[47] L'equivoco tra valore economico e sportivo
Spesso ragionando di valori tecnici si fa riferimento a quelli finanziari, per sostenere che un club dovesse giocare meglio di quanto fa. Ma i due parametri difficilmente rispondono alla stessa logica
Berlino, 17 febbraio 2024
Il golf non è mai stato chiacchierato tanto come in questi mesi, a causa degli investimenti del fondo sovrano saudita PIF, che ha dato vita ad un suo circuito autonomo chiamato LIV.
Il tema è interessante perchè qualcosa di simile potrebbe succedere anche nel tennis (dove molte sono le similarità con il golf, vista la presenza di un circuito professionistico) e pure nel calcio dove, alla luce della sentenza CGUE del 21 dicembre 2023 si sono lasciate le porte aperte in Unione Europea a nuove manifestazioni e quindi a potenziali nuovi investitori.
Peraltro, come scritto qualche settimana fa, già l’Eurolega di basket sembra pronta ad accogliere una squadra del Qatar, paese che ha ottenuto l’organizzazione dei mondiali 2027.
Bene allora tornare sulla situazione tra LIV e PGA, decisamente complessa e piena di colpi di scena.
Ecco un riassunto del loro "scontro":
Inizialmente:
LIV Golf nasce ufficialmente nel 2021 e apre il primo evento il 9 giugno 2022 dando seguito ai primi rumors datati 2019 su un impegno del fondo sovrano saudita PIF, che entra nel panorama del golf con contratti milionari, attirando alcuni giocatori di punta del PGA Tour.expand_more
PGA Tour si oppone: considerando LIV una minaccia, il PGA Tour sospende i giocatori che partecipano ai suoi tornei.
Tensioni e azioni legali: Le due parti si scontrano anche in tribunale, creando un clima di tensione nel mondo del golf.
Poi cambia tutto:
Il recente accordo da 3 miliardi di dollari tra il PGA Tour e il gruppo Strategic Sports Group (guidato da Fenway Sports Group) solleva la domanda: serve ancora un accordo con il fondo sovrano dell'Arabia Saudita (PIF)?
L'accordo con SSG consente un co-investimento del PIF, e il PGA Tour sostiene che "ci sono stati progressi nelle trattative" con il finanziatore di LIV Golf, aggiungendo che "entrambe le parti stanno lavorando per un accordo finale". Tuttavia, alcuni giocatori, come Jordan Spieth, ritengono che questo non sia più necessario.
I motivi:
L'accordo SSG offre non solo un'importante iniezione di denaro, ma anche la competenza di oltre 200 anni di gestione di squadre sportive professionistiche.
Quasi 200 giocatori del PGA Tour acquisiranno quote nella nuova entità commerciale a scopo di lucro, PGA Tour Enterprises.
Alcuni giocatori del PGA Tour nutrono diffidenza e risentimento nei confronti dei colleghi di LIV Golf, come Bezuidenhout che dichiara: "Non vorrei vedere tornare nessuno dei ragazzi di LIV".
Non è chiaro quale ruolo avrebbe il PIF nella gestione del PGA Tour o di PGA Tour Enterprises, né se l'investimento supererebbe i processi di approvazione normativa degli Stati Uniti.
Webb Simpson, membro del consiglio direttivo dei giocatori, afferma che "un potenziale accordo con il PIF non è la priorità assoluta".
In parole povere:
LIV crea scompiglio con soldi e contratti allettanti, portando via giocatori al PGA Tour.
Il PGA Tour reagisce duramente, ma un nuovo accordo lo rafforza, facendo sorgere dubbi sull'utilità del PIF.
I giocatori sono divisi, tra chi non vuole più il PIF e chi resta aperto.
Il futuro resta incerto, con tensioni e dubbi da risolvere.
Cosa ci insegna tutto questo?
Riportiamolo al calcio.
Che tutte le discussioni sui format, le squadre che aderiscono o quelle che si chiamano fuori, i club ribelli o meno, sono fuffa per chiacchiere da bar.
Qualsiasi operazione di questo tipo, che si chiami Superlega o in un altro modo, ha un senso dal momento in cui esiste un modello di business su cui ragionare.
Da quel momento in avanti ognuno fa i suoi conti.
Stare nei campionati nazionali, giocare le coppe europee, fare le coppe nazionali… tutti temi di distrazione che non possono essere affrontati fino a che sul tavolo non ci sono soldi e condizioni.
E ad oggi questo non c’è.
Di sicuro una cosa devono capire i presidenti dei club: un passaggio epocale come questo difficilmente lo si può fare senza rischiare nulla. Ogni rischio ha una opportunità come contraltare, ed a loro spetta la valutazione.
La strada è ancora lunga.
Buona lettura
Giovanni
Questa settimana
1. Ceferin non si ricandida
E io scommetto che nel 2027 lascerà una Uefa molto diversa (depotenziata, o in fase di depotenziamento…) rispetto a quella attuale, per passare da paladino del calcio del popolo a un ruolo di primo piano in qualche nuova manifestazione calcistica, magari col supporto di qualche fondo arabo. Che si dedichi alla famiglia, come ha lasciato trapelare nei giorni del congresso Uefa, tendo ad escluderlo. E poi c’è sempre l’ipotesi FIFA, del resto anche Gianni Infantino scadrà nel 2027.
2. Questioni di birra
L’Università della Georgia apre le vendite di birra a tutti i tifosi durante le partite casalinghe di football americano di college nel 2024. Questa decisione arriva cinque anni dopo che la SEC ha revocato il divieto di vendita di alcolici agli eventi della conferenza. La Georgia era rimasta una delle due ultime scuole della SEC a non vendere birra al pubblico durante le partite di football. Georgia ha adottato un approccio graduale alle vendite di alcolici: prima nelle aree private e club, poi nelle partite di basket, baseball e softball. Louisiana State University (LSU) è stata la prima scuola a vendere birra durante le partite di football, generando oltre $2 milioni di profitti netti in un anno. Georgia ha registrato cifre minori per le vendite di alcolici in eventi non legati al football americano (circa $230.000 nella stagione 2021-22).
3. MLS
Secondo Forbes due club di MLS hanno toccato la valutazione di un miliardo di dollari. Rispettivamente 1,2 per Los Angeles FC e 1,03 per Inter Miami. Quest’ultima, promossa dall’ex calciatore inglese David Beckham, fa anche segnare la più rapida crescita di valore per un club di MLS. I Los Angeles Galaxy (ex club di Beckham) non sono molto distanti, e sono valutti 95 milioni di dollari.
4. L’altra faccia di Messi
C’è tuttavia un contraltare alla vertiginosa crescita di valore del club di Miami. Dopo gli infortuni al campione argentino e una serie di sei partite senza vittorie che hanno rovinato la conclusione della stagione dell'Inter Miami lo scorso anno, il tour precampionato del club ha fatto emergere alcuni problemi. A Hong Kong i tifosi hanno chiesto il rimborso (ottenendo il 50%) dei biglietti in seguito al forfait del campione, costato circa 2 milioni di dollari all'organizzatore dell'evento Tatler XFEST.
il tema, per collegare questi ultimi due argomenti affrontati, è il seguente: quanto costa realmente la crescita di una franchigia di MLS? E quanto è solida questa crescita quando diviene fortemente dipendente dalla presenza di un singolo campione?
5. Russia, UEFA, FIFA
Tra le nuove iniziative di giornalismo investigativo indipendente che meritano di essere seguite c’è sicuramente Follow the money, che questa settimana ha dedicato un interessante approfondimento a perché alcuni club di calcio continuino a fare affari con la Russia (si legge previa registrazione gratuita) nonostante la crisi internazionale che ha portato a varie misure contro il Paese in seguito all’invasione dell’Ucraina.
6. Kiptum
La newsletter di Matteo Serra, Linee, assolutamente da seguire se vi piacciono le storie di sport che vanno oltre al calcio, ha raccontato la storia di Kevin Kiptum, il recordmen mondiale della maratona morto una settimana fa a 24 anni per un incidente d’auto. Sulle reali cause di quanto accaduto è aperto ora un caso.
7. Ci siamo
L’acquisto da parte di Jim Ratcliffe del 25% del Manchester United ha ottenuto l’ok della Premier League. Ratcliffe avrà la gestione sportiva del club, il prossimo mercato, quindi, dovrebbe presentare già le novità d’indirizzo volute dall’investitore.
8. Can che abbaia
La Serie A all’inizio della settimana ha votato per mantenere il format a 20 squadre. È un voto sul nulla, che serve a nulla. Il problema del calcio italiano non è se in A ci stanno 20, 18 o 16 squadre. Il tema è come vengono distribuiti i soldi derivanti dall’attività televisiva del massimo campionato. Il famoso miliardo. Senza un confronto vero su questo tema, sulla mutualità, il paracadute e la redistribuzione alla Serie B (o genericamente ad un secondo livello del calcio italiano), ogni discorso rimane vuoto e inutile e nella migliore delle ipotesi si cambia tutto per non cambiare nulla.
L’equivoco tra valori sportivi ed economici
Capita periodicamente di imbattersi in discussioni tali per cui qualcuno sostiene che una determinata squadra deve fare risultati proporzionali agli investimenti fatti sul mercato.
O peggio, che una squadra che ha fatto investimenti deve per forza (in virtù di questi valori) essere meglio di una che ha teoricamente speso meno.
È un terreno assai scivoloso.
Innanzitutto perché solitamente le analisi sono molto sui generis e tengono contro a grandi linee di indiscrezioni di stampa e titoloni più che di reali valori di bilancio con relativi importi di stipendi e ammortamenti.
Ma non solo.
In settimana ho provato a spiegare durante la mia partecipazione a House of Calcio, il perché queste argomentazioni non solo lascino il tempo che trovano, ma spesso siano addirittura indice di un signficato opposto a quello che si attribuisce loro.
La spiegazione è molto semplice.
Un giocatore di 20 anni tende a costare di più di uno che ha superato i 30, ma nel breve periodo sul piano sportivo è quest’ultimo a dare le maggiori garanzie.
L’errore che si commette, in altre parole, è quello di pensare che il prezzo del cartellino sia la misura del valore tecnico di un giocatore, quando invece quello stesso prezzo è più una proiezione, finanche una scommessa, basata sui dati in possesso del club, sul fatto che quel giocatore in breve tempo non solo giustificherà l’investimento ma offrirà una garanzia tale da darne un ritorno singificativo sul piano sportivo.
È molto probabile che un club ipotetico che spende 100 milioni sul mercato abbia bisogno di una o due stagioni per dispiegare il suo potenziale, mentre una che fa una serie di acquisti a parametro zero (di giocatori tendenzialmente in là con gli anni) ha più chances di esprimersi al top nel brevissimo periodo per poi magari andare in calo nel giro di un paio d’anni.
Vale anche per i calciatori. Si pensi a Jack Grealish, 117 milioni spesi, il primo che mi viene in mente, al primo anno con il Manchester City e a quanto sia migliorato al secondo.
È un esempio che faccio a puro fine esemplificativo, perché ogni caso andrebbe poi analizzato singolarmente, ed anche perché un reality check di quello che è il reale valore espresso sul campo da un giocatore non può mai mancare se si vuole realmente contestualizzare.
Ferran Soriano, nel suo “Il pallone non entra mai per caso”, libro che purtroppo non è al momento disponibile (ma di cui fortunatamente acquistai una preziossima copia anni fa) ne ha scritto con dovizia di particolari.
Sostanzialmente Ferran spiega il perché ha un senso investire sui giocatori tra 20 e 24 anni, che in seguito a contratti di 4-5 anni arriveranno nel pieno delle loro forze, ovvero tra i 25 e i 30, con un valore di cartellino a bilancio tendende allo zero in seguito agli ammortamenti annuali.
A quel punto il giocatore rappresenterà un asset della società che lo potrà sfruttare nel miglior momento della propria carriera anche con la possibilità di venderlo e farne una plusvalenza al 100%.
Outro
Vedendo i risultati beneauguranti delle italiane in Europa sembrerebbe di poter dire che siamo tornati ad eccellere a livello continentale.
Siamo di nuovo i migliori? È presto. Di sicuro la continuità è la chiave, ed il fatto che nelle ultime due stagioni abbiamo fatto meglio delle spagnole in termini di punti-ranking conquistati fa ben sperare.
Personalmente continuo a nutrire dubbi sulla qualificazione di tutte e tre le italiane al prossimo turno di Champions, ma mi pare che ci siano 3 elementi chiave che possiamo indicare come decisivi in questo momento.
la ritrovata competitività ai livelli inferiori, di Europa League e Conference League, con 3 finali su 4 negli ultimi due anni in cui di fatto solo spagnole e inglesi hanno avuto la meglio sulle nostre squadre (Siviglia e West Ham, nella fattispecie)
il fatto che senza strafare abbiamo battuto chi dovevamo battere, senza complicarci le cose. Prendete l’Inter: paradossalmente, eccezion fatta per la finale persa con il Manchester City, quello con l’Atletico Madrid è il primo vero banco di prova a eliminazione diretta in due anni. In precedenza in nerazzurri partivano sempre in vantaggio con squadre non italiane.
infine un contesto europeo che oggi si presta a qualche sorpresa: le crisi di Barcellona (battuta dall’Inter nel girone un anno fa) e Bayern Monaco (sconfitto 1-0 all’Olimpico di Roma) sono la testimonianza di un gap con le squadre migliori dello scorso decennio che è andato assottigliandosi.
Sono tre elementi positivi che non devono portare a facili entusiasmi, ma a definire quello che è il ruolo oggi del calcio italiano nelle competizioni extra nazionali.
Per cantare vittoria c’è tempo.
Tre gli obiettivi:
arrivare quest’anno ai primi due posti nel ranking stagionale, per avere la quinta squadra in Champions league il prossimo anno
sopravanzare in pianta stabile le squadre tedesche come si vede al momento (Italia 83.998 punti terza, Germania 81.195)
attaccare nel medio periodo la posizione delle spagnole che ad oggi (17.02.2024) distano solamente 2,366 punti e che sempre in base alla situazione attuale partiranno potenzialmente in terza posizione nel ranking 2025 in base al meccanismo degli scarti, visto che a fine stagione la Spagna non potrà più contare sul punteggio della stagione 19/20 vedendo quindi il suo margine sull’Italia calare di 4 punti.
Ma da qui in avanti l’asticella si alza, ed è a questo punto che vedremo davvero qual’è il valore delle squadre italiane a livello europeo.
Noi, come sempre, ci sentiamo tra una settimana.
A presto!
Ciao Giovanni, mi sarebbe piaciuto leggere qualcosa di più sulla differenza tra valori sportivi ed economici. Mai come in quest'anno, anche per colpa di alcuni dei protagonisti (vedi gli allenatori o l'intervista ad Acerbi) in Italia si è parlato di totale speso in ingaggi e totale speso sul mercato, per creare una narrazione distorta e che non fa bene a nessuno. Si fa ancora fatica a capire che il costo del cartellino è un prezzo di mercato, che non sempre è totalmente collegato alla valutazione delle capacità del giocatore. Ricordo sempre una intervista di Geoffrey Kondogbia, in cui lo stesso disse che non era mica colpa sua se Inter e Milan si erano date battaglie per comprarselo: eppure arrivò all'Inter con una etichetta importante, legata all'investimento che l'Inter ha dovuto sostenere e per tutta la sua parentesi in Italia è stato valutato solo in funzione di quello.