L'ondata saudita nello sport sta già finendo?
Nei giorni scorsi l'annuncio di un taglio degli investimenti esteri, piccolo segnale di un malessere maggiore: i conti del petrolio non tornano, crescono l'indebitamento e i segnali poco lusinghieri.
Berlino, 20 novembre 2024
Tanto tuonò che piovve (Socrate)
Il 2023 e il 2024 sono stati gli anni degli investimenti massicci dall’Arabia Saudita nello sport.
Attraverso fondi come Saudi Aramco (il colosso petrolifero controllato al 97% dal governo Saudita) e PIF (uno dei più grandi al mondo, con un patrimonio stimato di 925 miliardi di dollari), il governo guidato dal principe ereditario Mohamed Bin Salman è entrato a 360 gradi nello sport.
Ma non solo.
La strategia viene da lontano, ovvero da quando nel 2016 è stato avviato il piano Vision 2030 che punta a far crescere il Paese liberandolo progressivamente dalla dipendenza dal petrolio ed affermandolo in vari altri settori economici.
Se leggete Fubolitix da un po’ sapete che è stato inevitabile occuparsi di molti dei movimenti sportivi dei sauditi che sono andati in crescendo dopo il mondiale in Qatar a partire dall’accordo con Cristiano Ronaldo fino alle numerose operazioni in diversi sport.
Tra i progetti faraonici di Vision 2030 ci sono soprattutto rilevanti attività extrasportive come un resort grande quanto il Belgio in riva al Mar Rosso o la città futurista di Neom: grande 33 volte New York, con un costo stimato di 550 miliardi di dollari
In questi anni l’Arabia Saudita - come documentato da Il Mondo, podcast di Internazionale che vi invito ad ascoltare, riprendendo le analisi del Financial Times - ha realizzato progetti edilizi per 1300 miliardi di dollari, fondato 93 aziende in vari settori industriali per l’economia, e investito in aziende internazionali:
3,7 miliardi di dollari in Uber
45 miliardi in Softbank
20 miliardi nel fondo statunitense BlackStone
Ma gli ultimi segnali non sono confortanti.
Il Financial Times, che segue attentamente Saudi Aramco, ha scritto pochi giorni fa che il ceo di Neom è stato sostituito senza troppi complimenti.
Aramco ha registrato utili in calo del 15% rispetto all’anno scorso. Eppure ha pagato ai suoi azionisti dividendi per 93,2 miliardi di dollari.
Recentemente Aramco ha collocato obbligazioni per 6 miliardi di dollari e a settembre 2024 ha preso in prestito altri 3 miliardi con obbligazioni legate alla legge islamica. Il Governo di Riad ha emesso obbligazioni per 12 miliardi mentre il PIF si è indebitato per 50 miliardi di dollari.
I dividendi Aramco di quest’anno - in sostanza - sono stati approvati nonostante un deciso aumento dei debiti che starebbero crescendo di 100 milioni di dollari al giorno.
Il tutto per far felice il governo e mantenere fede agli investimenti programmati.
Ma cosa sta accadendo?
Il basso prezzo del petrolio ha spinto l’Arabia Saudita a diventare quest’anno il paese emergente che più si sta indebitando (superata la Cina).
Per far funzionare Vision 2030 il governo prevedeva un prezzo del greggio sui mercati mondiali tra 90 e 100 dollari. Ma nel terzo trimestre 2024 il prezzo medio è stato di 79,3 dollari, 10 in meno dell’anno precedente.
Oggi il mercato del greggio non può garantire le entrare di un tempo il Paese non ha più il margine di manovra di un tempo.
La novità principale sono le estrazioni statunitensi tra Texas e New Mexico (nel bacino Permiano). Gli USA producono il 48% in più rispetto all’Arabia Saudita ogni giorno, con aziende molto avanzate tecnologicamente, un terzo in meno dei pozzi e molti meno operai rispetto a 10 anni fa, per una produzione destinata a raddoppiare nel 2025.
Anche se in futuro questi pozzi sono destinati ad assottigliarsi il divario è enorme e le nuove estrazioni stanno muovendo al ribasso il prezzo del barile. Per fare profitti le aziende americane avevano bisogno di un prezzo di 70 dollari, oggi ne bastano 40.
L’Arabia Saudita sta quindi correndo ai ripari: sia tagliando le spese dei ministeri, sia riducendo gli acquisti nelle varie borse, soprattutto negli Stati Uniti. Secondo l’autorità di vigilanza statunitense (Securities and exchange commission) le azioni in mano ai sauditi sono passate da 35 a poco più di 20 miliardi dalla fine del 2023 al giugno 2024.
Non stupisce a questo punto la notizia di qualche settimana fa del taglio agli investimenti sauditi all’estero tra il 18 e il 20% di cui avevo parlato nel numero 81 di Fubolitix.
Si tratta evidentemente di una mossa correttiva, in controtendenza con gli ultimi due anni
Bene così per noi europei? Ni.
Non dobbiamo mai dimenticarci che l’economia è complessa e interconnessa, ed un investitore come quello saudita sposta equilibri che non sempre (dal punto di vista macroeconomico) sono negativi e che soprattutto dopo una fase di forti investimenti potrebbe avere un contraccolpo legato al suo venir meno.
Un esempio banale: il diesse di pallamano Stefan Kretschmar non la prese benissimo quando i sauditi decisero di disimpegnarsi dal suo sport (lo riportai qui) e disse:
Se i sauditi si ritirassero, ciò significherebbe dire che il nostro sport non ha alcuna rilevanza lì e non ha alcuna rilevanza a livello globale.
Il calcio, dal canto suo, ha sempre bisogno di nuovi investitori disposti anche a perdere soldi e mantenere alti i valori. Vale per i club e per le nazionali: date un’occhiata agli sponsor principali degli ultimi mondiali, ci troverete tanta Cina, il Qatar, ci troverete molta Arabia Saudita da qui al 2034.
È, insomma, una situazione da tenere monitorata, con la forte impressione che il 2025 potrebbe essere in controtendenza rispetto agli ultimi due anni.
Note a margine.
Anche meno, Gianni. IWF fa notare che Gianni Infantino è riuscito a scrivere il suo nome sulla Coppa che andrà ai vincitori del primo mondiale per club che si disputerà quest’estate. Il nuovo trofeo in oro 24 carati, lanciato ai media mondiali la scorsa settimana, riporta infatti una iscrizione che recita:
L'era d'oro del calcio per club: l'era della Coppa del Mondo per club. L'apice di tutte le competizioni per club. Ispirata dal presidente della FIFA Gianni Infantino, la competizione, organizzata per la prima volta nel 2025, eclissa qualsiasi precedente.
Bisogna riconoscere che se una cosa non manca ai presidenti federali è l’ego.
777 indagata. Il magazine norvegese di inchieste giornalistiche sul calcio, Josimar ha invece rivelato che 777 Partners, un tempo protagonista nel mondo del calcio con partecipazioni in club come Genoa, Standard Liège e Sevilla, è ora al centro di un'indagine del Dipartimento di Giustizia statunitense per presunto riciclaggio di denaro, coinvolgendo SEC, FBI e Homeland Security. Dopo il suo collasso finanziario, dovuto a cause legali e accuse di frode da 600 milioni di dollari, il principale creditore A-CAP ha rilevato i club, ma lotta per venderli tra debiti crescenti e ostacoli legali. Molti club, come Genoa e Standard, affrontano gravi problemi economici e sportivi, mentre solo Hertha Berlino sembra avere una via d’uscita. Il futuro dell’intero portafoglio calcistico resta incerto.
La crisi dei diritti tv. Continua il momento difficile per il mercato dei diritti tv e Calcioefinanza analizzando i conti del primo trimestre del Lione nel passaggio in cui si riferisce dell’accordo con DAZN e beIN per il massimo campionato di calcio francese ha stimato che in Ligue 1 i diritti tv con il nuovo ciclo sono scesi del -60%. Scrive il Lione nella trimestrale:
A seguito dell’accordo concluso tra DAZN e la LFP per il ciclo 2024-2029, Eagle Football Group, come tutti gli altri club di Ligue 1, subisce la riduzione complessiva delle entrate derivanti dai diritti TV nazionali rispetto al ciclo precedente (circa -60%), sulla base della guida provvisoria di ripartizione approvata dal Consiglio di amministrazione della LFP (Ligue de Football Professionnel) il 2 agosto 2024.
Outro.
Viva la Nations League.
Dopo la vittoria per 3-1 di San Marino in Liechtenstein, Federico Casotti (che è un collega di SportMediaset, ex DAZN e Goal.com) ha salutato così la promozione in Lega C dei Titani:
L'esistenza stessa della Lega D e la possibilità che può dare alle Nazionali più deboli è già una ragione sufficiente perchè esista la Nations League.
Come spesso accade mi trovo totalmente d’accordo con lui.
Qualche anno fa ci fu pure la polemica opposta, quando Thomas Müller dopo una partita vinta 8-0 dalla Germania nel 2016 contro San Marino chiese: “Che senso ha giocare partite così?”.
Apriti cielo. Non ditelo ai puristi.
Ho una mia opinione da tempo, che ho espresso anche su Twitter:
Il problema è che dopo aver abolito o quasi le amichevoli andava ristrutturato l'accesso a mondiali ed europei, esclusivamente in base alla NL diminuendo le partite e le inutili pause autunnali.
Aggiungo: col vantaggio di valorizzare per l'accesso ai mondiali la storia e i risultati di lungo periodo, pur mantenendo la possibilità per chiunque di qualificarsi.
Oggi avremmo 12 qualificate a USA 26 più gli spareggi tra le ultime di lega A e le prime di lega B per gli altri posti.
Purtroppo spesso si confondono i piani: innovare non significa per forza stratificare qualcosa di nuovo sopra una preesistente struttura (le qualificazioni) che deve rimanere immutabile.
Ed infatti Marco Gualtieri, che mi segue da tempo e spesso commenta i miei tweet con interventi appropriati aggiunge:
Io opterei per organizzare partite della Nazionale nei soli mesi fra maggio e inizio luglio, così da "abituare" i giocatori alle competizioni che si svolgono in quei mesi e dare ai selezionatori giocatori per un tempo più lungo, senza dare troppo fastidio alle società.
Sarebbe la migliore chiusura del cerchio. Ma nel calcio ci siamo abituati a non chiedere troppo.
Anche per oggi è tutto. A presto!
Giovanni
Grazie per questa analisi sull'Arabia Saudita, Giovanni. Che ne pensi degli investimenti che hanno fatto nel calcio? Nel preciso sulla faraonica campagna acquisti. Pensi che porterà da qualche parte o è semplicemente una bolla destinata a scoppiare. Come fu il caso per la Cina. Perdonami se magari ne avevi già parlato in precedenza.
Complimenti per l'ottimo lavoro.
Ciao Giovanni, dico la mia sulla pausa nazionali; riservando il periodo da maggio a luglio a stage/match delle varie nazionali si snellirebbe il calendario invernale dei club ma imho non si risolverebbe il tema dell'eccessivo "sfruttamento" psico-fisico dei giocatori. Sono personalmente per una rivoluzione ovvero quella di riservare le nazionali agli atleti dilettanti o U23, similarmente a quello che accade per il basket americano (NBA). Trovo il tema patriottico quando si parla di football molto ipocrita e anacronistico, siamo nel 2024 e dico basta. Le partite dell'Italia non mi appassionano ormai da molto tempo e penso siano solo un ostacolo allo sviluppo dei tornei fra club. Ho citato come esempio l'NBA perché lo trovo il più calzante, forse James, Curry & co. si sentono in difetto per il fatto di non giocare per team US a parte le olimpiadi ogni 4 anni? Non credo...Senza contare il fatto dei danni per i club in caso di infortuni, oltre al fatto di rinunciare ai propri campioni anche la beffa di dover continuare a pagarne gli enormi salari, non lo trovo giusto ne tantomeno sensato. Largo ai giovani!