[5] Chi paga davvero i Mondiali
La questione rimborsi, per i club che prestano i propri giocatori alle nazionali, rappresenta un problema vero che pone interrogativi sul futuro dell'organizzazione del calcio a tutti i livelli.
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Il cavillo che salva il calcio (per ora)
Nuovo capitolo della vicenda 16 dicembre, data in cui i club sportivi italiani dovranno versare 1 miliardo al fisco, con una quota significativa (900 milioni) dovuta dai club di Serie A, ed enormi problemi ad onorare la scadenza.
La vicenda va letta nel dettaglio (qui) per essere capita nella sua interezza. In estrema sintesi il ministero dello sport ha fatto ricorso ad uno spostamento di pochi giorni che permetterà ai club di salvarsi, temporaneamente. “Nessuna rateizzazione, solo un differimento tecnico dal 16 al 22 dicembre” ha detto il ministro dello Sport Andrea Abodi.
Ma un differimento sostanziale che non peggiorerà la situazione sul piano sportivo.
Va infatti ricordato, come scritto da Storiesport.it che l’adempimento verso il Fisco coincideva anche con le scadenze Federali, altrimenti ai guai con l’Erario si sarebbero aggiunte penalizzazioni in classifica. Il rinvio al 22 serve quindi a non peggiorare la situazione perché di fatto la Figc non potrà a quel punto intervenire visto che è il Fisco stesso a non pretendere più quella scadenza (16 dicembre). Quindi a livello sportivo, le società non risulteranno inadempienti. Lo sarebbero e lo saranno tutte (A, B e Lega Pro) al 16 febbraio 2022, cioè al prossimo steep di controllo federale, se non avranno pagato Irpef, contributi, Iva e altro: il 16 febbraio dovranno dimostrarlo alla Figc anche i club di serie A per evitare almeno le sanzioni sportive.
La misura ad hoc preparata dagli uffici del Ministero dello Sport è per adesso rimasta fuori dalla manovra, stoppata dal Governo e in particolare dal ministro Giorgetti, il dietrofront obbligato – non si può dare al pallone ciò che non diamo al Paese (come aveva rivendicato anche Matteo Renzi nelle scorse settimane) – mascherato da motivi di opportunità. Per ora, almeno. Intanto il macigno resta.
Chi paga davvero il mondiale
La Fifa ha stanziato una cifra di 209 milioni di indennizzo per i club di tutto il mondo che avranno giocatori impegnati nei prossimi mondiali del Qatar. Per ogni giocatore convocato la Fifa prevede di stanziare circa 10mila euro al giorno per tutta la durata in cui rimarrà impegnato nel Mondiale, compresa la preparazione.
I club, del resto, rinunciano per quasi due mesi ai loro giocatori, ed al mondo non esiste alcun settore economico in cui una azienda non possa disporre dei propri dipendenti per cosí tanto tempo (le cose non cambiano negli anni senza Mondiali, a tutte le convocazioni) per farli lavorare ad un’altra impresa, di tipo pubblico, come possiamo considerare ad esempio le squadre nazionali.
Il tema è stato ripreso da Tuttosport che ha fatto notare dati alla mano come in fondo i rimborsi siano davvero poca cosa rispetto ai costi che pure i club continuano a sostenere per i loro giocatori. Ne ha scritto in maniera condivisbile anche Giovanni Capuano (Radio 24 - Tutti convocati), sui suoi profili social.
Non si tratta, naturalmente, di retorica antifederale (contro Fifa o Uefa a seconda dei casi) ma di un tema vero, di costi e disponibilità delle risorse, che in sostanza sta anche alla base delle rivendicazioni di chi vuole competizioni diverse. Un tema aperto in cui nessuno (club, leghe, federazioni nazionali ed internazionali) è esente da ragioni, torti, colpe o meriti. E che in quanto tale andrebbe affrontato, anche per il bene dello sport in sé e dello spettacolo che ne deriva.
In Inghilterra si vende
La famiglia Glazer - che controlla il Manchester United dal maggio 2005 - ha ufficialmente messo sul mercato quote del club. Ufficialmente per rafforzarne la crescita, di fatto per monetizzare la propria presenza in quasi 20 anni di proprietà.
L’era Glazer al Manchester United è stata controversa ed assai discussa ed ha portato anche una parte dei tifosi a staccarsi dal club per fondarne uno proprio, l’FC United of Manchester, in nome di un calcio romantico e lontano dalle logiche finanziarie seguite dal club.
Nel grafico qui sotto, tratto da Swiss Ramble (un account twitter che recentemente ha anche aperto una propria newsletter su Substack
L’operazione dei Glazers si inserisce nel quadro di cessioni di quote di cui avevo dato conto la settimana scorsa nel quarto numero di questa newsletter, che al momento riguarda anche il Liverpool FC. La ragione è stata ben fotografata dal Financial Times: “Il valore dei club, anche in Premier League, é inferiore a quello dei club americani di vari sport”. Gli investitori, insomma, stanno scommettendo sulla crescita e ritengono che questo sia il momento di incassare.
Ma c’è pure una seconda ragione da non trascurare: i club inglesi sono stati quelli maggiormente osteggiati (da Governo e tifosi) quando scelsero di entrare nel progetto Superlega. I due club in questione dovettero addirittura rinviare un loro scontro diretto per invasione dello stadio il 2 maggio 2021. Al di là della bontà o meno di quell’idea, la limitazione imposta rappresenta una restrizione della libertà di indirizzo aziendale delle proprietà, ed è difficile non pensare che - in un’ottica di crescita futura - gli investitori americani non abbiano fatto le loro considerazioni ritenendo più proficuo, a questo punto, uscire dal gioco e lasciare ad altri l’onore.
Va ricordato - anche se non di strettissima attualità - che nel febbraio scorso anche la proprietà del Tottenham, secondo quanto riportato da The Athletic e mai smentito dal club, ha aperto le porte a possibili cessioni del club.
Uno da seguire
Aldo Comi è l’amministratore delegato di Soccerment, società specializzata in analisi calcistica, che dopo un percorso da analista finanziario ha fondato la sua azienda con l’obiettivo di accelerare l’adozione di modelli analitici anche nel calcio. Recentemente Aldo ha aperto
, una sua newsletter su questa piattaforma che merita a mio giudizio di essere seguita.La sua pubblicazione non parte con una cadenza prefigurata, ma i primi due numeri hanno già rivelato grande potenziale, parlando di due casi interessanti, quello dei Philadelphia Union e quello del Liverpool nell’era Fenway e di come questi club abbiano adottato con successo un approccio analitico alla gestione aziendale del club.
Il servizio pubblico dei Mondiali
Alessandra De Stefano dirige da un anno la testata sportiva della Rai, e in occasione dei mondiali ha rilasciato una intervista che merita di essere letta, ripresa tra gli altri da Calcio e Finanza. Tra i vari temi parla del concetto di servizio pubblico. Ognuno é libero di farsi un’opinione. Personalmente credo che sarebbe ora che a livello politico e parlamentare si facesse chiarezza su cosa é (e cosa non é), in Italia e per la Rai, servizio pubblico, in modo che si possa attribuire a questo importante concetto una lettura univoca e non opportunistica.
Sportwashing
I Mondiali in Qatar stanno facendo parlare per le vicende extracampo molto più che in passato. Non si ricorda tale sdegno nell’edizione 2018 in Russia né tantomeno nelle precedenti. Nel suo editoriale del sabato su Calcio e Finanza, il direttore Luciano Mondellini ha fatto qualche passo indietro ricordando come lo sportwashing non sia un fatto recente, e nemmeno tanto moderno.
Non vi é dubbio, tuttavia, che la sensibilizzazione in atto abbia nella stragrande maggioranza dei casi ragioni assolutamente nobili alla propria base anche se trovare ipocrisie e doppie morali é fin troppo facile se si vuole analizzare i fenomeni nella loro completezza.
Cosa tenere, quindi, di buono, di tutto il dibattito di questi giorni?
Sicuramente iniziative come quella de L’Ultimo Uomo che ha raccolto tutti i reportage su quanto accaduto in Qatar prima dei Mondiali, ed anche la toccante raccolta “Cards of Qatar” che raccoglie le storie (in formato figurine) di alcune vittime della costruzione degli stadi in cui si giocano il mondiale.
Questioni di coerenza (?)
Vi é un tema di fondo che torna ogni volta che qualche esponente istituzionale o anche semplice cittadino di una democrazia occidentale esprime solidarietà verso quanto accade in stati illiberali che non tutelano i diritti umani. È quello della coerenza rispetto a ciò che si denuncia e ciò che si tende a giustificare. Ne scrivo perché il tema é tornato forte sulle diverse vicende legate a Qatar 2022 (i diritti della comunità lgbtq+ e quelli dei lavoratori su tutti). Di questo scrive Angelo Panebianco in un editoriale per il Corriere della Sera. In particolare condivido e mi pare significativo un passaggio: “I regimi autoritari usano solo la ragion di Stato quando agiscono sulla scena internazionale. Ciò discende dalle loro caratteristiche. C’è coerenza fra il comportamento di un regime autoritario a casa sua — dove reprime con la forza il dissenso — e il suo comportamento internazionale (si tratti di bombardare deliberatamente civili inermi o di fare assassinare un giornalista). Le democrazie, invece, a causa delle loro caratteristiche, sono costantemente strattonate in due direzioni opposte. Il realismo le spinge a distinguere amici e nemici, a separare quelli da contrastare e basta e quelli con cui, per ragioni economiche o geopolitiche, si deve convivere. Ma le democrazie non sono regimi autoritari. C’è sempre un conflitto potenziale fra due opposte esigenze: osservare (come pure le democrazie fanno tutte le volte che possono) i dettami della ragion di Stato e rivendicare urbi et orbi la validità universale dei propri principi democratici”.
Outro
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