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Lo sport popolare, nel silenzio di stampa e tv nazionali, si sta espandendo lentamente ma in modo inesorabile. Chi segue le squadre da te citate (ma ce ne sono molte altre) parte da un totale rifiuto culturale dello sport business, quello dei fondi speculativi.

Si rovescia il rapporto tra proprietari e tifosi, dal verticalismo autoritario dei primi all'orizzontalismo democratico dei secondi. Ogni tifoso può scegliere quindi se essere un suddito/consumatore o un rivoluzionario/attivista.

I due mondi non possono unirsi ma avere una reciproca diffidenza fondata sul rispetto.

Anche io concordo che lo sport popolare debba esplorare strade nuove, fondare leghe diverse in cui far conoscere e alimentare la propria visione dello sport fatta di passione e campanilismo. L'errore attuale è porsi a contrasto dello sport business, più lotta utopistica e ideologica che frutto di una strategia.

La parola magia che hai scritto è IDENTITA'. La politica ha fallito il suo compito di aggregatore sociale, dai circoli di partito si è passati alle squadre di calcio dai nomi bislacchi ma espressione di un quartiere o una città di provincia che sogna la vittoria nel derby più che la Champions League.

Lo sport anche come motore sociale per non fermarsi al rettangolo verde ma uscire per le strade a dare un contributo concreto portando sempre i colori e i valori per cui si è scelto di non subire le decisioni di qualche business man che alla storia del club preferisce la valorizzazione del brand.

Un abbraccio

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Sempre puntuale e utilissimo. Grazie

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Grazie Paolo

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