L'epoca degli allenatori d'azienda
Sempre più società in Europa scelgono i tecnici in proporzione alle pressioni che sono disponibili a sopportare: chiamare un top significa condannarsi a vincere e questo spesso non piace
Berlino, 28 maggio 2024
Nelle ultime ore si sono delineate le situazioni di Juventus (Thiago Motta), Milan (Paulo Fonseca) e Atalanta (avanti con Gian Piero Gasperini).
Ma non ricordo a memoria mia un anno in cui 7 delle prime 10 squadre italiane siano arrivate a fine stagione con incertezza futura sulla panchina.
E all’estero non mancano i casi.
In Inghilterra cambiano Manchester United e Chelsea oltre al Liverpool (di cui ho già parlato nei giorni scorsi a proposito di questo articolo).
In Germania c’è più stabilità ma chiaramente tiene banco la scelta Bayern Monaco - Vincent Kompany.
In Spagna è soprattutto il Barcellona (da Xavi a Hansi Flick) a far parlare.
Il Telegraph scrive che è finita un’epoca in cui la centralità del manager sembra venire meno a favore di situazioni più strutturate.
Va capito il punto di vista: gli inglesi negli ultimi 15 anni hanno visto emergere la figura dei direttori sportivi (ne scrivevo già nel 2016 quando ero a Calcio e Finanza) e dal 2 gennaio 2023 quando è stato preso Mark Noble al West Ham (come riportai su X) ogni club di Premier ne ha uno.
In Inghilterra nelle ultime stagioni abbiamo visto come ci sia stato anche un club come il Forest Green Rovers orientato a scegliere i propri tecnici più per un fatto di Pubbliche Relazioni che di valore tecnico.
Il FGR è retrocesso e certamente una lezione è stata data, ma rimane particolare un po’ ovunque il modo in cui si scelgono gli allenatori.
C’è chi come il Bayern Monaco si è pentito di una scelta fatta in febbraio (via Tuchel) e chi come il Barcellona ha invitato il proprio tecnico (Xavi) a mantenere il proposito di andarsene.
Entrambi poi hanno fatto scelte curiose:
Vincent Kompany secondo me ha un grande futuro davanti a sé, ma oggi è soprattutto un tecnico appena retrocesso per il quale si dovranno versare 12 milioni di clausola
Hansi Flick invece è tutto tranne che un depositario di quell’identità barcelonista così sbandierata dal club in ogni situazione
Il Manchester United sembra la riedizione del giorno della marmotta.
Gli stessi errori all’infinito: Erik Ten Hag come Luis Van Gaal se ne va dopo aver vinto la FA Cup, a testimonianza che il vecchio torneo oggi viene considerato poco più di un soprammobile dai proprietari dei club.
Peggio di così? Si può, ad esempio facendo sapere che Erik Ten Hag verrà sostituito solo se si troverà un nome migliore, come ieri ha fatto lo United.
Siamo nell’epoca degli allenatori d’azienda. Che non sono aziendalisti. O meglio: aziendalisti si diventa, per necessità.
Anni fa intervistai Massimiliano Allegri che mi spiegò che per lui essere considerato aziendalista era un vanto: “Esiste un piano societario e di quello io rispondo”.
Finiti i tempi del “faccio il mio calcio”.
In Italia da 6 anni vincono il campionato allenatori diversi.
Di questi, 4 ad oggi sono liberi (Maurizio Sarri, Massimiliano Allegri, Stefano Pioli, Antonio Conte) ma i nomi più gettonati sono altri.
Michele Tossani su Il Foglio scriveva che Conte “piace più ai tifosi che alle società”, e io credo che questo tema si possa allargare a quei tecnici che avendo vinto sentono la pressione del doversi ripetere e quindi in determinate piazze finiscono per allargare le aspettative su di loro a tutto l’ambiente.
Avremmo giudicato diversamente il triennio di Max Allegri se al suo posto ci fosse stato un emergente?
Credo di si, al netto del “vincere è l’unica cosa che conta” naturalmente.
E così Antonio Conte si ritrova sul tavolo soprattutto l’offerta del Napoli, ma nel frattempo manda il fido Cristian Stellini in televisione a fargli da televenditore.
Qualsiasi grande club dopo questa uscita virerebbe su altri nomi, il Napoli invece gli fa la corte perché Aurelio De Laurentiis a differenza degli altri ha bisogno di un catalizzatore.
Un mio professore di diritto costituzionale diceva che esistono due tipi di vitello tonnato, quello di sua moglie con la carne buona e poca salsa e quello dei ristoranti di infimo livello con tanta salsa per coprire il sapore della carne.
E Conte, come sappiamo, è un esperto di ristoranti da 10 e 100 euro.
Il Milan invece va su Paulo Fonseca che - al di là delle esagerazioni dei No-petegui - non è un nome copertina, mentre la Juventus prende l’emergente Thiago Motta che (Il Napolista ha parlato di Giuntoli in maniera impietosa ma al netto di alcune omissioni sui risultati napoletani del diesse potrebbe averci preso).
Il comune denominatore sembra essere “il progetto”, termine abusato nel calcio che forse però ci dice una cosa: inutile affidarsi ad un allenatore che nella migliore delle ipotesi rimane 2-3 anni (ma la media in Italia è di circa la metà), quando devi fare un mercato che per logica e necessità ti vincolerà a giocatori da ammortizzare a bilancio nei prossimi 4-5 anni.
Stefano Pioli non è tra quelli che bucano il video e forse in altri tempi avrebbe avuto tanti estimatori alla sua porta, invece ogni volta che viene nominato non è mai indicato come primissima scelta.
Eppure, in assenza di altre pretendenti, per piazze come Firenze, Bologna e Torino averlo dovrebbe essere un upgrade se non addirittura un sogno.
Intanto Davide Nicola si è salvato ancora con l’Empoli ed è sempre più il Big Sam Allardyce italiano, specialista in salvezze (ma prima o poi scenderà pure lui), e Eusebio Di Francesco che ai tempi di Sassuolo era dipinto come il nuovo Maradona della panchina è sceso con il Frosinone: e il problema, sia chiaro, non é suo ma di chi lo giudicò prima e continua a farlo ora senza equilibrio.
Giudizi sproporzionati come quelli su Alessio Dionisi, di cui dopo la retrocessione del Sassuolo credo rimanga solo Nisi.
In attesa naturalmente di trovare una panchina che sia all’altezza di Roberto De Zerbi, che negli ultimi mesi è stato accostato a Real Madrid, Liverpool, Bayern Monaco, Barcellona, Milan, Manchester United e Chelsea.
Note a margine
Para-che? Fine campionato significa calcoli sul paracadute che spetta alle retrocesse: uno strumento di cui da anni si conosce l’inadeguatezza ma che é sempre meglio di niente e certamente una astuta alternativa ad una discussione seria su un riequilibrio della distribuzione dei diritti tv tra Serie A e B.
E non sporcate in giro. Dopo le prime sparate minacciose Steven Zhang ha cambiato toni e il suo ultimo comunicato si premura soprattutto di chiedere a Oaktree di amare l’Inter.
La mia banda suona il Lion Rock. Dagospia riporta che ci sarebbero alcuni misteri intorno all’azionariato dell’Inter nell’ultima stagione. Un portavoce di LionRock ha comunicato all’agenzia Reuters il 22 maggio che in realtà il fondo era già uscito dal capitale dell’Inter al momento che Oaktree ha concesso il finanziamento a Zhang, quindi nel 2021. Ma alla FIGC risultava che LionRock fosse azionista dell’Inter fino a pochi giorni fa. Se quindi il suo portavoce non ha preso un colpo di sole, saremmo di fronte a una violazione del diritto sportivo: la non comunicazione di un cambiamento dei soci.
Con cambio Shimano. I Vancouver Whitecaps offriranno sconti sui cibi e bevande allo stadio per compensare l'assenza di Messi e altri ex Barcellona come Suárez e Busquets nella partita contro l’Inter Miami.
Outro.
I nodi vengono al pettine
La sentenza sulla Superlega del 21 dicembre 2023 che secondo tutto il mondo era una spallata all’Uefa ma che secondo l’Uefa non aveva alcun peso, in questi giorni sta dispiegando il suo effetto.
La Lega Serie A, che nello stesso giorno aveva emesso una nota, nello scorso fine settimana ha invece emesso un comunicato molto più politichese che sospendere la norma che prevedeva come obbligo per l’iscrizione ai campionati che i club confermassero per iscritto l’impegno a competizioni non riconosciute da FIFA, UEFA e dalla stessa FIGC.
A inizio settimana invece dopo aver recepito la sentenza si è pronunciato il Tribunale di Madrid (che aveva fatto ricorso alla Corte UE) imponendo a FIFA e UEFA di interrompere tutti i procedimenti contro i club.
L’UEFA dal canto suo ha emesso un comunicato lunare, in cui continua a giocare con le parole evitando di aprire un confronto vero sulle istanze dei club e insistendo dicendo che “non ha vinto la Superlega”.
Un disco rotto che continua a suonare la stessa nota noiosa ignorando che quella cosa (la Superlega nel progetto di aprile 2021) non esiste più, e ignorando pure che la sentenza nelle motivazioni lo dice chiaramente:
L’oggetto del procedimento non è valutare un’autorizzazione della Super League e se un tale progetto sia conforme o meno alle regole statutarie al momento della presentazione della causa – si legge nelle motivazioni -. Lo scopo di questi procedimenti è, in termini generali, analizzare il sistema di autorizzazione preventiva e la gestione e lo sfruttamento dei diritti di organizzazione delle competizioni calcistiche contenuti negli Statuti della FIFA e della UEFA, al fine di valutare se tale sistema comporti una manifestazione di abuso di potere di mercato da parte degli imputati e/o una restrizione della concorrenza, impedendo a terzi di intervenire in condizioni realmente competitive sul mercato.
Nel frattempo c’è una interessante evoluzione nel calcio femminile che SportsProMedia sintetizza così: Le leghe di calcio femminile stanno diventando indipendenti, quindi cosa impedisce ai club di fare lo stesso in campo maschile?
È una bella domanda a cui darò risposta nei prossimi giorni. Ma che come al solito ha a che fare con i settori industriali gestiti in quanto tali e quelli gestiti con prevalenza di interessi politici.
Ne riparliamo.
A presto
Giovanni