L'hollywoodizzazione dello sport può spingere la crescita della Serie A
Il nostro campionato ha vissuto i suoi anni migliori ('80-'90) puntando su giocatori affermati altrove che facevano grandi le nostre squadre. Potrebbe essere una strategia valida anche per il futuro.
La prima suggestione di rilievo del calciomercato 2025 è firmata Napoli, ovvero l’interesse per Kevin De Bruyne in uscita dal Manchester City, e sembra un messaggio ad Antonio Conte: avanti con la strategia degli instant team per provare ad essere competitivi anche in Europa.
Su come la penso a proposito degli Instant Team già lo sapete (a scanso di equivoci: mi piacciono).
Ma oltre alla ragione tecnica per sostenere che fare una squadra che punti ad essere pronta nell’immediato è cosa buona e giusta, sento di poterne aggiungere una squisitamente economica che riguarda l’interesse per il nostro campionato ed è strettamente connesso al fenomeno della hollywoodizzazione dello sport, di cui ho già parlato qui e qui.
Posto che, naturalmente, lavorare nella logica degli instant team significa ingaggiare calciatori pronti, maturi, magari già vincenti ed affermati altrove, questo può significare al contempo portare con sé un aspetto interessante, ovvero la crescita di interesse per la Serie A legata al profilo di tali giocatori: mediaticamente affermati, commercialmente interessanti, sportivamente performanti nell’immediato.
Il termine hollywoodizzazione lo sentii per la prima volta anni fa al SoccerEx di Manchester quando un esperto di marketing asiatico (che si occupava della strategia del brand Juve in Cina) mi disse che noi europei sbagliavamo a parlare di tifo per le squadre e che avremmo dovuto per lo più ragionare in termini di tifo individuale per singoli campioni, osannati proprio come le stelle di Hollywood che si vanno a vedere a prescindere dal film e dal contesto.
Si avete letto bene, si occupava del brand Juve e sosteneva che occuparsi dei brand squadra era inutile. Ma del resto i consulenti sono questa cosa qui: li pagate per farvi dire cosa fare e per incolparli se poi quello che capite di quel che vi hanno detto non funziona.
Che brutto, direte voi, questa cosa che non si tifano i colori ma quei mercenari dei calciatori. Ma in fondo questo è anche il modo predominante di vedere qui da noi lo sport USA. Si tifa il campione di basket o football americano e solo di riflesso la squadra specifica.
L’hollywoodizzazione, tuttavia, sta diventando un fenomeno non solo legato ai follower che seguono leghe lontane, in continenti lontani. Riguarda sempre più il modo che le persone hanno di consumare contenuti sportivi.
Un esempio (di cui parla The Athletic in questi giorni) lo abbiamo in questo momento ad esempio nel basket femminile, la cui crescita è molto legata alla popolarità di Caitlin Clark che ha trascinato un interesse paragonato a quello per Taylor Swift, per dimensioni e impatto culturale.
Nel 2024, 24 eventi WNBA hanno superato 1 milione di spettatori. Clark è stata presente in 21 di questi. La sua partita di esordio con le Indiana Fever il 4 maggio ha attirato 1,3 milioni di spettatori, superando quasi tutti i match di preseason NBA degli ultimi 15 anni (escluse solo due partite con LeBron James). Per questo la WNBA ha pianificato la trasmissione nazionale di 41 delle 44 partite delle Indiana Fever, un record assoluto. E probabilmente anche le 3 rimanenti verranno trasmesse.
La crescente attenzione mediatica favorisce la visibilità della lega, i diritti TV e il potere contrattuale delle giocatrici.
Tornando a noi, invece, se ci pensate bene il nostro campionato a inizio anni ‘80 si affermò proprio in questo modo, attirando campioni che si erano affermati altrove ed arrivavano non giovanissimi ma pronti a dare il massimo per qualche anno.
Zico (1953) arrivò all’Udinese a 30 anni come Socrates (1984) alla Fiorentina. Platini (1955) alla Juve a 27, Rummenigge (1954) all’Inter a 29. Non si puntava sui ventenni ma su gente già affermata e vincente altrove, pronta subito.
Il dato puramente anagrafico ovviamente dice poco, ma può essere d’aiuto precisare che negli ultimi 40 anni, la carriera media dei calciatori professionisti si è allungata di circa 3-5 anni, a seconda del ruolo e del livello competitivo.
Qualcosa di simile sta già accadendo, ad esempio nel rapporto tra Serie A e Premier league. Il campionato inglese ha talento in sovrabbondanza, spesso lo spreca, ed infatti a fine gennaio scrivevo Serie A, dal '19 triplicato il valore degli acquisti in Premier League evidenziando il ponte che si sta creando tra noi e il campionato più ricco del mondo, che non è mai stato storicamente uno dei bacini d’importazione della Serie A. Ma lo è diventato e continuerà ad esserlo.
Benché il giovanilismo continui ad essere la parte dominante della narrazione calcioide all’italiana, io credo che una crescente attenzione a figure affermate farebbe il bene di tutti. Sia delle strisciate sempre affamate di successi, che di club come Bologna, Atalanta, Fiorentina… le outsider, che invece di lavorare solo sui prospetti si darebbero un tasso di esperienza crescente e qualche opportunità in più nel breve.
Con un vantaggio anche tecnico tattico paradossale: al giorno d’oggi è più facile dare continuità ad un progetto che si basa su 30enni con 3-4 anni ai massimi livelli davanti che non su 23enni affamati di carriera che dopo 10 partite buone vanno a piangere dal procuratore di turno e chiedono di essere ceduti al primo colpo di vento.
Io credo, infine, che una strategia di crescita del nostro campionato passi anche da un patto a tavolino, non scritto, tra i presidenti, che si dicono chiaramente che per il bene di tutti quanti sarebbe bene se le prime 10 squadre si dotassero di uno o due nomi di richiamo per dare sostanza all’immagine del nostro campionato.
Negli anni ‘80 in un contesto totalmente difficile funzionò per affermare il brand Serie A come modello. La Premier League quando ai primi punti dello statuto diceva di voler fare un campionato di stelle internazionali e di riferimento extra domestico, in fondo stava parlando di noi e di come insidiare il nostro primato (mi pare con qualche successo nel lungo periodo).
Oggi una strategia di questo tipo potrebbe decretare una nuova primavera del nostro campionato. L’hollywoodizzazione dello sport può diventare una risorsa della nostra Serie A se perseguita con lungimiranza strategica. Ogni De Bruyne che approda nel nostro campionato dovrebbe essere visto come una risorsa.
Il problema, come sempre, è che noi non abbiamo una massima divisione di 20 aziende che perseguono obiettivi comuni ma una pura somma di squadre di calcio che si giocano contro ogni fine settimana.
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Note a margine.
Diritti umani. Human Rights Watch e FairSquare hanno denunciato l'aumento delle morti tra i lavoratori migranti in Arabia Saudita, legate ai progetti infrastrutturali per il Mondiale FIFA 2034. Le vittime, provenienti da paesi come Nepal, India e Bangladesh, muoiono in incidenti evitabili, tra cui cadute, elettrocuzioni e decapitazioni. Le autorità saudite spesso classificano queste morti come "naturali", ostacolando indagini e compensazioni per le famiglie. FIFA, nonostante le critiche, ha assegnato il torneo all'Arabia Saudita, promettendo riforme che, secondo le ONG, restano insufficienti. Si teme una ripetizione degli abusi visti in Qatar nel 2022, con gravi violazioni dei diritti umani e mancanza di trasparenza. Ne ho parlato in “I 7 peccati capitali del mondiale in Arabia Saudita” e “Mondiali 2034: diritti umani a la carte”.
Piove sul bagnato. La Sampdoria è retrocessa in Serie C per la prima volta nella sua storia, dopo una stagione disastrosa in Serie B conclusa al terzultimo posto. Ma questa potrebbe non essere la peggior notizia sul club. Nonostante ingenti investimenti da parte della nuova proprietà guidata da Matteo Manfredi e Joseph Tey, il club ha chiuso il bilancio 2024 con una perdita di 40,6 milioni di euro. La retrocessione compromette il piano di risanamento approvato dal Tribunale di Genova, che prevedeva il ritorno in Serie A entro il 2026. Ora la Sampdoria - come scrive Calcio e Finanza - rischia il fallimento se non riuscirà a rinegoziare l'accordo sui debiti e a ridurre drasticamente i costi.
Misteri. La Juventus ha annunciato il ritorno di Jeep come sponsor principale sulla maglia fino a giugno 2028, con un accordo del valore di 69 milioni di euro. Il contratto prevede 4 milioni per la stagione in corso, 19 milioni per la prossima e 23 milioni annui per le successive. Parallelamente, il club ha siglato una partnership con "Visit Detroit", ente del turismo di Detroit, come secondo sponsor, sebbene i dettagli finanziari non siano stati divulgati. Tempistiche quantomeno buffe visto che 2 giorni fa ha lasciato Francesco Calvo. Un anno fa avevo scritto “La Juve senza sponsor di maglia”, ma su Youtube mi garantivano che lo sponsor era in arrivo e gli insider erano sicurissimi. Giuro.
Outro.
Rivendere a pezzi.
C’è un fenomeno su cui dovremo presto tornare ed approfondire, a proposito del quale oggi registro una interessante notizia.
Alexis Ohanian, cofondatore di Reddit e marito di Serena Williams, ha acquisito una quota del 10% di Chelsea Women per 20 milioni di sterline, entrando nel consiglio di amministrazione del club.
Chelsea Women è stata recentemente separata dalla sezione maschile in una operazione che serve per far quadrare i conti in chiave FFP come scrivevo nell’outro “Vette altissime” dello scorso 3 aprile.
La vendita del team femminile è avvenuta poco prima della chiusura dell'anno fiscale, consentendo a Chelsea di rispettare le normative di Profit and Sustainability Rules (PSR) della Premier League, che limitano le perdite a £105 milioni su un periodo di tre anni.
Tuttavia, guarda un po’, questa operazione ha sollevato interrogativi riguardo alla valutazione del team femminile e alla conformità con le regole del fair play finanziario.
La Premier League sta esaminando queste transazioni per garantire che siano conformi alle normative sul fair play finanziario e che riflettano il valore di mercato equo.
Ovviamente operazioni come questa, avvenendo con un reale controvalore monetario, giustificano e rivalutano le valutazioni a bilancio e quindi danno sostanza a quello che potrebbe sembrare puro maquillage finanziario.
E qui torniamo al punto: cessioni di piccole percentuali di società saranno sempre più comuni in futuro, visto che come fatto notare opportunamente da The Athletic, i club di Premier League sono ormai diventati troppo cari anche per Amazon. E quindi la cessione a pezzi è decisiva.
Ma come detto ci sarà tempo per tornarci.
Anche per oggi è tutto. A presto!
Giovanni
molto d'accordo su molto che scrivi.
In particolare, "Io credo, infine, che una strategia di crescita del nostro campionato passi anche da un patto a tavolino, non scritto, tra i presidenti, che si dicono chiaramente che per il bene di tutti quanti sarebbe bene se le prime 10 squadre si dotassero di uno o due nomi di richiamo per dare sostanza all’immagine del nostro campionato."
Già.
Solo che il calcio italiano (non solo quello italiano, mi pare) vive attraverso un curioso sistema: alle serie A partecipano 18 squadre, e solo 3 o 4 (eni campionati più aperti) partono con ambizioni di vittoria.
Cioè quasi tutte le squadre da decenni partecipano in un certo senso per non vincere.
Il sistema USA degli sport professionistici ha 1000 problemi (in crescita, mi pare), ma ha sempre cercato di rendere più competitivi i campionati. Non meno, come succede qui.
Per dire che nel "migliore dei mondi possibili" il patto sarebbe scritto, e ci sarebbero meccanismi molto rigidi su quel che una squadra può spendere, sui calciatori che può acquistare, sugli obiettivi che il campionato (non la squadra) deve cercare di raggiungere.
Ok, ora mi sveglio...