La natura antisportiva dei gruppi di squadre a proprietario unico
L'incapacità del quadro normativo di regolamentare i trasferimenti di giocatori tra squadre che fanno riferimento ad un'unica proprietà sta diventando particolarmente allarmante.
Padova, 30 gennaio 2025
L’intelligenza riscuote credito presso tutti, ma è la furbizia che incassa.
(Fabrizio Caramagna)
Il recente trasferimento da 15 milioni di euro di Mamadou Sarr dallo Strasburgo al Chelsea, secondo il prof Simon Chadwick sul suo Geosport (di cui questo articolo è in gran parte la traduzione), esemplifica la crisi sempre più profonda della proprietà multi-club nel calcio, dove le strutture aziendali minano sempre di più l'integrità sportiva e l'equilibrio competitivo.
Sebbene si tratti superficialmente un trasferimento apparentemente di routine tra club europei, questa transazione rappresenta qualcosa di molto più insidioso:
una società verticalmente integrata che sposta asset tra le sue sussidiarie con una supervisione esterna limitata e l'assenza di forze di mercato in gioco.
La proprietà simultanea di entrambi i club da parte di BlueCo crea un conflitto di interessi fondamentale che colpisce al cuore i principi competitivi del calcio.
Quando acquirente e venditore condividono la stessa proprietà effettiva finale, la nozione di valore di mercato equo diventa priva di significato.
La commissione da 15 milioni di euro esiste semplicemente come una voce contabile all'interno della stessa struttura aziendale, piuttosto che una vera e propria transazione di mercato.
Questo accordo crea effettivamente un ecosistema chiuso in cui le valutazioni dei giocatori possono essere manipolate per servire gli interessi aziendali piuttosto che riflettere le vere dinamiche di mercato.
L'incapacità del quadro normativo di affrontare efficacemente questi problemi è particolarmente allarmante.
Mentre la FIFA e la Premier League avevano precedentemente sollevato preoccupazioni su trasferimenti simili tra questi club, come il tentativo di accordo Deivid Washington, il loro intervento sembra più performativo che sostanziale.
Il completamento con successo del trasferimento Sarr dimostra come i gruppi di proprietà possano destreggiarsi, o semplicemente aggirare, le normative esistenti, esponendo la debolezza fondamentale delle attuali strutture di governance.
Un fallimento normativo che va oltre i singoli trasferimenti.
I gruppi di proprietà multi-club stanno creando sofisticate operazioni di riciclaggio di talenti, in cui i giocatori possono essere spostati strategicamente tra i club per ottimizzare i rendimenti finanziari e aggirare le normative del Fair Play Finanziario.
Queste strutture consentono ai club più grandi di utilizzare squadre satellite come incubatori di talenti e strumenti finanziari, distorcendo fondamentalmente la concorrenza tra più campionati contemporaneamente.
Le implicazioni per l'equilibrio competitivo sono gravi.
I club indipendenti, che operano senza il vantaggio di una rete multi-club, affrontano un campo di gioco sempre più irregolare.
Devono competere non solo contro singoli club, ma contro interi ecosistemi aziendali in grado di sfruttare più flussi di entrate, corridoi di trasferimento e percorsi di sviluppo.
Ciò crea una forma di disuguaglianza strutturale che minaccia le fondamenta stesse della competizione leale nel calcio.
Il rischio morale insito in questi accordi non può essere sopravvalutato.
Quando i club di proprietà comune si affrontano nelle competizioni, le domande sull'integrità sportiva diventano inevitabili.
Anche in assenza di competizione diretta, la capacità di manipolare i mercati dei giocatori e i percorsi di sviluppo crea vantaggi indiretti che minano il principio della competizione basata sul merito.
Talenti come Sarr diventano risorse aziendali da ottimizzare piuttosto che professionisti sportivi le cui carriere dovrebbero svilupparsi in base al merito e alle opportunità.
Questa trasformazione dei club calcistici da istituzioni sportive a sussidiarie aziendali rappresenta un cambiamento fondamentale rispetto ai valori tradizionali del gioco e alle radici della comunità.
La soluzione richiede più di una riforma normativa incrementale.
Gli organi di governo del calcio devono affrontare la questione fondamentale se la proprietà di più club sia compatibile con l'integrità sportiva.
L'attuale traiettoria suggerisce un futuro in cui il calcio sarà sempre più dominato da reti aziendali che operano in più leghe e paesi, con le tradizionali entità monoclub che lottano per competere.
Senza un intervento decisivo, rischiamo di creare un sistema a due livelli: uno per i club integrati in reti aziendali e un altro per le istituzioni indipendenti.
Ciò rappresenterebbe niente meno che un tradimento fondamentale dei principi competitivi del calcio e del suo ruolo di sport basato sul merito.
Personalmente sono convinto da tempo di alcune cose che alla luce della finanziarizzazione del calcio in questa direzione andrebbero prese in considerazione:
l’unicità piramidale del calcio è superata, ogni livello ha le sue logiche, le sue economie di scala, i suoi equilibri. Non si può prescindere da questo;
la centralità dei club e non delle leghe (modello USA) va rivista radicalmente se si vuol tornare a regole che siano sportive nella vera accezione originale del termine;
il tema della formazione dei giovani calciatori è decisivo: ad oggi il sistema è del tutto inadeguato, soprattutto se pensiamo che ad arrivare al professionismo è un’esigua minoranza di essi.
Note a margine.
Million dollar baby. Naomi Girma, difensore statunitense di 24 anni, è stata trasferita dal San Diego Wave al Chelsea diventando la prima calciatrice nella storia a superare la soglia del milione di sterline. A livello maschile in UK questa soglia venne toccata con Trevor Francis nel giorno del suo passaggio al Nottingham Forest, un club la cui storia (un solo titolo inglese nel 1978 e due Coppe Campioni nel 1979 e 1980) è testimonianza di come certe vicende vengono tramandate romanticamente con spruzzate di nostalgia quanto basta, dimenticandosi che certi club anche in passato diventavano campioni battendo quelli che erano gli allora record di mercato e che già a fine anni ‘70 senza soldi non andavi da nessuna parte. Dopo di che a fine anni ‘70 servivano 5 milioni totali per spostare gli equilibri, oggi 500. Ma la sostanza, in linea di principio, non cambia.
Libri. Gianni Brera lo ha chiamato «Rombo di Tuono», ma è stato Gianni Mura a trovare la definizione più calzante, più letteraria: «Hombre Vertical». Un uomo che non si piega ai guadagni facili, alle lusinghe dei potenti, alle scelte di comodo. Ancora oggi il nome di Riva evoca insieme la forza e la correttezza, il talento e l’integrità. La Sardegna lo ha eletto per sempre a monumento della propria identità – lui che non era nemmeno sardo, ma lombardo di Leggiuno, «sponda magra» del lago Maggiore. Perché? Ve lo spiega Paolo Piras in “Vertical. Il romanzo di Gigi Riva” edito da 66thand2nd che sulle storie di sport è una garanzia. E Fubolitix, trattandosi di questioni anche economiche ma soprattutto di Identità, non poteva esimersi dal segnalarvelo.
Leghe private. Proprio sabato parlavo del trend degli eventi privati come elemento caratterizzante del 2025, e dopo la partecipazione alla Kings League con il patrocinio di Zebre FC, la Juventus si distingue ancora per attivismo: parteciperà infatti alla Infinity League, il torneo indoor organizzato da DAZN. Insieme ai bianconeri ci saranno Bayern Monaco e Borussia Dortmund, con un quarto club che sarà annunciato a breve.
Outro.
Gli inglesi si sono incartati.
Da almeno 3 anni il governo inglese (sia conservatore che laburista) sta cercando di imporre al calcio una authority governativa di controllo.
È una mossa populista, pensata da Boris Johnson ed avallata dai suoi successori fino a Keir Starmer, attuale primo ministro, che non ha mai avuto vera opposizione perché fin dalla sua concezione ha significato essere a favore del popolo dei tifosi a cui devolvere potere a scapito degli investitori proprietari dei club.
Ne scrivevo poco prima delle elezioni qui.
Una mossa che forse ha portato voti, ma che di certo ha portato consenso nei momenti caldi della polemica sulla Superlega quando si celebrava l’attivismo di Johnson a sostegno del potere rappresentato da Alex Ceferin, presidente dell’Uefa.
Ora succede che il 22 gennaio scorso, la Segretaria di Stato per la Cultura del governo laburista del Regno Unito, Lisa Nandy, ha criticato alcuni membri del Partito Conservatore nella Camera dei Lord per i loro tentativi di ostacolare il Football Governance Bill, ovvero la legge volta a istituire il suddetto regolatore indipendente per il calcio inglese.
Nandy ha accusato questi membri di voler "distruggere" il disegno di legge attraverso emendamenti che potrebbero ritardarne l'approvazione per anni, ed ha sottolineato che è stato un precedente governo conservatore a commissionare la revisione della governance del calcio e ha ribadito l'impegno a mantenere la promessa di riforma fatta ai tifosi.
È nella natura dell’ala liberal dei tories di essere a favore della libera impresa e contro il concetto stesso di authority, e quindi la mancata opposizione precedente stupisce (fino ad un certo punto) più degli emendamenti.
Purtroppo dall’aprile 2021 ad oggi l’industria calcio è entrata dentro un circuito vizioso in cui la politica ha deciso di fare la voce grossa negandogli libertà economiche fondamentali che sarebbero riconosciute senza indugio a qualsiasi altro settore.
Di fronte alla Corte di Giustizia dell’UE, sul caso Superlega, l’avvocato austriaco Franz Koppensteiner (unica voce veramente fuori dal coro) durante l’audizione dei vari paesi prima del giudizio disse:
Le restrizioni della UEFA violano chiaramente il diritto della concorrenza dell’UE, ma sono giustificate per salvaguardare il modello sportivo europeo.
Alex Ceferin qualche mese dopo davanti alle istituzioni europee andò addirittura oltre ammettendo che il tanto sventolato modello europeo dello sport non esiste ma è solo un sistema di potere calcistico da difendere, di cui lui è il vertice, visto che sulle alternative all’attuale organizzazione ammise:
in alcuni sport è già successo, [ma] non possiamo e non permetteremo che accada al calcio europeo.
Ora, tuttavia, si tratta di approvare una legge in palese violazione delle libertà di mercato degli investitori. E la politica inglese pare essersi incartata.
Anche per oggi è tutto. A presto!
Giovanni