Il calciomercato delle nazionali
Sempre più rappresentative mettono a punto strategie di scouting internazionale per scovare giocatori naturalizzabili: e la realtà, come spesso accade, è il contrario di come viene descritta.
Berlino, 14 novembre 2024
L’identità cittadina si stempera in un quadro regionale, quella regionale in un quadro nazionale. (Massimo Montanari)
Il miglior reportage che lessi durante il mondiale Qatar 2022 venne realizzato da Vox, una testata americana, che fotografò con ampio uso dell’infografica il fenomeno delle migrazioni nel calcio.
Ne uscì un quadro chiaro e a tratti sorprendente che ci dice alcune cose per rispondere ad una domanda: quanti giocatori presenti al mondiale non sono nati nel Paese di cui vestono la maglia?
Mi riferirò impropriamente a questi giocatori nell’insieme come a “stranieri”, per semplificare il concetto ben sapendo che il termine è, appunto, improprio.
Ne escono alcuni dati interessanti.
Il primo: siamo portati a pensare che il fenomeno sia recente, ma già nel 1930 alla prima edizione il 5% dei giocatori presenti era nato fuori dai confini del Paese rappresentato. Oggi il fenomeno si è solo ingrandito, triplicandosi rispetto alla prima edizione 16,5% con una crescita superiore al 50% solo negli ultimi 4 anni (nel 2018 gli “stranieri” erano l’11,2%.
In totale parliamo di 137 giocatori presenti a Qatar 2022.
Il secondo: solo 4 paesi su 32 (Brasile, Argenti, Arabia Saudita e Korea del Sud) non avevano alcuno straniero.
Vox divide i 137 in tre categorie:
ancestral connection (i giocatori nati all’estero da genitori o nonni migranti): 71%
natural migration (i giocatori emigrati da piccoli e poi naturalizzati): 22%
soccer based migration (giocatori che hanno ottenuto il passaporto in quanto calciatori): 7%, ovvero i 7 giocatori stranieri (ma qui stranieri per davvero perché vennero reclutati esclusivamente in vista del mondiale casalingo) nella rosa del Qatar, i 2 casi nel Portogallo e 1 nel Messico.
Spesso su questo tema si fa l’esempio della Francia, che in realtà al mondiale si è presentata con un solo giocatore non nato in Francia (Steve Mandanda, il portiere di riserva, nato nella Repubblica Democratica del Congo, a Kinshasa, il 28 marzo 1985, ma trasferitosi in Francia da giovane).
La squadra europea con più giocatori nati fuori dai confini nazionali è stata la Croazia (7), per non menzionare il caso del Galles 10 in quanto improprio vista la particolarità delle associazioni sportive inglesi che sono fenomeni regionali a sé stanti.
Ma il vero fenomeno degli stranieri ha interessato soprattutto le squadre africane: il Marocco ne schierava 14, il Senegal 11, la Tunisia 12, il Camerun 9 e il Ghana 8.
Si parlò molto del Marocco soprattutto perché, come inevitabilmente accade nello sport, a fare notizia è la nazionale che ha i risultati migliori (i marocchini arrivarono in semifinale).
A tal proposito vale la pena di rileggere il bel reportage di Alex Cizmic, che peraltro è corrispondente del Guardian ma anche uno dei talentuosi freelance della mia redazione a OneFootball.
Dopo il mondiale il fenomeno si è ulteriormente incrementato, e se l’Italia oggi schiera Mateo Retegui in attacco, che peraltro con 11 gol è capocannoniere di Serie A, uno che nessuno conosceva quando Roberto Mancini lo chiamò per la prima volta in nazionale, altre nazionali stanno improntando una categoria di scouting internazionale per non farsi scappare i loro migliori talenti.
Durante l’europeo - prima della sfida contro l’Italia - parlai ad esempio di quanto fatto dall’Albania, in “L’Albania non è un avversario qualunque”, mentre più di recente fa parlare di sé l’Indonesia.
La nazionale indonesiana di calcio sta migliorando grazie alla strategia di reclutare giocatori della diaspora, specialmente quelli attivi in campionati europei.
Attraverso un sistema di scouting avanzato e il sostegno di dirigenti come l’ex presidente dell’Inter Erick Thohir, il team include ora calciatori con legami familiari indonesiani, ma con esperienza internazionale.
Questa strategia ha dato risultati promettenti nelle qualificazioni ai Mondiali.
Ed infine negli ultimi giorni il Guardian ha raccontato il caso della Turchia, soffermandosi in particolare su un dato curioso: molti dei giovani talenti della Turchia emergono attualmente da contesti esteri, con la maggior parte dei giocatori di spicco nati e cresciuti fuori dalla Turchia, in particolare in Germania.
Questa “generazione d’oro” include giocatori come Hakan Çalhanoğlu (nato a Mannheim) e Kenan Yıldız (originario di Ratisbona). Inoltre durante partite recenti della nazionale, la maggior parte dei titolari erano nati o formati all'estero.
E qui il Guardia si prodiga in una paternale sui club turchi che investirebbero poco nel settore giovanile, dimenticando tuttavia di fornire la controprova. Anche perché su questa i dati non tornano: perché la Germania che forma i giovani turchi è al contempo ai minimi storici delle sue fortune calcistiche a livello di rappresentativa nazionale?
Il calcio delle nazionali si conferma, insomma, fenomeno generazionale e sempre più internazionale, dove emerge il recruiting più della capacità di formazione e permane massiccia una dose di casualità, appunto, generazionale.
Note a margine.
Lotito bis. Per la seconda volta è stato bocciato l’emendamento proposto dal senatore di Forza Italia, Claudio Lotito, sulla proroga ai benefici fiscali per i calciatori “impatriati”, l’emendamento proponeva di riaprire la possibilità di accedere alle agevolazioni anche per guadagni sopra il milione di euro e di estenderla al 31 dicembre 2027.
Amnesty. Nei giorni scorsi in “Mondiale 2034, diritti umani à la carte” ho riportato la denuncia di alcune organizzazioni umanitarie internazionali secondo cui il rapporto per la candidatura dell'Arabia Saudita, col consenso della FIFA, conterrebbe solo quanto gradito dal paese, bypassando molti diritti universalmente riconosciuti. Ora Amnesty International ha chiesto alla FIFA di sospendere il processo di assegnazione dei Mondiali 2034, criticando la candidatura dell'Arabia Saudita a causa delle violazioni dei diritti umani nel paese, soprattutto contro lavoratori migranti. Secondo Amnesty, le riforme saudite non garantiscono adeguate protezioni, come salari minimi e sicurezza sul lavoro. FIFA dovrebbe assegnare il torneo a dicembre, con l'Arabia Saudita come unico candidato rimasto. Amnesty sollecita anche misure più forti per i diritti umani per i Mondiali 2030, ospitati da Spagna, Portogallo e Marocco.
In prigione. Faruk Koca, l'ex presidente del club turco Ankaragücü, è stato condannato a quasi quattro anni di prigione per aver aggredito l'arbitro Halil Umut Meler alla fine di una partita nel 2023. L'incidente, in cui Koca ha colpito Meler sul campo minacciando di ucciderlo, aveva portato a una sospensione di tutte le partite di campionato in Turchia e al suo divieto a vita dalle attività calcistiche. Koca ha anche ricevuto due sentenze sospese per minacce e per aver violato la legge sulla prevenzione della violenza nello sport.
Outro.
Gli errori dell’anti-pirateria.
Matteo Serra nel suo podcast Linee ha descritto molto bene quali errori sono stati commessi dall’anti-pirateria italiana nelle ultime settimane con l’intento di combattere l’utilizzo abusivo dei servizi di streaming.
Come sempre molto analitico, Serra ha intervistato il presidente dell’associazione italiana Internet provider Giovanni Zorzoni e la puntata merita di essere ascoltata con particolare attenzione.
Al termine del loro dialogo Serra dice sostanzialmente che secondo lui il problema a questo punto non è tanto di tecnologie per combattere la pirateria, ma di riflessione sul modello di business, e dice anche che il futuro del calcio dovrebbe essere molto simile a quello della musica: estremamente piratata agli albori della rete, oggi sembra aver trovato un suo modello di business con una più efficiente distribuzione.
Nascerà uno Spotify del calcio?
Non ne sono sicuro, però se vi doveste trovare a Roma nei prossimi giorni il mio collega a OneFootball Nick Neri, che è il nostro direttore delle partnership, parlerà di qualcosa di molto simile al Social Football Summit con Tommaso Bianchini (SS Napoli) e Marco Brusa (Gazzetta dello sport).
Io invece ne ho parlato qui su Fubolitix nell’ultimo anno in “Diritti tv, un futuro senza limiti geografici”, “Diritti tv, il termometro del calcio europeo” e “La fine dei diritti tv (per come li abbiamo conosciuti)”.
Buona lettura, se vorrete.
Anche per oggi è tutto. A presto!
Giovanni