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lug 2Messo Mi piace da Giovanni Armanini

Ciao Giovanni,

Come sai, leggo sempre le tue newsletter con molto interesse. E anche questa volta sei riuscito a catturarmi con una lettura diversa da tutte quelle che ho trovato in giro. Infatti la narrativa principale dopo il disastro della nostra Nazionale è più o meno: "Oddio, siamo in crisi! Come facciamo ad uscirne?". Come fai solitamente, invece, ti sei posto un passo indietro chiedendoti (e chiedendoci) se davvero il nostro calcio sia in crisi.

Invece di rispondere, la domanda che invece io vorrei fare a te, spostandomi ancora più lontano, è la seguente: "Se anche il nostro calcio fosse in crisi (e potrà esserlo per i prossimi decenni), perché dovrebbe essere un problema?".

È la domanda che mi frulla in testa da qualche giorno, e che, molto stranamente, ho postato anche su LinkedIn (cosa che non faccio praticamente mai).

Come paese stiamo eccellendo, non so se per fortuna o pianificazione, in tantissimi sport: tennis, pallavolo, atletica, nuoto per dirne alcuni.

E questo mentre il calcio è da diverso tempo che non è più un ambiente sano praticamente su molti livelli, economico e sociale su tutti.

E se quindi questo potenziale fallimento del mondo del pallone sia invece una opportunità di spostare l'attenzione e la pratica sportiva verso altri sport, peraltro più completi ed indicati per uno stile di vita più salutare?

Per completare il mio ragionamento, provo a farti due esempi pratici:

1) Ho vissuto per circa 3 anni a Copenhagen, dove peraltro sono andato a vedere alcune partite del FC Copenhagen (disclaimer: non un grande spettacolo). Al netto del rocambolesco Europeo del 92, non si può dire che il calcio danese sia mai stato particolarmente d'elite, né per la squadra nazionale né come campionato. Tuttavia, in tutti i parchi pubblici (btw, perfettamente tenuti e perfettamente lasciati dopo l'attività) vedevi moltitudini di persone di tutte le età giocare ed allenarsi perfettamente organizzati. Allo stesso modo, nella società di consulenza per cui lavoravo si organizzava da anni una partita di calcetto ogni settimana alle 7 di mattina (disclaimer: anche questo non un grande spettacolo, giocano con delle regole assurde). Da quel che ho potuto vedere, il calcio viene quindi vissuto in maniera sana, le società giovanili sono in salute e ben organizzate e giocare a pallone è sinonimo di inclusione (non per altro, vedi giocare anche molte ragazze e la loro squadra nazionale femminile è molto forte). Forse non tutti seguono il campionato danese, guardando piuttosto la Premier League e "tifando" una squadra di un altro paese (cosa che ho sempre ritenuto curiosa). Ma è davvero un problema?

2) Sviluppiamo "fanta giochi" sportivi, tra cui il Fanta basket ufficiale di Eurolega, e siamo rimasti allibiti dalle numeriche esagerate di utenti che portano paesi come Serbia, Croazia e Slovenia. Abbiamo quindi fatto un accordo con un grosso gruppo editoriale balcanico (United Group) che aveva spinto il gioco di Eurolega per fargli il Fanta Euro 24 su 8 siti. Avendo tutte le nazionali con buone prospettive, ci aspettavamo numeri incredibili. Invece non ha raggiunto minimamente i numeri del basket. E' successo anche per ragioni come un lancio con tempi più ridotti ed organizzato meno bene, ma in ogni caso questo mi ha colpito. Come ben sai, in quei paesi la cultura sportiva è eccellenza pura: nonostante i pochi milioni di abitanti, hanno il più forte giocatore della NBA ed un altro che è giusto arrivato alle Finals, il più forte tennista della storia e quello che potrebbe essere il più grande ciclista di sempre. Anche sul calcio hanno avuto ottimi risultati (la Stella Rossa, la recente Croazia), ma - con le dovute eccezioni - anche le loro spedizioni a Euro 24 non sono state particolarmente brillanti. E per il poco che abbiamo potuto toccare con mano, anche l'interesse non era minimamente paragonabile a quello del basket. Ma anche qui ricorre la stessa domanda: è davvero un problema?

Certo, il calcio è una industria. Ma come tutte le industrie, ci possono essere momenti di crisi in cui l'interesse e l'indotto vengono distribuiti su altri canali, in quella che è una continua evoluzione di domanda ed offerta.

E per ciò che riguarda il tessuto sociale, ripeto: non mi sembra che il calcio stia più assolvendo a quella funzione da tempo.

Scusa per il lungo commento e a presto :)

Enrico

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Ciao Enrico, utilizzerò sicuramente il tuo commento per la sessione di Q&A. Hai colto esattamente il mio punto di vista e il mio punto di partenza: per parlare di calcio non bisogna parlare di risultati ma del perché si fa calcio, come e dove.

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lug 3Messo Mi piace da Giovanni Armanini

Ciao Giovanni, ti leggo/seguo da qualche giorno e mi piace!

io mi limito a scrivere dell'ultimo punto poiché ci lavoro; il calcio di base e i giovani nei dilettanti.

Il divario tra il calcio dei dilettanti e il calcio dei club professionisti aumenta sempre di più. Vuoi per i numeri dei giovani oggi minori rispetto a 30/40 anni fa; gli stessi giovani che o riescono a giocare a buoni livelli oppure lasciano, proprio perché un tempo c'era solo il calcio ora le proposte sportive sono molteplici. Un tempo si poteva scovare il giocatore nei dilettanti , oggi si sente sempre meno. A 20 anni se non sei nel club professionista non ti vede più nessuno. Io sono tra quelle persone che credono che i "Torricelli" per dirne uno, ci siano ancora. Credo si debba colmare il "gap" o per lo meno, accorciare la forbice di tra professionismo e dilettantismo dal punto di vista economico con una redistribuzione delle risorse economiche e di competenza. Quindi una redistribuzione capillare delle conoscenze e di cultura sportiva che ancora tra i dilettanti manca.

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lug 3Messo Mi piace da Giovanni Armanini

Ciao Giovanni,

in merito al tema spesso sollevato dei "troppi giocatori stranieri in Italia", vorrei proporre uno spunto di riflessione con un angolo totalmente opposto.

Invece di analizzare il numero di stranieri che importiamo nelle nostre leghe professionistiche, sarebbe interessante analizzare il numero di italiani che esportiamo nei campionati esteri. A mio parere, questa dovrebbe essere la vera misura della competitività dei nostri talenti e non il contrario.

Mi sbaglierò... ma ho l'impressione che l'Italia sia un fanalino di coda in tal senso: non necessariamente per mancanza di talenti, ma forse per una certa riluttanza a mettersi in gioco con culture diverse o ad uscire dalla nostra zona di comfort.

Conosciamo le punte di eccellenza (Zaniolo, Calafiori, Balotelli, ecc.), ma non sono sicuro che questo "iceberg" vada molto in profondità...

Per concludere: invece di proporre misure protezionistiche e corporative, diamo libero sfogo alla competizione in tutti i campi (sportivi) internazionali e aiutiamo il movimento a creare una cultura in tal senso. Magari anche con misure di sostegno economico per i giovani e le loro famiglie che considerano l'espatrio come un'opportunità.

Ciao e grazie,

Riccardo

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lug 5·modificato lug 5Autore

È esattamente il mio punto di vista! Anche se ci andrei piano con l’ultima parte

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lug 2Messo Mi piace da Giovanni Armanini

Buongiorno Giovanni, ciao a tutti

Ti scopro grazie alla newsletter de Michele Tossani. Vivo in Bretagna, sono Francese (scusatemi per il mio italiano)

Per dare due o tre idee da lontano:

• la posizione del presidente FIGC;

o Non ho aviso. Conosco bene il mondo federale della Francia perche ci ho lavorato del latto sportivo ma non saprei se le norme in questi due mondi vano di pare

• l’autonomia dello sport;

o Secondo me, il sport in se è autonomo, anzi la pratica sportiva e ovviamente quella calcistica è autonoma e non è in crisi. E in crisi il mondo sportivo e calcistico professionale e semi professionale (forse ancora di più, al meno in Francia dove un bel po’ di club si organizzano con il modelo delle serie professionnale ma senza le strutture equilibrate al livello di decisione o formalizazione; e con piu uscite di rientre al livello di soldi).

• il calcio di club e delle nazionali;

o Qui direi che un bel problema c’è, ma non solo in Italia. Probabilmente in tutti paesi dove il campionato è abbastanza sviluppato (quelli, come dicevi, con cui ci confrontiamo). La rivalita o al meno la dissonanza tra il campionato professionale e le letture della federazione che organizza la pratica (e, quindi, l’entrata dei giochatori-trice nello sport calcistico e non solo nella pratica del gioco autonoma). Se vogliamo una caricatura; c’è la nostra situazione (rivalita tra fede e lega pro), situazione inglese che ci sta equilibrando un po’ (dominanza del calcio di club sulle nazionale) e quella dei paesi meno importanti (pensiamo) come campionato (ollanda, swizzera, belga, portogallo, paesi del Est o del sudamerica) dove quindi, la federazione sviluppa e accompagna i giovani gioccatori forse con piu “liberta” o margine (biobanding etc) senza dovere entrare in negoziazione con i allenatori dei club e direttore delle academie. Poi i gioccatori vanno via e sono convocati se sono abbastanza bravi. Esempio probabilmente inequivocabile: l’Uruguay de Maestro Tabarez.

Poi c’è la situazione dei paesi africani basata sulle academie (quasi sempre) private per poi fare comercio con club professionale. Qui entranno le doppie nazionalite e il scelto dei gioccatori per una nazionale + facilmente accesibile o con un legame piu forte per ripresentare una federazione che, pero, non ha contribuito a fare crescere il gioccatore. Un modo di confrontare due federazione senza possibilta neanche minima de confrontare due legue professionale dal punto di vista economica, sportiva o politica

• la sostenibilità come metodo;

o Qui direi che una sostenibilità potrebbe esistere perchè in Italia come da tutto il mondo, ci sono personne stabile e in capacita di gestire soldi e essere umani. Detto questo, parliamo di calcio come oggetto sociale e mediatico particolatissimo e dello sport con il rapporto attaco-diffesa il piu favorevole alla diffesa... Quindi un metodo sostenibile basatto su delle decisione chiare e prudente educando anche gioccatori e tifosi...Ci servono Te, Michele Tossani e l’Ultimo Uomo. I club sono ancora nel ciclo delle anni 90’s e infatti, cercanno mecene o proprietari richi per (provare a) mantenere il loro sistema sopra acqua. Ricostruire tutto il sistema e possibile. Teoricamente al meno

• il calcio di base: giovani, dilettanti… e Coverciano.

o Non conosco abbastanza l’ambiante italiane (quella della Francia direi di si ma non è l’oggetto) et mai messo un piede a Coverciano. Da lontano ma non solo (per raggione familiare vado spesso in Italia) direi cmq che siete spesso critiche sul vostro calcio (quando dico vuoi va sentito le personne Italiane con chi parlo in Italia cioè non è una verita scientifica ovviamente ma una senzazione personnale chiara da varie anni). C’è sempre qualcuno per criticare il paese in generale e fare paragona con il passato e parlare di Ariggo Sacchi, di Zeman o di Lippi (dimenticando quasi sempre Moggi) e misurare le differenze tra Calafiori e Maldini o ancora opporsi a Lopetegui perchè...chi sa perchè? Insomma non conosco la formazione delle allenatori italiani e non vedo tutto del calcio italiano ma ci vedo cmq delle cose interessante, delle novite e delle personne preparate. Questa, secondo me, conta al momento di parlare di crisi no?

Scrivere in italiano, anche questo è una bella esperienza!!!

A presto!!

T.G.

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lug 2Messo Mi piace da Giovanni Armanini

Grazie a te per gli spunti di dibattito. Per rispondere alla tua domanda, non conosco la situazione italiana (vivo in Brasile) , ma qui in Brasile la CBF è obbligata a pagare la parte di stipendio più tutte le spese dei giocatori convocati come stabilito da una legge federale E se non sbaglio Fifa e Uefa corrispondono ai clubs un indennizzo per i clubs i cui calciatori disputano una competizione sotto la loro egida. Evito il discorso dell'orgoglio di "servire" e rappresentare il proprio paese perchè mi rendo conto sia totalmente anacronistico rispetto allo sport professionistico (e non solo)

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Si David ma sono noccioline. È una piccola percentuale dei loro ingaggi reali

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lug 2Messo Mi piace da Giovanni Armanini

Grazie Giovanni per l'analisi sempre approfondita e fonte di stimoli. Non ho temi nuovi da mettere in campo... Per cui posso dire solo quale sia la mia sensazione, già sviluppata da altri nei commenti precedenti: è che, ed è un bene, c'è una maggiore offerta in termini di sport ed attività ludiche per i giovani. Nuovi sport, meno 'sporchi' e agonistici che ben si adattano al clima sociale sterilizzato delle madri d'oggi. I tempi calcistici poi, lenti e fatti di parecchi vuoti e pochi clou, lo rendono molto meno attrattivo per gli iperattivi bambini d'oggi... In tal senso il calcio è uno sport vecchio, datato e francamente non so come possa rinnovarsi senza snaturarsi...

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lug 2Messo Mi piace da Giovanni Armanini

I’m going to do my Sunday column on this Giovanni.

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I will read it as usual! Thanks

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lug 2Messo Mi piace da Giovanni Armanini

The quality of your work recently is astonishing.

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I'm very happy that you're appreciating Roger :) always up for a call or for sharing thougts if you want.

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Me too. But this column I need to do on my own. 🇮🇹🏴󠁧󠁢󠁳󠁣󠁴󠁿

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lug 2Messo Mi piace da Giovanni Armanini

Fermo restando che secondo me sono crisi cicliche, d'altronde il campione generazionale non puoi sempre avercelo credo che ci siano un paio di temi da aggiungere. Per le nazionali, un tema è la gestione dei giovani stranieri: non gli viene data facilmente la cittadinanza italiana, spesso appartengono a famiglie fragili e quindi "il calcio" se non viene usato come ammortizzatore sociale/culturale difficilmente li intercetta per incardinarli in un percorso di selezione professionale. Serve portare quei ragazzi sui campetti, così che possano essere osservati e aumenti il bacino di selezione professionistico.

Per i club secondo me l'unico vero problema è l'impianto in sé. Non possono essere loro stessi a farsi le regole, serve una Federazione autonoma che fa scelte mirate al prodotto collettivo.

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Ciao Fra, non riesco a capire l'ultima parte. Cosa intendi sulla Federazione autonoma?

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I have some radical thoughts.

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Credo che la situazione attuale della nazionale dipenda molto dallo sauilibrio si potere che si è via via creato ed ampliato tra Lega (i clubs) e federazione. Quale è oggi il reale peso della federazione, a livello politico ed economico? I clubs (= Lega) godono di entrate finanziarie che la federazione non ha, decidono in modo quasi esclusivo sul format delle competizioni ( vedi allargamento della Supercoppa o format "classista" della coppa italia) , discutono dei diritti televisivi, perfino in Europa hanno Un loro organo rappresentativo. Insomma, sono più potenti e hanno interessi divergenti da quello della federazione, cosa che si vede benissimo quando si tratta delle partite della nazionale, al di fuori di europei e mondiali, vissute come un fastidio e alle quali gli stessi calciatori partecipano di malavoglia.

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Ciao Davide, grazie per il commento. Non ti rispondo ora ma lo userò per il Q&A perché poni 2/3 questioni interessanti. Per ora ti lascio una domanda: se tu avessi (magari ce l'hai) un'azienda, saresti contento di lasciare 90 giorni all'anno i tuoi dipendenti che regolarmente paghi ad una azienda nazionale a produrre per essa senza trarne nulla?

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Grazie a te per gli spunti di dibattito. Per rispondere alla tua domanda, non conosco la situazione italiana (vivo in Brasile) , ma qui in Brasile la CBF è obbligata a pagare la parte di stipendio più tutte le spese dei giocatori convocati come stabilito da una legge federale E se non sbaglio Fifa e Uefa corrispondono ai clubs un indennizzo per i clubs i cui calciatori disputano una competizione sotto la loro egida. Evito il discorso dell'orgoglio di "servire" e rappresentare il proprio paese perchè mi rendo conto sia totalmente anacronistico rispetto allo sport professionistico (e non solo)

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