cosa va capita: la condizione essenziale per poter vincere e farlo continuativamente è mettersi nelle condizioni di competere ai massimi livelli ogni anno.
E questo è lo step che il Milan americano ha fatto.
Poi ti capita di avere davanti la Juve, come capitato alla Roma di Spalletti che arrivò seconda con 87 punti o al Napoli di Sarri che ne fece 91 senza vincere lo scudetto, ed allora a far festa sono gli altri.
Ma l’importanza di avere struttura e prospettiva è un qualcosa di impagabile, e se il Milan avesse iniziato a lavorarci vent’anni fa, nel lontano 2002/2003 quando era terzo club europeo per ricavi forse a quest’ora avrebbe qualche Champions in più.
Perché, se non stai attento ai conti, da Club più titolato del mondo a Pro Vercelli d’Europa il passo è molto più breve e rapido di quanto si possa pensare.
Note a margine
Una situazione gravina. Vale la pena leggere alcuni estratti della ricostruzione di Monica Colombo sul Corriere della Sera ripresi da Dagospia che racconta che il presidente della Figc, Gabriele Gravina, ha approvato il regolamento elettorale per il rinnovo delle cariche del 4 novembre, ignorando le direttive dell'emendamento Mulè. L'emendamento prevedeva una maggiore rappresentanza per la Lega di A, ma Gravina non ne ha tenuto conto, provocando malcontento tra i presidenti della Lega. I presidenti della Lega di A, insoddisfatti, si riuniranno per decidere le loro prossime mosse.
Il basket non sta meglio. Se non vivete di solo calcio merita di essere letto questo pezzo di Storiesport che fotografa la situazione federale del basket italiano col presidente Gianni Petrucci, affronta molte sfide, tra cui il decadimento del movimento cestistico italiano, problemi con le leghe, la crisi del movimento femminile, e controversie arbitrali. Petrucci mira a un quarto mandato da presidente affidandosi a Gigi Datome per il coordinamento delle nazionali. Dovrà ottenere il 66,6% dei voti nelle elezioni del 21 dicembre.
Diritti mondiali. La FIFA ha ufficialmente lanciato l'asta per i diritti televisivi delle edizioni 2025 e 2029 del nuovo Mondiale per Club a 32 squadre, iniziando nelle Americhe, Asia, Medio Oriente e Nord Africa. Ufficialmente tramontata l’ipotesi di un accordo mondiale con Apple. La seconda seconda fase sarà invece dedicata all'Europa e all'Africa sub-sahariana che sarà organizzata successivamente. A sorpresa - probabilmente per fronteggiare le polemiche coi club - la FIFA intende coinvolgere i club partecipanti, inclusa l'ECA. Stando a voci di corridoio alcuni finanziamenti decisivi potrebbero provenire dall'Arabia Saudita (che potrebbe anche puntare all’edizione 2029).
Outro
Seconde voci
Il critico televisivo del Corriere della Sera, Aldo Grasso, ha dato le sue pagelle sui commentatori degli Europei di calcio.
In particolare si è soffermato su due giudizi:
Lele Adani:
si dice che sia divisivo, ma se uno non fosse divisivo significherebbe che è prossimo alla nullità.
Beppe Bergomi:
è molto più bravo con Compagnoni perché perde quella fastidiosa aria di complicità che ha con il suo abituale compagno di viaggio.
Per me sono due NI, nel senso che capisco il punto di vista ma lo condivido fino ad un certo punto.
Su Adani devo distinguere due piani di giudizio: competente di calcio come pochi, studia e approfondisce, ma è finito vittima di se stesso prima e poi del suo personaggio.
È sempre stato un lottatore, un antagonista ed intende la vita solo in quel modo: con un nemico esterno da combattere in nome del bene e della verità (sempre sue) contro il male (degli altri) derubricati alla maschera di servi ignoranti.
Sia chiaro, Adani non finge: quel modo religioso di vivere la vita per dogmi è il suo modo, comunicava allo stesso modo da calciatore, io ad esempio lo ricordo così durante le sue controverse vicende al brescia.
Inoltre, le sue iperboli hanno l’invidiabile privilegio di far sentire in imbarazzo per lui l’ascoltatore, oltre che di rendere molti personaggi da lui idolatrati antipatici e soggetti ad un continuo referendum tra fan e haters.
Un personaggio favoloso e complesso come il Loco Bielsa ridotto a macchietta social nella continua opposizione tra bimbiminchia e odiatori. Non lo merita davvero.
Essere divisivi è un’altra cosa: si può esserlo senza cadere nel dogmatismo fideistico. La miglior definizione di lui me l’ha data un suo ex collega: “Da lui ho imparato un sacco ma credo lui non abbia imparato nulla da me”.
Su Bergomi invece Grasso mi trova d’accordo sul giudizio: meglio con Compagnoni che con Caressa. Ma non sul motivo: non è questione di complicità.
Il fatto è che con Compagnoni se hai qualità puoi fare la seconda voce in maniera appropriata con tempi e spazi da riempire, con Caressa no perché Caressa da quasi 20 anni é, in sede di commento, l’equivalente di quello che Adani è tra le seconde voci: un costante sentenziare senza soluzione di continuità.
A presto!
Giovanni
Grazie Giovanni, ogni giorno metti tanta carne sul fuoco e trasmetti l'idea che tu faccia un lavoro che ami, con dedizione professionalità e rigore. Ti perdono anche la frecciatina alla Juve sui giovani. Ma spero affronterai il tema in modo approfondito a mercato chiuso. Chiosa finale su Caressa semplicemente impagabile: con Caressa c'è stata la teatralizzazione del telecronismo. Ma per fare teatro ci vuole dote, e Caressa non ce l'ha, per cui manca di veridicità e non trasmette nulla, se non un recitare sempre più stantio e un ego di cui francamente non sento bisogno. Ego di cui è schiavo anche Adani, ma almeno lui ci crede... Solo per inciso, io adoro i rumori dello stadio, senza commento...