[68] Parigi val bene una messa
FUBOLITIX - Sono iniziati i giochi della XXXIII Olimpiade. Da oggi tutti esperti di sport minori. Ma come mai siamo così forti nell'atletica, e perché il calcio non è considerato olimpico? Parliamone
Berlino, 27 luglio 2024
Napoli in agosto è un po’ come Parigi a maggio: ricorda Pescara in aprile.
(Alessandro Bergonzoni)
Prologo
Le Olimpiadi sono, su scala mondiale, l’equivalente sportivo del Festival di Sanremo. Sono di tutti, perché in realtà non sono di nessuno. Del resto rappresentano un’idea di sport ampiamente sconfitta nella storia dai fatti, ed oggi applicata a convenienza: quella del dilettantismo propugnato dal barone Pierre De Coubertin. Nonostante questo le Olimpiadi sopravvivono a se stesse da 128 anni e sono uno strumento di softpower incredibile, che ci dice molto più del ruolo dei paesi sullo scacchiere internazionale che del reale stato di salute del loro movimento sportivo. Sul piano politico si sono evolute fino a diventare oggi un contenitore quasi irrinunciabile, ma oggi non si boicottano più: purtroppo non interrompono più le guerre come succedeva nell’Antica Grecia (la tregua olimpica) ma non possiamo non apprezzare questa evoluzione: stare dentro il contenitore è diventato un valore superiore che testimonia l’essere parte di una ampia comunità internazionale aperta (almeno sul piano retorico) al dialogo e alla diplomazia.
Ne ho scritto su Il Riformista nell’edizione di ieri, prima che il sabotaggio logistico creasse qualche problemino.
Atletica leggera. Anche se alle Olimpiadi diventiamo tutti esperti di sport sconosciuti a me piace ancora rivolgermi a qualcuno che ne sa per capire meglio certi fenomeni. Ed allora qualche giorno fa ho chiesto a Lorenzo Bandini - autore dell’interessante newsletter A cosa penso quando corro - a cosa sia dovuta questa nostra improvvisa forza nell’atletica leggera. La sua risposta:
Secondo me è stato un mix di cose. In parte una coincidenza generazionale, in parte strategia, lungimiranza e capacità di programmare e di fare le cose fatte bene in campo. Dopo Tokyo si è capitalizzato il successo mediatico, attirando nuovi talenti, tanta attenzione (3 milioni e mezzo di share in TV la sera del martedì) e soldi per sponsorships. Ma il vero successo affonda, forse, nel momento in cui è stato individuato il nuovo direttore tecnico dal 2018, Antonio La Torre, l'artefice nascosto - che ha cambiato un po' la mentalità - lanciando, tra le altre cose, un giovanissimo Tortu che per primo è andato sotto i 10 secondi sui 100 metri (9.99, fece molto parlare di sé e dell'atletica in generale).
Io resto dell'idea che il peso mediatico sia stato rilevante: parlare di atletica, avvicinare le persone all'atletica è stato determinante, e in questo è stato importante il peso nel racconto che è stato fatto in primis dalla Federazione stessa, che ha creato un immaginario entro cui gli atleti di punta sono sempre figure positive: Tortu bravo ragazzo, Jacobs tamarro, passami il termine, ma sempre performante e sul pezzo, mai al centro di scandali, o di polemiche, a differenza di diversi colleghi, Tamberi figura pop sopra le righe ma mai sboccato o volgare, attirando giovani e (non secondariamente) genitori.
L'equazione è semplice: “molti più giovani e giovanissimi sotto l'ala di preparatori sempre più competenti = molte più possibilità di trovare diamanti”. Qui resta il rammarico per i vuoti del sistema scolastico quando si tratta di approccio all'educazione fisica: un sistema ben rodato, dotato di più tempo e risorse in termini di denaro e soprattuto di tempo, farebbe sì che la scuola fosse il primo motore per l'avvicinamento dei giovani allo sport, dando la possibilità a un numero elevatissimo di giovani di trovare una disciplina di loro gradimento o di scoprirsi predisposti a qualcosa di impensabile (questo, ovviamente, vale per tutti gli sport).
Atletica leggera 2. Una delle cose belle delle Olimpiadi è la commistione tra dilettantismo e professionismo, che ancora emerge saltuariamente. A tal proposito Il Post ha raccontato la storia di Diego Pettorossi, che lavora come sviluppatore per un'azienda statunitense, e solo nel tempo libero si allena per i 200 metri. Ma sorprendentemente si è qualificato per Parigi 2024.
Il ristorante più grande al mondo. Per le Olimpiadi di Parigi 2024, la compagnia Sodexo Live! è incaricata di fornire pasti agli atleti e agli ospiti, con l'obiettivo di creare il "ristorante più grande del mondo" nel Villaggio Olimpico, in grado di servire 40.000 pasti al giorno. Sodexo Live! ha sviluppato 500 ricette per l'evento, con una particolare attenzione alla sostenibilità e alla riduzione dell'impatto ambientale. La maggior parte degli ingredienti sarà di origine francese e stagionale, e saranno utilizzati piatti riutilizzabili anziché usa e getta (Food & Wine) (NBC Sports). L'obiettivo è anche quello di far scoprire la cultura gastronomica francese, con sessioni di cucina dal vivo e opportunità di interazione con i chef (Food & Wine) (South China Morning Post).
Il Villaggio Olimpico. Una delle cose che ho sempre trovato più affascinante delle Olimpiadi è certamente il Villaggio Olimpico. Memorabile, letteralmente da brividi, per me è stata nel 2011 la visita alla struttura di Monaco di Baviera, che ospitò gli atleti nel 1972 (anche perché le immagini storiche dell’attentato agli atleti israeliani sono impresse nella mia mente). A Parigi invece il completamento del Villaggio Olimpico per le Olimpiadi è costato 2,2 miliardi di dollari e rappresenta un importante traguardo. Situato a nord della città, ospiterà 14.500 atleti e sarà trasformato in un quartiere ecologico post-evento. Il villaggio includerà residenze private, edilizia popolare, scuole, un hotel e spazi commerciali. Un sistema di raffreddamento ad acqua sostituirà l'aria condizionata. L'obiettivo è organizzare le Olimpiadi più sostenibili di sempre. Ne ha scritto nel dettaglio FOS.
L’indotto economico. L'organizzazione delle Olimpiadi di Parigi 2024 ha utilizzato il 95% di infrastrutture già esistenti, rappresenti una sfida per l'Italia, dove mancano impianti sportivi adeguati. Il Villaggio Olimpico di Parigi verrà trasformato in un quartiere ecologico post-evento. I costi delle Olimpiadi francesi saranno compensati da ricavi diretti (principalmente ticketing, sponsor e tv) stimati in 4 miliardi di euro, oltre all’indotto di 33 miliardi di euro in termini di ricadute economiche sulla città. Ne ha scritto approfonditamente Calcio e Finanza.
Equilibrismi. Come dicevo in apertura, le Olimpiadi non si boicottano più: stare dentro il contenitore è essenziale per esistere nella comunità internazionale. Ora, piuttosto, si chiedono le esclusioni. Singolare quello che è accaduto nelle ultime settimane: i palestinesi hanno invocato un precedente legale per chiedere al Comitato Olimpico Internazionale (CIO) di escludere gli atleti israeliani dalle Olimpiadi di Parigi 2024. La FIFA ha posticipato la decisione sulla sospensione della Federazione calcistica israeliana (IFA) dopo che entrambe le parti hanno chiesto più tempo per presentare le loro posizioni legali. Questo rinvio consente intanto a Israele di partecipare al torneo olimpico di calcio, che inizierà il 24 luglio 2024.
Calcio. Nel mio pezzo su Il Riformista parlo tra le altre cose della polemica innescata da Michel Platini che in una recente intervista ha detto: “il calcio non è sport olimpico”. L’ex 10 della Juve si schiera anche perché da francese conosce bene la storia della rivalità tutta transalpina fra De Coubertin e Jules Rimet. Quest’ultimo da presidente FIFA, capendo prima di altri l’evoluzione, inventò il mondiale di calcio (visto di cattivo occhio dal Comitato olimpico internazionale) e tracciò da lì un solco professionisti contro dilettanti che poi è stato tra i fattori di successo dello sport più popolare del mondo. Interessante il retroscena che viene raccontato nel recente libro di David Owen "Aux Armes! Sport and the French – an English perspective", sulla storia delle Olimpiadi di Parigi del 1924. In quell’edizione il nuovo stadio di Colombes, costruito sul sito di un vecchio ippodromo, non riuscì a contenere tutte le persone che si erano recate nei sobborghi per assistere alla finale del torneo di calcio a 22 squadre, il più grande fino al 1952. La finale, che vide l'Uruguay prevalere sulla Svizzera, attirò 60.000 spettatori, con migliaia di persone rimaste fuori senza riuscire ad entrare. Il calcio si rivelò estremamente popolare, generando quasi un terzo degli incassi dei biglietti dei Giochi con 1,8 milioni di franchi, superato solo dall'atletica. Ma quelle Olimpiadi furono anche quelle di una escalation nazionalista in seguito alla quale diversi altri sport, tra cui la boxe, la scherma, la pallanuoto e il tennis, furono segnati da episodi di disordini. Il Times britannico arrivò a pubblicare un articolo intitolato "Giochi Olimpici Condannati", criticando aspramente l'evento. Pierre de Coubertin, respinse le critiche, sostenendo che i Giochi fossero stati una forza positiva sin dal loro rinnovo. Se fosse stato convinto che avessero generato discordia tra le nazioni, avrebbe raccomandato di abbandonarli. A un secolo di distanza ogni tanto sembra di essere tornati al punto di partenza.
La favola. Non potevo non chiudere la newsletter di oggi senza tornare sulla storia più bella di sempre delle Olimpiadi: il primo oro olimpico invernale per un atleta dell'emisfero australe (lo so, sono Olimpiadi invernali, ma conta molto poco rispetto all’eccezionalità della storia). Se non la conoscete gustatevi il video commentato dalla Gialappa’s Band.
Alle Olimpiadi di Salt Lake City, Steven Bradbury prende parte ai 1500 m (dove esce al secondo turno) e ai 1000 m dello short track. In questa gara si rende protagonista di una delle maggiori sorprese nella storia di tale evento, nonché delle Olimpiadi.
Dopo aver vinto la sua batteria, ai quarti di finale giunge terzo dietro i favoriti Apolo Ohno e Marc Gagnon, ma la squalifica del secondo gli apre le porte della semifinale, in cui l'australiano, dopo le cadute di Kim Dong-Sung, Mathieu Turcotte e Li Jiajun e la squalifica di Satoru Terao, vince e si qualifica per la finale A che assegna le medaglie.
Qui ritrova Jiajun, Turcotte, Ohno e Ahn Hyun-Soo. Fino all'ultimo giro, Bradbury si ritrova in netto ritardo rispetto ai quattro; all'ultima curva, però, Jiajun cade nel tentativo di sorpassare Ohno, il quale perde l'equilibrio e trascina con sé anche il canadese e il coreano.
Bradbury così conquista l'oro con il tempo di 1'29"109, il primo titolo olimpico invernale per un atleta dell'emisfero australe, davanti a Ohno e Turcotte.
Epilogo
E anche per questa settimana siamo arrivati al meritato weekend. Mentre stai leggendo questa newsletter io so già che sto guardando la Germania giocare la partita di esordio del torneo olimpico di pallavolo. In realtà in questa edizione mi interessano soprattutto due sport: il volley, perché spero di vedere l’Italia sfatare un tabu che dura dal 1992 (ma quest’anno come allora si giocano i quarti di finale, in cui venimmo eliminati dall’Olanda, il 5 agosto), e la pallamano, perché spero nell’oro alla Danimarca che coronerebbe alla grande la carriera di due giocatori leggendari come Hans Lindberg e Mikkel Hansen. Lo so, sono strano, ma non è forse il bello delle Olimpiadi questa molteplicità esagerata di punti di vista?
Se invece vi siete persi qualche newsletter questa settimana vi segnalo due cose: la prima è che le newsletter quotidiane ora si chiamano “Diario” e escono dal lunedi al giovedi, ma da settembre amplierò anche al venerdì, in particolare nelle settimane in cui si gioca la Champions League con il ritorno del format Io li ho visti così. Negli ultimi giorni invece ho parlato di:
E anche per questa settimana è tutto. Buona Olimpiade a tutti.
A presto!
Giovanni