Riflessioni d'Arabia [IVC #19]
Se tutte le competizioni fossero lunghe ed egualitarie come il campionato il calcio sarebbe una noia mortale, molto più di quanto non sia già. Non è vero?
Brescia, 7 gennaio 2025
Quest’anno ho ben pensato di chiudere le feste con un po’ di influenza e per questo non ho potuto scrivere nella giornata di ieri.
Alcuni cambiamenti che vi racconterò presto, inoltre, mi stanno tenendo impegnato lontano dalla tastiera e quindi ci risentiremo con regolarità solo a partire dalla settimana prossima (spero).
Oggi vi offro un Io li ho visti così in forma ridotta con un paio di riflessioni su quello che ho visto in questi giorni di Supercoppa.
La prima riflessione d’Arabia è che in generale mi è sembrato di captare una certa insofferenza per il calcio d’esportazione.
Non è solo una cosa atalantina: i bergamaschi l’hanno detto in modo piuttosto esplicito ma i tifosi italiani spesso si sentono defraudati nel vedere che un torneo nazionale si gioca lontano oltre confine.
Dopo di che tutti possiamo avere opinioni, ci mancherebbe, signora mia, ma se le nostre opinioni cozzano coi nostri desideri si crea un corto circuito di cui non si può non tenere conto.
E ad esempio l’idea di non vendere il prodotto calcio all’estero cozza con l’idea di avere squadre più forti e proprietà disponibili a spendere.
La seconda è che spendiamo tanto tempo e tante energie ad analizzare il calcio ma poi i trofei si assegnano in maniera anche casuale, come accaduto a Riyad.
Ed è una fortuna perché se tutto fosse equo e meritocratico come il campionato ci annoieremmo molto di più. Gli americani che queste cose le insegnano all’asilo hanno infatti inventato i playoff.
Per questo bisogna ridurre un campionato in cui si gioca troppo: passare da 20 a 16 squadre significa che la singola partita evento vale il 22% in più perché assegna 3 punti su 90 totali anziché 3 su 114.
Detto questo invece la mia personalissima opinione è che sia la Supercoppa nel formato a 4 squadre che la Coppa Italia nella formula attuale, vanno promosse tout court.
Infatti ad ogni ciclo i diritti tv di questi due eventi aumentano di valore a differenza del campionato.
E sempre tornando agli USA, quest’anno a Natale su Sky il panel di esperti discuteva proprio del problema che il basket americano sta affrontando (il calo degli ascolti tv),
La terza è che Sergio Conceiçao ha iniziato con il piede giusto e non poteva andargli meglio.
Sorvolo su quello che sto leggendo e sentendo in queste ore: invidio chi riesce a farsi un’opinione in così poco tempo e da due fotogrammi deduce che Theo e Leao sono innamorati di Sergio (di Fonseca si sarebbe detto che ha lasciato fuori il portoghese nel primo tempo…).
Suggerisco la visione di qualche film di Woody Allen per capire come la casualità spesso abbia il sopravvento nella nostra vita.
Il che non vuol dire che non dobbiamo analizzare e fare calcoli, ma che dobbiamo accettare che spesso a questi si aggiungono elementi di imprevedibilità che noi con la nostra azione possiamo solo limitare e minimizzare, mai annullare.
Big5.
Sandrino. Stefan Bienkowski ha analizzato l’impatto di Sandro Tonali sul rilancio del Newcastle United. Con la vittoria per 2-1 contro il Tottenham, il Newcastle ha toccato cinque vittorie consecutive in Premier League. Tonali al ritorno dalla squalifica ha faticato a ritrovare la forma fisica, ma quando è tornato a essere titolare ha cambiato il corso della stagione. Il Newcastle non ha più perso nelle partite in cui Tonali ha iniziato, ed la sua presenza ha liberato Bruno Guimarães, che ha potuto tornare a giocare in una posizione più offensiva migliorando in termini di gol e assist. Inoltre Tonali ha avuto un impatto positivo sulla difesa del Newcastle, con un numero elevato di contrasti e intercetti. La sua presenza ha permesso a Eddie Howe di dare più equilibrio.
Paradosso Udinese. Destination Calcio ha dedicato una analisi al modello economico dell’Udinese in cui evidenzia che mentre la gestione è considerata più o meno ovunque un miracolo provinciale ed è stata imitato da molti, per i tifosi locali rappresenta una forma di stagnazione, con il club che sembra accontentarsi della sola sopravvivenza in Serie A piuttosto che puntare a traguardi più ambiziosi. È un tema che mi appassiona perché riguarda la competizione interna ai campionati e l’attuale struttura del calcio europeo, a cui dedico spesso lunghe riflessioni e che, come sapete, non mi convince per nulla.
Instant team. Fioccano sempre più le pagine Substack dedicate al calcio e questa settimana vi propongo un articolo da Ligue 1 story a proposito del Dunquerque che sta lottando per la promozione dalla L2 dopo aver adottato un approccio innovativo. Il club affidato a Demba Ba (direttore sportivo) e presieduto dal turco Yüksel Yildirim che ha operato con uno dei budget più piccoli di Ligue 2, puntando su acquisti a parametro zero e prestiti. Il club ha attirato giocatori tecnici e giovani promettenti come Enzo Bardeli, centrocampista e cuore della squadra, e Gessime Yassine, giovane ala destra con grande abilità tecnica. Spesso il concetto di Instant Team viene evocato con accezione negativa, ma recentemente ho spiegato che per me si tratta di una strategia assolutamente valida e condivisibile.
Outro.
All’italiana.
Una delle cose che mi sono portato con me negli anni dalle conferenze stampa di Pep Guardiola è ciò che il catalano dice delle squadre italiane.
Aumentano la loro forza all’aumentare del tempo speso a difendere senza concedere tiri agli avversari. E per me questo è paradossale.
Ci ho ripensato nei giorni scorsi leggendo un articolo di Tactics Journal, un blog di riflessioni calcistiche molto interessante a mio giudizio, perché abbastanza fuori dagli schemi rispetto a quello a cui siamo abituati.
La riflessione di TJ sul concetto di “difendere basso”.
Letteralmente in inglese dicono “difendere profondo”, che è significativo perché fa capire come il punto di vista nell’accezione inglese è quello di chi attacca (la profondità, appunto) mentre noi lo vediamo dal lato di chi difende a cui associamo appunto i concetti di basso e alto.
Tutto ciò mi porta a collegare il concetto di difesa profonda con il tradizionale "gioco all'italiana", che ha fatto della compattezza difensiva e della gestione degli spazi la sua cifra distintiva.
Ed in particolare a quello che secondo me spesso ci sfugge, del cosiddetto gioco all’italiana.
La squadra che difende profondamente, ma con intelligenza e continuità, non deve mai abbassare il livello di intensità.
Il "catenaccio" non è solo una forma di difesa passiva, ma una difesa strategica, dove la squadra non si limita a contenere ma è sempre pronta a ripartire con decisione non appena acquisisce il pallone. Il rischio, altrimenti, è di offrire troppo spazio alla squadra avversaria, con il pericolo di farla entrare in partita.
E qui c’è un secondo concetto che secondo me sfugge, e che non cambia sia che si giochi di possesso che nel caso in cui si preferisca giocare di rimessa.
La chiave è non "rilassarsi" mai completamente, non dare mai per scontato il vantaggio acquisito, ma piuttosto continuare a lavorare come se ogni palla fosse fondamentale per mantenere il controllo della partita.
In sintesi, se una squadra sceglie di difendere profonda per poi ripartire in contropiede, deve farlo con un'intensità costante, senza mai abbassare la guardia. Altrimenti, rischia di concedere margini agli avversari più qualitativamente forti, che, approfittando degli spazi lasciati, possono rimettere in discussione il risultato.
Può sembrare scontato ma non lo è.
Anche per oggi è tutto. A presto!
Giovanni