[37] La Bobo Tv come Muschio selvaggio?
In entrambi i casi l’impressione che il valore delle due trasmissioni sia stato sabotato da motivazioni superabili. E che i follower percepissero un valore superiore a quello dato dagli stessi creator
Buona settimana e buon sabato a tutti.
Sono stati giorni intensi, soprattutto perchè questa settimana ho aperto il mio sito internet giovanniarmanini.com. Spero che piaccia e che piacciano i temi che voglio affrontare quotidianamente.
Sarà una cosa un po’ diversa dal solito, di puro contenuto, con pochi fronzoli ed una policy ferrea su cosa scrivere e cosa non scrivere (ci sto lavorando, c’è molto da scrivere per definire bene il progetto, ma intanto siamo online).
Lo scriverò un po’ da casa e un po’ nei caffè di Berlino, con la speranza di portarlo presto con me in giro per il mondo.
Se volete darmi suggerimenti a proposito del blog potete farlo nei commenti a questa newsletter.
Naturalmente è molto importante il vostro sostegno e quindi non posso che chiedervi - se vi piace il progetto - di condividere questa newsletter con chi ritenete possa essere interessato.
Da Fedez a Bobo
In estate aveva chiuso Muschio Selvaggio. In autunno la crisi della Bobo Tv. Probabilmente i due progetti di maggior successo di questi ultimi anni in un ambito ancora difficile da definire.
In entrambi i casi l’impressione che il valore delle due trasmissioni sia stato sabotato da motivazioni non insuperabili. E l’impressione che i follower avessero una percezione più alta del valore di quei prodotti di quanto non ne avessero i creatori.
Della Bobo Tv ho scritto sul blog: “Fenomenologia di Lele Adani”.
10 anni fa l’addio di Massimo Moratti
Quando dieci anni fa Massimo Moratti ha lasciato l’Inter cedendo la maggioranza ad Erick Thohir, la società versava in condizioni a dir poco disastrose.
Certo, se il socio di maggioranza rifinanzia, ripiana ed apporta nuovo capitale il problema non si pone. Ma fino a che punto si può spingere?
Non è un caso se l’indonesiano Thohir dopo aver acquisito l’Inter, a differenza del predecessore che ci metteva del suo a fondo perduto, finanziò la squadra a debito, ovvero con interessi piuttosto alti su 117 milioni che lui stesso prestò al club.
Cito questo fatto come momento di passaggio.
Non mi interessa dare alcun giudizio di valore, ma credo che quella cessione abbia sancito la fine - nei grandi club - dell’era del mecenatismo. Erano gli anni in cui lo stesso Silvio Berlusconi lamentava che una famiglia - pur potente come la sua - non poteva competere con gli sceicchi.
La realtà è che i Berlusconi e i Moratti 10 anni prima avevano perso il treno dell’innovazione aziendale che club come Real Madrid e Barcellona (i veri dominatori di quegli anni, altro che sceicchi) avevano invece cavalcato in pieno.
Di tutto il resto parlerà la storia.
Banca di investimenti sportivi
Alcune storie, tuttavia, sono già realtà e ci spiegano la crescente finanziarizzazione in atto nel mondo del calcio. Nei giorni scorsi Creative Artists Agency (CAA) ha lanciato una banca di investimento e una società di consulenza per servire i settori globali dello sport, dei media e dell’intrattenimento.
La nuova impresa CAA Evolution incorporerà Evolution Media Capital (EMC), la banca d’affari dell’agenzia, e la società di consulenza strategica globale M. Klein & Company (MKC). Il suo staff, composto da quasi 60 dipendenti, avrà sede in tre città: Londra, Los Angeles e New York City.
Insieme, entrambe le società hanno lavorato su transazioni per un valore superiore a 1,5 trilioni di dollari. Ora si uniranno nella nuova impresa della CAA, che arriva non molto tempo dopo che il miliardario francese Francois-Henri Pinault ha acquisito una quota di maggioranza nell’agenzia in un accordo valutato a 7 miliardi di dollari.
Correre una maratona
Una delle cose interessanti, quando si scrive una newsletter, sono le vostre reazioni, attraverso i social o attraverso i commenti ai post.
Questa settimana ce ne sono stati ben due.
Il primo riguarda le maratone e lo ha postato Lorenzo Bandini nei commenti alla mia ultima newsletter.
In merito al tema maratone, nel giro di soli due anni si è visto chiaramente come l’avvicinamento dei semplici appassionati di running alla distanza regina sia stato facilitato non solo da un numero di gare pressoché infinito (una gara ogni weekend almeno, con ampissime possibilità di scelta), ma anche dalla capacità di questi eventi di fornire:
a. Una proposta sportiva per tutti i livelli, dai maratoneti, ai mezzofondisti, fino alle relay race, 10 kilometri, non competitive, ecc.
b. Tutto un universo che si affianca alla gara vera e propria, di cui è parte integrante è complementare.
Penso ai vari Marathon Expo che diventano vere e proprie fiere di appassionati e luoghi di ritrovo rituali - come dici te, il luogo perfetto per i nerd della corsa di passare un pomeriggio pre gara; o per chi un nerd ancora non lo fosse, per farcelo diventare (con me è andata così).
C’è poi il tema delle ricadute economiche sulla promozione territoriale, sui benefici alle strutture ricettive, specie per quegli eventi che muovono grandi quantitativi di persone.
Sarà interessante capire se e come gli eventi nelle grandi città tenteranno di capitalizzare il vantaggio competitivo verso maratone “minori”, o semplicemente corse in città più piccole, nell’ottica di una polarizzazione (magari spezzettata in più eventi, a Milano tra maratona, mezza maratona, stramilano, Dj Ten, pink Run si corre una volta ogni trimestre). Oppure se, al contrario, almeno in un contesto nazionale ci sarà la capacità delle varie organizzazioni di fare sistema per trarre mutui benefici.
Sul tema ho parlato con Iacopo Lepri, che recentemente ha corso ad Atene (le foto sono sue).
Ex calciatore dilettante, Lepri si è avvicinato alla maratona nel 2018 dopo aver smesso di giocare.
“Poi ho iniziato a leggere libri sulla corsa, a interessarmi di postura, metodologia, miglioramento della tecnica. Ho dedicato i primi mesi alla ricerca del modo migliore di correre” mi ha raccontato.
In Valcamonica, dove vive, un altro ex calciatore - Matteo Giorgi, che ricordo calcare i campi di Serie D con il Darfo Boario - ha aperto un suo centro per seguire la preparazione di atleti un po’ sopra il livello puramente amatoriale. E si è già segnalato come organizzzatore di eventi.
Negli ultimi due anni Iacopo Lepri ha corso a Firenze ed Atene e dal suo punto di vista ci sono alcuni aspetti interessanti nell’organizzazione:
una passione diffusa che porta non solo 24 mila iscritti sul percorso, ma anche decine e decine di volontari che fanno assistenza e permettono la realizzazione degli eventi
una crescita dell’interesse spinta anche dai social: c’è un aspetto nuovo nel mondo post televisivo delle nuove generazioni ed è il protagonismo diffuso che fa da volano a sport in cui non si è più solo spettatori ma parte attiva. Esattamente come è possibile oggi profilarsi e diventare creatori di contenuti al contrario di prima.
un aspetto purtroppo negativo nella crescita dei costi, soprattutto per chi viaggia. New York costava 570 euro, Valencia 130. In mezzo ci sono tante sfumature ma è chiaro che ognuno risparmia per sé stesso.
Di maratona, e di nuove identità sportive che vanno di pari passo con l’evoluzione mediatica in atto, avremo occasione di parlare ancora diffusamente.
L’investimento nel calcio
L’altro contributo di valore è quello di Alberto Medici su LinkedIn a proposito di “In cosa investe chi investe nello sport”, tema centrale della scorsa newsletter.
C'è a mio parere un cortocircuito che spesso mi trovo ad analizzare nelle richieste (più o meno presunte) di fondi/investitori che vogliono entrare nel mondo dello sport: vogliono entrare, bene, il ticket di ingresso non è nemmeno un problema, bene, chiedono un mix di sport-real estate, bene, ma poi a 5 anni vogliono uscire (secondo le tematiche tipiche dei fondi), bene, con un IRR al 30-40% e un CoC di 4x (numeri che puoi fare solo se inforchi un paio di promozioni consecutive, con una spesa scientificamente calibrata oppure prendendo sostanzialmente dei terreni/immobili a un'asta fallimentare da un tribunale o a fortissimo sconto da soggetti in difficoltà).
Il mix di per sè non è un male, anzi in una fase di volatilità delle prestazioni da un'ancora di salvataggio, però non si può pretendere di avere lo stesso ritorno da un investimento fortemente speculativo (porto una squadra dalla C alla A in tre-cinque anni) e uno chiaramente più bilanciato. Sempre non facendo nomi, un dossier di un rifacimento di uno stadio mi è capitato in mano: IRR 7%-8% e payback in 12-13 anni. A meno che tu fondo a cinque anni non esci e ti fai pagare il wannabe del progetto immobiliare. Ma anche in quel caso il valore di realizzo non è 4x.
EA Sport e l’inclusività
Il famoso slogan di Electronic arts è “it’s in the game” (è nel gioco), ma EA Sports sta facendo molto di più per promuovere una maggiore sostenibilità sociale e ambientale.
Il produttore di videogiochi ha compiuto passi significativi per rendere le sue operazioni più rispettose dell'ambiente mentre si sforza di raggiungere il suo obiettivo a lungo termine di diventare carbon neutral entro il 2027, e si impegna a diventare una società a zero emissioni in linea con l'accordo di Parigi firmato nel 2016.
Inoltre prova a rendere l’industria dei giochi più accessibile e inclusiva: ha investito nell'istruzione in ambito scientifico, tecnologico, ingegneristico, artistico e matematico (STEM), donando 1,5 milioni di dollari durante l'anno finanziario 2023 a organizzazioni che portano le discipline STEM ai giovani non rappresentati.
Un tema interessante, quello del brand activism, di cui peraltro ho scritto in Percorsi (che potete acquistare qui), il terzo numero del Commentario di Officina strategia di cui sono coordinatore editoriale.
Arabia Saudita über alles
Anche la pallamano è nel mirino dei sauditi. Lo sport indoor meno considerato in Italia, dove gli appassionati e gli sponsor preferiscono pallavolo e basket, è nato tra Danimarca e Germania ed attualmente la Bundesliga rappresenta nell’ambiente quello che la Premier League è nel calcio.
Ne ho scritto su giovanniarmanini.com
Outro
Che l’Italia abbia iter burocratici per la costruzione degli stadi piuttosto complessa è un dato di fatto.
Ma sarebbe sbagliato commentare dicendo “accade solo in Italia”.
Recentemente in Inghilterra anche Wimbledon sta trovando ostacoli ai suoi progetti di espansione, mentre arcinoto è l’iter che l’Everton ha dovuto affrontare per il nuovo impianto che sostituirà Goodison Park, iniziato nel 1996.
Ma la storia migliore è quella del Chelsea, a cui venne proibita l’espansione di Stamford Bridge in base ad una legge che sancisce il “diritto alla luce” e di cui parlò a suo tempo Archistadia, blog specializzato in architettura sportiva.
Secondo questa legge, il proprietario di un’abitazione che ha ricevuto una certa quantità di luce solare diretta per almeno 20 anni consecutivi, acquisisce automaticamente il diritto a non vedere modificate queste condizioni da eventuali nuove costruzioni o modifiche degli edifici circostanti – e anzi, ha il potere di bloccare qualunque progetto di conseguenza.
E così quando la famiglia Crosthwaite si mise di traverso per veder riconosciuto il proprio diritto, per il club non ci fu nulla da fare.
Dura lex sed lex. Ma non dite che succede solo in Italia!
Ci sentiamo tra una settimana. A presto.
Restiamo in contatto!
Ciao Giovanni,
se possibile volevo prendere il punto sulla discussione circa Electronic Arts e l'inclusività. L'edizione di quest'anno del loro gioco di calcio (ex FIFA) è stato contraddistinto dalla inclusione delle giocatrici donne all'interno di FUT, praticamente il motore che sta dietro alla vendita del gioco in se. Da una parte, quindi, EA ha diluito per i giocatori la possibilità di trovare i propri calciatori uomini preferiti, perché di fatto ora i pacchetti hanno sia uomini che donne, andando a incidere quindi sul profitto generato per l'azienda, perché meno probabilità spesso vuol dire più spesa per l'utenza.
Dall'altro lato però questa operazione ha avuto un risvolto non di poco conto sul pubblico: TikTok è pieno zeppo di streamer che imprecano, maledicono e offendono le calciatrici, apostrofandole in ogni modo poiché colpevoli di soffiare spazio a quei calciatori che loro cercano e che fanno audience. È un meccanismo complesso secondo me, che forse ha avuto addirittura un effetto boomerang per il movimento calcistico femminile, perché ha buttato le calciatrici in pasto a gente che a volte non ha nemmeno la passione per il calcio ma che semplicemente, per piacere o per lavoro, sta appresso i videogiochi. Con la differenza che questi personaggi sono esageratamente celebri tra i giovani, e quindi "se Tizio X dice che la Putellas è Y, allora sicuro sarà così"