[51] Agli sportivi professionisti serve fare sindacato?
Cresce la sensazione che i sistemi sportivi a tutti i livelli non diano sufficienti garanzie: dai college americani arriva l'ultimo movimento per rivendicare diritti e non solo.
Berlino, 22 marzo 2024
Un progetto giornalistico che vi consiglio di seguire è Linee, di Matteo Serra, che nasce come podcast su storie di sport non sempre mainstream e si evolve con una newsletter Substack.
Nell’ultimo numero di Linee, Serra parla di “Come un piccolo College può cambiare lo sport americano”, con riferimento alla presa di posizione dei giocatori della squadra di Basket del Dartmouth College, dove gli studenti (quoto Matteo Serra):
hanno votato per formare un sindacato.
Un sindacato vero e proprio di lavoratori, perché loro vorrebbero essere considerati in questo modo e non, come avviene adesso, solo degli studenti universitari.
Questa iniziativa, se dovesse essere imitata da altri studenti di altri college, potrebbe scombussolare l’intero sistemo sportivo americano, che da oltre 100 si basa sullo sport universitario come bacino di base per quello professionistico.
Avete forse già capito dove voglio andare.
O tornare.
Nel numero 43 di Fubolitix, il primo di quest’anno, parlavo di uno Scenario che nessuno vede.
Ed il tema era appunto questo, riprendendo le parole di un post di Roger Mitchell di qualche giorno prima:
Nessun articolo di previsione sul 2024 menziona il sindacalismo come "qualcosa da tenere d'occhio", ma in realtà quella lotta è di nuovo tutt'intorno a noi.
Nello sport mondiale l'idea di comunità, condivisione e ridistribuzione suona oggi molto ingenua.È ovvio quindi che il lavoro organizzato dovrebbe avere ed avrà un ruolo chiave nello sport dal 2024 in poi. Ma probabilmente non con le attuale organizzazioni sindacali degli atleti.
Da allora oltre alla protesta dei collegiali americani abbiamo anche il crescente malcontento dei tennisti ATP.
L’opinionsta americano ed ex giocatore Lon Shapiro ha scritto (su un tema che già era stato lanciato da ESPN un anno fa):
Se non sei nella top 200 dell’ATP, hai bisogno di aiuto perché è difficile anche solo guadagnare le tue spese.
(cut) Ci vuole una combinazione speciale di perseveranza, duro lavoro e sostegno finanziario per una manciata di giocatori che riescono a sfondare nell’ATP Tour all’età di 27 o 28 anni.
I giocatori al di fuori dei primi 200 avranno bisogno di molto aiuto o dovranno lavorare come insegnanti professionisti. Se fai un buon lavoro insegnando agli altri, potresti imparare molto su te stesso e migliorare il tuo gioco.
Uno degli esempi più famosi della storia è Mark Edmonson. Lasciò il tour, lavorò per un po' come muratore e alla fine vinse l'Australian Open.
Quel che non funziona, e continua a non funzionare è lo sport trattato come puro mercato libero, retto da regole capitaliste.
Questa cosa non funziona e non può funzionare, con buona pace di tutti: i romantici che vorrebbero tutti insieme appassionatamente e i ricchi presidenti che sono capitalisti a convenienza e comunisti quando bisogna collettivizzare le perdite.
C’è poi il tema di genere.
Oltre all’ATP anche le tenniste della WTA hanno avanzato le proprie perplessità sul modello attuale, chiedendo le stesse opportunità degli uomini e una paga base sostenibile. Mentre nel calcio la stessa rivendicazione ha trovato la sponda di alcune federazioni (Australia, Norvegia, Olanda) che hanno sposato il concetto di equal pay.
E anche qui alla lunga la strada è quella di un sindacato internazionale delle calciatrici.
Nel luglio 2017 ero agli Europei Femminili in Olanda, il calcio femminile non era ancora trendy come adesso (ero l’unico giornalista italiano accreditato per le fasi finali dai quarti in poi), e ricordo di aver partecipato su questo tema ad un convegno della FIFPRO nella loro sede di Amsterdam.
Tema che rimane al centro dell’impegno dell’organizzazione.
Ma chiaramente la strada è lunga.
Nel frattempo in Inghilterra è in corso una battaglia tra Premier League e leghe inferiori della English Football League che riguarda i trasferimenti a titolo di solidarietà.
La soluzione che la EFL auspica è l’intervento del Governo e della politica attraverso una autorità indipendente che faccia da “regolatore” (di fatto: che imponga alla Premier League trasferimenti superiori agli attuali verso le leghe minori).
Nei giorni scorsi il provvedimento in materia è arrivato al parlamento UK.
Si sa del resto che quando c’è da fare qualche uscita populista e conservatrice sul calcio che presumibilmente crea consenso il partito conservatore inglese è il primo a mettersi in fila.
Stiamo parlando, sia chiaro, di tutti casi diversi, distinti e distanti.
Ma di tutti casi dentro ai quali sta il denominatore comune della necessità di redistribuzione della ricchezza generata dallo sport, in maniera piú efficiente e, in generale, meno improntata ai criteri puramente capitalisti - liberisti che fino a qui hanno governato lo sport.
Con qualche eccezione (negli USA) che tuttavia non permette a quei modelli alternativi - come dimostrato dal Dartmouth College - di chiamarsi fuori dalle rivendicazioni in corso.
Ma alla fine il tema di fondo è sempre uno: fare sindacato. O se vogliamo vederlo più in senso lato: una azione dal basso. Perché se aspettiamo i vertici…
Questa settimana
Sul mio canale Youtube ho parlato di:
importanza dell’identità nello sport
Vincere non è importante… è l’unica cosa che conta storia di una frase
situazione Inter - Oaktree, sentiamo le due campane
calciomercato: il corto circuito italiano spiegato da un dato
i miliardi della cessione del Chelsea di Abramovich congelati a Londra
1. Nazionali tra virgolette
Il caso Brahim Diaz, giocatore spagnolo di famiglia marocchina che ha scelto di giocare per il Marocco e non per la Spagna, ci permette di tornare sul tema della selezione dei calciatori per le compagini nazionale. Già durante Qatar 22 un articolo di Vox analizzava le nazionali partecipanti facendo notare la cifra record di calciatori non nati nel paese per il quale giocano (137) per ragioni legate a vari motivi. In particolare il 42% di giocatori impegnati per paesi africani ma non africani d’origine. Alla recente Coppa d’Africa anche The Athletic ha analizzato il fenomeno.
Opinione. Il mondo cambia anche se non ce ne accorgiamo. Agli anni in cui gli osservatori cercavano talenti in Africa fanno seguito ora anni in cui le nazionali africane vengono in Europa a cercare i calciatori originari dei loro paesi. Quel che rimane è un concetto di nazione e di nazionale sempre più fluido e difficilmente inquadrabile in senso monolitico. Ha ancora senso il calcio delle nazionali quando anche l’Italia per trovare un centravanti italiano va a prendere uno sconosciuto argentino di medio valore?
2. Il tuo Sportwatch ti sta mentendo?
Un’altra newsletter da leggere è certamente A cosa penso quando corro, che questa settimana ha dedicato un approfondimento alla diffusione degli sportwatch ed alle possibili problematiche che possono essere connesse al loro uso.
3. Sempre più fondi (e banche)
Un altro gigante dei servizi finanziari sta espandendo le sue operazioni per avere una presenza ancora più ampia nel settore. Sei mesi dopo che Goldman Sachs ha creato un'unità dedicata alle franchigie sportive, il rivale di Wall Street JPMorgan Chase sta formando il suo team di investment banking focalizzato sullo sport. Il nuovo "gruppo di copertura bancaria per gli investimenti sportivi" fornirà soluzioni advisory e finanziarie per operazioni come l'acquisto di squadre.
4. Doping in Premier League
Il gossip sul doping è sempre presente nelle conversazioni calcistiche. Gary Neville e Roy Keane sospettano giocatori italiani dopati, ma sono molto meno aperti a parlare delle situazioni di casa loro. Nei giorni scorsi il tema è tornato d’attualità perché un articolo di inews.co.uk pone interrogativamente il quesito se sia realistico pensare a un sistema di doping di massa in Premier League. In particolare il pezzo fa notare come alcune droghe “ricreative” stiano facendo crescente breccia nelle abitudini dei calciatori oltremanica e come dietro la Premier League il sistema faccia decisamente acqua.
5. Calcizzazione del tennis
Alessandro Nizegorodcew, giornalista collaboratore del Corriere dello Sport e di altre testate, in un tweet di questa settimana ha scritto:
Carlos Alcaraz è un grande campione. Ma non un dominatore. L’ho detto e lo ribadisco. Chi parlava di 30 o 40 Slam si era fatto prendere da esagerati entusiasmi (a mio avviso). Negli ultimi mesi ho letto invece tante critiche ingenerose (e ingenue) nei confronti dello spagnolo La verità come (quasi) sempre sta nel mezzo E il tennis rimane una maratona, non una corsa da 100 metri. Giudicare una carriera ogni tre mesi è la cosa più sbagliata che si possa fare in questo sport.
Opinione. Come ho scritto nei commenti al suo tweet, stiamo assistendo alla calcizzazione del dibattito sul tennis, legata all'ascesa di un italiano. Articoli di nessun interesse su Sinner che mangia i bignè, giudizi ogni giorno, preveggenze, il giornalismo sopraffatto dai contenuti. Lo stesso giornalista, che centra il punto, fa delle previsioni che al massimo possono essere fatte leggendo la palla di cristallo. Ma il punto lo centra anche se va ampliato: giudicare una carriera ad ogni torneo non ha senso, nel tennis come in tutti gli altri sport.
6. Questioni immobiliari
Vorrei evitare di citarmi eccessivamente ma forse ricorderete quando a novembre scrissi “In cosa investe chi investe nello sport” riprendendo il post LikedIn di un amico, direttore finanziario, che mi raccontava come oggi gli investitori guardino solo marginalmente al valore del club e siano più attratti da quello che sta intorno, dallo stadio alle altre opportunità immobiliari. Ebbene, questa settimana in un pezzo che torna sulla questione della cessione del Brescia calcio, il Giornale di Brescia afferma esattamente questo nella vicenda che riguarda la squadra del presidente Massimo Cellino, alla ricerca di investitori.
Riprendersi la serie A non sarebbe eventualmente solo una questione di orgoglio per Cellino, ma anche e soprattutto una condizione favorevole a una cessione. L’altra condizione, persino prioritaria rispetto al poter ingolosire investitori col pacchetto conti a posto in abbinata alla massima serie, è la reale possibilità di poter giocare una partita per la costruzione del nuovo stadio.
Massimo Cellino, nel suo andirivieni da Londra, è da mesi impegnato nella ricerca, preferibilmente, di un socio. Ha scandagliato il mondo dei fondi, ma anche in base a studi che sono stati commissionati, le dimensioni di un ipotetico affare Brescia sono troppo piccole per attirare quel tipo di investitori. La strada da battere è piuttosto quella di un elemento «fisico».
Insomma, no immobiliare (no stadio) no party. Il calcio in sè nel sistema attuale è un elemento troppo volatile e poco interessante.
7. E allora i sauditi?
Questa settimana la fortunata rubrica saudita torna per dare conto del piano da 120 milioni di dollari dei sauditi per un circuito professionale di eSports.
8. Mercati
Il mercato europeo delle sponsorizzazioni sportive nel 2023 ha toccato la cifra record di quasi 22 miliardi di euro ed è in crescita del 6,23%.
Quello delle acquisizioni di aziende tecnologiche legate allo sport ha invece generato affari per 34 miliardi di euro. Ma vale la pena di leggere anche su questo tema Roger Mitchell che si chiede: “E se il private equity nello sport non funzionasse nello sport?”.
9. Crisi Olimpica
Il dibattito sul fatto che le Olimpiadi siano diventate troppo grandi per qualsiasi governo si riaccende dopo segnali di stress a Brisbane, che ospiterà i Giochi del 2032. L'organizzazione australiana, dopo aver annunciato un piano da $1.8 miliardi per demolire il Brisbane Cricket Ground e costruire un nuovo impianto olimpico, ha optato per l'aggiornamento dello Suncorp Stadium e l'uso del Queensland Sport and Athletics Centre. Queste decisioni, critiche da alcuni, ridurranno significativamente i costi e hanno sollevato interrogativi sulla gestione delle Olimpiadi. Tuttavia, sia il governo che il CIO restano fiduciosi nel successo dell'evento.
Opinione. Come evidenzia FOS: il dramma politico che si sta svolgendo a Brisbane ricorda un episodio spesso dimenticato degli anni '70, quando Denver vinse il diritto di ospitare le Olimpiadi del '76, ma ritirò ufficialmente la sua candidatura dopo che gli elettori del Colorado respinsero un referendum sull'uso di fondi pubblici per l'evento. Quei Giochi andarono poi a Innsbruck, in Austria, che li aveva già ospitati nel '64.
10. Allenatori neri
Il sito Andscape che si autodescrive come una piattaforma multimediale dedicata a creare, evidenziare ed elevare le diverse storie dell'identità nera ha intervistato Wilfried Nancy, che è uno degli otto allenatori neri della storia della MLS ed ha vinto l’ultimo campionato con i Columbus Crew.
Outro
Non chiamatela Superlega.
La notizia più buffa delle ultime settimane viene dalla Danimarca.
La European Super League (ESL) ha tentato di registrare il suo nome come marchio, ma è stata respinta dall'UE a causa del marchio già esistente della 'Super League' in Danimarca.
La decisione ha evidenziato similitudini concettuali, confermando la reputazione della Superliga danese.
Il CEO della Superliga ha elogiato la decisione, opponendosi alle competizioni chiuse. L'ESL può appellarsi ma potrebbe dover cambiare nome.
Opinione. Posto che tempo fa una persona molto vicina a A22 mi disse che il termine “Superlega” è considerato tossico dopo i fatti di aprile 2021, capisco perfettamente il diritto ma è buffo pensare che il torneo possa essere confuso con quello danese.
E voi che nome dareste alla Superlega? Io un’idea ce l’ho. Ditemelo nei commenti.
Noi ci sentiamo tra due settimane, Fubolitix si prende una meritata pausa pasquale (un’altra? Si, un’altra). Il prossimo numero torna sabato 6 aprile. Potete invece continuare a seguirmi sul canale Youtube che verrà aggiornato quotidianamente anche la settimana prossima.
A presto.
Giovanni
Grazie di cuore per la citazione 🙏 e complimenti per un’altra puntata ricca di spunti interessantissimi