[49] Giovani: l'ultimo autogol del calcio italiano
Pubblicato il DPCM firmato dal ministro dello Sport sui criteri del minutaggio dei giovani che peserà anche sulla distribuzione dei ricavi da diritti tv: ennesimo passo nella direzione sbagliata
Berlino, 1 marzo 2024
Sui social media si ha spesso l’impressione (fondata) che quando le persone parlano di Leghe sportive e di Federazioni sportive non abbiano ben presente la differenza, che le confondano senza avere contezza dei perimetri d’azione delle stesse.
Banalmente possiamo dire che le Leghe hanno l’obiettivo di organizzare la loro competizione e massimizzare i benefici per i club partecipanti (la Lega Serie A in questo senso è esattamente uguale alla Bundesliga o alla Liga o alla Premier League, per dire).
Il perimetro di una Lega quindi sono i club che vi prendono parte.
Le Federazioni - sempre semplificando - invece sono organismi che governano un determinato sport in un determinato luogo geografico (regione, stato o continente che sia) e promuovono e regolamentano l’accesso alla pratica di quel determinato sport.
Il perimetro di una Federazione quindi è la pratica sportiva in un determinato stato.
E comprende tra le altre cose le varie Leghe, che possono avere diverse forme di autonomia dall’impianto federale. Totale, come negli sport USA, più marcata, come nel caso della Premier League, o decisamente dipendente come nella grande maggioranza dei casi, calcio italiano compreso.
Se questo non fosse sufficientemente chiaro, mi sono imbattuto questa settimana in questa infografica della USA Basketball, la federazione di pallacanestro statunitense, diversa quindi dalla NBA, che è semplicemente la lega principale e più ricca.
E credo che sia la migliore definizione di quello che è e deve essere una Federazione, con una missione chiara e esplicitata in maniera assolutamente chiara, visuale, impattante e con un messaggio forte.
Traduco letteralmente:
Negli Stati Uniti ci sono oltre 500 mila ragazzi e oltre 400 mila ragazze che giocano a basketball nelle scuole superiori. Il basket è il gioco di squadra più popolare negli Stati Uniti con più di 26 milioni di persone che lo giocano e praticano ogni anno.
Uno studente delle superiori ha possibilità di giocare al college pari al 3,7%.
Uno studente delle superiori ha possibilità di giocare nelle leghe minori dell’NBA pari allo 0,003%.
Uno studente delle superiori ha possibilità di giocare in NBA pari allo 0,0009%.
Una studentessa delle superiori ha possibilità di giocare in NBA pari allo 0,00045%.
Il nostro obiettivo è quello di dare al restante 99,9% degli atleti la possibilità di coltivare il proprio sogno.
Ecco ora pensate alla Federazione italiana gioco calcio e al suo sforzo per il calcio di base.
Ecco dai. Fermiamoci qui che fa già ridere così.
Ben ritrovati in questo numero di Fubolitix.
E buona lettura.
Giovanni
Questa settimana
Kylian Mbappè affare del secolo
Sono tornati gli speciali di Fubolitix! E questa settimana ho analizzato tutti i numeri di Kylian Mbappè al Real Madrid, per come li conosciamo al momento. Arriverà a parametro zero ed a costi complessivi molto ridotti rispetto a quelli a cui siamo abituati per giocatori di questo calibro. E per me è l’affare del secolo.
Inter - Oaktree
Ha avuto un certo successo su Youtube un mio contenuto in cui parlo del caso Inter - Oaktree con dovizia di particolari e fornendo infine quelli che sono gli scenari futuri tra la società e Suning.
I club sportivi che valgono di più
Calcio e Finanza ha pubblicato la classifica dei club sportivi che valgono di più. Io trovo sempre interessanti due cose:
nei primi 100 al mondo ci sono solo due italiani e sono Ferrari e Juventus (nonostante tutto)
i club di calcio si vantano della loro dimensione mondiale ma alla fine il Manchester United è solo 13esimo e il Real Madrid 19esimo dopo le maggiori franchigia di Basket e Baseball americane.
Rimane nel complesso un senso generale di potenziale inespresso, frutto a mio modo di vedere di una organizzazione delle competizioni calcistiche altamente penalizzante, diseconomica, inefficiente e in sostanza inefficace.
Fubo tv all’attacco
Se vi appassionano le questioni televisive d’Oltreoceano sappiate che come era prevedibile Fubo Tv porterà in tribunale Disney, Warner Bros e ESPN sulla questione della megafusione (FOS).
Champions d’Asia a perdere
C’è un bel pezzo del New York Times (nientemeno) che dice che giocare la Champions League d’Asia è un puro costo per le società calcistiche. E noi non possiamo che prenderne atto.
Un assist francese alla Superlega
Il quotidiano sportivo online francese SoFoot ha fatto un articolo dove sostanzialmente dice che la Champions League è noiosa e il suo spettacolo fa venir voglia di Superlega. È un pezzo che lascerebbe il tempo che trova se non arrivasse da un quotidiano francese a pochi giorni dalla lettera delle federazioni europee di calcio fortemente voluta dal presidente francese Emmanuel Macron contro la Superlega. E niente, noi intanto registriamolo.
Moneyball a Las Vegas
Sicuramente nella vostra vita vi sarà stato citato Moneyball un milione di volte e tutte le volte da qualcuno con la luce negli occhi che pensa di dirvi una cosa nuovissima e mai sentita. Ebbene, la notizia del momento è che gli Oakland Atheltics, squadra le cui gesta sono narrate nel libro/film (ovviamente gli intellettuali vi diranno “il libro era meglio”) potrebbe trasferirsi a giocare nel 2028 a Las Vegas, che come noto sta investendo tantissimo nello sport, a 10 anni dalla liberalizzazione delle scommesse sportive negli USA avvenuta nel 2018. I romantici non saranno felici.
X è una fogna
Il piano di monetizzazione dei contenuti sull’ex-Twitter sta portando ad un’escalation di fake news impressionante, anche in materia sportiva. Ed esistono già numerosi casi di disinformazione ripresa anche dai grandi media. Lo scenario è sconcertante (FOS).
Piccoli investimenti
La piattaforma di informazioni finanziarie Finimize ha fatto una interessante analisi delle opportunità che un normale risparmiatore ha se vuole investire nello sport.
L’ultimo autogol
Giovedì di questa settimana è stato pubblicato il Decreto Ministeriale (DPCM) che cambia ufficialmente la Legge Melandri sul tema diritti tv.
La novità principale è che anche il minutaggio dei giovani peserà sulla suddivisione dei ricavi dei club.
Ne scrive approfonditamente Calcio e Finanza spiegando che mancava da cinque anni un DPCM che definisse i criteri per la distribuzione dei ricavi, dopo che la Legge Melandri era stata modificata a fine 2018.
Andiamo alla sostanza.
Quanto peserà questa suddivisione?
L’1,1% della cifra complessiva dei ricavi da diritti tv per la Serie A è pari a circa 12 milioni di euro: la prima nella classifica legata al minutaggio riceverà il 10% della cifra (circa 1,2 milioni di euro euro quindi), mentre l’ultima nella graduatoria incasserà il 2% della cifra (circa 240mila euro).
Sia chiaro, non stiamo parlando di cifre che possono cambiare le sorti di un bilancio, soprattutto di una grande squadra, ma è il significato di questo passo in linea di principio che non va sottovalutato.
Innanzitutto sul piano della competizione sportiva.
Non è di nessun aiuto ai giovani calciatori dare loro un vantaggio competitivo sugli altri per decreto.
Certamente non li aiuta il fatto che l’incentivo al loro impiego finirà per far credere, quando anche in una singola partita non saranno all’altezza, che non giocano per meriti tecnici ma per puro interesse economico
Si tratta di una mossa che va contro il merito e quindi diminuisce il livello di meritocrazia, perché pone condizioni diverse in termini di ritorni economici all’impiego di un giocatore rispetto ad un altro.
In generale non è mai buona cosa quando una norma calata dall’alto pone condizioni alle scelte tecniche di un allenatore dettate da logiche extracampo, soprattutto se economiche.
Le pressioni di presidenti di piccoli club sono facilmente pronosticabili, anche perchè è vero che gli importi finali non sono rivoluzionari, ma sono tali da far pensare che alcuni giovani (con ingaggi peraltro ridotti) alla fine finiscano per ripagarsi con il minutaggio del loro impiego.
Insomma, una dinamica che può portare a logiche un filino perverse.
Chi segue il calcio dilettantistico sa che una delle più sciagurate riforme, ormai in atto da decenni, è quella sull’utilizzo obbligatorio dei giovani, le cosiddette “quote” (o almeno così le chiamano nel bresciano, dove nel primo decennio del 2000 ho seguito con mio grande orgoglio e soddisfazione il calcio dilettantistico per Bresciaoggi).
Questi sistemi sono l’essenza del populismo applicato allo sport.
In che senso?
Tipicamente il populismo fa affermazioni di principio (in questo caso “far giocare di più i giovani”) che sono di primo acchito condivisibili e sembrano anche sacrosante, buone.
Tuttavia, quando se ne contestualizza bene il significato, il limite strutturale di queste idee apparentemente buone emerge in tutta la sua inadeguatezza.
E l’esempio dei dilettanti è perfettamente calzante.
Nata per valorizzare i settori giovanili e far crescere i giovani la regola delle quote ha creato alcune storture evidenti:
sono aumentati i giovani che passano da settori giovanili maggiori (di società professionistiche) a club di serie C, D o Eccellenza, perché ritenuti più pronti.
questi stessi giovani da una parte garantiscono delle entrate extra ai club professionistici, perché i loro scarti (che ovviamente vengono raccontati come giovani prospetti che vanno a farsi le ossa) ora hanno un mercato di destinazione e se prima era un favore prendersi lo scarto ora questo scarto ha un valore economico per chi ha l’obbligo di far giocare gente di determinate annate.
al contempo questi giocatori tolgono spazio al giovane cresciuto nel club locale, che magari da anni sogna la prima squadra a differenza dell’ex pro che sente un senso di declassamento.
Negli anni questo trend si è consolidato e ad oggi è sempre più raro vedere un giovane che tra i 16 e i 20 anni sta giocando ancora in un settore giovanile dilettantistico raggiungere le massime categorie del calcio.
L’effetto generazionale è distruttivo per varie ragioni:
la prima è che molte carriere finiscono per essere al contrario: i ragazzi vanno in D, poi in Eccellenza, poi in Promozione e sempre piú giù perché nessuno guarda più il loro valore ma la loro utilità a coprire gli spazi necessari alle quote, dando per assodato che se vieni dalla Primavera professionistica e poi quest’anno hai giocato in D sei un lusso per la Promozione e così via.
la seconda è che la competizione impari satura il mercato, toglie spazio ad altri giocatori (anche non giovani) e crea pure dinamiche di spogliatoio controproducenti, nei primi anni 2000 ad esempio erano tantissimi i portieri giovanissimi che finivano titolari senza meritarlo, merce gettonatissima insieme agli esterni.
la terza è che poi i risultati li vedono tutti e l’abbandono della pratica calcistica nei due-tre anni in cui un giocatore non è più dell’anno di nascita tutelato e incentivato dal sistema aumenta pesantemente.
Ad oggi questo sistema è talmente consolidato che nessuno sembra più farci caso.
L’effetto sul calcio è quello di contribuire a depauperare il patrimonio tecnico in nome di uno stupido giovanilismo senza costrutto.
C’è poi un altro effetto deleterio più nascosto.
Inevitabilmente i giocatori dei settori giovanili professionistici sono quelli che crescono nel club dai 14 anni in poi o che vengono acquistati dall’estero.
Calciatori che sono maturati molto giovani sul piano della pura tecnica individuale.
La maturazione di un calciatore, tuttavia, può avvenire per svariate ragioni fisiche ma anche psicologiche e caratteriali, in un secondo momento, diciamo dai 18 anni in su.
Di questo mi accorsi quando in Inghilterra lavoravo per Rezzil, una piattaforma di realtà virtuale che promuove tra le altre cose scouting e allenamenti in Realtà Virtuale capaci di rilevare alcuni dati neuro cognitivi dei calciatori che normalmente sfuggono alle osservazioni degli scout.
Tra i nostri clienti c’erano tra gli altri Manchester City, Liverpool, Wolves, Hull City e diversi altri club professionisti inglesi, giusto per dire che non stiamo parlando di un giochino, ma di uno strumento che lassù gode di buona considerazione.
Questi calciatori, che potremmo definire “a tarda maturazione” si trovano a dover competere in un mercato in cui - come abbiamo visto sopra - il curriculum (l’aver fatto un settore giovanile importante) viene considerato un vantaggio a priori, a prescindere dal valore tecnico visibile sul campo (che peraltro è sempre ampiamente soggettivo).
Inoltre quando le loro prestazioni aumentano di livello si ritrovano a competere con compagni di squadra (parlo qui soprattutto di Serie C e D) che spesso non sono solo dei loro competitor per un posto in squadra, ma anche delle voci di bilancio che i club devono ammortizzare, avendo investito su di loro in passato.
E questa dinamica finisce per far pendere la bilancia delle scelte tecniche in maniera artefatta e senza una base squisitamente tecnica come background.
Di questo tema avevo già parlato tangenzialmente nel numero 30 di Fubolitix in cui tra le altre cose analizzavo le differenze tra il calciomercato italiano e quello spagnolo, riportando due dati sull’impiego dei giovani e l’investimento dei club all’estero, affermando che per sviluppare il nostro modello era inutile guardare agli inglesi (troppo più ricchi in questo momento storico) ma concentrarsi sugli spagnoli:
Quello che dobbiamo chiederci è piuttosto perché negli ultimi dieci anni ovvero dal 2014 ad oggi (ultime dieci edizioni di Champions ed Europa League) 7 club spagnoli hanno ottenuto 21 piazzamenti nelle prime 4 e 13 coppe in totale, contro 6 club inglesi arrivati 18 volte in semifinale per 5 coppe vinte in totale.
È la Spagna a dire che il nostro calcio è inefficiente e deficitario. Perché la Spagna ha risorse simili alle nostre.
Due dati dicono la differenza tra Spagna e Italia.
Negli ultimi 5 anni i club spagnoli - dati Transfermarkt - hanno investito in giocatori provenienti dall’estero 1/3 degli italiani.
Nello stesso lasso di tempo il minutaggio dei giocatori cresciuti nel vivaio in prima squadra è stato 4-5 volte (in base agli anni) superiore nella Liga rispetto alla Serie A.
Sono le differenze di un calcio basato sulla creazione del talento (quello spagnolo) rispetto ad un calcio basato sull’acquisizione del talento sul calciomercato (quello italiano).
Ed infine concludevo… con una certa lungimiranza, lasciatemelo dire.
L’errore peggiore sarebbe quello tutto italiano di pensare di imporre un modello per via legislativa.
Purtroppo, volenti o nolenti, o i nostri club cambiano la loro vocazione sportiva spontaneamente, con convinzione, sposando per scelta un modello diverso, o il calcio italiano - incapace di competere economicamente con le superpotenze mondiali - sarà condannato ad un declino ancor più marcato.
Che dite? C’era da aspettarselo?
PS: attualmente l’unica legge sui diritti tv in Europa che prevede un premio ai minutaggi è quella tedesca. Lo riporto qui per coerenza, visto che più volte ho scritto in questa newsletter che la considero la migliore possibile e ne auspico una sostanziale imitazione anche in Italia. Tuttavia dell’impianto tedesco mi piace soprattutto la divisione su due livelli (la 2.Bundesliga attinge i premi tv ai diritti della Bundesliga, essendo le due categorie in una lega unica) mentre anche in Germania il minutaggio dei giovani rappresenta la parte meno condivisibile. Purtroppo quando c’è da copiare i modelli partiamo sempre dalla parte sbagliata.
Outro
Nel 2010, con l’attuale sindaco di Brescia, Laura Castelletti, che ai tempi era semplicemente leader di una associazione chiamata Brescia per passione - molto attiva tra le altre cose nello studio e nella ricerca di soluzioni urbanistiche sostenibili per la città di Brescia - ebbi l’occasione di un fare un viaggio di studio a Copenhagen in cui fui colpito da due cose:
la cultura dell’even better (sempre meglio) ovvero l’incentivo dato ai cittadini a fare meglio di quanto la legge impone.
Esempio: non si possono costruire case in classe energetica B? Noi ti incentiviamo a farlo in classe A+, perchè se le fai in classe A fai il tuo dovere, mentre in classe B sei sanzionato. L’esatto contrario della nostra cultura del condono.il grande marketing territoriale basato sulla mobilità sostenibile e sul simbolo della bicicletta come oggetto distintivo della città.
14 anni dopo sembra che Copenhagen stia facendo di questa identità una leva di soft power sportivo, con l’obiettivo di diventare centro di eventi di ciclismo di livello internazionale.
Nella capitale danese il 49 per cento dei viaggi per lavoro o studio avviene in bicicletta.
L'amore della città per il ciclismo è evidente anche dal sostegno dato ai ciclisti, come Jonas Vingegaard, vincitore del Tour de France, che ha ricevuto un'accoglienza da eroe a Copenaghen. La città ha già ospitato il Gran Départ del Tour de France nel 2022 e prevede di ospitare altri importanti eventi ciclistici, come i Campionati Mondiali di Ciclismo su Pista UCI del 2024 e i Campionati Mondiali di BMX UCI l'anno successivo.
Copenaghen non solo accoglie eventi ciclistici per promuovere il ciclismo professionistico, ma anche per sensibilizzare sull'importanza della sostenibilità. Tra i vari aspetti evidenti in materia ce n’è uno meno scontato ma altrettanto palese, a pensarci.
L'organizzazione di eventi ciclistici non richiede investimenti significativi in infrastrutture, nemmeno temporanee, come accade spesso per altri grandi eventi sportivi, contribuendo così a mantenere basso l'impatto ambientale.
A margine degli eventi Copenaghen organizza anche eventi come il Summit della Bicicletta, con l’obiettivo di promuovere la collaborazione internazionale per adottare il ciclismo come mezzo di trasporto quotidiano in tutto il mondo.
Ora l’obiettivo è quello di ospitare i Campionati Mondiali su Strada UCI del 2029 per consolidare l’immagine di principale destinazione ciclistica del mondo e condividere la cultura ciclistica unica con il mondo intero.
È un tema che personalmente mi appassiona perché i comuni hanno un valore storico e culturale fondamentale nella nostra cultura (europea, non solo italiana), anche sportiva, ed il loro ruolo futuro non può non essere un tema di discussione quando parliamo di eventi e identità.
Noi ci sentiamo la settimana prossima.
Restiamo in contatto!
A presto.
Pezzo gigante, complimenti, soprattutto per quanto riguarda i giovani nelle leghe inferiori in Italia. Seguendo distrattamente la squadra del mio paese, che gioca in Serie C, ho avuto modo di constatare che tantissimi (se non praticamente tutti) gli Under impiegati nelle sei stagioni di Serie C disputate, oggi hanno smesso totalmente di giocare. Parliamo di ragazzi che erano fuoriusciti dai vivai di Inter, Juventus, Torino, Fiorentina, ecc., che oggi si dedicano a tutt'altro, ad appena due/tre anni da una stagione da titolari in Terza Serie.