Klopp e la nuova era del business RedBull
L'ex allenatore del Liverpool sarà Head of Global Soccer, i soliti duri e puri nostalmagici gli fanno la morale ma dietro c'è una evoluzione delle strategie sportive del gruppo degli energetici.
Berlino, 16 ottobre 2024
E’ la capacità di innovare che distingue un leader da un follower. (Steve Jobs)
La notizia che ha fatto più parlare di sé, soprattutto a livello internazionale, durante questa pausa nazionali, è l’arrivo di Jurgen Klopp nel ruolo di Global Head of Soccer al gruppo Red Bull che detiene la maggioranza di Lipsia, Salisburgo, New York RB e i due club brasiliani Red Bull Brasil e Bragantino.
Intorno a Red Bull c’è questo atteggiamento critico dei duri e puri del bel calcio dei tempi andati (ne hanno scritto anche i comunisti col rolex del Guardian, qui e qui) che stereotipizza la società come un artificiale aggregato che va contro la tradizione.
Per lo più la critica che si esprime a Red Bull è quella di aver artificiosamente trovato un modo per bypassare le norme sul 50+1 (la regola tedesca che impone la maggioranza nei club in capo ai tifosi).
Gli stessi critici non dicono nulla, tuttavia, se è il Bayer Leverkusen ad essere legittimato dal fatto che la sua proprietà risale agli anni ‘80 o se il Bayern Monaco pur con il 75% in mano ai tifosi è di fatto guidato (attraverso il sistema duale) dal 24% in capo a Audi, Allianz e Adidas.
C’è questa idea fasulla di tradizione per cui tutto quello che è nato in questo millennio non avrebbe diritto di cittadinanza nel calcio, nemmeno se ti chiami Lipisia, hai un indice di riempimento dello stadio del 95% (cosa che la maggior parte dei club europei si sogna) e ti seguno circa 45 mila persone a partita: a dimostrazione come dicevo nel pezzo sulle mentalità ultras iperestese che spesso i dati reali sono totalmente diversi da quello che poi in realtà accade ed è radicato nelle abitudini della gente.
Trovo inspiegabile che si difenda il diritto dei club di campanile a scalare le categorie, pur sapendo che questi stanno in alto solo perché retti da quel che rimane del mecenatismo, mentre chi fa calcio con prospettive di sostenibilità come Red Bull sia costantemente nel mirino della critica e del giornalismo ultrà, semplicemente perché ha voluto scrivere una storia nuova in una città in cui l’altro club era infestato dalla piaga ultrà. È una retorica fasulla, bolsa, fuori dal tempo, falsa e inaccettabile.
Una nuova era
Ma non è del solito discorso trito e ritrito che voglio parlare oggi.
Il dato interessante è come si sta muovendo negli ultimi due anni Red Bull, e come si inserisce in questa logica l’arrivo di Jurgen Klopp.
Premessa: Klopp va a ricoprire il ruolo che dal 2012 al 2020 fu di Gerard Houillier incassando tra 10 e 12 milioni di euro l’anno (come scritto da Calcio e Finanza). Non quindi un ruolo nuovo, d’immagine, ma un qualcosa di radicato nell’operatività aziendale, che peraltro ha avuto un interprete altrettanto autorevole in passato.
Perché Red Bull fa questo? Per far crescere ulteriormente Lipsia e Salisburgo, certamente. Ma c’è di più.
Un anno fa il gruppo divenne socio di minoranza del Leeds con una quota del 10% non direttamente nel club ma nella holding di controllo.
Recentemente invece si parla di un ingresso nel Paris FC, una società di Ligue 2 francese, al fianco di Bernard Arnault, miliardario francese a capo del gruppo LVMH, sempre con una quota di minoranza.
Parentesi: l’ingresso nel calcio di Arnault sarebbe un evento rivoluzionario per il calcio transalpino, dove storicamente i grandi gruppi (come spiegavo in questo video) sono restii ad impegnarsi direttamente nel calcio. Lo spiega bene il libro Les Secrets des Presidents, di Denis Chaumier, giornalista di France Football, che se leggete in francese vi consiglio caldamente di leggere.
Cosa sta cambiando quindi? Abbozzo un’ipotesi.
Dopo una fase di acquisizioni di maggioranza e dopo essersi creato un brand solido in tutto il mondo, riconosciuto per la valorizzazione dei giovani e la sostenibilità del modello di business, Red Bull ora sta monetizzando il know-how.
E lo fa di fatto cedendo le proprie competenze in termini di mercato, scouting, settore giovanile, contemporaneamente all’ingresso in società con quote di minoranza che, nel medio lungo periodo, possono essere monetizzate (o comunque valorizzate) molto di più che perseguendo l’utile dentro una società di calcio.
Valorizza gli asset che hanno potenzialità nell’arco di 3-5 anni di dargli ritorni sull’investimento particolarmente interessanti.
Ed infatti lo fa con il Leeds dopo la sua caduta in Championship (con naturali vantaggi in caso di promozione) e lo fa con il Paris FC che ha il potenziale sia per una crescita nel breve periodo in termini di categoria che per una crescita in termini di pubblico e di brand, peraltro in una rivalità cittadina impossibile da nascondere con l’altra Parigi, quella del Paris SG qatariota.
Giustamente realtà come il gruppo 49ers (Leeds) o Arnault (Paris) che sono degli outsiders nel calcio sanno che in questo sport rischi di perdere tanti soldi, quindi si affidano a chi ha modelli consolidati e di comprovato successo.
Ed in tutto questo Jurgen Klopp, che ha posto un solo limite temporale al suo ingaggio ovvero quello della eventuale chiamata della nazionale tedesca, rappresenta il riempimento di un duplice aspetto:
quello di campo, andando a riempire la casella che fu di Houillier con una conoscenza indubbia e una mentalità ligia ai processi aziendali ed agli obiettivi di crescita propri delle aziende corporate;
quello extracampo, perché il Maestro del gegenpressing è certamente l’uomo immagine calcistico più in vista in Germania in questi anni.
Sarà interessante capire l’evoluzione di questa strategia, di cui al momento nessuno parla perché mi pare evidente che nessuno ne sta parlando.
Aggiungo una sola postilla: il fatto che i gruppi come Red Bull oggi provino a giocare su un campo diverso come quello della acquisizione e valorizzazione di asset di minoranza è una novità che ci conferma quello che è il calcio oggi, una industria che produce valori volatili ed in cui valorizzare e crescere è importante tanto quanto capire il momento esatto in cui vendere e uscire.
Se hai il giusto know how (e Red Bull in questo ce l’ha) il giochino può essere assai divertente e sicuramente più remunerativo dell’inseguimento dell’utile che in questo calcio sembra sempre una chimera. Perché fino a che esisteranno le piramidi uniche e questa struttura che piace tanto a burocrati e romantici, la realtà sarà questa.
Note a margine.
Superlega nel 2025. Bernd Reichart, amministratore delegato (CEO) di A22, la società promotrice della Super League, ha confermato alla rivista tedesca Kicker che si stanno attivando per lanciare la nuova competizione. Fonti dell'organizzazione hanno invece rivelato al quotidiano spagnolo AS che l'intenzione è di iniziare nel settembre 2025. È una uscita onestamente sorprendente, anche per le tempistiche, a pochi giorni dal ritorno della Juventus nell’ECA, e che per ora merita a mio giudizio solo una nota a margine in attesa di capire se sarà possibile approfondire ulteriormente.
Non solo Thatcher. L’amministratore delegato della Serie A, Luigi De Siervo, in una intervista a Calcio e Finanza ha meglio precisato il suo pensiero sulla necessità di una “Riforma Tatcher” in Italia.
Dovendo usare uno slogan potremmo dire che in Italia abbiamo bisogno sia della riforma Thatcher (Public Order Act 1986), per estirpare la parte criminale del tifo, sia del “Rapporto Taylor” per responsabilizzare i nostri Club spingendoli ad ammodernare gli stadi con strumenti innovativi che consentano di “espellere” chirurgicamente i violenti.
Bastone e carota, quindi. Io ne avevo parlato in “Ultras, narrazione di un fenomeno tutto italiano”.
Arbitri verso il voto. Storiesport di Michele Spiezia descrive clima all'interno dell'Associazione Italiana Arbitri (AIA) in vista delle prossime elezioni. Lo scontro è tra Antonio Zappi e Paolo Dondarini. Trattative in corso, in cui la riforma più significativa riguarda l'introduzione del suffragio universale, che permetterà a tutti gli arbitri maggiorenni di votare, invece dei soli delegati e presidenti di sezione. La rivoluzione sostenuta da Orsato e Rocchi, potrebbe rimescolare le carte e favorire il cambiamento ai vertici dell'associazione
Outro.
Belgio, scouting e hi-tech.
La Pro League belga ha annunciato un'importante iniziativa tecnologica per migliorare l'analisi tattica e il monitoraggio dei giocatori.
Dal 2025, verranno introdotte tecnologie per il tracciamento dettagliato dei movimenti dei giocatori e la raccolta avanzata di dati dalle squadre giovanili dall’Under13 in su.
Queste innovazioni, supportate da società come GeniusIQ e SciSports, miglioreranno l’intera filiera calcistica nazionale e centralizzeranno i dati su una piattaforma accessibile a club e broadcaster.
C’è un’importante presa di coscienza e definizione di identità in queste scelte.
Lo spiega bene il CEO della Pro League, Lorin Parys:
Se non sei il più grande, devi cercare di essere il più intelligente.
Il Belgio sarà l'unico paese in Europa a raccogliere e centralizzare i dati sportivi dal livello U13 in su, consentendoci di concentrarci maggiormente sullo sviluppo dei talenti.
La Jupiler Pro League riceverà una spinta seria con almeno 12 telecamere tattiche in ogni stadio, migliorando l'analisi tattica.
In sostanza: se sei un campionato di formazione, se il tuo business è prettamente B2B, ovvero basato sul mercato di valorizzazione e cessione, se le tue possibilità di crescita dentro il sistema federale europeo attuale sono nulle (vedi il fallimento della fusione col campionato olandese), a quel punto non ti resta che sposare la tua ragion d’essere, ovvero accettare di essere un puro campionato di formazione, e puntare nel modo più intelligente possibile a essere quello che sei.
Diventando magari una case history di successo in tema di tecnologia applicata allo sport. L’evoluzione belga non può che essere seguita con la massima attenzione possibile.
Anche per oggi è tutto. A presto!
Giovanni