Napoli 2023/24, ritorno alla normalità
Prosegue la serie dedicata al bilancio economico sportivo delle top5 di Serie A di fine stagione. Per il Napoli dopo la miglior stagione degli ultimi 30 anni la peggior difesa del titolo di sempre
Berlino, 12 giugno 2024
Questa storia della giustizia sportiva è di un'iniquità incredibile. Sembra fatta apposta per mettere il guinzaglio, bisogna correre ai ripari perché se uno continua a fare lo gnorri viene il dubbio che qualcosa non debba funzionare perché ne devono funzionare delle altre. (Aurelio De Laurentiis, 25/12/2012)
Non riesco a non iniziare il bilancio sportivo del Napoli 2023/24 senza un quadro economico che fa riferimento a tutta l’era De Laurentiis.
Lo faccio perché considero il 2024/25 un vero e proprio anno zero, con una convinzione: non è scontato che nel prossimo decennio il Napoli somigli a Juventus, Inter e Milan come è stato per risultati sportivi nell’era De Laurentiis più che a club come Atalanta, Fiorentina, Bologna o Torino. Come dovrebbe essere soppesando l’impegno diretto in termini di capitali profuso dalla proprietà.
Prendo allora la rincorsa con questo vecchio articolo di Marco Iaria (Gazzetta dello Sport) che ha ormai 10 anni ma è di estrema attualità. Scriveva il giornalista esperto in calcio business:
Sapete quanto ha speso De Laurentiis in questo decennio (2004-2014 ndr)? Appena 16 milioni e mezzo: questa è la somma dei versamenti in conto capitale, tutti concentrati nei primi anni. Le garanzie da 32 milioni con cui nel 2004 rilevò il titolo del club e avviò la nuova attività, infatti, furono coperte da un prestito di UniCredit che nel giro di tre esercizi è stato interamente restituito dallo stesso Napoli.
Fatto sta che, dopo le prime due stagioni in rosso, coincise con i campionati in C, De Laurentiis ha sempre firmato bilanci in utile, coniugando i risultati economici con quelli sportivi.
Recentemente invece una analisi di Fabrizio Vettosi per Calcioefinanza ha evidenziato:
Dal ritorno in Serie A il Napoli ha registrato ricavi medi annuali ricorrenti (a prescindere quindi dalle plusvalenze) pari a circa 155 milioni di euro, con una media dei ricavi annui complessivi attestatasi sui 192 milioni di euro.
(cut) …per il Napoli il tema plusvalenze va inquadrato in termini di fattore “integrativo” per quanto riguarda il flusso di cassa, e non un elemento decisivo a differenza di quanto avviene per altri club.
Vi è poi un punto che riguarda il fatto che a fronte di questi 16 milioni di capitale immessi di tasca propria la famiglia De Laurentiis ne ha incassati 40, più del doppio, a titolo di “stipendi” per la presenza in CdA.
Nelle 19 stagioni in cui Aurelio De Laurentiis è stato alla guida del Napoli, i compensi per il CdA sono stati pari a complessivi 39,9 milioni di euro. Nei primi quattro esercizi, gli amministratori non hanno ricevuto alcun compenso: dopo i 240mila euro del 2009, poi, dal 2011 sono stati 39,7 i milioni di compensi, con una media di oltre 3 milioni a stagione considerando appunto solo le stagioni dal 2011 in poi.
Fa sorridere che proprio DeLa qualche mese fa abbia polemizzato sul fatto che nel calcio ci sono “imprenditori e prenditori”. Bontà sua (e della sua famiglia).
Ma tant’è: in sostanza De Laurentiis - al di là dei giudizi “salariali” che si vogliono dare sul CdA - è stato bravissimo e legittimato a fare tutto quel che ha fatto, sia chiaro.
Si è garantito il 50% dei ricavi totali dai diritti tv andando costantemente in Europa.
Ha mantenuto il flusso di reinvestimento delle plusvalenze ad un livello fisiologico ma non critico.
Ha scelto sempre uomini importanti nell’area tecnica capaci di fare le scelte giuste: Giovanni Manna ha tutto il potenziale per esserlo, nuovamente.
Ha iniziato dal basso (Serie C) ed è tornato in Serie A instaurando un ciclo virtuoso di assoluto valore.
Poi ha vinto il campionato e la difesa del titolo è stata la peggiore di sempre.
Andiamo allora con ordine a partire dalla scelta di puntare su Antonio Conte, che non é un parlare del futuro, ma soprattutto l’approdo di quello che il Napoli è stato finora.
Il 4 giugno 2023, durante la festa scudetto al Maradona, De Laurentiis minimizzando l’importanza della scelta del nuovo tecnico dichiara alla Rai:
Il Napoli puoi allenarlo anche tu
Il 15 giugno annuncia con un tweet l'ingaggio di Rudi Garcia come nuovo allenatore.
Antonio Conte, e qui sta il bello, prenderà 12 milioni lordi a stagione (6,5 netti). Carlo Ancelotti ne prendeva circa la metà più bonus.
Con l’ex CT il presidente del Napoli ha scelto prima di tutto un parafulmine per la squadra (e in seconda istanza anche per sé stesso) piú che un semplice allenatore.
Antonio Conte questo lo sa.
Lo sa da sempre, ma non sempre lo ha accettato. Ricordiamo la celebre conferenza stampa prodromica all’addio al Tottenham Hotspurs:
Cercate sempre alibi per i giocatori, ma noi siamo tutti pagati tanto per rendere tanto e non é possibile andare avanti con gli alibi.
Giovanni Manna ha tutte le caratteristiche, peraltro, per essere quell’uomo di conoscenza tecnica con cui Antonio Conte vuole sempre confrontarsi: al Chelsea ad esempio i rapporti iniziarono a guastarsi dopo il licenziamento del diesse Michael Emenalo, con il tecnico pugliese che lamentava: “Da mesi non ho nessuno con cui confrontarmi su questioni di calcio e prospettive”.
Ma andiamo con ordine.
Il presidente.
Aurelio De Laurentiis, presidente del Napoli, ha confermato di avere un approccio molto personale e spesso impulsivo nella gestione della squadra, specialmente in periodi di successo.
La vittoria dello scudetto nella stagione 2022-2023 ha segnato un momento di grande euforia per il club, ma a quel punto ha evidenziato tutte le debolezze gestionali di un presidente non abituato a vincere.
Dopo l'addio di Luciano Spalletti, considerato un tradimento da De Laurentiis, e la partenza di Cristiano Giuntoli, il presidente ha dichiarato in un'intervista che il Napoli aveva almeno venti candidature per il posto di allenatore, dimostrando una certa mancanza di pianificazione e una gestione molto improvvisata delle successioni tecniche.
Dopo aver preso Rudi Garcia ha ritrattato: “Nessun casting”.
La scelta di Mauro Meluso come direttore sportivo e di Antonio Sinicropi, il compagno della figlia di De Laurentiis, come dirigente del club, hanno ulteriormente mostrato una gestione basata su relazioni personali piuttosto che su criteri di merito.
E spiace per il Napoli società, perché non era questo a cui ci aveva abituato l’abilissimo presidente, che ha finito come non mai per interferire nelle dinamiche della squadra, come riportato negli episodi delle sue frequenti presenze agli allenamenti e nei discorsi nello spogliatoio, contribuendo a una gestione caotica e poco coerente.
La sfiducia pubblica espressa nei confronti di Garcia, senza però riuscire a sostituirlo prontamente, ha peggiorato la percezione della situazione, mostrando una leadership incerta e reattiva piuttosto che proattiva e strategica.
La rosa.
Dopo il trionfo della stagione precedente, la squadra non è riuscita a mantenere la stessa coesione e prestazioni elevate.
La partenza di Kim Min-Jae, un punto di riferimento cruciale in difesa, ha lasciato un vuoto difficile da colmare, e i nuovi acquisti non hanno avuto il tempo necessario per adattarsi completamente al ruolo e agli schemi di gioco.
La gestione tattica e tecnica della rosa è stata influenzata negativamente dai cambi frequenti di allenatore. Questo ha portato a una mancanza di continuità e stabilità, elementi fondamentali per il rendimento di una squadra ad alti livelli.
I problemi fisici di giocatori chiave come Victor Osimhen hanno ulteriormente complicato la situazione, limitando le opzioni offensive e indebolendo la capacità della squadra di competere ad alto livello.
La squadra ha mostrato segni di disorganizzazione e mancanza di equilibrio, spesso calando notevolmente nel secondo tempo delle partite, un sintomo di problemi sia tattici che di condizione fisica.
Nonostante il talento individuale di molti giocatori, il Napoli non è riuscito a trovare una coesione di squadra, risentendo della mancanza di un leader carismatico e di una guida tecnica stabile e coerente.
Gli allenatori.
Un capitolo fondamentale, perché se De Laurentiis in questi giorni pensa che Conte sia la soluzione significa che il presidente non ha fatto una analisi compiuta di tutto quel che é accaduto.
Da lui alla società passando per la rosa.
Prima di Garcia il Napoli delaurentiano aveva esonerato solo 4 tecnici a stagione in corso. Lo scorso anno due.
Garcia non ha mai avuto il pieno supporto del presidente e della squadra, e la sua gestione è stata segnata da incomprensioni tattiche e mancanza di coesione con i giocatori.
Gli episodi di conflitto con stelle come Kvaratskhelia e Osimhen hanno evidenziato una scarsa comunicazione e un ambiente di lavoro poco sereno.
La scelta di Walter Mazzarri sembrava più dettata dalla disperazione che da una strategia chiara.
Nonostante Mazzarri abbia riportato un iniziale senso di organizzazione, la squadra ha continuato a mostrare problemi di durata e concentrazione, crollando spesso nel secondo tempo delle partite.
Infine, Francesco Calzona è stato nominato ad interim, ma anche lui non è riuscito a invertire la rotta negativa, evidenziando la difficoltà di trovare un tecnico capace di gestire le complesse dinamiche della squadra.
La scelta di Antonio Conte come nuovo allenatore per la stagione successiva rappresenta un tentativo di riportare stabilità e disciplina.
Ma qui nasce l’equivoco: Antonio Conte dovrà essere sostenuto dalla dirigenza, o è stato preso affinché sia lui a sostenerla?
I risultati.
Decisamente deludenti.
Ma in base a cosa? In base all’assunto che il Napoli valga sempre i primi quattro posti. In realtà nel lungo periodo conta la media, e il campionato 23/24 è stato eccezionalmente deludente come eccezionalmente esaltante fu il precedente.
Entrambi a loro modo inattesi.
La squadra ha faticato a trovare continuità e stabilità, sia in campionato che nelle competizioni europee.
Dopo un buon inizio con vittorie contro Frosinone e Sassuolo, il Napoli ha subito una serie di risultati altalenanti che hanno minato la fiducia e la coesione del gruppo.
La sconfitta casalinga contro la Lazio ha segnato l'inizio di un periodo difficile, con polemiche interne tra giocatori e allenatore che hanno ulteriormente destabilizzato l'ambiente.
Gli episodi di razzismo legati a Osimhen e il video su TikTok hanno aggiunto ulteriori tensioni, influenzando negativamente la percezione pubblica del club.
Nonostante alcune vittorie convincenti contro Udinese e Lecce, il Napoli ha mostrato gravi carenze difensive e una mancanza di equilibrio tattico, culminate in sconfitte pesanti contro Real Madrid e Fiorentina.
La continua incertezza sulla guida tecnica, con De Laurentiis che sfiduciava pubblicamente gli allenatori senza riuscire a trovare soluzioni stabili, ha contribuito a creare un clima di insicurezza e frustrazione. Alla fine della stagione, il Napoli è scivolato fuori dai posti che garantiscono l'accesso alle competizioni europee, segnando una delle peggiori performance della storia recente del club.
Mi pare tornando al punto di partenza che il Napoli sia all’anno zero.
Quel che è accaduto nei primi due decenni dell’era De Laurentiis si é compiuto con lo straordinario scudetto 2023.
Ora il club deve soprattutto capire quale sarà il punto di ricaduta.
E dimenticare tutto in fretta perché quest’anno inizia una storia nuova.
Nel 2021 Gennaro Gattuso venne sostituito dopo aver chiuso a 77 e con il quinto posto: la più alta quota mai vista per la prima esclusa dalla Champions.
In quell’occasione il club dimostrò scarso realismo ma poi Luciano Spalletti, dopo una prima stagione tribolata ha fatto quel che ha fatto.
Stavolta servirà ancor più realismo perché se qualcuno pensa che Conte da solo basti (fortunatamente come detto c’é Manna, e io ripongo grande fiducia in lui) potrebbe in realtà svegliarsi presto da una brutta illusione.
Note a margine
Non passa giorno senza un aggiornamento da rilevare nel mondo dello streaming. Ottimistica previsione del Ceo di DAZN Italia Stefano Azzi che parla di imminente redditività in Italia e nel mondo.
All’italiana. La sintesi migliore di una vicenda grottesca é nel titolo che le dà Storie Sport: Basket, papa Petrucci e l’indulgenza: in commissione Fip per Giubileo un dirigente già inibito e che gli chiedeva i danni. La Fip presieduta da Gianni Petrucci ha creato una Commissione per il Giubileo 2025 e composta da Antonello Assogna e Armando Buonamici. Quest’ultimo, nonostante sia stato inibito fino a luglio 2024, è stato nominato nella commissione, suscitando dubbi sulla riduzione della sua sanzione, dopo aver rinunciato al ricorso al Tar contro la Fip e il Coni, chiudendo una controversia che chiedeva un risarcimento di un milione di euro. Questa decisione solleva ulteriori domande sulla disparità di trattamento e la trasparenza delle sentenze della giustizia sportiva.
Il Salary Cap in Premier League. La lega inglese ha deciso e sperimenterà la limitazione delle spese, non vincolante, nella prossima stagione (ne avevo già parlato diffusamente qui). Manchester City, Manchester United e Aston Villa hanno votato contro. Il sistema proporzionato alle entrate da diritti TV, permetterà di spendere al massimo cinque volte la quota minima ricevuta. Le nuove regole saranno allineate anche con le normative Uefa che limita la spesa al 70% delle entrate dal 2025.
Outro
5 cose di calcio che ho imparato guardando la pallamano
Lo scorso weekend ero a Colonia a seguire le final four di Champions league di pallamano.
Ed è stata una esperienza clamorosa.
Mi sono avvicinato alla pallamano circa 15 anni fa quando collaboravo con una associazione a cui il club femminile di Brescia chiese una mano per una sponsorizzazione volta a salvare la stagione sul piano organizzativo.
Quando nel 2019 mi sono trasferito a Berlino, memore dei racconti su quanto fosse spettacolare la Bundesliga, il primo evento sportivo a cui ho partecipato è stata quindi una partita delle Füchse Berlin.
Pensavo fosse solo curiosità ed invece é scoppiato l’amore con un campionato da 7 mila persone di media a partita (9 mila a Berlino) che porta 20 mila persone alla finale di Champions League a Colonia ed ha una organizzazione in termini di ospitalità e marketing di livello altissimo.
Da allora sono regolarmente alle gare in casa dei berlinesi, e attendo con impazienza la Champions League della prossima stagione a cui le Füchse si sono qualificate dopo 10 anni: due gironi da 8, 7 gare casalinghe prima dei playoff che portano alla finale di Colonia.
Colonia è la Mecca della pallamano. Lì si giocano le finali di EHF Champions League da 15 anni (confermate fino al 2029): una intuizione quella di stabilire una sede fissa per creare un evento sempre più spettacolare e collaudato, che da qualche stagione ha anche il gustoso fuori campo degli incontri di business per gli sponsor.
Nelle ultime due stagioni ho seguito le finali di Flensburg e Amburgo (Europa League) e Colonia (Champions league) e grazie alla storica qualificazione della nostra nazionale sto organizzandomi per essere a Herning dal 12 al 19 gennaio prossimo per i Mondiali.
Gli azzurri hanno un gruppo in cui potrebbero qualificarsi: proibitiva la Danimarca, giocabili Algeria e Tunisia.
Sempre a Herning ci sarà anche il gruppo della Germania: spettacolo assicurato, prima delle finali di Oslo.
Dagli Handball Talks (incontri per parlare di sport business, con spazio a diverse interessanti startup tra cui questa, che è quella per cui ho votato io) fino alle partite tutto é stato elettrizzante.
Vi voglio quindi lasciare con cinque pillole che questo sport mi ha lasciato in questi anni.
Ovvero: cinque cose di calcio che ho imparato guardando la pallamano.
Il centravanti è lo spazio. La famosa frase di Pep Guardiola trova nella pallamano una sua curiosa applicazione, infatti come noto non si può entrare in area e tirare ma le conclusioni devono essere fatte “in volo” prima di toccare terra. Il centravanti “uomo d’area” come lo conosciamo nel calcio quindi non esiste.
Il gioco sugli esterni porta al gol. Carlo Mazzone a Brescia predicava un concetto facile ma immediatamente comprensibile: per mettere in difficoltà l’avversario bisogna giocare in ampiezza cambiando velocemente fronte di gioco. Questa cosa nella pallamano tocca livelli di grande efficienza perché uno dei modi più efficienti per segnare nella pallamano è quello di dare palla agli esterni che a quel punto essendosi smarcati per la ricezione. Ampiezza e smarcamento degli esterni, quindi, diventano fondamentali e capire come viene fatta la cosa in questo sport diventa fondamentale anche per il calcio.
Concentrarsi sugli spazi è piú efficiente. Benché vincere gli 1 contro 1 (nel calcio come nella pallamano) sia fondamentale per arrivare ad avere più chances per la conclusione e quindi per segnare, le squadre raggiungono una maggiore efficienza concentrandosi sull’occupazione degli spazi in lungo e in largo nel campo. Sembra paradossale ma é cosí: e credo anche che sia la spiegazione del perché nel lungo periodo il gioco a zona abbia prevalso sulla marcatura a uomo: utilizza i giocatori in modo più efficiente sul piano fisico atletico e ottimizza la difesa.
Dentro una sola partita ci sono più partite. Questa è una grande differenza tra i due sport. Il vero time out, nel calcio é il gol: per questo molti allenatori approfittano di quei momento per dare indicazioni chiare anziché perdersi in esultanze. Negli sport ad alto punteggio, invece la gara é un flusso e quindi il time out serve soprattutto ai tecnici per “puntellare” i concetti. Tornando al calcio: l’importanza del time out volante (gol, cooling break…) cresce sempre di più perché cresce la necessità di avere squadre reattive capaci di affrontare le avversità dei 90 minuti senza scomporsi e sapendo interpretare i cambi di ritmo e di atteggiamento anche psicologico delle squadre (quella che stupidamente viene chiamata “inerzia” della partita, ma che con il concetto di inerzia c’entra nulla).
La statistica va guardata nel lungo periodo. Tutti possiamo avere una giornata storta. Tutti possiamo chiudere una prestazione sottotono. Per questo ogni analisi particolareggiata secondo me va riferita a più partite. Nella pallamano in particolare l’autorità é rappresentata da Julian Rux di Handballytics, che peraltro ho avuto l’occasione di conoscere a Colonia.
Se inizierete a guardare la pallamano grazie a queste brevi note fatemi sapere le vostre impressioni.
Noi ci sentiamo domani.
A presto!
Giovanni