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Avatar di Enrico Maccione

Ciao Giovanni,

Come sai, leggo sempre le tue newsletter con molto interesse. E anche questa volta sei riuscito a catturarmi con una lettura diversa da tutte quelle che ho trovato in giro. Infatti la narrativa principale dopo il disastro della nostra Nazionale è più o meno: "Oddio, siamo in crisi! Come facciamo ad uscirne?". Come fai solitamente, invece, ti sei posto un passo indietro chiedendoti (e chiedendoci) se davvero il nostro calcio sia in crisi.

Invece di rispondere, la domanda che invece io vorrei fare a te, spostandomi ancora più lontano, è la seguente: "Se anche il nostro calcio fosse in crisi (e potrà esserlo per i prossimi decenni), perché dovrebbe essere un problema?".

È la domanda che mi frulla in testa da qualche giorno, e che, molto stranamente, ho postato anche su LinkedIn (cosa che non faccio praticamente mai).

Come paese stiamo eccellendo, non so se per fortuna o pianificazione, in tantissimi sport: tennis, pallavolo, atletica, nuoto per dirne alcuni.

E questo mentre il calcio è da diverso tempo che non è più un ambiente sano praticamente su molti livelli, economico e sociale su tutti.

E se quindi questo potenziale fallimento del mondo del pallone sia invece una opportunità di spostare l'attenzione e la pratica sportiva verso altri sport, peraltro più completi ed indicati per uno stile di vita più salutare?

Per completare il mio ragionamento, provo a farti due esempi pratici:

1) Ho vissuto per circa 3 anni a Copenhagen, dove peraltro sono andato a vedere alcune partite del FC Copenhagen (disclaimer: non un grande spettacolo). Al netto del rocambolesco Europeo del 92, non si può dire che il calcio danese sia mai stato particolarmente d'elite, né per la squadra nazionale né come campionato. Tuttavia, in tutti i parchi pubblici (btw, perfettamente tenuti e perfettamente lasciati dopo l'attività) vedevi moltitudini di persone di tutte le età giocare ed allenarsi perfettamente organizzati. Allo stesso modo, nella società di consulenza per cui lavoravo si organizzava da anni una partita di calcetto ogni settimana alle 7 di mattina (disclaimer: anche questo non un grande spettacolo, giocano con delle regole assurde). Da quel che ho potuto vedere, il calcio viene quindi vissuto in maniera sana, le società giovanili sono in salute e ben organizzate e giocare a pallone è sinonimo di inclusione (non per altro, vedi giocare anche molte ragazze e la loro squadra nazionale femminile è molto forte). Forse non tutti seguono il campionato danese, guardando piuttosto la Premier League e "tifando" una squadra di un altro paese (cosa che ho sempre ritenuto curiosa). Ma è davvero un problema?

2) Sviluppiamo "fanta giochi" sportivi, tra cui il Fanta basket ufficiale di Eurolega, e siamo rimasti allibiti dalle numeriche esagerate di utenti che portano paesi come Serbia, Croazia e Slovenia. Abbiamo quindi fatto un accordo con un grosso gruppo editoriale balcanico (United Group) che aveva spinto il gioco di Eurolega per fargli il Fanta Euro 24 su 8 siti. Avendo tutte le nazionali con buone prospettive, ci aspettavamo numeri incredibili. Invece non ha raggiunto minimamente i numeri del basket. E' successo anche per ragioni come un lancio con tempi più ridotti ed organizzato meno bene, ma in ogni caso questo mi ha colpito. Come ben sai, in quei paesi la cultura sportiva è eccellenza pura: nonostante i pochi milioni di abitanti, hanno il più forte giocatore della NBA ed un altro che è giusto arrivato alle Finals, il più forte tennista della storia e quello che potrebbe essere il più grande ciclista di sempre. Anche sul calcio hanno avuto ottimi risultati (la Stella Rossa, la recente Croazia), ma - con le dovute eccezioni - anche le loro spedizioni a Euro 24 non sono state particolarmente brillanti. E per il poco che abbiamo potuto toccare con mano, anche l'interesse non era minimamente paragonabile a quello del basket. Ma anche qui ricorre la stessa domanda: è davvero un problema?

Certo, il calcio è una industria. Ma come tutte le industrie, ci possono essere momenti di crisi in cui l'interesse e l'indotto vengono distribuiti su altri canali, in quella che è una continua evoluzione di domanda ed offerta.

E per ciò che riguarda il tessuto sociale, ripeto: non mi sembra che il calcio stia più assolvendo a quella funzione da tempo.

Scusa per il lungo commento e a presto :)

Enrico

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Avatar di Cristiano Gozzi

Ciao Giovanni, ti leggo/seguo da qualche giorno e mi piace!

io mi limito a scrivere dell'ultimo punto poiché ci lavoro; il calcio di base e i giovani nei dilettanti.

Il divario tra il calcio dei dilettanti e il calcio dei club professionisti aumenta sempre di più. Vuoi per i numeri dei giovani oggi minori rispetto a 30/40 anni fa; gli stessi giovani che o riescono a giocare a buoni livelli oppure lasciano, proprio perché un tempo c'era solo il calcio ora le proposte sportive sono molteplici. Un tempo si poteva scovare il giocatore nei dilettanti , oggi si sente sempre meno. A 20 anni se non sei nel club professionista non ti vede più nessuno. Io sono tra quelle persone che credono che i "Torricelli" per dirne uno, ci siano ancora. Credo si debba colmare il "gap" o per lo meno, accorciare la forbice di tra professionismo e dilettantismo dal punto di vista economico con una redistribuzione delle risorse economiche e di competenza. Quindi una redistribuzione capillare delle conoscenze e di cultura sportiva che ancora tra i dilettanti manca.

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