[43] Sport 2024, lo scenario che nessuno vede
"Magari la storia non si ripete, ma di certo fa rima col presente" scrive Roger Mitchell in una sua analisi. Ecco cosa servirebbe per ridare slancio allo sport in crisi finanziaria...
Berlino, 20 gennaio 2024
Com’è iniziato il 2024? Il mio è piuttosto energetico, direi intenso. Insomma: mi sto divertendo.
Inizio da qualcosa che mi riguarda ed è una nuova newsletter, in lingua inglese, a cui potete iscrivervi se volete, che parla di storie di pallavolo e si chiama appunto VolleyballStories. Esce tutti i martedì alle 18.
Con il kick off di VS c’è anche un’altra novità che mi riguarda e tangenzialmente riguarda anche questa newsletter. Mentre Fubolitix continuerà ad essere in italiano, la maggior parte della mia produzione di contenuti online sarà in inglese, compreso il sito, giovanniarmanini.com.
Dopo 10 anni all’estero tra Manchester e Berlino (sono diventato anche io uno di quelli bravi che non vivono in un posto ma “tra”, chi l’avrebbe mai detto!) e anche ai sempre più utili e sofisticati strumenti di proofreading, credo sia giunto il momento di adottare l’inglese come lingua principale della mia produzione.
Una delle cose che stanno rendendo molto intenso questo inizio di anno è certamente l’ondata di strumenti che stanno arrivando con l’intelligenza artificiale.
Ve ne suggerisco uno che io ho adottato con soddisfazione: si chiama Tactiq (no, non ho nessuna affiliazione e non prendo soldi da loro).
Tactiq fa per voi (dopo aver registrato e trascritto una riunione attraverso Google Meet o altri servizi online) il lavoro sporco di dover riordinare appunti e stilare to do list per rendere effettivo ciò che si è deciso.
Perché vi sto raccontando questo?
No, non per tirarmela e dirvi quanto sono bravo, ma perché l’adozione di questi strumenti mi ha fatto ripensare all’inizio della mia carriera. In particolare a quando di fatto non si usavano le mail in redazione.
I nuovi strumenti erano visti con sospetto da chi ostinatamente non li voleva usare, fino a che non toccarono con mano i benefici.
Sembra banale ma prima della posta elettronica accadeva questo nei giornali locali.
La domenica arrivavano tantissimi fax di partite dilettantistiche che andavano ribattuti a mano. Io, che ai tempi avevo 23 anni, chiesi ai redattori di lasciare a me l’ingrato compito.
A quel punto… invece di farmi mandare i fax chiedevo di avere i pezzi via mail.
Risultato: potere del copia incolla! Quale grande innovazione eh? Le pagine erano pronte due ore prima e insomma, nessuno se ne è mai lamentato al piano di sopra.
Ora sta succedendo su diversa scala qualcosa di simile.
Cosa farei ora se dovessi fare lo stesso lavoro? Copincollerei il pezzo dentro un creatore di AI e chiederei: riscrivimi questo pezzo mettendo come soggetto principale la squadra X, oppure il giocatore Y. A quel punto farei la revisione del testo (qualcosa scappa sempre anche all’AI).
Parliamoci chiaro: non é che nei quotidiani ogni giorno vengono scritte 80 pagine di letteratura sopraffina. Tanto vale minimizzare gli errori e andare dritti al punto.
Ancora, perché vi ho raccontato questo? Perché la tecnologia, come tutte le novità ed i cambiamenti non la puoi fermare, ma se sei bravo la puoi governare.
Ed é questo che il 2024 fin qui mi sta insegnando in maniera molto concreta.
Buona lettura.
Giovanni
Questa settimana vi voglio chiedere anche un piccolo favore. Siccome qualcuno di voi gentilmente ha manifestato la volontà di sostenere Fubolitix pagando una piccola quota annuale di sottoscrizione, e siccome io in realtà al momento non ho attivato questa possibilità, mi chiedevo quanti di voi sarebbero disponibili a farlo. Ho un’idea di massima su quello che potrebbe essere il risultato, visti i numeri attuali della newsletter, ma vi chiedo di rispondere a tre semplici domande. Fin d’ora: grazie.
Questa settimana
1. Darts, impresa italiana
Il giocatore italiano di freccette Michele Turetta ha scritto la storia conquistando la Tour Card a Kalkar, nel Nord Ovest della Germania, diventando il primo italiano ad entrare nel circuito PDC (Professional Darts Corporation). Turetta, che nella vita lavora come operaio alle Acciaierie Valbruna, ha superato oltre 900 partecipanti, guadagnando sei punti e piazzandosi tra i primi 13 giocatori. Nonostante la gioia per il successo, il diretto interessato ha espresso preoccupazioni sulla gestione del lavoro e considera l'opzione di prendere un anno di aspettativa per dedicarsi completamente al circuito professionistico, magari con il supporto di sponsor per affrontare le trasferte.
2. …e i dilemmi britannici
Il Regno Unito, principale mercato delle freccette, ha visto nel frattempo un aumento di popolarità nel 2024 grazie al Campionato Mondiale di Darts, soprattutto per l'impressionante debutto del 16enne Luke Littler (battuto poi in finale). “Uno a cui anche i calciatori di Premier League chiedono selfie” scrive SportsProMedia. La sua ascesa ha generato un ampio interesse, suscitando discussioni su varie piattaforme mediatiche. Sono emerse, tra le altre, richieste di trasmettere la finale in chiaro, simili a quelle fatte per eventi a pagamento in passato. Per questo un articolo (sempre di SportsProMedia) sottolinea il ruolo cruciale di Sky nella crescita del darts in tre decenni, contribuendo a un aumento dei premi e degli standard. “Pur riconoscendo l'importanza dello sport in chiaro - scrive Steve McCaskill - va difeso il diritto di Sky a mantenere l'esclusività”.
3. Premier vendesi (ancora)
In questi mesi vi racconto spesso le vicende dei club di Premier messi sul mercato in tutto o in parte (tra questi negli ultimi due anni sono finiti nelle cronache Man United, Chelsea, Tottenham, Liverpool, Newcastle United), a conferma del fatto che il campionato inglese è arrivato ad un picco di crescita e che i proprietari oggi preferiscono monetizzare le loro partecipazioni anziché tenerle scommettendo su una ulteriore crescita di valore.
L’ultimo in ordine di tempo è il Crystal Palace. Il principale azionista di Crystal Palace, Eagle Football Holdings, guidato da John Textor con una quota del 45%, sta esplorando la vendita secondo The Independent (SportsProMedia). In caso di vendita, i potenziali acquirenti desidererebbero il controllo maggioritario, implicando l'acquisizione del 10% detenuto dal presidente Steve Parish. Textor, uomo d'affari statunitense, ha acquisito la sua quota nel 2021 e possiede azioni in altri tre club tramite Eagle Football, incluso l'Olympique Lyonnais. Oltre a Textor e Parish, il club è parzialmente di proprietà di Josh Harris e David Blitzer, proprietari del Washington Commanders, con una quota del 18% ciascuno.
4. Los Angeles a Zurigo
Come anticipato nelle scorse settimane Los Angeles FC ha acquistato il Grasshopper Club Zurigo. È il primo investimento rilevante del calcio USA in Europa ed apre a nuovi scenari molto interessanti (SportsProMedia).
5. Canali di lega al contrario
La National Football League (NFL) sarebbe in trattative avanzate per acquisire una quota di capitale del colosso televisivo sportivo statunitense ESPN (SportsProMedia). L'accordo proposto prevederebbe che ESPN assuma il controllo di NFL Media, la divisione media della lega che include NFL Network, RedZone, NFL+ e NFL.com. Le trattative sono a uno stadio tale da coinvolgere proprietari e l'Associazione dei giocatori della NFL. Nel frattempo, ESPN cerca "partner strategici" per il suo servizio streaming diretto al consumatore (DTC), che dovrebbe essere lanciato nel 2025. Disney, proprietaria di ESPN, vorrebbe cedere non più del 10% della rete, indipendentemente dal numero di partner. La NFL, da parte sua, cerca acquirenti o investitori di minoranza per NFL Media da diversi anni, cercando di coinvolgere una grande società media o tecnologica per aumentare il valore complessivo degli asset.
Considerazioni. Questa storia é importante da annotare perché ci dice qualcosa che va in una direzione nuova rispetto a quanto immaginato in questi anni in tema di Canali di Lega. In altre parole le leghe professionistiche, che da tempo guardano a modelli di business sostenibili per accorciare la catena di distribuzione, potrebbero - come in questo caso dovrebbe fare la NFL - non già escludere i broadcaster tradizionali dal business, ma entrare in alleanze strategiche quantomai solide perché suggellate da partecipazioni di capitale, per condividere il business con chi ha il know how per farlo correre più in fretta e in maniera possibilmente più efficiente.
6. Volley giapponese
Il Giappone sta per lanciare una nuova lega professionistica di pallavolo, che partirà da ottobre. Hanno fatto richiesta 14 club maschili e 15 femminili. La Superlega Italiana presto potrebbe avere quindi un nuovo concorrente sul mercato, diversi i nomi fatti per eventuali trasferimenti: Zaytsev e De Cecco (Lube), Leon (Perugia), Lucarelli (Piacenza), ma anche campioni del campionato polacco come Sliwka (Zaksa) e Defalco (Resovia).
7. Il montepremi australiano
Gli Australian Open 2024 offrono un montepremi record di 60 milioni di dollari (55,16 in euro), superando French Open e Wimbledon del 2023 ma rimanendo dietro agli US Open. Nel 2023, l'Open d'America ha avuto $65M, Wimbledon $57M, French Open $53M, e Australian Open $53M (FOS). Nel frattempo va anche segnalato che il torneo (iniziato quest’anno di domenica anziché lunedì) ha visto un incremento di pubblico e si prepara all’idea di occupare anche il sabato tra un anno, diventando così l’unico torneo attualmente di 15 giorni mentre US Open e Wimbledon si giocano su 14.
La previsione che nessuno fa sul 2024
Chi si occupa di sport business in queste settimane ha letto tutte le previsioni possibili e immaginabili su cosa accadrà nel settore in questo nuovo anno.
Tutte cose sensate ma spesso ripetitive. Con una eccezione rappresentata dal primo numero di Albachiara, la newsletter di Roger Mitchell che offre un punto di vista finalmente originale (qui potete leggerla in inglese) sullo scenario attuale.
La narrazione di Mitchell (che vi propongo qui a spezzoni in corsivo) é fortemente influenzata dal suo background di uomo britannico che ha vissuto e studiato il Regno Unito degli anni 60, 70 e 80 con dovizia di significati culturali, personaggi e racconti (per questo merita di essere letta in originale). Ma possiamo estrapolare alcuni passaggi significativi e di immediata comprensione per tutti.
Nessun articolo di previsione sul 2024 menziona il sindacalismo come "qualcosa da tenere d'occhio", ma in realtà quella lotta è di nuovo tutt'intorno a noi.
Nello sport mondiale l'idea di comunità, condivisione e ridistribuzione suona oggi molto ingenua.È ovvio quindi che il lavoro organizzato dovrebbe avere ed avrà un ruolo chiave nello sport dal 2024 in poi. Ma probabilmente non con le attuale organizzazioni sindacali degli atleti.
La conclusione, sorprendemente ma non troppo (almeno per me), è esattamente quella che mi sarei aspettato, e mi ricorda quello che anni fa lessi su un giornale sportivo italiano e che è rimasta una pietra miliare, per me:
Il paese più liberista del mondo, gli USA, riconosce la specificità dello sport e quindi si organizza nel modo più comunista del mondo, con salary cap, leghe chiuse e non solo...
Ovviamente il termine “comunista” e “sindacato” non sono nemmeno lontanamente sinonimi, ma si riferiscono ad un modo di sentir più o meno radicale in cui il concetto di equità assume un significato centrale, pur con metodologie diverse.
Ed è qui - facendo riferimento al sindacalismo sportivo a stelle e strisce - che approda Mitchell.
Gli americani al di là dell'oceano hanno già risolto tutto questo molto tempo fa.
In molti modi, la patria del capitalismo fa meglio il socialismo nell’industria dello sport.
Riequilibrano/ridistribuiscono con il draft e accettano appieno il ruolo del sindacato.In conclusione, non c'è futuro per lo sport europeo senza un nuovo contratto sociale con i giocatori.
Questa lettura del mondo USA, che sicuramente riflette la situazione reale, va poi integrata menzionando un elemento costitutivo fondamentale che è questo: mentre in Europa la competizione principale è tra i club, negli Stati Uniti a competere (per l’attenzione dei tifosi, gli spazi tv e tutto quanto produce ricavi) sono le Leghe.
Per capire come lo sport USA arriva lì bisogna capirne la genesi, il DNA e la struttura attuale.
Lo sport USA nasce da Leghe che creano franchigie, quello europeo da club che si associano in Leghe.
Questo va fatto banalmente per una ragione: il sindacalismo USA ha successo perché parla con il suo interlocutore principale (le Leghe) mentre quello Europeo nemmeno ha ben chiaro chi siano le controparti essendo le leghe una pura somma di club, troppo deboli per farsi sentire, ed i club forti della loro eterogeneità e disinteressati in questo frangente ad essere qualcosa di diverso.
Secondo Mitchell la situazione attuale dello sport ricorda l'economia-società degli anni '70.
Alla fine del boom economico postbellico, i lavoratori in tutta Europa e America chiedevano più soldi (per compensare l'aumento dei prezzi) e scioperavano per proteggere posti di lavoro persi a causa della tecnologia e di paesi emergenti più economici. Le persone erano pessimiste, e le guerre per procura si intensificarono mentre le superpotenze ringhiavano l'una contro l'altra.
Su quello scenario - da un punto di vista politico - si scontrarono le restrizioni degli anni 70 e il liberismo degli 80. Il conservatorismo di sinistra contro il laissez faire di destra.
Due esperienze opposte ma egualmente fallimentari da cui imparare.
Oggi lo sport è in una situazione simile. Gli anni 90 hanno visto emergere le tv come grandi finanziatrici. I 2000 sono stati quelli della crescita alimentata anche dagli introiti distribuiti dall’Uefa, negli anni 10. l’ultima ondata che oggi è finita per tutti. Basti vedere gli ultimi accordi.
In questo inverno dello scontento, abbiamo tanto bisogno di sindacati sensati. Sono sempre stati loro a garantire diritti e protezioni sul luogo di lavoro, ed è dovere nostro, dalla generazione di Cruyff e Beckenbauer, ricordare alle persone questo nel 2024.
I sindacati sono stati una forza essenziale per il cambiamento sociale, senza i quali una parvenza di società decente ed umana è impossibile sotto il capitalismo.
Il sindacalismo nello sport non è diverso.
A questo punto si potrebbe commettere l’errore di pensare che negli USA - paese che non brilla particolarmente per il sindacalismo extra sportivo - sia stato automatico arrivare al punto in cui siamo.
Ma non bisogna dimenticare che i pionieri delle leghe sportive americane preferite, come Oscar Robertson, Johnny Unitas e Gordie Howe, erano vittime di capi tirannici, aspettative severe e salari sbilanciati. Quegli atleti venivano trattati come proprietà senza diritto a pensioni, benefici sanitari o persino spiccioli per le trasferte. Come nella maggior parte dei casi, i loro sindacati sono nati da queste condizioni di lavoro ingiuste e salari inadeguati.
Ci è voluta la risolutezza di alcuni giocatori coraggiosi per rivendicare una giusta quota dei ricavi che il loro talento forniva.
nel 1955, la leggenda dell'hockey Tim Horton faceva un secondo lavoro per far quadrare i conti e i giocatori della NFL erano responsabili del lavaggio e della conservazione delle propri uniformi
i giocatori della MLB non ottennero il sistema di libera agenzia fino al 1975.
nel Regno Unito all'inizio degli anni '60 un giocatore, Jimmy Hill, e un sindacato, la PFA, minacciarono lo sciopero per salari più alti per i giocatori. E vinsero giustamente.
nel 1995 fu nuovamente necessario un coraggioso calciatore/lavoratore, Jean Marc Bosman, per ottenere la libertà contrattuale per i suoi colleghi
Quindi la poesia del sindacalismo è indubbiamente gloriosa e accattivante. È solo la prosa pratica e quotidiana che spesso delude.
Il problema è che non viviamo in un mondo di idealismo.
Troppi punti mostrano che il marxismo alla sua ennesima potenza non funziona e il vero progresso è venuto solo dalla distruzione competitiva e dall'innovazione, finanziate dal capitale.
Recentemente potremmo ricordare gli scioperi dei giocatori NBA (mi vengono in mente quelli del 2011 e del 2020), per dimostrare come alla fine di questo processo i sindacati degli atleti, dentro quel sistema, hanno acquisito un potere reale.
Lo scenario attuale (ovvero l’efficacia dei sindacati sportivi) in Europa è abbastanza sconfortante.
Parliamo ad esempio dell’AIC (il sindacato italiano dei calciatori) che si oppone ai benefici fiscali per i calciatori (difendendo un presunto interesse dei calciatori italiani contro gli stranieri…) o che in passato si opponeva alla riduzione delle squadre in Serie C in nome del minor numero di posti di lavoro.
Come se poi l’interesse fosse quello di avere tanti posti di lavoro da calciatori e non condizioni contrattuali rispettose e rispettate, anziché una quota percentuale di club in condizioni prefallimentari e di giocatori non pagati da gennaio in poi.
Maurizio Sarri, tecnico della Lazio, ammoniva qualche mese fa: “20 anni fa un giocatore di C era benestante, ora fatica ad arrivare a fine mese”.
È l’effetto di un divario aumentato, di una redistribuzione fallita, ma anche di riforme anche radicali necessarie mai fatte. E di un calcio che si è crogiolato sui suoi dogmi: promozioni e retrocessioni automatiche, piramidi nazionali inefficaci, una progressiva marginalizzazione dei ricavi da matchday, ovvero della rilevanza dei tifosi nei modelli di business dei club.
Colpa dei sindacati? In parte e non solo. Se siamo a questo punto non possono dirsi del tutto estranei.
Se vogliamo affrontare il problema nella sua interezza, non si può non ragionare sul sistema nel suo complesso, e non lo si può lasciare totalmente in mano ai capitalisti (i presidenti), che nell’aprile 2021 hanno già mostrato quanto possono essere maldestri quando si mettono alla testa di una rivoluzione.
Personalmente resto convinto che il futuro, anche in Europa, sia quello di leghe chiuse, o comunque di meccanismi di promozione - ammissione non esclusivamente legati al merito acquisito sul campo.
Un buon sistema si realizza con equilibrio tra le parti: i tifosi in primis, i club, i giocatori. E i meccanismi di redistribuzione all’esterno delle leghe sono necessari per alimentare ad esempio la formazione di nuovi atleti.
Per fare tutto questo serve una visione complessiva che oggi manca, ma dopo aver giustamente festeggiato la sentenza del 21 dicembre 2023 contro il monopoli FIFA e UEFA sarebbe miope pensare che a quel punto tutto accada in automatico.
Ecco quindi perché sostengo che lo sport debba ripartire senza pregiudizi da formule radicalmente nuove, ma anche da un neo sindacalismo necessario in grado di distribuire meglio le risorse.
Meglio, soprattutto, di quanto non abbia fatto l’UEFA in questi ultimi 20 anni creando già dai primi anni 2000 le caste attuali tra club, e cristallizzandole poi con il Fair play finanziario che ebbe indubbi meriti nel breve periodo, ma oggi appare come sistema cervellotico e di difficile comprensione per il tifoso medio.
Sarà una lunga corsa, ma gli strumenti a disposizione li abbiamo tutti ben presenti davanti a noi. Bisogna solo spogliarsi dei pregiudizi ed analizzare le dinamiche per quello che sono.
Outro
Come sapete non può esiste un numero di Fubolitix senza che si parli almeno un pochino dei sauditi.
L’ultimo numero di Warning, la newsletter di Claudio Giuliani che ogni tanto cito qui, parla della presenza dei sauditi nel tennis dopo l’accordo che lega il Paese a Rafael Nadal. Warning merita di essere letta sempre, questa volta in particolare perché solleva un tema
La politica c'è in ogni cosa che facciamo, in ogni scelta, dai prodotti che preferiamo ad altri ai posti dove andiamo in vacanza.
E c'è la politica anche quando decidiamo di consegnarci anima e cuore a uno sportivo, che calci bene il pallone o colpisca forte di dritto poco cambia. Persone che sono brave a giocare, che ci entusiasmano nelle loro sfide sportive, che certamente ci emozionano.
Devo dire che a me Giuliani piace per come scrive, ma questa volta non sono al 100% d’accordo. Soprattutto quando dice:
A questi paesi stiamo vendendo lo sport. A questi sportivi, che molti eleggono idoli, sarebbe meglio non vendere l'anima.
L’ho detto più volte e lo ripeto: ideologicamente sono contro i muri. Mi sbaglierò, ma sempre ideologicamente credo che l’apertura allo sport sia un’apertura culturale che cambierà i sauditi molto più che noi europei.
Peraltro resto convinto che i sauditi oggi portino lo sport nel deserto quando non possono fare altrimenti, ma il loro obiettivo (vedi Qatar con l’Eurolega di basket) è quello di entrare in qualche modo con loro squadre e influenze dentro lo sport europeo, non quello di svuotarlo.
Giuliani, tuttavia, è così bravo che marzullianamente nella newsletter si fa la domanda etica (può essere idolo uno che si vende ai sauditi?) e si dà la risposta (anche se la mette tra parentesi):
che ne pensiamo di un tennista che diventa l’uomo immagine nel tennis per l'Arabia Saudita? (non che farsi sponsorizzare dal Credit Suisse sia tanto meglio).
Noi, come sempre, ci sentiamo tra una settimana.
Restiamo in contatto!
You are working with one football. I know the boss Elliot Richardson very well.
Thank you so much Giovanni.