L'errore del giornalismo su Sport e Big Data
È lo stesso del vecchio detto confuciano “se vedi un uomo che ha fame non dargli un pesce ma insegnagli a pescare”: i numeri dovrebbero essere parte del metodo di osservazione, non una alternativa.
Berlino, 5 dicembre 2024
Le statistiche sono una forma di realizzazione del desiderio, proprio come i sogni.
(Jean Baudrillard)
Leggere lo sport attraverso i numeri statistici, nella narrazione giornalistica dominante, viene considerato alla stregua di un metodo alternativo di analizzare ed interpretare quanto accade in gara, che si discosta dalla tradizione ed è altro da essa.
È un errore allo stesso tempo sottile ed enorme, in cui tantissimi si sono imbattuti nella loro carriera e che in tantissimi continuano a fare e probabilmente faranno in futuro.
I numeri non sono una alternativa narrativa che dice altro, ma una volta disponibili diventano una risorsa indispensabile per fissare concetti e confini tra ciò che è vero e fattuale e ciò che è solo percepito e quindi si presta a una maggior percentuale di errore.
Sin da quando iniziai a lavorare per Digitalsoccer Project (tra il 2000 e il 2003) l’errore più macroscopico nel rapporto con le testate giornalistiche (ma che ai tempi non realizzavo in maniera chiara) fu quello di fornire dati anziché formare i giornalisti alla loro lettura.
Come nel famoso detto di Confucio “se vedi un uomo che ha fame non dargli un pesce ma insegnagli a pescare”, si è sempre pensato più a fornire dati che non a implementare il metodo nel modo di lavorare dei giornalisti.
Nel tempo peraltro si sono moltiplicate le case fornitrici dei suddetti dati ed oggi siamo in un’era in cui contano più gli indici (ovvero la loro rielaborazione) che i dati stessi, e in cui molte società che fanno consulenza per l’ampia branca della match analysis si preoccupano più della lettura che della rilevazione dati.
Significa che concetti come ad esempio il pressing, o il possesso palla nelle sue varie declinazioni, o la lunghezza di una squadra che nascono da percezioni e quindi espressi linguisticamente vengono tradotti in numeri diventando a quel punto un supporto indispensabile per permetterci di dire qualcosa di più sulle dinamiche di una gara.
Ma queste società si sono mosse nella direzione delle consulenze tecniche, per il lavoro di campo, non di quelle narrative finalizzate al lavoro giornalistico, semplicemente perché qui non hanno trovato terreno fertile mancando il substrato culturale.
Per questo a distanza di anni siamo lontani da una vera e propria cultura del dato nel giornalismo sportivo e la loro adozione è relegata ad essere considerata una branca sofisticata del racconto e non il racconto stesso.
Io esemplifico qui parlando di calcio, ma vale per ogni sport, anche quelli come basket o pallavolo che hanno una cultura statistica più radicata ma che fa altrettanta fatica ad imporsi come metodo di lettura e analisi, limitandosi ai due tre dati che emergono dai tabellini delle partite.
Giornalisticamente parlando il problema non dev’essere mai quello di fare una rubrica coi dati ma al contrario di fare in modo che i dati emergano dentro il racconto giornalistico quando disponibili.
Non sono mai mancate le resistenze preconcette all’utilizzo dei dati (ed al sostenere i costi per la loro consultazione e implementazione), ma comunque nella migliore delle ipotesi i giornalisti erano disponibili a ospitare tabelle e numeri a supporto delle loro opinioni, non, al contrario, crearsi opinioni sulla base di questi dati.
Mi ritengo fortunato, perché avendo avuto quella scuola (feci il corso per fare la rilevazione dati nel lontano 2000 e mi formai successivamente a Liverpool in una full immersion sui sistemi dell’allora Prozone) negli anni ho sempre lavorato in modo piuttosto originale alle mie analisi.
A volte per via induttiva:
percepisco un trend che merita di essere raccontato;
cerco dati a supporto dell’idea;
lavoro sulla percezione e sui dati per capire a cosa realmente questo mi porta e se eventualmente la mia mossa iniziale era nella direzione giusta o meno.
A volte con metodo deduttivo:
osservo un cluster di dati che mi dicono qualcosa;
li rapporto alle situazioni di campo per circoscriverli rispetto ai fatti;
lavoro sui macrodati e sul contesto per capire se realmente i fatti sono allineati alla mia intuzione iniziale.
E questo mi accade anche nel lavoro live: se guardo una partita tendo a voler confermare le mie rilevazioni consultando dati che mi possano aiutare a dire meglio ed in maniera più puntuale quello che ho visto.
Ma ecco il problema: l’alternativa è tra induzione e deduzione, non tra numeri e percezioni.
Se ci si limita alla percezione, semplicemente si aumenta il rischio di fallire, per assenza di controprova, perché metodologicamente si sta abbassando l’asticella della profondità d’analisi.
Due esempi di questo tipo di ricerche e dei loro esiti li potete trovare in due video che realizzai un paio di anni fa:
Il nostro giornalismo sportivo è invece di gran lunga puramente percettivo, dominato dall’idea che l’esperienza valga più di mille numeri, come se i due campi fossero alternativi e non invece complementari.
È un approdo figlio anche di una distorta percezione monolitica della realtà, in cui conta solo il risultato e non il come questo sia maturato.
Quindi, se il risultato si discosta dagli xG, ecco che i gol attesi sono considerati del tutto inutili, quando chiunque invece può apprezzare che nel lungo periodo questi ci danno una ottima misura tendenziale dei risultati attesi di una squadra, anticipandoci quel che potrà accadere con buona approssimazione.
Un giornalismo incapace di storicizzare e imparare oggi la lezione di ieri, che non vede i trend e uniformizza tutto sotto le categorie di vittoria, sconfitta e pareggio, risulta del tutto inutile nel capire la prospettiva futura in quanto incapace di tracciare la traettoria che ha portato all’oggi.
Vi è poi, a mio giudizio, un secondo errore che è quello di considerare l’utilizzo dei dati nel giornalismo come qualcosa che pone lo stesso al livello della match analysis.
Ma a differenza di questa il giornalismo ha anche una necessità prioritaria che è quella di farsi capire e semplificare alcuni concetti (cosa che i dati fanno benissimo) mentre la match analysis si applica ad un ambito circoscritto che per sua natura è molto più profondo e competente.
Ma qui entreremmo in un campo diverso, e quindi su questo tema vi invito a leggere Calcio Datato che in uno degli ultimi numeri, in “Perché l'Algoritmo Non è Quello Che Pensi” chiarisce molto bene ruolo e significato degli algoritmi.
Note a margine.
Calcio insostenibile. Un recente rapporto ha evidenziato che Millennials e Gen Z sono sempre più insoddisfatti degli sforzi del mondo del calcio per affrontare la sostenibilità ambientale. Le due generazioni, particolarmente sensibili ai temi ambientali, ritengono che i club e le organizzazioni calcistiche non stiano facendo abbastanza per ridurre l'impatto ambientale del settore. Problemi come l'uso massiccio di voli per le trasferte e il consumo energetico eccessivo negli stadi sono visti come aree critiche. Le aspettative di queste generazioni includono una maggiore trasparenza e iniziative concrete come l’uso di energie rinnovabili, la promozione di trasporti sostenibili e un impegno generale verso pratiche più ecologiche. Inoltre, Millennials e Gen Z sono sempre più inclini a supportare squadre e brand che riflettono i loro valori, sottolineando l'importanza di politiche ambientali credibili nel rafforzare il legame tra tifosi e sport.
Dove vedere il Brescia :) La Lega Serie B ha lanciato un proprio canale streaming, "LaB Channel", disponibile su Amazon Prime Video in Italia. Il canale permette di accedere a contenuti esclusivi relativi alla Serie BKT, come partite in diretta, highlights, e approfondimenti. Questo nuovo servizio è parte di una strategia per ampliare l'offerta mediatica della lega e avvicinarsi ulteriormente ai tifosi. Il progetto è stato realizzato in collaborazione con Amazon Prime Video, una delle piattaforme di streaming più popolari, per rendere il campionato accessibile a un pubblico ancora più vasto. Oltre alle trasmissioni su piattaforme tradizionali come DAZN, questa iniziativa punta a rafforzare la presenza digitale della Lega Serie B.
Challenge. L'IFAB (International Football Association Board) ha approvato nuove misure che influenzeranno il gioco, tra cui un'espansione dei test per il sistema di revisione VAR. Una delle principali novità è l'introduzione di un sistema di "challenge" per gli allenatori, che permetterà loro di richiedere la revisione di decisioni arbitrali specifiche tramite il VAR. Questo sistema sarà testato in tornei selezionati per valutare il suo impatto sul gioco e sulla gestione delle partite.
Inoltre, si discuterà dell'estensione delle tecnologie di revisione delle decisioni arbitrali, con l'obiettivo di migliorare la trasparenza e ridurre le controversie legate a decisioni cruciali durante le partite.
Outro.
La FIFA se ne frega.
L’atteggiamento della FIFA rispetto al tema dei diritti umani violati in Arabia Saudita, paese che nel prossimo congresso straordinario dell’11 dicembre dovrebbe essere ufficializzato come ospitante dei Mondiali 2034 è sempre più sconcertante.
Ne avevo parlato in “Mondiali 2034: diritti umani à la carte” menzionando i vari esposti delle organizzazioni internazionali.
Ora il tema è imbarazzante sia per i più oltranzisti che per chi come è contrario ad erigere muri e sarebbe pure contrario ad una esclusione di un paese come quello saudita (o in passato del Qatar) da queste candidature, ma pretende che certi temi siano affrontati e discussi.
Ed invece il rapporto FIFA sulla candidatura dell'Arabia Saudita per ospitare i Mondiali 2034 la definisce ipocritamente "il miglior luogo possibile nella storia per organizzare il torneo".
La proposta punta su ambiziosi progetti infrastrutturali, come la costruzione di otto nuovi stadi, tra cui uno a Neom, la futuristica città-lineare parte della Vision 2030.
L'evento mira a evidenziare il giovane e crescente entusiasmo calcistico saudita, con il 60% della popolazione sotto i 30 anni. Il governo saudita promette di stupire il mondo con un evento innovativo e spettacolare.
Del tutto ignorate le istanze sollevate da gruppi come Amnesty International e Fossil Free Football, che mettono in dubbio gli impegni del paese in tema di diritti umani e sostenibilità ambientale. Nonostante il riferimento a strategie ambientali, il progetto prevede un'enorme impronta di carbonio legata alla costruzione e all'uso di infrastrutture.
Anche il sistema kafala e le limitazioni ai diritti civili rimangono temi controversi.
E naturalmente vi è il tema dei diritti dei lavoratori: a quanto pare a nulla sono serviti i reportage realizzati prima di Qatar 2022 e in Arabia Saudita si sta proseguendo sulla falsariga di quanto già visto.
Il rapporto di FIFA riguardante i diritti dei lavoratori migranti legati alla Coppa del Mondo 2022 in Qatar è al centro di polemiche, soprattutto per il ritardo nella pubblicazione dei risultati. Amnesty International e altre organizzazioni hanno criticato direttamente Gianni Infantino, presidente della FIFA, è accusato di aver ignorato le critiche e di aver adottato un atteggiamento autoritario durante i processi decisionali.
Anche per oggi è tutto. A presto!
Giovanni