Superlega: il basket progetta, il calcio archivia
La NBA parla con la FIBA di un torneo europeo indipendente alternativo all'Eurolega, mentre A22 torna a farsi viva per puro dovere di firma, ma senza convincere troppo su quello che racconta.
Brescia, 20 dicembre 2024
Il basket è l'unico sport che tende al cielo. Per questo è una rivoluzione per chi è abituato a guardare sempre a terra. (Bill Russell)
Un anno fa la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con una storica sentenza apriva lo sport professionistico europeo a tornei indipendenti rispetto a quelli organizzati dalle Federazioni.
Era il 21 dicembre 2023 e in molti aspettavamo da mesi un pronunciamento che i politici di tutta Europa in realtà non volevano sentire, legati come sono ai poteri nazionali da far pesare in sede UE.
Non a caso nel febbraio dell’anno dopo si sarebbero espressi per la “difesa del modello sportivo europeo”: a prescindere da cosa significhi.
Da allora la Superlega calcistica non ha fatto alcun passo avanti, la Juventus che ormai ha la rilevanza politica del Titanic dopo il naufragio è rientrata nell’Eca e come già visto nei mesi scorsi a giovarsene sono stati più i suoi ex calciatori, novelli politicanti che non il club stesso (che infatti non ha più lo status di membro fondatore), il Barcellona ha altri problemi e il Real Madrid ha cambiato strategia per rafforzarsi finanziariamente. Insomma: anche i club rimasti pensano da altro.
I comunicati degli ultimi giorni sulla Unify League (un nome troppo brutto per essere vero) somigliano più al lavoretto di natale dei bambini delle scuole elementari - ovvero comunicazioni per tenere aperto il dibattito nell’anniversario della sentenza - che ad un reale progetto in grado di far decollare l’idea di competizioni continentali non più dipendenti dalle dinamiche federali.
Nel frattempo tuttavia il “tana libera per tutti” ha aperto il dibattito in vari sport.
Nella pallavolo a settembre ci fu la corsa in avanti del presidente della Lega volley maschile italiana, Massimo Righi, che di fatto ventilava un nuovo torneo europeo alternativo a quelli della CEV.
Nel basket invece è emersa in questi giorni una notizia clamorosa (The Athletic): Andreas Zagklis, segretario generale della FIBA, ha dichiarato che il prossimo mese sarà cruciale per capire se la NBA avvierà una lega europea.
La pallacanestro, insomma, potrebbe fare ben 2 superleghe prima che il calcio riesca ad organizzarne una.
Attualmente, stando a quanto riportato, la NBA è in discussione con la FIBA e con i team che operano nell'EuroLeague riguardo alla creazione di una nuova lega che potrebbe competere con l'attuale EuroLeague e altre leghe nazionali.
Zagklis ha sottolineato che la NBA ha un forte interesse in questo progetto, ma ha anche rimarcato l'importanza di proteggere l'ecosistema del basket europeo, che include sia le leghe nazionali che le squadre.
La NBA sta esplorando come migliorare i propri programmi giovanili, prendendo spunto dai modelli di accademie in Europa, e considera l'idea di una lega europea come un'opportunità per aumentare l'interesse commerciale e il seguito del basket nel continente.
Nel basket si può. Perché il basket è uno sport libero che può strutturarsi su base europea e non è ostaggio delle politiche nazionaliste.
Ne parlavo nei giorni scorsi in “Ceferin all'UE chiede riforme per prendersi tutto“. Non si tratta qui di essere pro e contro Čeferin o pro e contro l’Uefa. Si tratta di affermare un principio tale per cui la libertà è SEMPRE meglio del monopolio.
Infatti lo stesso Čeferin chiedendo protezione agli interessi nazionali rappresentati a Bruxelles ammette:
in alcuni sport è già successo, [ma] non possiamo e non permetteremo che accada al calcio europeo.
Il basket è un mondo libero in cui si può discutere, mentre il calcio dall’aprile 2021 in poi è un mondo sotto scacco in cui il diritto europeo è sospeso, nonostante le sentenze della Corte di Giustizia Europea che vanno in tutt’altra direzione.
Nel frattempo come detto A22 (che poi non si sa bene ormai cosa sia: parla Bernd Reichert ma chi c’é dietro di lui?) è tornata a parlare di Superlega e la vorrebbe chiamare Unify League, per questo ha pubblicato una lettera con cui è stato chiesto ufficialmente a FIFA e UEFA di riconoscere ufficialmente le nuove competizioni europee.
Una mossa che evidenzia tutta la debolezza di una iniziativa sempre più isolata e vuota.
La sentenza della CGUE ha imposto a FIFA e UEFA di chiarire le regole per le uscite dei club dal loro sistema, ed ovviamente le due federazioni non hanno fatto assolutamente nulla da allora. Anzi, come detto il presidente Uefa è andato a Bruxelles a chiedere ai ministri dello sport di far legiferare contro quella sentenza.
Ma a prescindere da questo, il fatto è che oggi il problema non è più in capo a FIFA e UEFA ma ai promotori di eventuali competizioni alternative, o meglio: alle banche d’affari o ai fondi di investimento che investendo le rendano possibili.
Perché la sentenza c’è e il resto deve semplicemente avvenire per essere ratificato. Chiaro però che nessuno riconoscerà mai altre competizioni a priori.
Servirà uno strappo.
L’altra debolezza evidenziata dagli ultimi passi di A22 sono poi le cervellotiche norme di qualificazione che non hanno alcun senso: alla Unify League ci si qualificherà attraverso le competizioni nazionali.
Ma quella roba esiste già e sono le competizioni Uefa. Che credibilità ha A22 che da quando è nata parla per bocca di una sola persona ed ha solo generato chiacchiere per dirsi migliore della federazione europea?
A22 è sempre più una scatola vuota senza il supporto attivo dei club che cerca di far tutti contenti.
Per cambiare la rotta basterebbe mettere i soldi sul tavolo. Per avere le adesioni dei club bisognerebbe semplicemente dire loro come, quando e quanto guadagnano a differenza dal sistema attuale.
Il resto sono chiacchiere ammantate di un po’ di demagogia e populismo come quelle delle partite in diretta e dei pagamenti di solidarietà ai club più piccoli.
Argomenti tanto buoni e simpatici quanto innocui e insensati.
InsideWorldFootball - che ad oggi è l’unico media internazionale specializzato nel calcio che scrive di politica sportiva con un minimo di occhio analitico, considerandosi un contenitore giornalistico e non uno strumento di marketing - ha infatti commentato così:
A22 non ha rilasciato proiezioni di fatturato o nomi di potenziali partner sponsor. Trovare denaro per nuove competizioni internazionali per club non è facile: basta chiedere alla FIFA.
A meno che, naturalmente, non abbiate un amico saudita pronto a tirarvi fuori dai guai.
In questo contesto, trovare oltre 4 miliardi di euro è appena una goccia nel pozzo di petrolio per possedere calcio europeo.
A conferma del fatto che la Superlega del calcio è defunta ed al momento non si vede all’orizzonte nulla che renda credibile la sua organizzazione.
Ma il suo principio sportivo rimane vivissimo e validissimo. In fatti se ne parla negli sport liberi, non quelli tenuti in ostaggio dalla politica.
Note a margine.
Il St. Pauli rilancia. l'FC St. Pauli, noto per il suo attivismo sociale, stia applicando i suoi principi comunitari al finanziamento del club. Ne ha scritto ESPN evidenziando club ha recentemente ottenuto la promozione in Bundesliga dopo 13 anni, consolidando il suo impegno verso una gestione orientata alla comunità. Questo approccio mira a contrastare le tendenze del calcio moderno, mantenendo l'autenticità e i valori che hanno reso l'FC St. Pauli un'icona nel panorama calcistico.
Intercontinentale. Nel disinteresse generale il Real Madrid ieri si è aggiudicato la Coppa Intercontinentale battendo in finale il Pachuca. Un torneo che conferma l’avidità della FIFA che nonostante l’imposizione del Mondiale estivo non rinuncia all’Intercontinentale, pur se ormai svuotata di senso. Il dato interessante che emerge, tuttavia, riguarda più i perdenti che gli sconfitti ed è il seguente: i messicani del Pachuca sono la settima squadra non sudamericana a giocare la finale nelle ultime 20 edizioni. Ma se nelle dieci dal 2005 al 2014 solo 2 su 10 erano state le non europee in finale (entrambe africane: il Mazembe nel 2010 e il Raja Casablanca nel 2013), dal 2015 ad oggi la divisione è del 50% esatto tra sudamericane e resto del mondo, sempre contro una europea in finale. Il che riflette chiaramente l’allineamento tecnico che ha caratterizzato questo decennio alle spalle dello strapotere (economico) europeo.
Finanza creativa. Il presidente del Lille, Olivier Letang, ha dichiarato che il club ha incassato solo 7 milioni di euro dalla cessione di Victor Osimhen al Napoli nel 2020. Nonostante l'operazione fosse valutata complessivamente 70 milioni di euro, questa cifra includeva commissioni e i cartellini di quattro giovani calciatori trasferiti dal Napoli al Lille, che però non hanno mai giocato per il club francese. Letang ha sottolineato che, sottraendo i 20 milioni di euro spesi per questi giocatori – il cui valore reale, secondo lui, era pari a zero – e considerando le spese per intermediari e commissioni, il guadagno netto per il Lille è stato di soli 7 milioni di euro.
Outro.
Agli antipodi.
Qualche settimana fa mi colpì uno studio del CIES sull’età in cui i club acquistano i giocatori.
Ed è curioso che Juventus e Inter appaiano agli antipodi nelle strategie di reclutamento.
Un terzo della rosa dei nerazzurri è stato preso dai 30 anni in su, una fascia d'età in cui i bianconeri non hanno preso nessuno puntando piuttosto alla fascia dove l'Inter pesca meno: tra 26 e 29.
Da una parte il concetto di Instant Team. Dall’altra quello di giocatori pronti ma con margini di crescita, dove tuttavia la situazione finanziaria del club (che non permette di andare sulla primissima fascia) finisce per penalizzare la qualità generale, perché i prescelti, giocoforza, sono 26-29enni di qualità non eccelse.
La tabella va studiata perché a mio modo di vedere ci sono sostanzialmente 4 tipologie di club in Serie A.
club di formazione (Parma, Venezia, Genoa, Bologna) ovvero che reclutano oltre il 30% dei loro giocatori quando hanno meno di 21 anni (equivalenti europei di successo: Brentford, RedBull Lipsia, Monaco);
club di prospettiva (Milan, Atalanta, Torino e Udinese), che reclutano tendenzialmente sotto i 26 anni ed hanno solo il 25% dei loro giocatori dai 26 in su (equivalenti europei di successo: (Liverpool, Girona, Barcellona, Brighton);
instant team (Como, Inter, Monza) che hanno preso oltre il 25% dei loro giocatori dai 30 anni in sui (equivalenti europei simili: Villareal, Betis, Lille);
club di progetto (che rispetto a quelli di prospettiva lavorano in un lasso temporale/progettuale ridotto), divisi in due categorie e caratterizzati dal fatto che hanno la loro fascia predominante tra i 21 e i 26 anni di età:
di medio alta classifica (Juve, Napoli, Roma, Fiorentina, Lazio)
di medio bassa classifica (Cagliari, Empoli, Verona, Lecce)
È una divisione ovviamente spannometrica ma che mi sembra rifletta abbastanza fedelmente le strategie dei vari club. Potete sempre farmi sapere cosa ne pensate nei commenti.
Anche per oggi è tutto. A presto!
Giovanni
Interessante il post sul cies per l’età dei giocatori presi
"il calcio non è il basket, qui c'è bisogno che i bambini sognino"