[114] Ritorno al passato: i media investono nelle leghe sportive
Investimenti esteri in Arabia Saudita - La terza parte di Conceicao - Gli investimenti nello sport tech - I Friedkin si riorganizzano - La guerra del volley - Frena l'atletica - Modello Netflix.
Prologo
Ci sono innovazioni che sanno tanto di storia. Quando Silvio Berlusconi iniziò ad assaggiare il mondo del calcio lo fece portando in tv il Mundialito (primi anni ‘80). A quei tempi lui era soprattutto un imprenditore edilizio che aveva puntato molto sull’emergente mondo delle tv private, come ho raccontato nella Storia economica del Milan di Berlusconi (su Youtube).
Negli ultimi anni - come recentemente analizzato da SportsPro - i broadcaster hanno iniziato a investire direttamente nelle leghe sportive, una tendenza che segna un’evoluzione significativa nel rapporto tra media e sport.
Ma già in passato i media avevano intuito il potenziale dello sport per attrarre pubblico e inserzionisti: è il caso de L’Auto, che all’inizio del Novecento creò il Tour de France per vendere più copie del giornale, o della Gazzetta dello Sport, che lanciò il Giro d’Italia. Negli anni ’90 ESPN inventò gli X Games per conquistare un pubblico giovane e riempire un vuoto di mercato. Oggi, però, i broadcaster non si limitano più a trasmettere gli eventi: entrano direttamente nel capitale delle leghe. Negli Stati Uniti, ESPN ha acquisito una quota della Premier Lacrosse League nell’ambito di un accordo sui diritti televisivi, mentre Fox possiede metà della United Football League dopo aver fuso USFL e XFL. TNT Sports, invece, è entrata nella nuova lega di basket femminile Unrivaled.
Queste operazioni rispondono a una logica precisa: i costi dei diritti sportivi tradizionali sono sempre più alti, mentre c’è bisogno di contenuti esclusivi e di qualità per alimentare le piattaforme digitali e streaming. Investire direttamente nelle leghe consente ai broadcaster di contenere i rischi, partecipare alla crescita di valore della proprietà sportiva e garantirsi contenuti strategici a lungo termine.
Per le leghe i vantaggi sono evidenti: avere tra gli azionisti un grande gruppo televisivo dà visibilità, legittimità e risorse promozionali, oltre a garantire un impegno a lungo termine nella copertura degli eventi. Certo, esistono anche rischi e conflitti di interesse: quando chi trasmette è anche proprietario, potrebbe esserci meno imparzialità nei commenti o nelle decisioni sui diritti. Tuttavia, in un mercato sempre più competitivo e frammentato, questa convergenza tra sport e media appare destinata a continuare e a ridefinire il famoso “triangolo d’oro” tra sport, media e sponsor.
Questa settimana. Su Fubolitix ho parlato di:
La distribuzione del talento nel calcio moderno Siamo passati da sistemi coerenti e stratificati in cui i migliori tendevano ad aggregarsi ad una individualizzazione delle scelte che prescindono dal quadro tecnico di destinazione
Per cosa tifiamo, veramente? Il Napoli ha 4 scudetti o soltanto 2? Il Torino attuale è erede di quello di Superga? E il Lanerossi Vicenza esiste ancora o la matricola del Bassano ne ha annullato l'eredità? Ditemelo nei commenti.
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Uomo morde cane. Ora l’Arabia Saudita vuole attrarre investimenti. Durante il Budget Forum 2025, il principe Abdulaziz bin Turki Al‑Faisal ha annunciato l’apertura agli investimenti stranieri nel calcio saudita: circa 25 aziende stanno valutando l’acquisizione di sei club della Saudi Pro League, parte di un piano più ampio di privatizzazione. Il governo, tramite il Public Investment Fund, resterà azionista delle quattro principali squadre, con l’obiettivo di raccogliere fino a 133 milioni di dollari. Con il calcio trasmesso in oltre 160 Paesi, i ricavi sono cresciuti del 33%, sostenuti dalla semplificazione delle procedure di accesso e dalla creazione di piattaforme per club e accademie. Questo rientra nella Vision 2030 di diversificazione economica del Paese. Ne ha parlato tra gli altri anche The Athletic. A mio modo di vedere si tratta - tra le altre cose - di una reazione al trend che analizzavo mesi fa in “L’ondata saudita nello sport sta già finendo?”. E che secondo me riletto alla luce degli ultimi fatti assume nuovi contorni.
Conceiçao. Mi ha stupito nei giorni scorsi la notizia della rinuncia di Conceiçao alla proprietà del 20% del proprio cartellino. Ho fatto quindi una ricerca per chiarirmi il quadro in quanto la FIFA ha vietato da diversi anni il "Third-Party Ownership" (TPO), ossia la possibilità che terze parti (persone fisiche o giuridiche estranee ai club o al giocatore stesso, come fondi d'investimento, agenti o società) possano detenere quote dei diritti economici dei calciatori e quindi ricevere una percentuale su un eventuale trasferimento futuro. Tuttavia, se il proprietario è il giocatore stesso, questi non è considerato una terza parte ai sensi delle attuali norme FIFA. Nel giugno 2019, la FIFA ha modificato la definizione di "third party", escludendo esplicitamente il giocatore trasferito dal novero delle terze parti. Questo significa che oggi il calciatore può essere proprietario, in tutto o in parte, dei propri diritti economici e può detenere una percentuale sul proprio futuro trasferimento. Tuttavia, solo il giocatore come persona fisica può detenere tali diritti: se venissero assegnati a una società controllata dal giocatore stesso, questa diverrebbe nuovamente una terza parte vietata dal regolamento. Nulla di strano, quindi.
Sport Tech. Nei primi sei mesi del 2025 ci sono state oltre 503 operazioni finanziarie legate alla sport tech, secondo Drake Star Partners. Si sono conclusi 233 accordi di fusione e acquisizione per 32,2 miliardi di dollari, il più grande dei quali è stato l’acquisto di Eōs Fitness da parte di TSG per 1,5 miliardi. Sono stati raccolti 6,6 miliardi in 239 round di finanziamento, soprattutto in fase iniziale, con il più rilevante da 3 miliardi per Napster. Il settore più attivo è stato quello del fan engagement. Molta attività si è vista anche in sport giovanile, IA, analytics e media, e si prevede ulteriore crescita e IPO nella seconda metà dell’anno.
I Friedkin. The Friedkin Group - proprietario tra le altre cose dell’AS Roma - ha creato Pursuit Sports, una nuova società dedicata alla gestione delle sue proprietà sportive, tra cui Everton (Premier League), AS Roma (Serie A) e AS Cannes (quarta divisione francese). Dave Beeston, ex Clearlake Capital e Fenway Sports Group, è stato nominato CEO e risponderà a Dan Friedkin, presidente. Beeston ha dichiarato che ogni club manterrà autonomia decisionale e non ci sarà una gerarchia tra squadre. L’obiettivo è ispirarsi a FSG, puntando su investimenti di lungo termine e sponsorizzazioni. Friedkin ha definito Pursuit Sports uno strumento per rafforzare e valorizzare organizzazioni sportive di livello mondiale.
Frena l’atletica. La nuova ondata di investimenti nel mondo dell’atletica leggera - racconta Front Office Sports - ha incontrato ostacoli significativi nel 2025. La lega Grand Slam Track, che si era presentata con montepremi record—12,6 milioni $ solo in premi gara—ha accumulato ritardi nei pagamenti: circa 13 milioni di dollari non sono ancora stati corrisposti tra premi e ingaggi agli atleti. I ritardi, sebbene non inauditi nel settore, mettono pressione sulla credibilità della lega, mentre rivali come Athlos stanno pagando gli atleti in tempi molto più rapidi—entro pochi giorni. I fondatori, tra cui Michael Johnson, non si aspettavano un ritorno economico già quest’anno e preannunciano possibili aggiustamenti strutturali per il secondo anno.
La guerra del volley. Negli ultimi anni il volley femminile ha registrato una crescita esplosiva negli Stati Uniti: è il secondo sport più popolare nelle scuole superiori, con un aumento dei tesseramenti a USA Volleyball (la Federazione statunitense) del 9,6% annuo, e la partecipazione femminile è cresciuta del 15% dal 2022 (mentre quella maschile del 40% dal 2017). Inoltre, eventi come la partita del Nebraska all’Università (92 003 spettatori) dimostrano un interesse di massa per il volley. Finora, negli Stati Uniti non è esistita una vera lega professionistica autonoma: le migliori giocatrici hanno dovuto trasferirsi all’estero. Ora però il panorama sta cambiando: stanno emergendo quattro leghe professionistiche che stanno raccogliendo centinaia di milioni di dollari di investimenti, con atlete di alto livello e partecipazione di fondi istituzionali. Queste nuove competizioni rappresentano non solo la svolta attesa per il volley, ma anche un modello per altri sport emergenti che puntano a replicare il successo.
Modello Netflix. Netflix ha chiuso un altro trimestre in crescita, con ricavi di 11,08 miliardi di dollari (+16%) e un utile netto di 3,13 miliardi (+46%), superando le aspettative e alzando la previsione annuale. Nonostante la quota di visione negli USA resti stabile all’8,3%, la piattaforma è considerata un rifugio sicuro dagli investitori, con il titolo quasi raddoppiato in un anno. Sul fronte sportivo, Netflix punta su eventi live selezionati e redditizi: nel 2025 trasmetterà due partite NFL natalizie molto attese e un match di boxe tra Álvarez e Crawford, mantenendo una strategia misurata e sostenibile rispetto ai concorrenti. Sul modello di business nello sport perseguito dalla piattaforma ho scritto “Netflix rivoluzionerà anche lo sport in tv”.
Epilogo
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Questa settimana Roger Mitchell ci ha regalato una delle sue più illuminanti newsletter, che vi invito a leggere qui (in inglese) ma di cui mi porto a casa due concetti:
possiamo raccontarcela fin che vogliamo ma la musica dopo Napster ha visto non solo modificare ma anche ridimensionare il business. Ed oggi sono gli eventi a trainare il settore.
Nel calcio - secondo Mitchell - succederà lo stesso, ed è per questo che lui parla di ritorno al matchday. In qualche modo quel che dicevo in “Stadi brutti ma pieni”, sottolineando in sostanza il paradosso di questi anni: il calcio in tv è in crisi, quello visto allo stadio non godeva di tanta salute da almeno 30 anni.