Maglie da calcio: la pirateria non è solo digitale
A volte dimentichiamo facilmente come non solo i diritti di trasmissione, ma l'intero business delle società sportive sia oggetto di contraffazione: una analisi a 360 gradi per capirne i contorni.
La visione italocentrica delle cose porta molti a pensare che il mercato nero dei prodotti originali (merchandising) dei club calcistici sia un fenomeno solo italiano.
Non é così. Esattamente come detto nei mesi scorsi per la pirateria, le contraffazioni sono sempre proporzionali all’ordine di grandezza del business ufficiale.
Il merchandising, ovvero la vendita dei prodotti ufficiali, rientra nelle analisi sui conti delle società nella voce matchday e viene aggregata alla vendita di biglietti avendo in comune il fatto di essere destinato al pubblico (B2C) a differenza di diritti tv e sponsorizzazioni che sono le altre due voci del business tipico di un club che sono rivolte ai broadcaster e alle aziende interessate a visibilità attraverso lo sport e sono più tipicamente B2B (business to business) perché appunto a sottoscrivere gli accordi sono altre aziende e non i consumatori come nel caso dei ricavi da matchday.
Merchandising che poi è spesso confuso con il marketing. Quest’ultimo non è un ricavo diretto ma un costo-investimento che deve generare un ricavo. I club fanno marketing (spesso associato a comunicazione) per veicolare messaggi e creare engagement coi tifosi che solo ad un secondo livello possono trasformarsi in vendite ai tifosi stessi.
Premessa doverosa per ribadire che è l’intero business dei club ad essere oggetto di abusi dall’esterno. Ultimamente si parla molto della pirateria digitale (diritti tv) ma è di tutta evidenza che anche il ticketing (attraverso i bagarini) e il merchandising (attraverso la presenza sul mercato di prodotti contraffatti) sono sotto attacco.
Della diffusione del fenomeno dal punto di vista digitale - il più dibattuto al momento, come detto - parlavo in Pirateria fenomeno endemico e mondiale in cui tra le altre cose evidenziavo:
…l’Italia - quando parliamo di pirateria televisiva - sta messa meglio (ovvero perde meno soldi) di paesi come la Germania e l’Inghilterra.
Lo dice un recente studio di Synamedia e Ampere da cui emerge un’altra realtà, fotografata dall’immagine qui sotto.
In Italia rispetto a Germania e Inghilterra (i due paesi a noi piú simili tra quelli considerati nella ricerca) la pirateria ha poi le sue caratteristiche. La prima: è prevalentemente calcistica e proporzionalmente meno orientata a tv, cinema e altri fenomeni d’intrattenimento.
Un altro esempio lo fornisce un recente articolo di The Athletic secondo cui più della metà dei tifosi della Premier League ha acquistato una maglia falsa, principalmente a causa dei prezzi elevati delle originali, che costano fino a £125. Nel 2023, il mercato dei falsi ha generato £180 milioni, un terzo del valore del mercato autentico (£489 milioni), con ricerche online sui falsi aumentate del 518% dal 2021 al 2024.
L’industria delle maglie contraffatte è legata a crimini gravi: a Manchester, negozi di falsi generavano £30-40mila a settimana, finanziando attività criminali. Operazioni di polizia come "Vulcan" hanno sequestrato £130 milioni di prodotti falsi. Tuttavia, il fenomeno persiste, con vendite in crescita a Camden, Londra.
Le maglie contraffatte, spesso prodotte in Cina, possono contenere sostanze tossiche e supportare traffici illeciti.
Il governo britannico stima una perdita di £9 miliardi annui per contraffazione.
The Athletic in particolare suggerisce che una possibile soluzione per contrastare la pirateria delle magliette di calcio potrebbe essere la riduzione del prezzo delle maglie ufficiali. L'indagine ha evidenziato che molti tifosi comprano falsi perché i prezzi delle versioni autentiche sono considerati troppo alti. Alcuni club, come Brentford e Ipswich Town, hanno adottato strategie per migliorare l’accessibilità, come il riutilizzo delle maglie per più stagioni o il mantenimento di prezzi più bassi.
Tuttavia, la maggior parte dei club e dei produttori non ha risposto alla proposta di un tetto massimo di prezzo per le maglie ufficiali. Alcuni brand, come Adidas e Puma, difendono il costo elevato giustificandolo con la sostenibilità e l’innovazione nei materiali, mentre altri, come SUDU, cercano di offrire alternative più economiche e legali.
E qui si pone sempre il punto dei prezzi: può bastare un diverso valore di mercato a fermare la pirateria? Certamente si tratta di un punto di lettura ma non sicuramente l’unico e forse non il più decisivo.
Note a margine.
Giornalismi. Un interessante Substack di qualche settimana fa, captato dai miei radar solo di recente, esprime il disappunto di Evie Ashton, che afferma di non vuole più fare la giornalista sportiva perché ha realizzato che il settore è intrappolato in un rapporto di dipendenza reciproca con lo sport stesso, il che limita fortemente la possibilità di critica. Credeva che il giornalismo sportivo significasse indagare, denunciare ingiustizie e dare voce agli emarginati, ma si è scontrata con un sistema che privilegia il profitto e protegge gli interessi economici di chi gestisce lo sport. È stanca di vedere le tematiche di discriminazione trattate solo in momenti opportuni e di dover lottare per ottenere spazio per storie che vadano oltre la narrazione dominante. Ritiene che il giornalismo sportivo, così com’è, non sia in grado di affrontare i problemi strutturali dello sport e per questo ha deciso di lasciarlo. “You have a point” direbbero gli inglesi.
Bundesliga. Per chi legge Fubolitix da un po’ il tema del divario tra Serie A e Bundesliga sul piano economico (fatturati e utili) non rappresenta una novità. Fa specie, piuttosto, che il gap non si assottigli. Nel 2023/24, la Bundesliga ha registrato ricavi complessivi per 4,45 miliardi di euro, in crescita rispetto ai 3,61 miliardi della stagione precedente. Inoltre, 16 dei 18 club hanno superato i 100 milioni di euro di ricavi ciascuno. Lo scorso anno il divario era di circa 490 milioni (-440 il risultato italiano aggregato, +44 quello tedesco) mentre quest’anno resta sostanzialmente stabile: 470 circa, perchè i club italiani hanno tagliato ma non riescono più a veder crescere i ricavi.
Intanto a Boston. A inizio luglio avevo riportato su questa colonna in Vendesi Celtics che Vyc Grousbeck aveva avviato la cessione della franchigia NBA. Tra i potenziali acquirenti c’è Steve Pagliuca, già azionista di minoranza dei Celtics e co-proprietario dell'Atalanta, considerato uno dei favoriti. Pagliuca ha incaricato due istituti bancari di assisterlo nella trattativa. Nel 2002, i Grousbeck avevano guidato un gruppo di investitori che acquistò la squadra per 360 milioni di dollari. Oggi, il valore della franchigia è stimato in 5,66 miliardi di dollari. Una vendita a questa cifra stabilirebbe un nuovo record per il prezzo più alto mai pagato per il controllo di una squadra NBA. Pagliuca ha tutti quei soldi? Credo che ne riparleremo presto, per spiegare questi meccanismi.
Outro.
Ci voleva un fondo.
In un suo recente articolo GeoSport sostiene che la Gran Bretagna ha perso una grande opportunità nel non aver creato un proprio fondo sovrano (SWF) quando aveva le risorse per farlo.
Paesi come Norvegia e Arabia Saudita hanno utilizzato i loro SWF per investire strategicamente in vari settori, incluso lo sport, ottenendo rendimenti significativi e aumentando la loro influenza globale.
Il Regno Unito, invece, non ha capitalizzato sulle proprie risorse e ora si trova in una posizione meno competitiva rispetto ad altri paesi che sfruttano i SWF per acquisire asset di valore e rafforzare la propria economia.
I fondi sovrani (SWF) stanno aumentando la loro presenza nel mondo dello sport, investendo in club, eventi e infrastrutture sportive. E il fatto non è solo una questione araba. Basta questo grafico di Visual Capitalist per capirlo, ed è interessante vedere come stati totalitari abbiano di fatto avuto l’approccio scelto da una grande socialdemocrazia come la Norvegia.
Questi fondi, originariamente creati per gestire le riserve finanziarie dei paesi, vedono nello sport un'opportunità per diversificare i loro portafogli e ottenere rendimenti stabili.
Tuttavia, la crescente influenza dei SWF solleva preoccupazioni riguardo alla governance, alla trasparenza e al potenziale impatto sull'integrità delle competizioni sportive.
È quindi fondamentale che le organizzazioni sportive sviluppino politiche adeguate per gestire queste relazioni e garantire che gli investimenti siano in linea con i valori e gli obiettivi dello sport.
Anche per oggi è tutto. A presto!
Giovanni