Le alternative olimpiche di Putin e Trump
Il Comitato Olimpico internazionale sotto attacco: il ministro degli esteri russo promuove i Giochi dell'Amicizia mentre Donald jr. figlio del presidente USA sostiene gli Enhanced Games.
Padova, 27 febbraio 2025
Le Olimpiadi non sono solo un evento sportivo, ma anche un’arena di grande rilevanza geopolitica. Sin dall’antichità, i Giochi sono stati utilizzati per celebrare la potenza e l’unità di una civiltà, e oggi continuano a essere un palco dove gli Stati competono non solo per le medaglie, ma anche per prestigio, influenza e narrazione globale.
Quest’estate, scrivendo la rubrica Geolimpiadi su Il Riformista (qui trovate la raccolta dei miei pezzi ritagliati) facevo notare come il concetto identitario legato alle Olimpiadi sia nel tempo cambiato.
Nell’antica Grecia le olimpiadi fermavano le guerre. Nel secondo dopoguerra le si boicottavano per rivendicare una diversità (molti gli esempi, i più roboanti furono quelli degli USA nel 1980 a Mosca e dell’URSS nel 1984 a Los Angeles).
Oggi non si boicotta più (gli USA a Pechino non andarono oltre la protesta legata al fatto di non mandare gli ufficiali agli eventi politici di rappresentanza, ma non fermarono gli atleti) e partecipare alle Olimpiadi è anzi un dovere perché stare dentro il perimetro è l’unica cosa che conta.
Tuttavia nei prossimi anni potremmo assistere ad una vera e propria frazione del mondo olimpico incarnato dal CIO.
Non si tratta di una cosa buona o cattiva, voglio solo qui prendere atto di quanto sta accadendo a livello diplomatico.
Dopo il suo ritorno dall'incontro con funzionari statunitensi in Arabia Saudita, il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov si è rivolto alla Duma di Stato, il parlamento russo.
Nel suo discorso ha fatto riferimento ai piani della Russia per ospitare i Giochi dell’Amicizia, un mega evento originariamente previsto per il 2024, subito dopo le Olimpiadi e le Paralimpiadi di Parigi.
Personalmente questa cosa mi ricorda i Goodwill Games, i giochi della buona volontà, che USA e URSS avevano promosso dal 1986 per superare i reciproci boicottaggi.
Nulla di nuovo quindi? In parte si, ma stavolta c’è di più.
I Giochi dell’Amicizia avevano già attirato adesioni da quasi ottanta paesi, ma l’evento era stato poi rinviato a data da destinarsi. Tuttavia, con i colloqui tra funzionari russi e statunitensi che riprendono e con Vladimir Putin rafforzato dal suo rapporto con Donald Trump, l’idea dei Giochi dell’Amicizia è tornata a prendere forma.
Lavrov ha presentato questo progetto come uno strumento di soft power, diplomazia e scambio culturale.
Ma in realtà, si tratta di una mossa atta a scatenare uno scontro ancora più profondo con il Comitato Olimpico Internazionale (CIO), minacciando di ridisegnare gli equilibri dello sport mondiale.
Di fatto, i Giochi dell’Amicizia sembrano una manifestazione parallela alle Olimpiadi, ma il loro vero obiettivo è sfidare il CIO e l’intero sistema sportivo basato sulle regole occidentali.
Per Putin – e per i suoi alleati – il Comitato Olimpico Internazionale è una creazione dell’Occidente, fondata da occidentali e sempre guidata da presidenti occidentali.
Il leader russo ha costruito il suo potere proprio cercando di sovvertire queste istituzioni globali, ridefinendo gli equilibri e minando l’ordine internazionale basato sulle regole occidentali.
Un esempio concreto è la creazione della Nuova Banca di Sviluppo dei BRICS, un’istituzione promossa dalla Russia come alternativa alla Banca Mondiale, in linea con l’ambizione di Putin di costruire un sistema economico parallelo a quello occidentale.
La sfida della Russia al CIO non è una novità: gli scandali sul doping dell’ultimo decennio sono stati più una questione di sovversione che di mero miglioramento delle prestazioni.
Ora, però, forte del cambiamento in atto a Washington, Putin potrebbe portare la sua battaglia a un livello ancora più alto attraverso i Giochi dell’Amicizia, che potrebbero trasformarsi in una vera alternativa delle Olimpiadi.
Putin troverà, sul tema, una Casa Bianca assai attenta, ricettiva e propositiva.
Non vi è dubbio sul fatto che il presidente Donald Trump abbia tra le sue più ferree volontà quella di ridisegnare gli scenari mondiali anche andando contro le istituzioni (un esempio: l’organizzazione mondiale della sanità) che considera obsolete.
C’è in Trump questa evidente voglia di lasciare un segno profondo in modo che tutti ricordino un prima ed un dopo di lui, sul piano istituzionale. Difficile ad oggi pensare possa farlo all’interno degli USA, questo forse non è nemmeno nei suoi piani, sicuramente invece l’orizzonte dei fragili organismi internazionali è nel suo mirino.
Ho citato l'OMS, ma non fa eccezione il Comitato olimpico internazionale (CIO). Del resto suo figlio Donald Trump Jr. ha recentemente sostenuto gli Enhanced Games, un'iniziativa sportiva che propone competizioni senza le tradizionali restrizioni antidoping.
Attraverso il fondo di investimento 1789 Capital, di cui è partner, Trump Jr. ha contribuito con un investimento di diversi milioni di dollari per supportare questo progetto.
Gli Enhanced Games, ideati dall'imprenditore australiano Aron D'Souza, mirano a organizzare eventi sportivi in cui gli atleti possono utilizzare sostanze per migliorare le prestazioni, con l'obiettivo di superare record mondiali. Le competizioni previste includono atletica leggera, nuoto, sollevamento pesi, ginnastica e arti marziali.
Per incentivare le performance eccezionali, gli organizzatori offrono premi significativi, come un bonus di 1 milione di dollari per chi supera il record dei 100 metri piani o dei 50 metri stile libero nel nuoto.
Trump Jr. ha dichiarato che questo progetto rappresenta "eccellenza, innovazione e dominio americano sulla scena mondiale", valori che rispecchiano il movimento "Make America Great Again".
Nonostante le critiche da parte del Comitato Olimpico Internazionale e di altre organizzazioni antidoping, gli Enhanced Games stanno pianificando il loro debutto negli Stati Uniti tra la fine del 2025 e l'inizio del 2026. L'obiettivo è creare un'alternativa alle competizioni tradizionali, promuovendo l'innovazione scientifica e offrendo agli atleti la libertà di spingersi oltre i limiti attuali.
La convergenza russo-americana sul tema non pare certo impossibile.
I Giochi dell’Amicizia e gli Enhanced Games sono due cose distinte, ma li unisce la comune critica alle regole antidoping e ad un’altra istituzione internazionale, la Wada.
Su questo punto vi invito a leggere il libro uscito il 21 febbraio scorso (di cui parla in questo dettagliato articolo il Post) Doping. Una storia di sport, scritto da April Henning e Paul Dimeo edito da 66thand2nd.
Quello che è chiaro è che
oggi l’idea unificante delle Olimpiadi si scontra con interessi politici che vanno in una direzione diversa;
la volontà di alcuni regimi di lasciare un segno nel mondo sportivo promuovendo l’approdo ad una nuova era è evidente;
quello che è stato un tratto distintivo del ventesimo secolo potrebbe cambiare forma entro la fine di questo decennio.
Note a margine.
Calcio d’Egitto. Manchester City v Liverpool è stata anche Marmoush contro Salah. Due attaccanti egiziani nei due club inglesi più vincenti degli ultimi anni da cui Nick Harris su Sporting Intelligence ha tratto spunto per raccontare l’influenza dell’Egitto sul calcio inglese che ha radici più profonde di quanto si possa pensare. Uno dei primi egiziani a giocare nel calcio inglese fu Hassan Hegazi, nato nel 1891, che si unì al Dulwich Hamlet FC mentre studiava a Londra. Attaccante agile e creativo, fece un’unica apparizione nella Second Division con il Fulham nel 1911, prima di decidere di restare fedele al Dulwich. Dopo la sua carriera in Inghilterra, tornò in Egitto e rappresentò la nazionale alle Olimpiadi del 1920 e 1924. Morì nel 1958 e ha una strada a lui dedicata al Cairo.
Un altro pioniere egiziano fu Tewfik Abdallah, che nel 1920 si unì al Derby County. Giocò 15 partite e segnò un solo gol prima di essere ceduto in prestito in Scozia e poi nel Galles. Nel 1924 si trasferì negli Stati Uniti, giocando in diverse squadre prima di tornare in Egitto, dove allenò lo Zamalek e la nazionale.
Invasione britannica. A fine mercato avevo fatto una rapida analisi evidenziando che in Serie A, dal '19 è triplicato il valore degli acquisti in Premier League. In un recente numero della sua newsletter, Michele Tossani completa quella mia rilevazione andando dentro i fattori tecnici e sottolineando come il numero di calciatori britannici in Serie A ha raggiunto il record storico di 14, con un aumento significativo rispetto all'anno precedente. Giocatori come McTominay, Adams, Ferguson e Dele Alli dimostrano come, nonostante la Brexit, il calcio italiano stia diventando un'opzione sempre più attraente per gli inglesi. La crescita di questo fenomeno è legata alla maggiore omogeneizzazione tra il gioco italiano e quello inglese, che ha facilitato l'adattamento di molti di questi calciatori, ora protagonisti in squadre come Milan, Juventus e Torino.
MLS 30. Nei giorni scorsi è iniziata la 30esima edizione della MLS, quella che di fatto aprirà la strada al Mondiale negli USA (e in Canada, e in Messico). Il Guardian ha raccontato come la lega americana si trovi di fronte a «un bivio filosofico»: tutto ciò che le ha permesso di crescere finora, potrebbe rappresentare un limite per un'ulteriore espansione. Dentro e fuori gli Stati Uniti.
Outro.
Elogio della difesa.
Il dibattito sulla tattica calcistica vive di ondate. Se gli ultimi anni sono stati dominati dai concetti guardioliani (ma non solo, ovviamente) di controllo e possesso, quest’anno diversi analisti calcistici hanno evidenziato i pregi di una tattica difensiva accorta.
Nelle scorse settimane avevo ripreso queste riflessioni a proposito della straordinaria stagione del Nottingham Forest.
Negli ultimi giorni invece NTT20, pagina Substack che solitamente si occupa di EFL (la lega inglese che racchiude Championship, League One e Two) analizza i rischi legati al concetto di "controllo" nel calcio, sottolineando come squadre come Burnley e Birmingham, pur dominando il possesso, possano soffrire in termini di attacco.
Il Burnley, ad esempio, ha un'ottima difesa ma pochi gol segnati, rischiando di non essere abbastanza competitiva in Premier League.
Anche il Birmingham, pur controllando il gioco con un 65,8% di possesso, fatica a capitalizzare questo vantaggio in termini di opportunità offensive. La sfida per entrambe le squadre è trovare un equilibrio tra controllo e ambizione offensiva.
E in fondo si tratta di una sfida che nessuno può ignorare. Con buona pace dei belgiochisti.
Anche per oggi è tutto. A presto!
Giovanni