Pesi e contrappesi nella corsa scudetto [IVC #30]
Il Napoli nel prossimo mese gioca la metà delle partite che invece toccheranno all'Inter. Ecco perché il peso della corsa scudetto è soprattutto sulle spalle dei nerazzurri.
Statistiche Opta prese da SportMediaset.
Domenica sera, zitto zitto, Romelo Lukaku ha segnato il suo gol numero 400 in carriera tra club (solo prima squadra) e nazionale.
Ho sempre trovato incredibile la quantità di critiche riversate su questo calciatore che, in fondo, ha solo un difetto: magari non farà le scale palleggiando, ma ha il terribile pregio di giocare a calcio, fare reparto spesso da solo e segnare. Tanto.
L’ago della bilancia nella lotta scudetto è lui. E lo confermo rispetto a quanto dicevo in “L’importanza dei bomber”.
Il Napoli ha un difetto rispetto all’Inter e sono i 20 gol in meno. Dei 47 totali Lukaku ha contribuito a 19 (11 + 8 assist). Se consideriamo che 8 di questi sono persi (i 5+3 di Kvara) capiamo che oggi il belga vale da solo il 48,7% del potenziale offensivo del Napoli in termini concreti. Grosso modo quello che in due fanno Lautaro e Thuram (46,2%).
L’altra considerazione è che il Napoli da qui alla fine ha 8 partite da giocare. In aprile invece l’Inter ha il doppio dei suoi impegni dovendone giocare altrettante considerato il derby di Coppa Italia contro il Milan e la sfida Champions contro il Bayer.
Il tutto a fronte di un calendario che prevede tre avversarie identiche (Bologna, Torino e Cagliari) con Empoli e Monza per il Napoli sostituite da Roma e Lazio (entrambe a San Siro) per l’Inter.
Queste sono le condizioni di partenza.
Gli scudetti, naturalmente, non si vincono da soli. E quindi mi permetto di indicare qui i due giocatori che considero decisivi dall’una e dall’altra parte.
Sponda Napoli prendo Matteo Politano. Anche per mancanza di alternative. Ma l’ex Inter sta rispondendo alla grande: con 28 gol e 22 assist, ha raggiunto quota 50 partecipazioni a reti in Serie A con la maglia del Napoli, dimostrando la sua importanza offensiva e il suo impatto decisivo sulla squadra.
Per l’Inter invece Federico Di Marco. Di cui secondo me si capisce bene il valore dicendo che con 9 reti e 12 assist è uno dei tre esterni che ha partecipato a più di 20 gol nelle ultime due stagioni nei cinque maggiori campionati europei insieme a Álex Grimaldo (30) e a Jeremie Frimpong (25).
Quello dell’Inter è un +3 che ad oggi potrebbe valere come un -1.
Non è un pronostico, il mio, anche considerando che condivido Pep Guardiola quando dice che spesso ad un certo punto della stagione psicologicamente giocare è meglio che allenarsi, perché aiuta a tenere il ritmo e la concentrazione.
Ma non vi è dubbio sul fatto che se marzo è stato il mese in cui gli scontri diretti facevano pesare le responsabilità soprattutto sul Napoli, che ne esce con un 6 stiracchiato, ora tocca all’Inter mostrare di poter meritare la vittoria finale di corto muso.
Note a margine
Yildiz. Quando si parla del giovane turco di scuola tedesca si tende a dimenticare che si parla di un non ancora 20enne. A livello internazionale, Yildiz (nato il 4 maggio 2005) si colloca tra i migliori giovani marcatori nei cinque maggiori campionati europei in corso. Solo Lamine Yamal (classe 2007) e Assane Diao (classe 2005) hanno segnato più reti di lui prima di raggiungere i 20 anni.
La sua versatilità gli consente di agire sia da trequartista che da esterno offensivo, combinando velocità, dribbling e visione di gioco con una maturità tattica sorprendente per la sua età, che è di 19 anni, non si può pretendere che sia quella di un 29enne. Aggiungo un mio pensiero ed è che Kenan deve trovare un tecnico che lo stimoli a fare la giocata, ad essere sfrontato, non a cercare il passaggino scolastico (che peraltro lui sa fare senza problemi). E forse in questo senso la filosofia di quest’anno non lo ha aiutato.
La sindrome di Ozil. Se vi piacciono le analisi approfondite sui singoli giocatori trovate su questo Substack di analisi legate all’Arsenal un ampio e approfondito studio su un giocatore di cui si è dibattuto molto in questi ultimi anni, Martin Ødegaard, capitano dell'Arsenal, diventato il bersaglio delle critiche dei tifosi, nonostante le sue prestazioni siano simili a quelle della scorsa stagione. Un qualcosa che personalmente mi ricorda quello che veniva riservato ad un altro fantasista dei gunners, il turco Mesut Ozil. Le aspettative elevate su di lui e sulla squadra lo rendono il capro espiatorio della delusione generale. Le critiche principali riguardano la sua dipendenza dal piede sinistro (88% delle giocate), che lo rende prevedibile e rallenta le transizioni, e la sua scarsa efficacia nei contropiedi, spesso preferendo il controllo al rischio. Nel terzo finale, Ødegaard è accusato di essere meno incisivo, ma le statistiche lo posizionano ancora tra i migliori centrocampisti per passaggi chiave e contributo creativo. Anche il suo stile di gioco, definito troppo conservativo o eccessivamente estetico, è contestato, ma è difficile dimostrarlo con dati concreti.
I piedi dei portieri. Negli ultimi due decenni, il ruolo del portiere è cambiato includendo una certa importanza nell’uso dei piedi. Un esempio concreto - ben analizzato da Opta - di questa evoluzione si osserva confrontando le performance di Nicky Weaver, portiere del Manchester City nel 2006-07, con una percentuale di passaggi riusciti del 44,24%, e Robert Sánchez nella stagione 2024-25, con una percentuale del 69,44%. Questo confronto evidenzia un significativo miglioramento nella precisione dei passaggi tra i portieri nel corso degli anni. Oggi il portiere è il primo punto di costruzione dell'attacco, riflettendo una tendenza più ampia nel calcio contemporaneo verso un gioco basato sul possesso e sulla costruzione dal basso. È uno studio (che vi invito a leggere attentamente) che mi ha ricordato un altro studio su quanto questo tipo di approcio sia poi efficiente in quello che il calcio chiede, che alla fine è sempre fare gol. Ed a tal proposito ve ne ricordo un altro, di cui ho già parlato qui, ripreso mesi fa da Calcio Datato, che dice sostanzialmente che uno degli aspetti controintuitivi del calcio, “smascherato” dall’analisi dati, è il fatto che buttare la palla fuori in una zona vicina alla porta avversaria (meno di 20 metri) può dare un vantaggio visto che spesso porta ad un gol entro i 10 passaggi successivi. Palla lunga e pedalare insomma, al di là delle mode (di cui ho già parlato qui).
Outro.
Predoni assaltatori
C’è una interessante valutazione in uno degli ultimi articoli di Tactics Journal ed è legata al fatto che secondo l’autore l'aggiunta più potente a un attacco è quella di un "marauding", ovvero un “predone assaltatore”, un giocatore - dalle caratteristiche di base prevalentemente difensive, che avanza in zone inaspettate, prendendo d'assalto l'area di rigore.
In un contesto in cui ogni giocatore è marcato a uomo, il vero vantaggio numerico è un difensore centrale che non ha paura di spingersi in avanti e viene incoraggiato a farlo. Con la giusta coordinazione, non deve essere limitato alla linea difensiva, diventando un'arma imprevedibile.
Il candidato ideale per questo ruolo è Declan Rice: solido difensivamente, eccellente nei duelli e capace di coprire il campo con velocità e fisicità.
La sua altezza e rapidità creano un mismatch contro i terzini avversari, mentre le sue doti nel tiro e nei movimenti tra le linee lo rendono pericoloso nei cross e negli inserimenti.
Quando questo tipo di giocatore, solitamente impiegato prevalentemente a guardia della ripartenza avversaria, si permette invece di avanzare, costringe un avversario a seguirlo, liberando spazio per i compagni o rimanendo smarcato. Se un attaccante avversario prova a seguirlo, si crea un vantaggio numerico immediato perché raramente lo farà con intensità difensiva.
Utilizzato con moderazione per mantenere l'effetto sorpresa, un difendente aggiunto alla fase offensiva, veloce, coordinato e bravo nel dribbling può diventare un’arma devastante, difficile da contrastare, destabilizzando il pressing alto degli avversari.
Anche per oggi è tutto. A presto!
Giovanni