Di Canio, Leao, il calcio italiano e tutti noi
La polemica è scaturita in seguito alla reazione istintiva del giocatore portoghese, attraverso un post su X, alle parole infelici dell'ex laziale che in molti avevamo già fatto passare in cavalleria
Berlino, 2 settembre 2024
Meglio essere una bandiera della Juve che un gagliardetto della Lazio
(Paolo Di Canio 1 e 2)
Piccola premessa. Di tanto in tanto trovo utile parlare della narrazione calcistica in Italia e non solo (qui l’ultimo esempio: Il calcio in tv: Italia e Inghilterra a confronto) senza alcun intento speculativo o di gossip. Per questo oggi ho scritto di quello che è stato il tema caldo degli ultimi due giorni. Lo dico soprattutto a beneficio dei (tanti, grazie) nuovi iscritti.
Ovviamente i vostri commenti sono sempre altamente apprezzati e benvenuti.
da Il Riformista del 4 settembre 2024
La Serie A delle polemiche è tornata. L’ultima in ordine di tempo riguarda Rafael Leao che ha pubblicato una tristemente famosa fotografia di Paolo Di Canio che fa il saluto romano alla curva della Lazio, in risposta ad una critica dell'ex calciatore espressa durante la trasmissione “Il Club” di Sky.
Di Canio - come molti giornalisti e osservatori - ha criticato il giocatore portoghese e Theo Hernandez per essere rimasti dalla parte opposta del campo, quindi in disparte rispetto alla squadra, durante il cooling break.
Ma a differenza dei molti è andato un po' oltre nei toni.
Il Milan ha minimizzato provando a chiudere un dibattito divampato a livello social-televisivo-giornalistico.
Si è letto di tutto ma certamente le parole più incisive sono arrivate appunto da Paolo Di Canio, che ha detto testualmente in maniera accorata e concitata:
Se succede al dopo lavoro, ai miei amici che stiamo cazzeggiando li a giocare e uno si mette li con la pancia gli dico “ao vie’ qua stiamo parlando tra di noi”. E si paga dieci euro per pagare il campo e non voglio fare populismo.
Ma stiamo parlando di cose serie. Ma questa è una vergogna, questi due giocatori oh, il capitano, il capitano si mette là a parlottare… delegittimazione… come a dire “ma guarda questo…”, ma che stai facendo? I
l mister adesso tranquillo perché lo vedi cosi, ma non lui, i compagni, in spogliatoio può essere chiunque… ma attaccati al muro!
Ma veramente non al livello no che… ma veramente con i cazzottoni. Ma che state facendo oh.
Cioè i compagni di squadra che si sentono magari declassati da loro e dal loro atteggiamento.
Ora, fare del sensazionalismo per il fatto che Di Canio evoca e pare giustificare la possibilità di un regolamento di conti in cui sia ammesso mettere le mani addosso nello spogliatoio del Milan ai due giocatori sarebbe forse eccessivo.
E questo non per il significato letterale delle sue parole, che sul piano puramente lessicale sono gravi, ma per il contesto.
Gli ex calciatori ci hanno abituato nella loro narrazione a giustificare alcune logiche di spogliatoio che a quanto pare hanno vissuto nella loro carriera. E del resto il “tu non hai giocato” e il “tu non sei stato nello spogliatoio” è il primo schermo che mettono tra loro e chi non ha il loro background, non solo tecnico ma anche culturale.
Per loro è giusto così anche se esiste un mondo fuori dalle segrete stanze frequentate dalla loro tribù.
Paolo Di Canio poi non è nuovo a affermazioni di questo tipo. Anni fa - nel periodo pre-Sky - parlando di Mario Balotelli disse che si tratta di
un egoista che pensa che il mondo ruoti intorno a lui ed ha bisogno di schiaffoni se vuole crescere, ma schiaffoni veri, benevoli.
Molti di noi, quindi, prendono queste parole per quello che sono e per chi le ha pronunciate e le contestualizzano minimizzando: “il solito Di Canio”, di cui molti apprezzano pure la schiettezza.
Di Canio a volte fa capire di credere che secondo lui i regolamenti di conti fatti alzando le mani possono avere fini educativi benevoli, efficaci e condivisibili.
Al contempo, peró, Rafael Leao ha tutto il diritto di non accettare questa parte della critica che porta fuori dal il civile confronto.
Ha il diritto di non farsi dire che in risposta a un suo atteggiamento sbagliato i suoi compagni sono legittimati a picchiarlo, attaccarlo al muro e prenderlo a cazzottoni.
Leao reagisce in maniera molto istintiva. E qui sorge qualche dubbio complessivo.
Innanzitutto perché - stando ad alcuni screenshot - la prima versione del suo post sarebbe stata un retweet della stessa immagine postata da un profilo denominato “cardinale porco”, ovvero uno dei tanti profili anonimi che insultano gratuitamente un dirigente, che guarda caso sarebbe Gerry Cardinale, fondatore della RedBird proprietaria del Milan.
Una gaffe social subito corretta da Leao che, avvedutosi, ha scaricato e ripostato l’immagine in prima persona. Ma una gaffe che rivela l’istintività del suo gesto e che in qualche modo ne sminuisce il senso.
Possiamo dedurre che se Leao non si fosse imbattuto in quella vecchia fotografia tutto sarebbe passato in cavalleria, senza alcuna sua reazione?
Viene da pensare che il caso, già chiuso dal Milan, sarebbe stato bypassato anche da Sky (che al momento non si è espressa sull’accaduto), accettando quel tipo di espressioni da un suo opinionista.
E vien da pensare che anche Leao, che non ha scritto un comunicato ragionato, ma come detto nel giro di pochi minuti ha fatto un retweet istintivo e lo ha corretto, avrebbe fatto spallucce sull’accaduto?
Leao da tempo è assai criticato, forse oltre i propri demeriti.
Il portoghese nelle ultime due stagioni è l'unico giocatore ad avere segnato almeno 10 gol e servito almeno 10 assist in Serie A e che dal 22/23 ad oggi Khvicha Kvaratskhelia ha servito 17 assist e solo Rafael Leao (18) ha fatto meglio del georgiano nel massimo campionato in questo fondamentale. Leao non sarà Messi ma dentro un Milan che non è ai suoi massimi storici è il giocatore dal rendimento più elevato. Purtroppo per lui una delle cose assurde del dibattito italiano sul calcio è che non si discute mai sugli scarsi laddove si può migliorare nettamente ma sui giocatori di volta in volta più forti delle squadre perché se fanno 90 non danno 100. Il che non rende nessuno immune da critiche, ma pone tutti nella posizione di contestualizzare, circostanziare e misurare le critiche stesse.
Dopo di che, questi episodi non hanno mai un contorno netto, solo tante sfaccettature che spesso vanno circoscritte a quello che sono.
Dopo di che i processi infiniti, soprattutto condotti dai tribunali del popolo, non sono mai una bella cosa. Spiace, infatti, anche che a Paolo Di Canio venga rinfacciato quell’episodio di 19 anni fa di cui disse nel 2017: “Non rinnego le mie idee, ma il saluto romano sotto la curva Nord. È la cosa di cui mi più mi pento nella mia carriera”.
Molti ricordano quando lui stesso venne prima allontanato e poi reintegrato da Sky per il tatuaggio Dux sull’avambraccio destro a proposito del quale spiegò: “Non lo cancello: quel che mi porto addosso è il simbolo di ciò che sono stato, di quel che ho fatto. Compresi gli errori”.
Accettando questo un editore accetta del suo opinionista anche lo stile, la dialettica e il background culturale che porta ad alcuni eccessi (magari circoscritti, non pericolosi, ma pur sempre eccessi).
Di Canio quel background lo esprime a modo suo, e oggi non possiamo che prendere atto del fatto che il dibattito sportivo italiano è intriso dalla giustificazione di queste logiche di spogliatoio perché dominato dagli ex giocatori che si sono formati mediamente per un decennio dentro quelle logiche.
Del resto nessuno dei presenti al Club ha stigmatizzato le parole di Di Canio e noi tutti possiamo pure dirci un po' ipocriti perché con tutta probabilità senza la reazione istintiva di Leao le avremmo archiviate senza ulteriori approfondimenti.
Perché la verità è che ci siamo abituati, non ci scandalizzano veramente.
Chiediamoci se ad esempio questa logica tribale e questa narrazione tossica del calcio non siano tra le cause che allontanano molti ragazzini. Ne abbiamo discusso quest'estate dopo l'eliminazione della nazionale dagli Europei: non sarà che certi retaggi del passato che tendiamo ad accettare a cuor leggero stiano scavando un solco anche generazionale e che legittimamente qualcuno preferisce non più riconoscersi in questo sport, nella sua narrazione e nelle sue ritualità?
Non l’unica ragione, ci mancherebbe, ma una delle ragioni forse si.
E forse, infine, sarebbe interessante chiedersi se la formula della narrazione calcistica nazionale, fatta in questo modo, con una presenza dilagante di ex calciatori ed ex allenatori a scapito di altre figure professionali non possa essere migliorata.
E questo non perché la presenza di più giornalisti in studio migliori il racconto (siamo una categoria variopinta, per edulcorare il concetto), ma perché una narrazione a più voci, con più sensiblità e retaggi culturali diversi e background formativi più variegati crea sempre un prodotto migliore, più rappresentativo, inclusivo e con più sensibilità coinvolte.
Note a margine.
Segnalazioni. Tre miei interventi in questi giorni.
Emanuele Gullo del collettivo Calcio da Dietro mi ha fatto una lunga intervista sui principali temi dell’attualità economico politica calcistica andata live su Twitch lunedì sera. Preparate i popcorn: la trovate qui e dura un po’.
Il Riformista del 3 settembre ha pubblicato un mio A Tutto Campo sulla Crisi mondiale del mercato dei diritti tv: dallo sport americano alla nostra Serie B.
Luca Momblano mi ha invitato a Juventibus (ah! ma allora sei juventino!!! Ti abbiamo smascheratoh?1?). Ma se mi invitate anche a Milanibus e Interibus vengo pure da voi come mi capita ogni tanto di fare a Calcio Napoli 24, tanto sono antipatico con tutti a prescindere.
Israele. (Inside World Football) Lunedi prossimo l’Italia affronta la nazionale di Israele a Udine nell’ambito della Nations League. Nel frattempo la FIFA ha posticipato a ottobre la decisione sulla richiesta della Palestina di sospendere Israele a causa delle azioni di quest'ultimo a Gaza. La questione doveva essere affrontata a luglio, ma è stata rinviata. La Federazione Palestinese accusa Israele di violazioni del diritto internazionale, discriminazioni contro i giocatori arabi e di operare club in insediamenti illegali. Israele respinge le accuse, ma la Palestina sostiene che più di 90 giocatori palestinesi siano stati uccisi e che le infrastrutture calcistiche siano state devastate.
Rivoluzione NFL. (FOS) I proprietari della NFL hanno approvato l'ingresso di investitori di private equity nelle squadre, permettendo loro di acquisire fino al 10% di una squadra. Questa decisione, presa con un voto quasi unanime, introduce un'importante fonte di capitale nella lega. Tuttavia, solo otto fondi selezionati potranno investire, con restrizioni sul controllo e sulla durata dell'investimento. I fondi saranno usati per ricapitalizzazione, liquidità e progetti legati agli stadi, rispondendo all'esigenza di sostenere i crescenti valori delle franchigie.
Outro.
Luciano Zanchini
Tutti abbiamo un eroe locale che rappresenta o ha rappresentato la nostra terra d’origine, in qualche campo, con particolare merito. Spesso si tratta di figure la cui dimensione rimane relegata al locale oppure alla nicchia sportiva (o culturale) di cui si sono occupati nella vita.
Per chi come me è nato a Orzinuovi e cresciuto a Pompiano, nella Bassa Bresciana, uno degli eroi locali del calcio è stato certamente Luciano Zanchini, allenatore e dirigente che ci ha lasciato a fine 2022.
Lo scorso weekend Orzinuovi lo ha celebrato con il Memorial annuale, a cui era presente anche Cesare Prandelli. E l’ex CT ha concesso una intervista a Bresciaoggi in cui ha dato qualche interessante spunto di riflessione.
Su Zanchini…
Avevamo un rapporto giornaliero e tuttora, quando vedo una partita, mi viene spontaneo dire: cosa direbbe? Da veri amanti del calcio vero, si analizzavano le qualità dei giocatori, i vantaggi e gli svantaggi di farli giocare in determinati ruoli. Era un rapporto di grande amicizia ma anche di profonda cultura calcistica. Luciano Zanchini è stato un fenomeno, un precursore: certe cose spacciate per moderne, lui le faceva in serie C già negli anni '80. (…) Zanchini ha iniziato da presidente, poi è diventato tecnico e poi lo ha fatto in maniera professionale. Insieme abbiamo vinto 2 campionati di B a Verona e Venezia con grande gioia.
Sul calcio italiano…
Ci siamo innamorati del giochismo a scapito della fantasia e dell'imprevedibilità che un ragazzino deve avere. Nei vivai non può essere tutto così schematico. Le qualità individuali sono fondamentali. Noi adesso facciamo fatica a produrre un centravanti, non ci sono più le mezze punte, i giocatori che nell'uno contro uno ti saltano l'uomo. Pensiamo più al sistema di gioco che a far crescere i nostri ragazzi. E questo discorso vale per il settore giovanile, le prime squadre giustamente fanno ciò che vogliono.
…a mali estremi:
Come si può ovviare a questa mancanza di centravanti e di giocatori estrosi? Una cosa drastica: vietare ai settori giovanili la tattica, quantomeno non esasperarla. Non si può ingabbiare un ragazzino in un rigido sistema di gioco, almeno fino ai 15-16 anni. E senza costrizioni del genere, vedrete che le qualità e l'imprevedibilità di un giovane emergono.
Questa sulla tattica è una provocazione in piena regola (le provocazioni per loro natura non vanno applicate alla lettera perché tali sono), ma nelle parole di Prandelli trovo tante analogie con quel che ho detto nelle mie analisi di luglio post eliminazione dell’Italia (qui tutte le 6 puntate). In particolare: I giovani e il calcio: un problema nazionale? e Club e nazionali, due mondi opposti. Ma anche una cosa che va sempre ricordata: non esiste buon merito senza buon metodo, e quindi La sostenibilità aiuta a vincere? Diciamocelo: si.
Anche per oggi è tutto. A presto!
Giovanni
Grande Di Canio, quella del gagliardetto non me la ricordavo haha
sempre un piacere leggere le tue riflessioni