[115] Il fumo svizzero sul calcio femminile italiano
Investimenti esteri nella Saudi PL - Il ricorso del Palace sulle multiproprietà - L'all star game della tecnologia - il futuro dello sport su Twitter - Netflix detta le sue regole sui diritti tv
Prologo
Non è tutto oro quel che luccica. Se da una parte è doveroso fare gli applausi alla nazionale femminile italiana che è arrivata in semifinale all’Europeo 2025, non si può al contempo tacere della situazione generale del movimento. Storiesport ad esempio in un pezzo di scenario sulla situazione del calcio italiano dice tra parentesi “sul movimento femminile ce ne sarebbe da dire, non farsi prendere dal fumo svizzero…”. Ma come sempre accade in questi casi la coltre di fumo rimane fitta e copre la realtà, infatti nessuno ha approfittato in questi giorni per un serio reality check sulla situazione.
E quindi a fronte del risultato, che si spera non sia episodico, sul campo, è bene provare a fare qualche considerazione, perché dopo l’introduzione del professionismo nel calcio femminile italiano, avvenuta il 1° luglio 2022, ci si aspettava una svolta epocale: nuovi diritti, miglioramenti salariali e un futuro più solido per le calciatrici. Nei fatti, però, a distanza di due anni dalla riforma tanto celebrata, emerge una realtà stagnante che smentisce ampiamente la narrazione trionfalistica proposta dai media. Il professionismo, infatti, è rimasto una conquista monca e prevalentemente simbolica. Ed a pagare l’aumento dei contributi sono state sostanzialmente le giocatrici, pur ammettendo che ora le azzurre ci hanno guadagnato sul piano tecnico, infatti Sara Gama finalmente fa quel che le viene meglio: la sindacalista.
Il nodo salariale resta irrisolto: lo stipendio minimo fissato dal contratto collettivo si è fermato a 26.000 euro lordi annui, una cifra distante dalla reale valorizzazione delle atlete e ben lontana dagli standard europei. Solo una ristretta élite di giocatrici può contare su compensi superiori, mentre la gran parte delle protagoniste del movimento resta in una condizione di instabilità e precarietà professionale. Le diseguaglianze sono ulteriormente acuite dalla scarsità di investimenti: poche società realmente impegnate si distinguono, spesso affiliate ai grandi club maschili, mentre molte altre faticano persino a garantire infrastrutture minime e sostegno quotidiano, soffocando di fatto la crescita del settore.
La regola del calcio femminile italiano rimane la stessa: molto rumore (in fondo si tratta di calcio) ma piedi di sabbia e nessun fondamento strutturale vero. La parola calcio richiama sempre una certa audience superiore agli altri sport, ma al contempo porta problemi, e per capirne i contorni basta vedere cosa sta accadendo fuori dall’Italia dove i club calcistici (Chelsea in primis) stanno vendendo i propri club femminili, lasciandoli che la finanziarizzazione li inglobi nel mastodontico e rischiosissimo giochino dei club maschili. Prima ancora che questi diventino sostenibili.
Il rischio insomma è che il calcio femminile - non solo in Italia - rimanga una branca del marketing del calcio tout court, assorbendone quindi le criticità.
Tutto questo avviene dietro la cortina fumogena dell’entusiasmo per i risultati della Nazionale femminile, capace di ben figurare recentemente all’Europeo in Svizzera. Questi exploit danno vita a una finestra di attenzione euforica che finisce però per essere effimera, anzi, diventa il pretesto dietro cui le istituzioni si nascondono per evitare un cambiamento vero e radicale. L’apparente progresso della selezione maggiore serve più a illudere che a innescare una reale trasformazione strutturale. L’interesse cala rapidamente appena si spengono i riflettori dei grandi tornei, e i problemi di fondo restano irrisolti.
A mancare è una vera strategia di sviluppo, fondata su investimenti duraturi in scuole, settore giovanile, formazione tecnica e dirigenziale. Senza un piano integrato, senza una diffusione capillare della pratica e condizioni di accesso realmente competitive, il calcio femminile italiano è destinato a restare indietro rispetto agli altri Paesi che invece hanno puntato su crescita, visibilità e pari opportunità. Il professionismo rischia così di essere solo una cornice vuota: una conquista formale che non incide sulle condizioni concrete di migliaia di atlete. Piuttosto che stimolare l’avvio di un’autentica riforma, il successo momentaneo della nazionale serve più che altro a distrarre dall’urgenza del cambiamento strutturale. È tempo di riconoscere le criticità, mettere da parte le autocelebrazioni e rilanciare con decisione, prima che l’intero sistema si areni definitivamente. Ma di questo nulla accadrà.
Questa settimana. Su Fubolitix ho parlato di:
La mappa del potere saudita nello sport Dove sono e su chi esercitano la loro influenza i soldi degli arabi - Nuovo accordo DAZN Warner Bros - Il Tas per la prima volta decide un campione nazionale - Regolatore britannico al via.
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E quindi questo mondiale… Il Mondiale per Club della FIFA è sempre più visto come un progetto narcisistico di Gianni Infantino, come ha scritto anche SportsPro, criticato per il sovraccarico dei calciatori, le condizioni climatiche estreme e l’insensibilità verso la salute degli atleti. Nonostante gli incassi milionari (decisamente inferiori alle cifre paventate anni fa quando il format fu ideato) e le relazioni politiche, molti continuano a considerare il torneo una forzatura. La FIFA, accusata di abuso di potere da Fifpro e dalle principali leghe, ignora le critiche e prosegue verso un’edizione 2029 ancora più grande, con 48 squadre. Un gigantismo stucchevole che pare l’unica strategia di chiunque faccia calcio su questo pianeta a livello federale.
Rivelazione. La questione Superlega ha generato discrepanze, differenze di opinioni e un certo livello di controversia. Io ho sempre cercato di svolgere un ruolo da ponte tra la Superlega e la UEFA. Ora ci troviamo in una situazione in cui la Superlega ha un canale di comunicazione con la UEFA. Aleksander Ceferin ha nominato alcune persone della UEFA per dialogare con i rappresentanti della Superlega, con Bernd Reichart, CEO della Superlega, e tutto il suo team, che include avvocati vicini ai club che ne fanno parte. Lo ha detto Johan Laporta, presidente del Barcellona.
Saudi open. Il gruppo USA Harburg ha acquistato l'Al Kholood. Si tratta del primo investimento straniero nella Saudi Premier League. Inizia così una nuova era per il calcio saudita dopo il via libera alla privatizzazione dei club, anche attraverso a cessioni in favore di realtà estere. Del significato dell’operazione ho parlato in una newsletter della settimana scorsa.
Il ricordo. Un mese fa circa scrivevo “Multiproprietà, FIFA e UEFA stanno facendo casino”. Era solo questione di giorni per arrivare all’ennesimo caso: il Crystal Palace, vincitore della FA Cup, si era guadagnato l’accesso alla Europa League 2025/26. Tuttavia, UEFA lo ha escluso a causa di una presunta violazione delle regole sulla multi‑proprietà: John Textor deteneva quote sia nel Palace sia nel Lione, anch’esso qualificato. Nonostante il Palace avesse venduto la partecipazione a Textor a Woody Johnson, la cessione è avvenuta oltre la scadenza del 1° marzo, rendendo il Palace non idoneo. Paradosso: il club che ha vinto una coppa europea viene escluso, mentre il Lione — qualificato solo tramite la classifica del campionato — mantiene il posto. Il Crystal Palace ha ora presentato ricorso al CAS, decisione prevista entro l’11 agosto.
Lo sport-twitter. Dopo le dimissioni di Linda Yaccarino, il futuro dello sport su X (ex Twitter) resta centrale per la piattaforma. Nonostante controversie e concorrenza emergente, X mantiene una posizione dominante nel dialogo sportivo globale grazie alla sua massa critica e alle funzionalità uniche. Durante il suo mandato, Yaccarino ha stretto accordi per contenuti sportivi in streaming e documentari con Big3, WWE, NBA e NWSL. Il futuro CEO dovrà continuare a valorizzare questi contenuti, rafforzare le partnership con NFL, NBA e MLB, e adattarsi a nuove tecnologie e abitudini digitali per mantenere X rilevante nel mondo dello sport. Ma nulla a questo mondo è scontato.
L’All star game della tecnologica. C’è un bell’approfondimento su SportsPro su come l’All star game di MLS sia diventato l’occasione per raccogliere e mostrare tutta la tecnologia applicabile ad un evento. La MLS sfrutta l’All-Star Game come una vetrina tecnologica rivoluzionaria, grazie al suo mix unico di cultura calcistica globale e sensibilità nordamericane. Durante l’All-Star Week ad Austin (22‑23 luglio 2025), il “Future of the Game Showcase” presenta demo live di tecnologie emergenti: GPS AI‑powered per tracciamento atleti, AI dubbing in tempo reale, LiDAR, realtà aumentata, wearable intelligenti e sistemi audio immersivi personalizzati I progetti provengono dall’Innovation Lab MLS, dove startup collocano i loro prototipi in partite reali. Schlosser (SVP Emerging Ventures) sottolinea che queste innovazioni arricchiscono l’esperienza per fan, giocatori e club, definendo il futuro dello sport.
Diritti tv. Netflix sta ampliando la sua presenza nello sport dal vivo, ma senza abbandonare la cautela economica. Il CEO Ted Sarandos afferma che l'azienda investirà solo in eventi con impatto strategico e finanziario, come la WWE, partite NFL e la Coppa del Mondo femminile FIFA. Gli eventi live rappresentano ancora una piccola parte della visione totale, ma hanno un forte effetto su acquisizione e fidelizzazione. Pur affidandosi ora a partner esterni per la produzione, Netflix valuta in futuro di internalizzarla. L’approccio rimane selettivo: lo sport sarà parte della strategia, ma non a qualsiasi costo.
Epilogo
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Il campionato di C inizia con una certezza. Qualcuno fallirà. Lo ha detto senza troppi giri di parole Gabriele Gravina.
Così il presidente della FIGC: “Triestina e Rimini sono perfettamente in regola per l’iscrizione, ma evidentemente non hanno la forza economica per sostenere la stagione. Dobbiamo intervenire. Il sistema denuncia in maniera chiara una necessità di cambiare e da settembre proporremo un cambiamento”.
Sulla situazione vi invito a leggere l’approfondimento di Storiesport.
La capacità di parlare di successi in prima persona e di fallimenti in terza plurale di quest’uomo non ha eguali.