[50] Il calcio è business e altro: agitare, non mescolare
Tutti parlano dello sport più amato in termini economici, ma le analisi degli esperti raccontano un mondo inefficiente dominato dalla politica e da comportamenti illogici in ottica di mercato.
Berlino, 16 marzo 2024
Ben ritrovati.
Una settimana fa sono stato a Barcellona per una meritata pausa e, come forse avete notato, anche Fubolitix non è uscito. Le vacanze fanno bene e danno motivi di riflessione, fanno riprendere con più voglia e ispirazione.
Lunedì ho letto questa newsletter di Roger Mitchell, un autore di cui vi ho già parlato nel numero 43 di Fubolitix.
Titolo: “E se il calcio non fosse un business?”.
Curiosamente, nelle scorse settimane avevo pensato di scrivere qualcosa di simile e il titolo che immaginavo era: “La grande balla del calcio come business”.
Tutti parlano del calcio in termini di business, ma le analisi degli esperti ci raccontano un mondo economicamente inefficiente, per lo più dominato dalla politica e da interessi trasversali. Forse meno che in passato, ma sempre in percentuale maggiore.
È innegabile che il fenomeno calcio sia multidimensionale: business, fenomeno sociale, sport di squadra, e tante altre cose ancora. Una lista che potrebbe continuare all’infinito.
Nei miei 5 giorni a Barcellona sono stato a tre eventi sportivi:
Barcelona - Montpelier di pallamano (Champions League) la sera del 7 marzo
Barcelona - Mallorca di Liga spagnola, la sera dell’8 marzo
Europa CE - La Nucia, valida per il campionato che corrisponde in Spagna alla nostra Serie D, sabato 10 marzo
Per chi non lo sapesse l’Europa (che a me piace soprattutto per la maglia con la v azzurra su campo bianco, che ricorda il mio Brescia) è una squadra di vecchia tradizione, che gioca nel quartiere Gracia di Barcellona, che fu finalista della Coppa di Spagna nel 1923 e per quanto ne capisco oggi corrisponde grosso modo a club identitari come Sankt Pauli o FC United of Manchester.
In pochi giorni ho toccato con mano realtà che attraverso il calcio fanno cose molto diverse, diametralmente opposte.
Da una parte il Barcellona: uno dei casi più avanzati di sfruttamento economico commerciale di una società polisportiva, formalmente configurata come cooperativa.
Dall’altra l’Europa, club di quarta divisione, ben organizzato, con un certo successo da collante per la comunità circostante, legato anche ad un intelligente (forse per certi tratti anche inconsapevole) costante richiamo alla propria identità.
Io penso che il calcio sia entrambe le cose.
Il business del Barcellona da una parte e la presenza socio culturale - attraverso lo sport dei club come l’Europa - dall’altra.
Stesso mezzo (il calcio). Fini diversi.
Ai miei amici-colleghi (il caporedattore spagnolo di OneFootball e l’ex direttore di Goal.com Francia) ho chiesto proprio questo:
Perché un club come l’Europa dovrebbe voler a tutti i costi giocare, in caso di promozioni ripetute (è in zona playoff in quarta dopo essere salito da secondo in quinta) nelle categorie professionistiche, considerando i problemi finanziari, strutturali (leggi: stadio), dimensionali che sempre ne conseguono?
È così brutto pensare che, così come i club della Liga si affrontano ogni anno per lo scudetto spagnolo, esistano club di quarto e quinto livello che competono per lo scudetto dei dilettanti e che dopo averlo vinto giocano per rivincerlo e non per salvare il proprio portafoglio e la propria identità in categorie superiori?
Ricordo anni fa i casi di Caratese e Rodengo Saiano che preferirono chiudere l’attività anziché andare (tornare, nel caso dei franciacortini) nei professionisti non avendone la struttura e la possibilità economico finanziaria.
Due club che non avevano scelta, perché i regolamenti non permettono di “scegliersi” la categoria optando ad esempio per rimanere in Serie D.
Perdere e perderemo!
Certamente molti di voi ricordano il famoso “perdere e perderemo” de L’allenatore nel pallone che il presidente Borlotti rivolge a Oronzo Canà prima di spiegargli che tenere una squadra come la Longobarda in Serie A è uno sforzo economico squilibrato e senza senso.
Chiaramente in questo passaggio tutti vediamo il presidente maneggione che vuole manomettere i risultati del campo.
Ma avete mai pensato che Borlotti (un disonesto nei metodi, sia chiaro) avesse le sue ragioni a preferire la sua squadra di provincia in una dimensione sportiva che le fosse più consona. E a non poter fare altro che sperare nella retrocessione, dopo aver fatto l’esperienza di un anno di Serie A?
Forse il mio titolo “la grande balla del calcio come business” sarebbe stato eccessivo.
Il calcio può essere business. Ma può essere anche tante altre cose.
Il problema è quello di pretendere che il calcio sia tutto insieme e pretendere anche che il risultato finale sia quello di un sistema armonico dove il vitello dai piedi di balsa, quello dai piedi tonnati, di spugna e di cobalto vivano tutti insieme in armonia, senza che nessuno provi mai a seminare zizzania e senza che alla fine si presenti l’orsetto di consolidata memoria.
Nel calcio possono convivere tutte le anime possibili a patto che non si pretenda di ragionare su una piramide unica come si è sempre fatto.
Parafrasando James Bond: “agitato, non mescolato”.
A Lisbona esiste un club che si chiama Casa Pia - di proprietà dello stesso investitore americano che acquistò due anni fa lo Spezia in Italia - e che all’atto della sua fondazione era la squadra di un orfanotrofio, poi divenuta forte fino ad arrivare in Primera Division.
Che senso ha tutto questo?
Forse oltre alle favole di Cenerentola sarebbe interessante chiedere anche che fine hanno fatto tutte le cenerentole che negli ultimi anni abbiamo celebrato: il Chievo, il Carpi, il Castel di Sangro del presidente Gabriele Gravina. Giusto per fare i primi tre nomi che mi vengono.
La storia di Icaro insegna. Volare vicino al sole non fa bene alla salute.
E nemmeno al portafoglio.
Preservare Icaro deve diventare un valore sportivo tanto quanto celebrare Cenerentola.
A Salò la società è ben gestita, ma con il Salò venne promosso anche il Lecco, ed oggi ci tocca sentire le dichiarazioni del presidente del club che sentenzia anzitempo di essere retrocesso e getta ombre di totonero sui propri giocatori: inaudite, inaudibili e fin qui infondate.
I grandi club devono poter sviluppare il loro business senza la zavorra politica di competizioni aperte e fintamente meritocratiche.
I piccoli club devono poter avere il diritto di essere riferimenti sociali nelle comunità di riferimento, senza finire in questioni economico finanziarie e infrastrutturali più grandi di loro.
E se non fosse un business?
La domanda di Roger Mitchell è più che legittima.
E se non fosse una cosa sola?
Il tema di fondo non è identitario, i tifosi del Barcellona e dell’Europa sanno benissimo cosa tifano quando vanno allo stadio a vedere la loro squadra.
Il tema è quello di governare la complessità.
E una risposta monolitica e monocratica quasi mai è la migliore, più efficiente, efficace e inclusiva possibile.
Io credo che nel futuro la dimensione di business e quella più socio - culturale - aggregativa dello sport più popolare al mondo possano convinvere.
Bisogna, il prima possibile, delinearne i confini identificandone senza infingimenti l’identità e le finalità.
Senza questo ci troveremo di fronte ad un sistema sempre più inefficiente e fallimentare di cui già vediamo il profilo nella realtà calcistica contemporanea.
Questa settimana
(1) IA contro il Totonero
La lotta contro il match fixing - che in italiano viene definito con una parola bellissima e altrettanto evocativa: totonero - si sta sempre più avvalendo dell'intelligenza artificiale (IA). Sportradar ha pubblicato i risultati del suo rapporto annuale, basati sul monitoraggio di circa 850.000 eventi sportivi lo scorso anno. Rispetto al 2022, la percentuale di eventi sospetti è rimasta stabile, ma l'uso dell'IA è aumentato, risultando decisiva nel 73% degli eventi segnalati, più del doppio rispetto all'anno precedente. L’IA è integrata nei sistemi di rilevamento delle frodi di Sportradar dal 2018 e analizza oltre 30 miliardi di cambiamenti di quote e attività di scommesse su 600 operatori globali. Complessivamente, i dati di Sportradar hanno portato a 147 sanzioni sportive e penali in 10 sport in 23 paesi. (FOS)
(2) Gerry il costruttore
In una intervista al Financial Times Business, Gerry Cardinale, presidente di RedBird Capital Partners, che possiede il Milan, ha dichiarato: “Sto per creare un'azienda che costruirà lo stadio del Milan, e voglio che poi costruisca stadi per tutte le altre squadre della Serie A. Non sono solo al vertice del Milan: voglio aiutare la Serie A a ridurre il divario rispetto alla Premier League".
* Della vicenda legale che interessa al momento il Milan parlo nell’Outro di oggi.
(3) Moneyfall
Ricordate gli Oakland Athletics di Moneyball? Ovviamente sì, visto che a ogni meeting in cui si parla di sport e dati c’è qualcuno che vi racconta la storia di Billie Bean e del suo club come fosse la cosa più originale e scoperta ieri (io ve lo dico, la prossima volta sbotto). Ebbene, il club di Moneyball sta per abbandonare Oakland, e la franchigia sarà portata a Las Vegas, dove già si lavora al nuovo stadio. Insomma, personalmente smetterei di sbandierare la questione Moneyball come una storia di successo. Adesso siamo nel lungo periodo di quella vicenda e come diceva Keynes: “Nel lungo periodo saremo tutti morti”. Pure gli Athletics.
(4) Flop da 100 milioni (e più)
In un video di questa settimana ho fatto l’analisi dei 14 affari maggiori del calciomercato (calciatori costati più di 100 milioni) con una certa sorpresa: i flop sono più dei successi. Trovo lecito farsi la domanda: ha senso spendere oltre 100 milioni per un calciatore? Apparentemente scontata, la risposta non lo è se guardiamo al mercato nella sua interezza.
(5) Regole al contrario
I club della Premier League dovranno affrontare sanzioni comminate da una commissione indipendente se cercheranno di ottenere accordi di sponsorizzazione gonfiati con società collegate ai proprietari. Le nuove regole finanziarie (SportsPro) imporranno regolamenti più rigidi. L’obiettivo: garantire la sostenibilità finanziaria a lungo termine dei club e evitare vantaggi competitivi ingiusti tra le squadre domestiche.
Opinione. Come ho già avuto modo di commentare, continuo a considerare queste regole semplicemente assurde perché si continua a concentrarsi sul lato ricavi quando bisognerebbe piuttosto omogeneizzare i costi (salary cap) oppure collettivizzare i ricavi maggiori sterilizzandoli, ovvero replicando quanto accaduto anni fa per i diritti tv ad esempio per gli sponsor tecnici e di maglia. Se controlli i ricavi ma poi permetti che si spenda in proporzione (percentuale) a questi il cane continua a mangiarsi la coda, mentre il resto è solo una inutile caccia alle streghe.
(6) Il debito dell’Inter
Recentemente ho parlato del debito Inter - Oaktree in un mio video che ha avuto anche una discreta diffusione su Youtube. Dopo questo video, in base a quanto ho appreso da fonti vicine all'Inter stessa, alla scadenza del bond del 20 maggio prossimo l'unico scenario in campo sarà il rifinanziamento del debito a tasso maggiorato. Altro al momento non viene preso in considerazione.
(7) Ancora i sauditi
La premiata rubrica “e allora i sauditi?” torna questa settimana con l’ultima trovata degli uomini del fondo PIF che hanno offerto 2 miliardi per prendersi il circuito ATP e WTA di tennis, Slam esclusi (SportsPro). Il presidente italiano del Tour, Andrea Gaudenzi, risulta essere già in trattative, anche per un torneo da giocare in gennaio. Che non è piaciuto molto agli organizzatori degli Australian Open che temono una invasione di calendario nel periodo che storicamente occupano loro.
(8) Intanto il Qatar (e il Marocco)
La Coppa del Mondo FIFA Under 17 si espanderà a 48 squadre e diventerà annuale, con le prossime cinque edizioni in Qatar. Lo ha deciso il Consiglio della FIFA che ha approvato il Rapporto annuale per il 2023. La Coppa del Mondo FIFA Under 17 Femminile, ampliata a 24 squadre, sarà ospitata dal Marocco fino al 2029 (CF).
(9) Volleyball analysis
Giovedì ho partecipato - con altre 100 persone - al webinar di presentazione del nuovo corso Wylab di Volleyball data analysis che ha un costo variabile dai 700 agli 800 euro in base alle formule scelte. La prima edizione dello scorso anno aveva 20 partecipanti. Ad una mia specifica domanda sulle prospettive occupazionali e salariali del ruolo, Giuseppe Vinci di VolleyMetrics (tra i principali promotori del corso) ha risposto con grande serietà e schiettezza (di cui gli dò atto, non è scontata in questi contesti): “Molte società pagano scout a gettone che fanno anche raccolta dati da video e da casa. Altre hanno analisti più esperti che possono avere contratti che arrivano fino all’importo corrisposto al vice allenatore”. Tra i partecipanti qualcuno ha parlato di “una decina di persone massimo che lo fanno a tempo pieno in Italia” e altri di “Club di Superlega che offronto 8 mila euro a stagione” per tale mansione.
Opinione. Considero encomiabile l’iniziativa di Wylab al di là del contesto culturale che non pare particolarmente ricettivo, al momento. Io stesso ho suggerito a Wylab di organizzare più webinar, magari in inglese e a pagamento, perché il volley (sport che amo) ha bisogno di ricerca, cultura e comunicazione per crescere. Il problema, tuttavia, è il solito: i club sportivi non hanno tra le loro priorità quella della creazione di valore nel lungo periodo. Ed é questa prospettiva a far crollare spesso le grandi potenzialità che uno sport potrebbe avere se non si focalizzasse esclusivamente sulle compravendite a rialzo dei migliori giocatori.
(10) Monza verso la cessione
Come ampiamente previsto il club che è stato di Silvio Berlusconi ed è tutt’ora nel perimetro di Fininvest verrà ceduto (CF). Nelle scorse ore si è registrata una forte accelerazione nelle trattative per l’ingresso in società di Orienta Capital Partners, fondo che fa capo ad Augusto Balestra. Complessivamente, la spesa di Fininvest per il Monza ha superato i 192 milioni di euro dal settembre 2018 ad oggi. In altre parole il club in 5 anni è costato quasi 40 milioni all’anno per passare dalla C alla B. Sarà interessante conoscere le cifre finali di un eventuale accordo.
Opinione. Perdonatemi ma io continuo a faticare a chiamarlo modello, tanto meno virtuoso.
Outro
Tutti abbiamo letto quanto accaduto in settimana a proposito delle indagini che coinvolgono il Milan.
Come sempre l’invito è quello alla calma, a un atteggiamento garantista, ed a non saltare alle conclusioni.
Calcio e Finanza sta facendo un ottimo lavoro di copertura, riportando le ragioni dell’indagine e le reazioni del club (qui e qui). Su Il Post c’è il consueto explainer dettagliato, chiaro, affidabile ed esaustivo.
Il ceo milanista Giorgio Furlani l’ha fatta breve: “I fatti sono semplici: il Milan è di RedBird“
La continua presenza nello scenario dei tribunali non aiuta certo il calcio italiano. Ma è il mondo in cui viviamo, e la funzione giudiziaria è pur sempre una delle garanzie del mondo libero in cui viviamo.
Noi come sempre ci sentiamo la settimana prossima.
A presto!
PS: se ancora non ne avete avuto abbastanza, e siete ancora sotto shock per la triplice eliminazione italiana in Champions league, in questo video sono tornato con un certo orgoglio sul mio pronostico (azzeccato) spiegando perché a volte i pronostici sono giusti anche quando sono sbagliati, e come si fanno le analisi a priori delle partite. Buona visione.
Questa settimana ti sei superato. La riflessione sul calcio come business la proporrò ai miei studenti, quando parleremo di SuperLega. Mai banale, sempre in grado di fornire spunti di riflessione: la mia lettura settimanale preferita.