Ultras, narrazione di un fenomeno tutto italiano
Si può essere imparziali quando c'è di mezzo la propria squadra e si ricoprono ruoli socialmente rilevanti? E possono gli addetti ai lavori chiamarsi fuori evitando connivenze?
Berlino, 3 ottobre 2024
Resto dell'idea che certe curve siano molto migliori di certe tribune. (Serse Cosmi)
Quello che sta accadendo in questi giorni sulla vicenda giudiziaria che riguarda il tifo organizzato al seguito di Inter e Milan, ha risvolti giudiziari (i più importanti), ma anche un tema parallelo che è la narrazione che viene fatta della situazione.
Non essendo io direttamente impegnato nella cronaca giudiziaria milanese mi sto informando attingendo anche a fonti dirette, ma al momento non ho nulla da aggiungere rispetto a quanto sta via via uscendo.
Voglio invece provare ad affrontare l’altro tema, che riguarda direttamente non tanto la vicenda quanto piuttosto la sua costruzione giornalistica, i rilanci social e l’idea complessiva che ne scaturisce.
Perché quando si scrive di calcio professionistico arriva con tutta probabilità un momento in cui le strade si incrociano con quelle di un fenomeno, quello del movimento ultras, che va naturalmente considerato “innocente fino a prova contraria”, come sempre dev’essere, ma che in quanto tale - sulla base dei fatti di questi ultimi anni - ti fa alzare le antenne immediatamente.
Ed è quindi sulla narrazione complessiva delle vicende - ripeto, non solo dei fatti milanesi - che credo sia bene che ognuno di noi provi a ragionare riflettendo su tre diverse angolazioni di lettura di quanto sta emergendo in queste ore.
La prima viene offerta da Lettera43, che in un articolo di Matteo Innocenti pone un quesito chiaro:
È possibile essere obiettivi quando toccano la propria squadra del cuore?
Innocenti non parla, naturalmente, di semplici tifosi, ma fa riferimento diretto a chi ha voce in capitolo, a vario titolo, nelle vicende. Il suo pezzo riporta numerosi esempi, e ognuno si può fare un’opinione dandosi una risposta.
Al di là del tifo. Forse.
La seconda riguarda un classico del dibattito sul mondo Ultras in Italia.
Ogni volta che accade qualcosa, a prescindere da cosa, che sia uno scontro, la morte di un tifoso o di un operatore delle forze dell’ordine o una indagine più ampia come quella in corso, si può scommetere che qualcuno evocherà una fantomatica Legge Thatcher.
La cosa si è riproposta martedì: questa volta è stata evocata come Riforma Thatcher.
Del tema, ovvero del perché auspicare un fantomatico metodo Thatcher sia del tutto fuori luogo, ebbi modo di parlare in “Hooligans: una storia da raccontare bene” (e in questo video).
Qui voglio solo ripetere due cose che mi sembra doveroso sintetizzare per non lasciarle solo alla buona volontà di chi vorrà rileggersi quel mio articolo dell’aprile 2022.
Le politiche di Margaret Thatcher furono fallimentari - è un fatto storico dimostrato e dimostrabile - e portarono tra le altre cose alla strage di Hillsbrough dove la gente morì schiacciata contro le “barriere anti Heysel” che il suo Governo impose per evitare sfondamenti dopo i fatti luttuosi del 1985.
È quindi del tutto sbagliato nominare la Lady di ferro come risolutrice del problema.
Inoltre c’è un aspetto ancor più importante, da tenere in considerazione e che si sta manifestando più che mai in tutta la sua drammatica realtà, proprio alla luce di quanto sta accadendo:
Vi è un errore di fondo quando si fa un parallelo tra il fenomeno hooligans inglese e quello ultrà in Italia.
Non posso qui fare analisi sociologiche approfondite, ma credo di non stupire nessuno quando dico che il primo era un fenomeno di bande e violenza metropolitana, mentre il secondo - come abbiamo visto in alcuni casi emersi negli ultimi anni che hanno riguardato alcune curve italiane - ha spesso radicamento nella malavita organizzata.
Diciamocielo una volta per tutte: non vi è alcun modello inglese da cui imparare.
Qui stiamo parlando di un problema tutto italiano, che si incrocia con fenomeni extrasportivi tutti italiani.
E quando dico qui non intendo solo nei fatti all’attenzione delle cronache di questi giorni, ma di tutto quello che in diverse città è emerso in questi anni. Senza alcuna distinzione. Cosa di cui peraltro parlavo anche nella newsletter di sabato.
Mi perdonerete, quindi, se sarò ripetitivo, autocitando questo mio post su X, ma chi invoca la Thatcher o non sa di cosa parla, o finge di non sapere, o sbaglia completamente il tiro.
In ogni caso evocarla denota inadeguatezza sul tema, ed è grave.
Peraltro, non amo particolarmente le sparate di chi ad ogni fatto di cronaca parla di leggi nuove. Le leggi ci sono e vanno applicate, non esiste alcun elemento per dire che l’impianto esistente non possa essere efficace.
Invocare riforme così, per consuetudine, è un malcostume tutto italiano che va riconosciuto e stigmatizzato. Chi vuol sostenere il contrario deve prima di tutto dimostrare questo, altrimenti sta solo gettando inutile fumo col solo risultato di confondere i piani.
La terza, infine, è una riflessione sulla possiblità degli addetti ai lavori (dirigenti, allenatori e calciatori in primis) di “chiamarsi fuori” da questi fenomeni a vario titolo. Ovvero sull’idea, che spesso gira nella vita reale prima ancora che nei messaggi sul web, che per i professionisti del calcio sia praticamente impossibile sottrarsi a rapporti diretti con il tifo organizzato.
L’ex caporedattore sport di Repubblica, Fabrizio Bocca, sul suo blog scrive: “non tutti si chiamano Paolo Maldini”, ricordando i fischi nel giorno dell’addio del capitano rossonero (su cui nessuno volle veramente indagare):
Paolo Maldini si rifiutò di avere contatti con ultras e delinquenti del tipo in questione, proprio per non dover sottostare a ricatti e ingerenze sulla vita privata.
E’ stato possibile perché aveva una concezione anche e soprattutto morale, etica, di esempio, del proprio lavoro e della propria attività. E infatti gliela fecero pagare cara, rendendogli infernali gli ultimi periodi della carriera e soprattutto il suo addio al calcio, contestandolo apertamente a San Siro.
E vi è poi la testimonianza diretta di quel che dice Claudio Lotito, presidente della Lazio, la cui lunga diatriba con il tifo organizzato spesso viene raccontata solo sotto il punto di vista narrativo del “presidente contestato esclusivamente perché ha il braccino corto”:
Ho negato biglietti gratis e trasferte pagate, ma vivo sotto scorta.
E stiamo parlando, fino a prova contraria, di colui che - piaccia o non piaccia - ha vinto più trofei alla guida della Lazio.
Sono esempi che è bene tenere a mente, soprattutto perché non passi il messaggio che tutto questo è inevitabile.
Sarebbe una resa assai preoccupante tanto quanto non veritiera.
Note a margine.
Plusvalenze. (Calcioefinanza) La Guardia di Finanza ha concluso la sua indagine sui bilanci, dal 2016 al 2021, della Roma. La società giallorossa è finita nel mirino delle Fiamme Gialle per dichiarazione infedele che potrebbe costare al club un pesante multa da milioni di euro.
Decreto Lukaku stop. Nella newsletter di sabato parlavo del “ritorno del Decreto Lukaku”, ma nella discussione al Senato non sono passati gli emendamenti di Forza Italia per prorogare gli sconti fiscali per i cosiddetti “impatriati”, compresi i calciatori. L’emendamento proponeva di modificare la data del 31 dicembre 2023, sostituendola con il 31 dicembre 2027, di fatto allungando il periodo in cui nuovi sportivi professionisti avrebbero potuto godere degli sgravi fiscali. La modifica non è stata approvata e i benefici rimarranno validi per gli atleti che li sfruttavano già prima del 31 dicembre 2023, compatibilmente con la normativa.
Conti blaugrana. Il Barcellona ha riportato una perdita di 91 milioni di euro per l'anno finanziario 2023/24, in gran parte a causa del fallito accordo di vendita di Barça Vision. Tuttavia, il club ha ridotto i costi, tagliando il monte ingaggi di 170 milioni e aumentando i ricavi da sponsorizzazioni e merchandising. Nonostante l'uso temporaneo dello stadio più piccolo, il club prevede un ritorno alla redditività con l'apertura del nuovo Spotify Camp Nou nel 2025. Le vendite di giocatori hanno fruttato oltre 80 milioni di euro.
Outro.
Biglietti Champions.
A proposito di caro biglietti, c’è una bella analisi di The Athletic sui club di Champions league.
L'articolo confronta i prezzi dei biglietti per le partite della Champions League di vari club europei, mettendo in evidenza le differenze significative tra le squadre.
Chi ha i biglietti più costosi:
Il Benfica offre alcuni dei biglietti più cari, con posti in prima fila che arrivano fino a €245. Anche i biglietti più economici per i membri costano €94.
Il Barcellona ha biglietti che vanno da €71 a €157.
Il Paris Saint-Germain (PSG) ha posti che raggiungono i €302.
L’Aston Villa si distingue con un minimo di €102 e un massimo di €116 per la partita contro il Bayern Monaco.
Chi ha i biglietti più economici:
Le squadre tedesche come Bayern Monaco, Borussia Dortmund, RB Leipzig e Stoccarda offrono i biglietti più economici, con posti in piedi a partire da €18.
In Italia, i biglietti più economici di AC Milan costano €18.
In sintesi, i club tedeschi offrono i prezzi più bassi in generale, mentre club come Aston Villa, Benfica, Barcellona e PSG presentano i prezzi più elevati per la fase a gironi della Champions League.
Per quanto riguarda l’Italia i prezzi risultano essere nella media, senza eccessi particolari.
Anche per oggi è tutto. A presto!
Giovanni
perdonami, però scrivere che il movimento ultras ha fondamento nella criminalità organizzata mi sembra anche questa una forzatura, forse la criminalità organizzata prova ad entrarci, le recenti inchieste su juve, milan e inter ci stanno dicendo questo, ma ciò avviene in tutti gli ambiti dove c'è la possibiltà di un guadagno,dove c'è la possibilità di guadagnare ci saranno sempre interventi della criminalità organizzata, il movimento ultras così ,come gli hooligans, per me sono una sottocultura o un movimento con tanti lati che sicuramente non sono condivisibile da tutti, e che vanno controcorrente, ma anche tanti lati positivi, e questa associazione ULTRAS = MAFIA, mi sembra solo far passare un pensiero sbagliato, o quanto meno non corretto, gli ultras ci sono anche in piccolo realtà e a sostegno di piccole squadre e non puoi venirmi a dire che siano tutti affiliati alla alla cirminalità organizzata.