Sponsorizzare il proprio club è reato?
Il Manchester City ha fatto causa alla Premier League contro la norma sulle parti correlate, mentre in Italia Juve e Inter scoprono che senza i loro padroni gli introiti valgono molto meno.
Berlino, 6 giugno 2024
Capita nella vita che il tuo club vada in mano all’uomo più ricco del mondo, e dal giorno dopo i tifosi dello United quando fanno la benzina finanziano il tuo calciomercato
(Noel Gallagher)
In Premier League nello scorso mese di febbraio è stata approvata una norma che vieta accordi di sponsorizzazione con parti correlate.
Il Manchester City ha presentato reclamo formale lo scorso 16 febbraio accusando il nuovo impianto di essere discriminatorio.
Il 10 giugno prossimo inizierà il dibattimento che dovrebbe durare un paio di settimane.
In ottobre invece dovrà rispondere di 115 capi d’accusa per violazione del fair play finanziario inglese, dopo aver vinto nel luglio 2020 la causa al TAS contro l’UEFA.
Le prossime settimane potrebbero quindi portare a un cambiamento radicale nell’universo Premier League.
Le ragioni del fronte del no sono legate alla possibilità che sia messa a serio rischio la concorrenza interna della Premier League.
Infatti, club come il Manchester City o il Newcastle, sono controllate da fondi governativi che possono contare su risorse economiche pressoché illimitate grazie alle politiche dei rispettivi Paesi di origine: Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita.
I club che hanno votato a favore di questa norma, temono che questa causa senza precedenti di un club contro il proprio stesso campionato possa poi avere un peso sull’altro processo, quello appunto sulle 115 violazioni del Fair Play Finanziario che la Premier League sta portando avanti proprio contro il Manchester City.
Fra queste, infatti, c’è anche la possibilità che i Citizens abbiano beneficiato di ricavi da sponsorizzazioni gonfiati grazie all’intervento diretto della proprietà del club che avrebbe sfruttato aziende emiratine per nascondere finanziamenti diretti e aggirare così le norme del FPF della Premier.
Ma perché questa vicenda dovrebbe interessare anche la Serie A e l’Uefa, o meglio, i tifosi di tutta Europa?
Sappiamo che nelle norme sul Fair play finanziario l’Uefa ha stabilito un tetto: nessun club può ricevere più del 30% dei suoi ricavi totali da sponsor correlati alla proprietà del club stesso.
La discriminazione è evidente. Come del resto lo è in tutti i parametri del FFP che equalizzando sulle percentuali in relazione al fatturato contribuiscono a perpetuare le differenze.
Se fatturo 1 miliardo posso arrivare a 300 milioni, ma se compro un club che in potenza, magari per bacino d’utenza, può arrivare a quel livello tra 10 anni ho le mani legate perché se parto da 100 posso mettere solo 30.
Prendiamo i due maggiori club italiani.
La Juventus dopo aver incassato per anni la sponsorizzazione correlata da Jeep (45 milioni di euro all’anno), parte correlata al gruppo Exor, in questo momento non ha uno sponsor per la maglia 2024/25, infatti le prime immagini del nuovo kit sono uscite senza alcun brand.
Peraltro ricordo che uno dei cardini del cristianoronaldismo imperante negli anni scorsi (ne ho parlato in un video) era che gli effetti sarebbero stati costanti nel tempo perché dopo CR7 la Juve sarebbe rimasta in una determinata fascia di valore.
L’Inter negli ultimi anni ha dovuto svalutare circa un centinaio di milioni da sponsor cinesi e recentemente ha detto addio ai 16 milioni di sponsorizzazione Suning per la Pinetina sostituendolo con Bper la cui offerta non arriva neanche al 20% del precedente valore a bilancio.
E anche qui si può discutere: ha senso uno sponsor correlato che paga 16 ad un club che prende tra 18 e 20 dallo sponsor di maglia? La cosa non accade da nessuna parte. Nessuna anomalia?
Siamo in presenza di accordi “gonfiati”?
Prima ancora dovremmo chiederci: cos’é il valore di mercato? E come viene parametrato?
Risposte non ne sono mai state date.
L’Uefa come detto non è mai entrata troppo nei parametri, dopo aver stabilito il 30%, ma l’impianto non tiene.
Quali sono i parametri? Il campionato nazionale in cui gioco? Il fatto che gioco in Europa? Le mie ambizioni? Il bacino d’utenza? Il blasone del club?
Se vado in Premier e sono un piccolo club con un proprietario ricchissimo, ad esempio, perché devo essere costretto ad avere uno sponsor di maglia che vale 100 volte meno quello del Manchester United?
Facciamo un altro esempio con la speranza di tener lontane le pulsioni tifose.
Il Sassuolo negli ultimi 10 anni ha incassato da Mapei per la sponsorizzazione di maglia un totale di 234,7 milioni di euro. Praticamente 23 milioni all’anno. Quando andò in Europa (come dicevo prima) venne considerato in linea e nulla venne contestato.
Grazie alla proprietà il club ha incassato più di Roma e Napoli nell’ultimo anno, e di fatto anche più di Milan e Inter nell’ultimo decennio.
A superarlo recentemente solo la Fiorentina, da quando Rocco Commisso è diventato presidente e la sua Mediacom paga 25 milioni di euro l’anno per apparire sulla maglia (più di quanto l’Inter prende da Qatar Airways per esempio).
Si può sollevare qualche dubbio, qui, o lo si può fare solo perché il Manchester City vince, e tanto?
Possono aver voce in capitolo i piccoli club a cui il Sassuolo ha spostato la competizione proprio come il City lo ha fatto per i grandi?
Il dubbio che si stia solo tutelando lo status di qualcuno è evidente.
Come si fa a stabilire il valore di uno sponsor, quando in Serie A 3 dei primi 5 sono palesemente influenzati dal fatto che sono legati ad aziende correlate alla proprietà?
Torno a un mio vecchio cavallo di battaglia.
Continuare a voler sindacare i liberi rapporti economici tra aziende e società di calcio porterà solo a risultati pessimi: ad una continua delegittimazione sportiva di chi scende in campo e peggio ancora, alla delegittimazione di chi vince.
Si sta continuando a guardare il lato sbagliato della medaglia.
Si controllano i ricavi quando dovrebbero essere i costi, anche attraverso un adeguato salary cap, ad essere monitorati.
Che senso ha uno sport in cui uno può spendere 1 miliardo e uno deve farcela con 10 milioni?
Per l’ennesima volta: siamo condannati all’eterna favola bolsa di Davide e Golia?
A prescindere dal fatto che il Manchester City abbia violato o meno le regole della Premier league, in questi anni il club inglese ci ha dimostrato alcune cose:
che per colmare il gap finanziario con gli altri club servono tantissimi (troppi) soldi
se il City ha violato le regole si dimostra che i metodi concessi per colmare il gap non bastano, è la conferma di un FFP a difesa dello status
che le regole finanziarie sui club di calcio partite dall’Uefa e assimilate dalle federazioni nazionali ci stanno conducendo in un vicolo cieco, infatti le violazioni contestate aumentano anziché diminuire
Sono sempre stato convinto (lo dicono i numeri) che il fair play finanziario abbia avuto incontestabili risultati nel breve periodo, ma rimango altrettanto convinto che la cristallizzazione dei valori che ne è derivata a questo punto sia deleteria.
Il calcio europeo deve ripartire da una riorganizzazione professionistica che riprenda il più possibile i cardini dello sport americano, a partire dai parametri fondamentali:
ridotta mobilità tra categorie
tetto salariale
rose bloccate
collettivizzazione delle voci più importanti di sponsorizzazione (tecnici e maglia) e diritti tv
Il calcio europeo sarà sempre più materia legale, per tribunali e commercialisti e sempre meno accettata dai tifosi.
Ai posteri l’ardua sentenza.
Note a margine
L'AIA trova un'intesa sulla proposta elettorale (ne scrive oggi Storiesport): no al suffragio universale per eleggere il presidente, ma sì a mille delegati. Una mossa per mantenere autonomia e unità, sfidando il diktat federale di Gravina-Viglione. Pacifici e Rocchi uniti alla "Notte della C", mentre cresce l'ipotesi di Orsato come candidato presidente. Le elezioni si avvicinano, con la base elettorale allargata che promette di rappresentare meglio le diverse anime dell'AIA.
Una delle questioni di cui si è parlato inseguito al pignoramento dell’Inter riguardava il bond a scadenza 2027. Ieri Standard & Poor’s, in una nota ha confermato rating B con outlook stabile. Quindi il subentro di Oaktree non avrà effetti da un punto di vista creditizio per il bond da 415 milioni che scadrà nel 2027.
Outro.
OnlyFootballFans
A quanto pare in Inghilterra sta crescendo il fenomeno delle star di OnlyFans legate al calcio, con molte squadre che hanno "ambasciatrici - tifose" (naturalmente non ufficiali) che creano contenuti erotici e provocatori legati ai loro club.
Astrid Wett (tifosa del Chelsea) ed Elle Brooke (tifosa del Manchester City) sono due delle più famose creatrici di contenuti su OnlyFans, note per la loro passione per il calcio e per i loro contenuti espliciti.
Il fenomeno è iniziato intorno al 2019, quando Elle Brooke ha iniziato a postare video in maglia del Manchester City, attirando l'attenzione su Football Twitter.
Il fenomeno è ppoi cresciuto fino a includere rappresentanti per molti club, anche di divisioni inferiori come il Wrexham FC.
Alex Le Tissier (si, parente del mitico Matthew), un'altra creatrice di contenuti legata al Southampton (ovviamente), ha raccontato delle difficoltà affrontate, tra cui l'odio online e le aggressioni verbali nella vita reale.
Le tifose di OnlyFans sono spesso accusate di non essere vere tifose (chi l’avrebbe mai detto!!!), con molti utenti di X che reagiscono in maniera scomposta fino ad arrivare addirittura a insulti, minacce di morte e persino aggressioni sessuali fuori dagli stadi (in Italia basta molto meno, come forse ricordate).
Il successo è arrivato soprattutto con contenuti provocatori, come video suggestivi e insulti a rivali, alimentando un circolo vizioso di provocazioni e reazioni estreme.
Come noto del resto le piattaforme di social media, in particolare X, amplificano i contenuti provocatori grazie agli algoritmi che premiano l'engagement negativo.
È il mondo in cui viviamo…
Per oggi è tutto.
A presto!
Giovanni
Gentilissimo, tempo fa avevo letto che le 20 squadre della Premier avrebbero dovuto votare su una proposta del Wolverhampton tesa ad abolire il VAR, giudicato in modo argomentato contrario allo spirito del football. È vero? E se sì, come è finita? Grazie, e complimenti davvero per i tuoi illuminanti contributi.
Franco Audisio