Mondiale 2034: diritti umani à la carte
Il rapporto per la candidatura dell'Arabia Saudita, col consenso della FIFA, conterrebbe solo quanto gradito dal paese, bypassando molti diritti universalmente riconosciuti.
Berlino, 7 novembre 2024
Un diritto non è ciò che ti viene dato da qualcuno; è ciò che nessuno può toglierti. (Tom C. Clark)
L'11 dicembre prossimo, durante un congresso straordinario online, la FIFA assegnerà la Coppa del Mondo del 2034 all'Arabia Saudita.
Una delle parti più importanti del processo di approvazione della candidatura riguarda i diritti umani e la preparazione obbligatoria di un rapporto indipendente per i regolamenti della candidatura della FIFA.
I membri votanti dovranno aver esaminato e approvato quel rapporto sui diritti umani se vorranno votare per l'organizzazione saudita.
Sul tema in questi giorni hanno preso posizione undici organizzazioni internazionali, tra cui Amnesty International e Human Rights Watch, che hanno accusato Clifford Chance - uno dei più grossi studi legali al mondo - di aver fornito una relazione sui diritti umani in Arabia saudita che “non contiene alcuna discussione sostanziale sugli abusi estesi e rilevanti in Arabia Saudita documentati da numerose organizzazioni per i diritti umani e da organismi delle Nazioni Unite”.
Da circa una settimana Inside World Football aspetta una risposta dalla FIFA, interrogata in seguito alla denuncia.
Clifford Chance si è giustificata dicendo che l'ambito è stato "determinato da Saff in accordo con la Fifa" e in risposta alle organizzazioni per i diritti umani ha affermato che sarebbe stato "inappropriato" commentare oltre il rapporto pubblicato, senza voler aggiungere altro.
Il The Observer ha di fatto confermato questa versione, scrivendo che lo studio legale AS&H Clifford Chance ha accettato di limitare l'ambito del suo rapporto dopo che una richiesta della Federazione calcistica saudita (Saff), approvata dalla FIFA, avrebbe limitato il rapporto ai diritti umani riconosciuti in Arabia Saudita, anzichè a quelli riconosciuti a livello globale e dalla FIFA, e considerati rilevanti dalla federazione calcistica saudita.
Lo stesso Observer ha anche scritto che ci sono volute solo sei settimane per completare la revisione e che si è basata esclusivamente su interviste con i ministeri governativi.
Una sorta di: “State violando i diritti umani?” “No” “Ok, grazie per la risposta”.
Tra le questioni più scottanti il fatto che il regno arabo applica il sistema kafala, un sistema di sponsorizzazione del lavoro che lega i lavoratori alle aziende e proibisce i sindacati. In tema di diritti umani sono invece documentate numerose restrizioni alla libertà di espressione, ai diritti delle donne e alla discriminazione.
James Lynch, co-direttore dell'organizzazione per i diritti umani FairSquare, in un comunicato stampa ha dichiarato:
È chiaro da più di un anno ormai che la FIFA è determinata a rimuovere tutti i potenziali ostacoli per assicurarsi di poter consegnare al principe ereditario dell'Arabia Saudita Mohammed bin Salman la Coppa del Mondo 2034.
Producendo un rapporto incredibilmente scadente, AS&H Clifford Chance, parte di uno dei più grandi studi legali al mondo che fa molto della sua competenza in materia di diritti umani, ha contribuito a rimuovere un ultimo ostacolo fondamentale.
FairSquare è la stessa organizzazione di cui ho parlato in Fubolitix di sabato che in un recente rapporto ha dichiarato che “La FIFA non è adatta a governare il calcio mondiale” (un documento di 170 pagine in cui ci sarà modo di tornare in futuro su questa colonna).
Dal 2017, la FIFA ha adottato una politica sui diritti umani, ma dopo la Coppa del Mondo in Qatar non ha esitato a rivolgersi all'Arabia Saudita per organizzare la Coppa del Mondo per club del 2023 a Jeddah, il primo torneo FIFA nel regno arabo dalla Confederations Cup del 1997.
Questo ha accelerato la candidatura per la Coppa del Mondo del 2034, anche perché ad altri paesi idonei è stato concesso meno di un mese per valutare l'ingresso nella gara d'appalto.
Su Instagram, il presidente della FIFA Gianni Infantino ha ulteriormente indirizzato la scelta un anno fa scrivendo che l'Arabia Saudita è "destinata a essere" la nazione ospitante per le finali del 2034.
Inoltre, Clifford Chance, che ripetiamolo è lo studio legale incaricato di redigere il rapporto, è tutt’altro che indipendente dagli affari sauditi.
Del resto non serve investigare troppo visto che sul suo sito web afferma di aver assistito una solida base di clienti in Arabia Saudita per oltre 45 anni, tra cui ministeri sauditi chiave ed enti governativi.
Tra questi anche il Public Investment Fund, il famoso fondo PIF già noto per le operazioni nello sport tra cui l’acquisto del Newcastle United in Premier League.
Secondo il libro "MBS" di Ben Hubbard, inoltre, Clifford Chance ha aiutato il principe ereditario Mohammed Bin Salman con la sua epurazione del 2017 redigendo documenti per trasferire la ricchezza da ricchi individui sauditi al governo.
Non sono stati consultati gruppi per i diritti umani o persone colpite da presunti abusi, come i lavoratori migranti.
Secondo il Guardian invece il rapporto ha causato una tempesta in tutto il resto della rete Clifford Chance: lo studio che ha una solida reputazione per il lavoro pro bono e per i diritti umani e uno dei suoi partner è co-presidente della Business and Human Rights Lawyers Association.
Fonti anonime interne lo hanno giudicato “un lavoro scadente. Sarebbe stato un errore per chiunque fosse credibile assumersi questo compito, dato che i parametri erano così limitati: non c'era modo di farlo in modo etico".
Note a margine.
Diverse novità sul fronte dell’avanzata araba nello sport da registrare oggi.
Intanto i sauditi… Come diretta conseguenza di quanto riportavo sabato, ovvero il taglio del 18% degli investimenti all’estero, il fondo sovrano saudita PIF ha deciso di investire in patria ed ha acquistato il 54% del gruppo televisivo MBC per circa 2 miliardi di dollari, acquisendo il controllo della più grande emittente del Medio Oriente. Questa operazione, che fa parte della strategia Vision 2030 per diversificare l'economia saudita, riflette un trend di trasferimento di asset governativi al PIF. Le azioni di MBC, recentemente quotate in borsa, hanno registrato una crescita significativa con questo annuncio.
Invece gli Emirati. La causa della Premier League contro il Manchester City per 115 presunte violazioni del Fair Play Finanziario è diventata anche un caso politico nel Regno Unito, coinvolgendo il Foreign Office e l'ambasciata britannica a Dubai. Il governo monitora il caso per proteggere le relazioni diplomatiche con gli Emirati Arabi Uniti, dato che il City è di proprietà di investitori di Abu Dhabi. Il Foreign Office ha mantenuto una posizione ufficiale di indipendenza, mentre il procedimento legale continua. Calcioefinanza ha preso un articolo del The Times e in tutta onestà l’uscita del giornale londinese sembra tanto un mettere le mani avanti paventando ingerenze extra legali per giustificare una eventuale sentenza che possa in qualche modo paventare una vittoria del Manchester City.
City sconfitto. Non solo in Champions League nella clamorosa notte di Lisbona, il Manchester City ha anche perso in tribunale la causa contro Benjamin Mendy e dovrà versargli una parte degli 11 milioni di sterline di stipendi non pagati. Il club aveva sospeso i pagamenti a seguito delle accuse di violenza sessuale, poi ritirate. La giudice Joanne Dunlop ha stabilito che Mendy aveva diritto al salario quando non era detenuto, poiché disponibile al lavoro, e che le sospensioni erano senza base contrattuale. Tuttavia, non riceverà l’intero importo per i periodi in custodia cautelare.
Outro.
Dire qualcosa.
Non mi è sfuggito quanto detto nei giorni scorsi da Jasmine Paolini in fase di presentazione delle Finals ATP femminili in Arabia Saudita (dalle quali ieri è stata eliminata).
La tennista italiana ha detto che il torneo potrebbe contribuire a migliorare i diritti delle donne nel Paese ed ha espresso speranza che eventi sportivi come questo possano aprire discussioni e avere un impatto positivo sulla condizione femminile in Arabia Saudita.
È una cosa che mi trova d’accordo. Nel numero 80 di Fubolitix, parlando del Six Kings Slam di tennis, scrivevo:
va benissimo l’inclusività, ma poi la stessa non deve essere la foglia di fico dietro la quale nascondersi per non dire mai niente, accettare lo status e prendersi gioco dei valori democratici incassando dei bei dollaroni in cambio di un ipocrita silenzio connivente.
Ebbene, quanto detto da Jasmine Paolini, ovvero l’auspicio di un cambiamento, è il livello minimo accettabile per non essere tacciati di mettere la testa sotto la sabbia. Quella parola, cambiamento, può sembrare retorica ma è una parola che fa paura.
Bene quindi, ma si vada avanti. Quando la Serie A andò a giocare la Supercoppa anni fa e eccezionalmente - dopo le polemiche - lo stadio venne aperto alle donne, fui felice di vedere come una goccia d’acqua era stata versata in un deserto ancora troppo arido, nel contesto di quello che tutti tacciavano d’essere un puro affare economico (e che nella sua genesi del resto non era altro che quello).
Ma sono segnali che confermano ciò di cui sono convinto: i muri non vanno eretti nemmeno quando si hanno ottime ragioni per farlo. È una questione di principio, di etica e di metodo sulla quale, soprattutto quando tutto sembra perduto, non mi sento di transigere.
Porte aperte. Nessun muro. Ma nessun complice silenzio e nessun interessato atteggiamento giustificatorio.
Anche per oggi è tutto. A presto!
Giovanni