I direttori sportivi contano più degli allenatori
Per questo in Inghilterra non esiste più il manager all'inglese: la capacità di assemblare un gruppo di lavoro è prioritaria. Chi come il Manchester United non lo capisce finisce per fare enormi danni
Berlino, 31 ottobre 2024
L'impegno individuale in uno sforzo di gruppo: è quello che fa funzionare un team, un'azienda, una società, una civiltà." (Vince Lombardi)
Anni fa un direttore sportivo contattato per andare al Manchester United mi anticipò che si, l’incontro c’era stato, ma non avrebbe portato ad alcun accordo:
Lo United non capisce il ruolo del direttore sportivo e di questo passo continueranno a buttare soldi.
Dalla famiglia Glazers a Jim Ratcliffe il problema non è cambiato e ne ho la plastica impressione anche in queste ore in cui il club è vicino a Ruben Amorim dello Sporting Lisbona dopo l’esonero di Ten Hag.
In poche settimane lo Sporting Lisbona, capolista in Portogallo, si potrebbe veder tolto sia il direttore sportivo (Hugo Viana, andato al Manchester City) che Amorim, allo United.
La mossa di Ratcliffe sembra la classica contromossa aggressiva per fermare quella che sembrerebbe una strategia delineata dal ManCity: Amorim in estate dopo Viana per dare il via al dopo Guardiola.
Ma perché il City riparte da un diesse e lo United da un tecnico?
Non basta aver tagliato il contratto da ambasciatore a Sir Alex Ferguson per svoltare. Quello che al Manchester United proprio non riescono a capire è il ruolo stesso del diesse. E il passaggio oltre Alex Ferguson non è mai di fatto avvenuto: il grande vecchio sommava ruoli (quello di direttore sportivo e allenatore) che di volta in volta delegava a suo piacimento. Ma era unico. I successori non lo hanno mai capito.
I 26 anni di Ferguson (e successivamente i 21 di Arsene Wenger all’Arsenal) hanno sempre fatto parlare di “manager all’inglese” proprio in anni in cui invece tutti gli altri club - non potendo avere un Ferguson - vedevano crescere le figure dei direttori sportivi.
Già due anni fa in questo video parlavo della fine del manager all’inglese. E a inizio 2023 con un post su X salutavo l’arrivo di Mark Noble al West Ham che di fatto portava tutti i club di Premier League per la prima volta ad avere un diesse.
Poche settimane prima il Manchester United aveva nominato Director of Football John Mourtough. Oggi il ruolo è ricoperto da Dan Ashworth. Ma è del tutto evidente che il club manca di una strategia, che quel ruolo è vuoto e i destinatari non toccano palla sulle decisioni chiave (anche perché sono muti, non comunicano, non dettano la linea, e in definitiva non pagano mai le conseguenze dei disastri perché di fatto non ne sono responsabili come dovrebbe).
Un interessante paper universitario anni fa delineava la figura del direttore sportivo nel calcio inglese, confermandone l’ascesa e l’irrinunciabilità.
Conta poco, sostenevano gli autori, che lo si chiami sport director, technical director o director of football. Il cuore della questione è la capacità di un club di delegare a questa figura alcune questioni fondamentali:
Gestione del calciomercato: identificazione e acquisizione di nuovi talenti e gestione delle cessioni.
Supervisione tecnica e scouting: monitoraggio di giocatori e scouting di talenti emergenti.
Pianificazione a lungo termine: sviluppo di strategie per la crescita sportiva in base al peso finanziario del club.
Rapporti con allenatore e staff: coordinazione tra le esigenze tecniche e la dirigenza.
Gestione del settore giovanile a diversi livelli: per alcuni la giovanile è una attività parallela ma non subordinata al ruolo del diesse, per altri è una sua funzione anche se delegata ad uno specifico diesse dell’Academy.
Questo ruolo, invece, al Manchester United sembra sempre nettamente bypassato dalle figure apicali (prima Ed Woodward ora lo stesso Jim Ratcliffe) che si interfacciano direttamente con l’allenatore (il caso di Erik Ten Hag è emblematico) e finiscono per operare sul mercato in maniera quasi anarchica.
E il problema si sta allo stesso tempo verificando al Chelsea, dove già Antonio Conte lamentava l’assenza di un diesse dopo il licenziamento di Michael Emenalo, mentre l’Arsenal lo ha superato quando Edu Cesar è riuscito ad accentrare le funzioni, e il Tottenham si è invece giovato della figura di Fabio Paratici, che ha fatto vedere le migliori cose quando coadiuvato da un direttore generale (Beppe Marotta) che ora ha invece il volto del plenipotenziario Daniel Levy (che lo ha tenuto nonostante la squalifica).
Lo stesso Liverpool, per gestire il dopo Jurgen Klopp ha chiamato il diesse precedente Michael Edwards, che col tedesco aveva rotto ma aveva ancora molti estimatori in società (ed infatti l’inserimento di Arne Slot è stato di fatto indolore).
Il City infine pensa al futuro e prende Hugo Viana per sostituire Txiki Begiristain, ma lo fa soprattutto per portare nel club (mentre alla direzione sportiva del gruppo ha messo Riccardo Bigon) colui che deve ragionare su una strategia a 5-10 anni come a sua volta fece il predecessore.
Così si muovono i grandi club d’Inghilterra. E dobbiamo prendere nota e imparare, senza dimenticare che loro, in questo aspetto, hanno avuto la capacità di imparare a loro volta da noi: perché la figura del diesse è probabilmente la formula organizzativa più riuscita del nostro calcio.
Invece da noi di volta in volta si sente evocare, soprattutto dal giornalismo più pigro, la figura ormai estinta del manager all’inglese come salvatore della patria. In fondo a tanti italiani piace l’uomo forte, a prescindere.
Note a margine.
Intanto i sauditi… sono sempre più vicini a ospitare il Mondiale 2034, un evento che segna un ulteriore passo nella sua espansione nel calcio globale. Il background è inquietante, con i circa 6.751 decessi di lavoratori in Qatar tra il 2010 e il 2020 documentati dal Guardian e i 21.000 decessi riportati tra lavoratori migranti dal 2016 in Arabia Saudita. La candidatura solleva preoccupazioni per l’influenza politica e commerciale saudita nella regione, specialmente con il progetto della città futuristica di Neom che di fatto ha portato all’evacuazione della tribù Huwaitat ed hanno già portato alla denuncia di condizioni di sfruttamento in diversi cantieri sauditi e decessi.
FIFPRO loves UEFA. Dallo scontro con la FIFA a partner della UEFA: il sindacato calciatori internazionale FIFPRO ha siglato un accordo con la Federazione europea presieduta da Aleksander Ceferin. Al di là dei poteri consultori riconosciuti a FIFPRO la realtà è che UEFA ha fatto un ulteriore passo in chiave anti Superlega: FIFPRO Europe infatti sosterrà le funzioni della piramide calcistica e le peculiarità delle competizioni UEFA per club e nazionali.
Mondial Flop? A otto mesi dalla prima edizione il Mondiale per Club non ha ancora alcun accordo sui diritti tv ed ha siglato solo in questi giorni il primo sponsor. Difficile non capire che siamo arrivati al punto di saturazione.
Outro.
Le nozze coi fichi secchi.
Gianluca Nani può vendere case ma non comprare giocatori.
Lo diceva Carlo Mazzone del direttore sportivo, ai tempi “consulente di mercato” non avendo qualifica covercianina, del Brescia dei primi anni 2000 di Gino Corioni.
Ecco io penso invece che Gianluca Nani sia uno dei migliori direttori sportivi italiani. Certo, ai tempi del Brescia era alle prime armi e il tecnico romano a volte dava giudizi sommari, ma il tempo è galantuomo. O almeno così si dice.
Prima di Sandro Tonali le ultime grandi plusvalenze il mio Brescia le aveva fatte con lui, con Nani, in particolare quella di Marek Hamsik al Napoli. La sua partenza per l’Inghilterra fu l’inizio di un declino da cui il club non si è mai ripreso e che lo ha riportato indietro di 40 anni visto che al netto dei ripescaggi nell’ultimo decennio è retrocesso due volte in Serie C.
L’intervista di Michele Tossani per Ultimo Uomo a Gianluca Nani - che ora è Group Technical Director delle società di proprietà della famiglia Pozzo (Udinese, Watford) - è di quelle da gustarsi d’un fiato.
Anche per oggi è tutto. A presto!
Giovanni
Mi spiace che il mio primo commento sia negativo, perché fai un lavoro sempre piuttosto alto con la tua newsletter Giovanni. Ma devo essere sincero, la parte principale sullo United è poco sullo United e anche abbastanza retorico, non oso dire superficiale ma vabbè.
Dan Ashworth e Omar Barrada, che sono rispettivamente Direttore Sportivo e Ceo, hanno fatto adesso la prima vera scelta del loro corso, non a caso - se leggiamo chi lo United lo segue davvero (Laurie Whitwell, The Athletic) - ha detto chiaramente che Barrada ha spinto fortemente per avere Amorim.
Perché dico prima scelta? Perché entrambi hanno iniziato a lavorare effettivamente allo United dopo la decisione di tenere Ten Hag post Fa Cup (Ashworth a Luglio se non erro), per cui questi mesi sono effettivamente stati in mano a Ratcliffe e i suoi di Ineos.
Che - come dice Whitewell - ha deciso di sua sponte di provare a mantere Ten Hag in questa nuova struttura che definiscono come d’élite di concerto. Sul fatto che non comunichino è poi abbastanza falso, a inizio Settembre i due hanno rilasciato un’intervista prima dello scontro col Liverpool in cui davano fiducia a Ten Hag.
Giudicare lo United sempre nello stesso modo come se non cambiasse nulla penso sia un riduzionismo comunicativo che almeno noi che non siamo all’interno delle dinamiche dei Devils potremmo evitare.
Sicuramente il rebuilding sarà un multi year project, e non lo dico io, ma il fondatore di Statsbomb Ted Knutson.
Scusa se sono stato un po’ duro, ma mi sembra che quando si parla di United in Italia si faccia sempre molto superficialmente, sei capitato tu come target del mio sfogo.