[57] Le mani della politica sullo sport
Cosa unisce il governo socialista spagnolo, quello di destra italiano e quello centrista francese? Una visione dello sport che tarpa le ali alle chances di un nuovo sistema europeo integrato.
Berlino, 10 maggio 2024
Per essere italiani nel mondo, dobbiamo essere europei in Italia
(Gianni Agnelli)
Quando poco dopo la mezzanotte del 18 aprile 2021 un comunicato ufficiale congiunto di 12 club di calcio europei annunciò la nascita della Superlega, la crisi del sistema sportivo che ha retto negli ultimi 20 anni è stata ufficialmente aperta.
Gli attori in gioco in quel sistema sono stati sostanzialmente 3:
i club più ricchi e potenti che chiedono mano libera
le leghe attualmente esistenti che vedono messa in discussione la loro dimensione attuale
le federazioni nazionali ed internazionali che puntano a mantenere la loro centralità in un sistema che le vede esercitare la parte del leone nei confronti delle leghe.
Come sempre però, quando si inizia a litigare, assume un ruolo chiave la politica.
Nei giorni successivi al lancio della Superlega ebbe un ruolo decisivo l’allora primo ministro inglese Boris Johnson le cui pressioni sui club, esercitate in seguito ad un calcolo populista legato alla rivolta di una parte dei tifosi scesi in piazza contro l’idea del super campionato europeo, fecero rientrare le adesioni delle società di Premier League portando presto all’implosione di quel progetto.
Oggi, in tutta Europa, a fronte di un sistema che mostra i suoi limiti, la politica prova a recitare un ruolo interpretando il sentimento popolare a modo suo.
Gli attori in gioco diventano 4.
Ai tre di cui sopra si aggiunge la politica.
Negli ultimi mesi a livello di Unione Europea abbiamo avuto due fatti importanti:
il 23 dicembre 2023 una sentenza della Corte di Giustizia ha sostanzialmente detto che i club hanno la facoltà di liberarsi dalle competizioni federali, e che le federazioni (Uefa in primis) devono indicare quale percorso questi club possono intraprendere per liberarsi nel caso in cui lo vogliano.
l’8 febbraio 2024 i governi europei (tranne quello spagnolo) su sollecito del premier francese Emmanuel Macron hanno scritto una lettera al Parlamento europeo per sollecitare una legislazione sportiva che tenga conto delle specificità nazionali e quindi che vada sostanzialmente nella direzione opposta a quanto auspicato dai club promotori dell’ormai naufragata Superlega ed alle porte aperte ad un nuovo sistema lasciato dalla sentenza del 23 dicembre.
Nelle ultime 2 settimane in Italia sta facendo discutere la presa di posizione del Governo Italiano attraverso il ministro dello sport Andrea Abodi, che vuol intervenire sul sistema calcio cancellando di fatto la Covisoc (l’ente della Federazione italiana giuoco calcio - FIGC che controlla i conti dei club) per sostituirla con una agenzia governativa o una authority.
Conseguenze? Lo spiega Calcio e Finanza:
al calcio verrebbe tolta la possibilità di autodeterminarsi con regole e modalità proprie. Con conseguente rischio di minare quel principio di autonomia dello sport, tanto caro ai vertici italiani, ma anche a UEFA e FIFA.
In Spagna uno scandalo corruzione legato alla Supercoppa da giocarsi in Arabia Saudita ha generato un certo attivismo governativo nei confronti del presidente della Federazione calcistica (RFEF) Luis Rubiales (già squalificato per 3 anni dalla FIFA per il caso Hermoso).
Il governo spagnolo (a guida socialista) potrebbe presto intervenire per cercare di fare chiarezza sull'accaduto. Cosa che inevitabilmente, di riflesso, non piace a Uefa e Fifa, che vedono un’altra ingerenza politica inaccettabile.
Fuori dall’Europa intesa come UE, anche l’Inghilterra è alle prese con vari problemi economico finanziari del calcio e il governo conservatore, già molto attivo sin dal 2021, sta intervenendo con l’istituzione di un regolatore indipendente. Ed anche in questo caso FIFA e UEFA vigilano con preoccupazione.
Cerchiamo di mettere ordine.
il sistema sportivo europeo è in crisi perché non è sostenibile economicamente. Questo causa il malcontento dei club (che di questa insostenibilità, sia chiaro, sono tra i principali responsabili, benché non soli) che porta ad iniziative come la Superlega: una iniziativa nata dai club per prendersi più potere e soldi.
l’Europa politica risponde a modo suo. Siccome non esiste una coscienza europea comune (tantomeno sportiva) ogni governo guarda (come sempre) in casa propria senza una visione d’insieme. Dai socialisti spagnoli alla destra italiana, passando per il centrista Macron, l’attivismo della politica nei confronti dello sport non ha colore politico.
le Federazioni (quelle internazionali, Uefa e Fifa in primis, ma anche quelle nazionali) si sentono sotto attacco e provano a difendere a loro convenienza l’indipendenza dello sport dalle ingerenze politiche. Per questo diventano amiche dei governi quando Macron scrive e fa firmare la lettera al Parlamento europeo e nemiche degli stessi governi quando come accade in Italia e Spagna si spingono oltre e entrano nel campo della loro autonomia.
le Leghe calcistiche sono schiacciate. In Europa le Leghe sportive sono una pura somma di club. In particolare, nel calcio, hanno al loro interno portatori di interessi assai disomogenei, viste soprattutto le differenze di fatturato tra chi gioca per il titolo e i primi posti e chi spera di non retrocedere. Non è un caso se la loro associazione (la European Leagues) è sostanzialmente silente e inconsistente, mentre l’attivismo maggiore è delle associazioni dei club: l’ECA presieduta dal presidente del PSG, il qatariota Nasser Al Khelaifi, su posizioni vicine a quelle del presidente UEFA Aleksander Ceferin dopo la scissione di alcuni dei club promotori della Superlega, e la neo costituita UEC, nata come “Eca dei piccoli club” e guidata da Javier Tebas, presidente plenipotenziario della Liga spagnola, unico presidente di una Lega europea che comanda veramente a casa propria imponendo ai club le sue volontà (tenendo in scacco i grandi e coalizzando i piccoli che rappresentano pur sempre la maggioranza).
Da tutto questo, molto probabilmente, si uscirà con una serie di compromessi disomogenei in grado di salvare le capre delle competizioni sportive, più o meno come oggi le conosciamo, al netto di qualche maquillage Uefa come quello che subirà la Champions League dal 2024/25, e i cavoli degli interessi federali e politici nazionali.
L’Europa calcistica (e sportiva in generale) è di fronte allo stesso dilemma dell’Europa politica: è una somma di parti senza una visione d’insieme comunitaria.
Ma ha un problema in più se anche chi, come Emmanuel Macron, esprime formalmente una politica che auspica un’Unione più forte, sul tema sportivo finisce per essere un conservatore, visto che il rischio di scomporre il proprio sistema nazionale supera di gran lunga le opportunità di un europeismo sportivo.
Fuori dall’Europa esistono due modelli.
Il modello americano: libere piattaforme che mettono al centro il ruolo delle Leghe, in cui i club (franchigie) sono emanazioni delle stesse, in cui le Federazioni sono enti regolatori orientati soprattutto allo sport di base ed in cui il primo interesse da difendere è la competitività interna, attraverso meccanismi (salary cap e draft su tutti) che appartengono più alle economie socialiste che a quelle liberiste.
Il modello statalista tipico di tutti gli stati in cui lo Sport per la sua forza identitaria e aggregante viene sostanzialmente regolamentata come attività di Stato, dai paesi arabi particolarmente attivi negli ultimi due decenni a quelli comunisti e post comunisti come Cina e Russia fino a quelli africani, in cui spesso i ministri dello sport sono anche presidenti della Federazione calcistica.
L’Europa fino ad oggi ha avuto un modello fondato sull’indipendenza federale dalla politica, anche sui temi della giustizia sportiva.
Nel 2024 continuano esistere leghe nazionali sotto l’egida delle federazioni nazionali e competizioni federali internazionali (le coppe organizzate dalla Uefa) che sono sia enti regolatori che organizzatori, e che come riconosciuto dalla sentenza del 23.12.23 esercitano un monopolio di fatto sulle competizioni europee.
Quello che stiamo vedendo è il limite di un impianto che non riesce più a garantire le legittime necessità dei club, appartenenti ad un sistema in cui negli ultimi 20 anni: le disuguaglianze (di fatturato) si sono moltiplicate, il mercato di approvvigionamento del talento (dopo la legge Bosman) è diventato unico, le competizioni sono diventate solo formalmente inclusive (infatti vincono sempre gli stessi).
Per ora non si vedono all’orizzonte uomini illuminati, un illuminismo sportivo capace di mettere da parte i particolarismi e le rendite economiche o di potere e di aprire una fase riformatrice dello sport nell’Unione Europea. Nemmeno tra coloro che formalmente nel prossimo mese di giugno si candiderano con un programma sostanzialmente unionista.
Questa settimana
Sul mio canale Youtube ho parlato di:
Perché non amo le Cenerentole.
L’inventore delle cronache di calciomercato (anche su Fubolitix)
Figurine Fanatics
La Premier league ha cambiato fornitore ufficiale di figurine: dal 2025 passerà da Panini a Fanatics, già titolare dei diritti di molte altre leghe sportive. L'accordo segna la fine della partnership tra Panini e la Premier League per adesivi e carte collezionabili, iniziata nel 2019 e rinnovata nel 2021 per circa 1,5 milioni di dollari all'anno. La perdita della licenza potrebbe acuire le tensioni tra Panini e Fanatics, contro cui l’azienda modenese ha intentato una causa antitrust lo scorso anno, accusandolo di monopolio e condotta anticoncorrenziale. Fanatics ha controquerelato.
Prodotti “Phygital”
Nella sua newsletter Andrew Petcash ha analizzato il mercato crescente dei prodotti sportivi da collezione evidenziando la crescita dei prodotti phygital, neologismo nato dall’unione di physic e digital, ovvero prodotti che hanno sia una loro consistenza fisica che una loro vita digitale.
Sliding doors
Due storie di calcio tedesco (in inglese) per chi ha voglia di leggerle: la ESPN ha fatto una analisi della rivalità Amburgo - Sankt Pauli (quest’ultima è vicina alla promozione in Bundesliga) mentre la BBC ha raccontato la situazione drammatica dello Schalke 04.
Diritti tv NBA
Il mercato dei diritti tv continua a confermarsi prudente anche per un colosso come l’NBA, che nelle negoziazioni sul prossimo accordo decennale da una parte deve chiudere con i broadcaster nazionali e dall’altra deve fare i conti con un fallimento che l’ha coinvolta a livello locale.
FOS in una sua analisi spiega: la Lega ha appena concluso la stagione regolare più seguita degli ultimi quattro anni, con una media di 1,04 milioni di spettatori e un aumento del 1% rispetto alla scorsa stagione. Nel 2021, CNBC ha riportato che la NBA avrebbe cercato 75 miliardi di dollari, ma gli ufficiali della lega hanno respinto quel numero privatamente.
Il dibattito sui diritti NBA è poi influenzato dall'incerto stato di fallimento del Diamond Sports Group (DSG). La società sta cercando di riorganizzarsi, con un'udienza fissata per il 18 giugno per la ratifica del suo piano ed ha presentato alla NBA una proposta per un accordo a lungo termine che include "modifiche alle tariffe dei diritti" e contempla anche i diritti digitali. Se la lega riuscisse a recuperare rapidamente parte o tutti i diritti televisivi locali detenuti da DSG, ciò rappresenterebbe un altro elemento significativo che potrebbe entrare nei negoziati sui diritti più ampi.
Brasile inondato
Una settimana fa vi parlavo di due newsletter dedicate a calcio e cambiamento climatico. E proprio una di queste (Football and Climate change) in questi giorni ha raccontato il ruolo dei club di calcio in seguito alle devastanti inondazioni in Brasile che hanno causato almeno 75 morti e costretto oltre 80.000 persone a lasciare le proprie case in Rio Grande do Sul, nel sud del paese. Porto Alegre, la capitale, è sede dei club di Serie A brasiliana, Grêmio FBPA e Sport Club Internacional, che hanno utilizzato i propri canali di comunicazione per diffondere informazioni di emergenza e coinvolgere giocatori e staff nelle operazioni di soccorso.
NBA sostenibile
Nel frattempo a dimostrazione dell’impegno dello sport in tema di cambiamento climatico, l’NBA (raccontata dal Guardian) si è posta un obiettivo ambizioso: ridurre del 50% le proprie emissioni di carbonio.
Outro
Come ho scritto la settimana scorsa, sono stato in Turchia, ed ho visto impianti sportivi clamorosi.
Ero ad Antalya, dove lo stadio dell’Antalyaspor (un club di medio bassa classifica nella Super Lig Turca) è un gioiello da 32 mila posti a sedere inaugurato nel 2015.
Nel decennio scorso la Turchia ha completato o rinnovato 32 stadi sportivi.
Secondo i dati del Ministero della Gioventù e dello Sport della Turchia, la capacità totale di questi stadi, nuovamente costruiti o ristrutturati dallo stato negli ultimi due decenni, si avvicina al milione.
Ma le attività sono continuate con inaugurazioni anche negli ultimi anni.
Italia e Turchia organizzeranno insieme gli Europei 2032, al netto del fatto che quando l’Uefa ha deciso di non scegliere tra uno dei due, abbiamo fatto pure gli schizzinosi, beh ci sarebbe da considerare incredibile che un paese come il nostro con la situazione stadi che si ritrova abbia comunque questa opportunità.
Anche per questa settimana è tutto.
Ci sentiamo sabato prossimo.
A presto!
Giovanni