Autonomia dello sport, un valore da difendere [3/6]
La furia iconoclasta di molti tifosi vorrebbe vedere lo sport riformato a colpi di sentenze, oppure cedendolo alle mani lunghe della politica. Ma tutto questo non è auspicabile.
Berlino, 4 luglio 2024
Quando voglio prendere una decisione collettiva mi guardo allo specchio
(Warren Buffet)
Terza lettera dedicata alla serie di riflessioni sulla crisi del calcio italiano.
Già pubblicate:
Il calcio italiano è davvero in crisi?
Euro 2024, Gravina è responsabile?
Oggi parliamo di un tema che mi sta a cuore, l’autonomia dello sport, mentre nei prossimi tre giorni (a partire da lunedi) mi dedicherò a:
il calcio di club e delle nazionali;
la sostenibilità come metodo;
il calcio di base: giovani, dilettanti… e Coverciano.
Subito dopo l’eliminazione dell’Italia da Euro 2024, molti improvvisati analisti da social media auspicano che il ministro dello sport Andrea Abodi rimuova il presidente FIGC Gabriele Gravina dal suo incarico.
Vorrei sorvolare sulla precisazione ma non ce la faccio: Abodi fortunatamente non ha questo potere. E dico fortunatamente non certo per una questione personale.
Non siamo nei soviet e nemmeno in Africa, dove il calcio non è autonomo e spesso il ministro dello sport è anche presidente Federale o del comitato olimpico.
Il presidente Figc è esponente di una maggioranza pesata in base alle varie componenti federali e di questa è espressione (qui una spiegazione di come funzionano le elezioni federali).
Il potere di commissariamento sta in mano al presidente del CONI, ovvero al momento Giovanni Malagò, ma, al di là della volontà politica di intervenire, un commissariamento deve avvenire su basi giuridiche, e non so quali sarebbero queste basi oggi.
Nonostante questa distanza bisogna tuttavia rilevare oggi che Andrea Abodi, o se vogliamo più in generale, la politica (o meglio, la parte politica al potere in Italia) facendo leva sui poteri a cui può legittimamente accedere, lo sta già attaccando in due direzioni.
Facciamo un passo indietro: Andrea Abodi per quello che ha fatto soprattutto da presidente della Serie B secondo me è un dirigente capace e meritevole. Dopo di che da ministro esprime la visione sullo sport e sull’interpretazione del rapporto con lo sport di questa parte politica - visione che, stando lì, condivide - su cui ho qualche perplessità.
L’attivismo ministeriale (ne ho parlato qui), al di là delle formulazioni linguistiche, sta promuovendo e realizzando una Commissione di controllo sulla Covisoc, ed ha portato alle dimissioni di quattro membri di quest’ultima che si sono sentiti esautorati.
Nel frattempo, il peraltro presidente della Lazio, Claudio Lotito, senatore di Forza Italia e quindi parte della maggioranza parlamentare che sostiene il governo, spinge per l’autonomia della Serie A con lo slogan della “Premier League all’italiana”.
Oltre al furore popolare, insomma, il fu presidente del Castel di Sangro dei miracoli, Gabriele Gravina, deve fronteggiare gli attacchi concentrici della politica che da una parte interviene sulle materie di competenza della Covisoc, che è commissione federale, e dall’altra prova ad allontanare Lega e Federazione promuovendo una fantomatica autonomia della prima. Una manovra politica che ha senso solo nella logica della manovra contro un uomo, Gravina.
Fare la Premier League all’italiana è uno slogan vuoto.
Ho provato a chiedere a dirigenti di club e funzionari di Lega ed è opinione comune che stante l’attuale regolamentazione della suddivisione dei diritti tv (la Legge Melandri), questa autonomia sarebbe lettera morta e potrebbe solo generare un inasprimento dei rapporti Lega - Federazione (come già Gravina stesso ha fatto sibillinamente notare, non senza qualche ragione).
Inciso necessario: la Premier League nel 1992 nacque per tenersi i diritti tv esautorando la Football Association che li divideva in maniera orizzontale su tutta la piramide calcistica inglese, ma questo in Italia già succede.
La FA cedette anche i poteri di controllo economico finanziari alla nuova lega (che in Italia sono in capo alla FIGC attraverso la Covisoc) ma si tenne l’amministrazione della giustizia sportiva di campo (come del resto è del tutto legittimo che sia e che anche in Italia sono in capo alla FIGC).
I tre macrotemi sono questi, e stante l’esistente è chiaro che l’intento è quello di dare un colpo all’uomo dove possibile, più che al sistema.
Del concetto di autonomia del calcio e dello sport nell’ordinamento inglese parlo nell’Outro di oggi.
Torniamo a noi.
Che la destra italiana abbia qualche appetito sportivo è noto da tempo.
Forse ricorderete il caso della riforma del Coni promossa dal governo gialloverde, che minava l’autonomia del Comitato olimpico dalla politica nazionale, poi repentinamente rientrata in seguito alle minacce dei Cio, il comitato olimpico internazionale, che voleva escludere l’Italia dalle Olimpiadi di Tokyo per violazione del principio.
Non so cosa accadrà ora ma personalmente continuo a sperare che da una parte la Federazione possa fare la Federazione e quindi pensare al calcio di base, dilettantistico e semi professionistico.
Dall’altra che il calcio professionistico possa prendere la sua direzione senza il condizionamento politico, rifondando le Leghe maggiori su nuove basi.
Ci sono due coincidenze storiche, forse non casuali, favorevoli:
metà delle società di Serie A è controllata da fondi esteri, americani in particolare
la Corte di Giustizia dell’UE ha decretato la libertà in principio di autodeterminazione
Se le prime, rivendivando una distanza culturale da questo calcio, non faranno leva sulla seconda per uscire dal guado avremo sprecato un’occasione storica.
La sto prendendo troppo larga?
No, un sistema non può realmente funzionare se non vi sono alla base dei principi istituzionali chiari. Esattamente come un paese non può funzionare se non ha una costituzione (o un suo surrogato giuridico in linea di principio come nel Regno Unito).
Che fare?
Innanzitutto va difesa l’autonomia dello sport per come codificata nei trattati internazionali. Che non vuol dire accettare tutto.
A quel punto si discute sui contenuti. Non significa non riconoscere alla politica un potere costituente in un momento di crisi, ma questo potere deve essere bipartisan e eccezionale, non una delega illimitata ad occuparsi della materia od a vigilare sull’industria calcistica.
Non nutro grande fiducia nella classe politica, a prescindere dalle sue posizioni, ma realisticamente non ci sono alternative: l’antipolitica non è l’alternativa alla politica, é politica essa stessa. Ed in genere contrasta il buono ed il cattivo con il vuoto.
Inoltre esprimo un auspicio di cui ho già detto nelle scorse settimane: io spero che nessuno pensi che le riforme si possano fare esclusivamente grazie ai terremoti giudiziari.
In Italia da 30 anni ciclicamente abbiamo Tangentopoli, Parentopoli, Corruttopoli, Calciopoli termini giornalistici che la gente percepisce come momenti che elimineranno il loro prefisso: tangenti, familismo, corruzione, malaffare calcistico e che invece hanno per loro natura solo il fine di cancellare il suffisso -opoli, ovvero il sistema, al quale da sempre in mancanza di riforme effettive si sostituisce un sistema peggiore del precedente.
Fossi il presidente del Coni sarei più attivo sulla questione, riaffermando in primis sul piano comunicativo chi ha l’egida dello sport in Italia, promuovendo una campagna di comunicazione e informazione che spieghi perché si fa così e perché è così.
Ma temo che nessuno oggi al Coni voglia entrare in uno scontro dialettico ed in una narrazione antitetica a quella di un governo che appare solido e risulta politicamente maggioritario nel paese, anche su questi temi.
Note a margine
Polisportive. All’inizio degli anni ‘90 ci furono due esperimenti di polisportive in Italia, quella del Milan che finì quasi subito (perché gli sport alternativi al calcio non facevano ascolti tv) e quella dei Benetton a Treviso che durò molto di più. Da allora non ricordo altri casi simili ma pare che ora qualcosa di simile lo voglia fare la Lube che unirà alla pallavolo anche il calcio. La differenza è che il progetto Lube Academy Treia inizia in aperta polemica con l’aumento dei costi nel volley e con l’acquisizione di una polisportiva le cui attività spaziano dal calcio alla ginnastica.
Sostenibilità. Se siete interessati al tema il nuovo numero di Football and Climate Change Newsletter offre numerosi dati e temi interessanti sull’impatto ambientale di Euro 2024.
L’erba più verde. Il montepremi di Wimbledon (iniziato il 30 giugno, finale il 13 luglio) è stato aumentato dell'11,9%, raggiungendo una cifra record di 64 milioni di dollari. L'All England Club sta pianificando un ampliamento da 250 milioni di dollari, che includerà un nuovo stadio da 8.000 posti e 39 nuovi campi. Tuttavia, il progetto è ancora in fase di approvazione da parte delle autorità locali e del sindaco di Londra, Sadiq Khan. La domanda di biglietti per Wimbledon ha raggiunto livelli senza precedenti, con un forte interesse sia dal pubblico generale che dalle aziende per le aree hospitality.
Outro
Lo sport nelle elezioni UK
Oggi si tengono le elezioni politiche in Inghilterra. Verranno eletti i componenti della House of Common, la Camera del Parlamento che poi eleggerà il Primo ministro.
In queste settimane ho parlato molto della politica sportiva in Inghilterra. Ma che ruolo ha avuto questo tema nel dibattito elettorale e nei programmi dei partiti?
Sporting Intelligence ha analizzato la situazione partendo da un assunto: nessuno dei principali partiti politici del Regno Unito sembra considerare lo sport come una questione significativa nelle elezioni generali del 2024.
Vi è una sorta di divaricazione: lo sport (il calcio) serve come strumento populista nei momenti di polemica accesa (come nell’aprile 2021) ma poi intervenire su un settore industriale autonomo, ricco e non certo essenziale nella vita di tutti i giorni appare alquanto difficile.
I partiti dedicano pochissime parole allo sport nei loro manifesti, con molte idee vaghe o irrealizzabili.
Tra le cose che ci interessano qui però c’è sostanziale unanimità:
i Conservatori promettono leggi per impedire ai club di calcio inglesi di unirsi a competizioni chiuse;
i Labour promette di introdurre un disegno di legge sulla governance del calcio e di impedire la creazione di una lega chiusa di club selezionati;
nulla sul tema da LibDem e Verdi che si concentrano piuttosto su betting e sport comunitari.
Ora, come queste regole poi vadano a conciliarsi con la libertà d’impresa è tutto da vedere. Perché ok che c’è stata la Brexit, ma non è che ora stanno su Marte, in un paese che fatica a destinare i capitali confiscati dalla cessione del Chelsea, in ossequio alle norme sulla libera circolazione dei capitali, una tale ingerenza sulle attività di libere aziende sembra abbastanza azzardata.
Rimane un dato politico di fatto: in Inghilterra sono poche le voci contrarie ad un regolatore indipendente che lederebbe l’autonomia dello sport.
Tra le voci poche voci contrarie va registrata quella di un piccolo giornale online, PoliticsHome, che ha spiegato bene la situazione.
La proposta di nominare un regolatore indipendente, con poteri di intervenire sugli interessi dei proprietari dei club in nome di un bene superiore, è vista come eccessiva e non paragonabile ai settori regolamentati come acqua, energia e finanza.
Le difficoltà finanziarie dei club non rappresentano una minaccia esistenziale per il calcio, inoltre le restrizioni proposte:
limiterebbero la libertà dei proprietari di spendere e potrebbero ridurre la competizione, ovvero fare l’esatto contrario di quel che si propongono;
potrebbero limitare gli investimenti esteri in entrata, che sono uno dei grandi motivi di crescita del campionato inglese in questi anni;
potrebbero dissuadere gli investimenti necessari per migliorare le strutture e l'esperienza dei tifosi.
Infine la proposta di dare ai tifosi il diritto di veto su cambiamenti rilevanti, come quelli riguardanti gli stadi, solleva questioni sul rispetto dei diritti di proprietà degli investitori e potrebbe risultare costosa per i contribuenti in caso di contenziosi legali.
Se non venissimo da 80 anni di democrazia e principi liberali radicati oggi sarei molto preoccupato da questo populismo dilagante. Posto che già lo sono, lo sarei molto di più.
Ma tant’è: è il mondo in cui viviamo.
A presto!
Giovanni
Molte Federazioni, a partire dalla FIGC, sono un modello in scala ridotta delle strutture e sovrastrutture politiche del nostro Paese. Difficile dunque parlare di autonomia e soprattutto pensare che possano essere espressi contenuti o riforme che abbiano un valore universale anziche' autoreferenziale come d'abitudine. Di conseguenza, l'autonomia dello sport e' quanto di piu' utopistico ci sia in Italia.
Grazie Giovanni per la chiarezza nel trattare certi argomenti. Sto facendo fatica a stare dietro a questi articoli, per mia indole... Però la sensazione, lettera dopo lettera, è che come un novello Virgilio, tu ci stia portando in gironi infernali sempre più profondi...