Sport e social media, la rivoluzione silente
Dagli USA all'Europa è in atto un cambiamento che spesso mette audiences e click in posizione prioritaria rispetto alle qualità tecniche: dal NIL alla Kings League, ecco cosa sta succedendo
Brescia, 20 dicembre 2024
Non c’è più né finzione né realtà, l’iperrealtà le abolisce entrambe. (Jean Baudrillard)
Nel mondo come lo abbiamo conosciuto uno sportivo professionista era tale esclusivamente per le proprie qualità tecniche ed il suo seguito era proporzionale al suo livello nella piramide calcistica.
Il seguito, le audiences, erano piramidali e proporzionali alle qualità tecniche.
Oggi non è più così.
Nei giorni scorsi l’articolo "Money Ball: How College Athletes Are Cashing In as Influencers" pubblicato da Hollywood Reporter, ha raccontato come gli atleti universitari stiano monetizzando la loro popolarità attraverso i social media, grazie alle nuove regole che permettono loro di guadagnare dai diritti sul nome, immagine e somiglianza (NIL).
NIL è l’acronimo di Naming, Image, Likeness e fotografa sostanzialmente il valore commerciale degli sportivi americani a livello collegiale: un tempo esclusi dalla possibilità di poter incassare dalla propria attività sportiva, si sono visti spalancare le porte recentemente potendo monetizzare le loro audiences consentendo collaborazioni con marchi e sponsorizzazioni che generano significativi guadagni finanziari.
Questa opportunità ha trasformato molti di loro in influencer, un ruolo che - non serve nemmeno dirlo - ha contenuti diversi rispetto a quelli dello sportivo.
Al centro di tutto sta il concetto di contenuto, che è intrattenimento, contrapposto a quello di notizia e nella fattispecie di notizia sportiva, che ha una portata proporzionale al valore tecnico di quanto esprime.
Per capirci: la finale di Champions League vale più della finale playoff di B… fino al giorno in cui il campionato inferiore non genera audiences superiori, che tuttavia difficilmente possono essere tali per motivi squisitamente tecnici.
La situazione ha portato a un cambiamento nel panorama sportivo universitario, con implicazioni sia positive che negative per gli atleti e le istituzioni coinvolte.
Qualcosa di simile e se possibile ancor superiore succede e succederà in Europa attraverso le leghe di nuova formazione: Kings League, Icon League, Baller League. Sono nomi che forse avete sentito e con cui probabilmente imparerete a convivere.
Sia chiaro, so bene che i contenuti tecnici degli sport collegiali non sono paragonabili al dilettantismo affaristico di questi tornei, ma la dinamica di monetizzazione è simile in quanto legata alle audiences social e ad un certo attivismo mediatico dei protagonisti più che alla pura espressione delle loro performances sul campo.
In qualche modo i tempi erano stati anticipati dal format tv Campioni, trasmesso un paio di decenni fa dalle reti Mediaset, in cui il Cervia provava a salire tra i professionisti decretando il successo d’immagine di alcuni calciatori mediamente scarsi e riempiendo gli impianti di Serie D (ricordo a Brescia tribune provvisorie costruite per l’occasione, che le stesse società non hanno fatto nemmeno quando sono poi salite loro stesse in C) a livelli impensabili senza la mediatizzazione delle partite.
Erano gli anni dei reality show prima che il blob comunicativo dei social ci facesse perdere i confini tra i reality stessi e la vita di tutti i giorni che molti amano rappresentare sulle varie piattaforme.
Tempo fa parlavo con un amico influencer della Youtuber League: il torneo inventato in Italia che fa incontrare squadre in cui militano i vari influencer noti al pubblico social come tifosi di alcune squadre.
“Non mi sarei mai aspettato in vita mia di giocare davanti a tale e tanto pubblico”.
Il successo di pubblico (migliaia di persone) di questo torneo è nell’ordine delle migliaia di persone (in genere mediamente molto giovani): affluenze che le squadre di C, ma a volte anche di B, possono solo sognarsi.
Viviamo nell’epoca dei simulacri, di cui ho parlato sia in “La fine del giornalismo come lo abbiamo conosciuto” in cui tra le altre cose ho scritto:
Per anni elemento di attrazione dei giornali di carta, da sempre figlio di un dio minore, più epico che fattuale, il giornalismo sportivo che abbiamo conosciuto nei decenni scorsi, semplificando direi prima dell’era Internet (dentro un mutamento già avviato da televisioni e radio private) è stato inglobato da social e mondi digitali: non resta che constatarne la metamorfosi.
Non la morte, ma una radicale trasformazione dentro la quale permane un approccio classico destinato a diventare minoritario e di cui forse, presto, perderemo la memoria.
Mentre nell’outro del 19 novembre scorso “Simulacri di sport” in cui parlavo dell’evento Netflix che qualche settimana fa ha coinvolto Mike Tyson ho aggiunto:
Ebbene, per estensione si comincia a vedere questa cosa per estensione nello sport stesso.
Il mio non vuole essere un giudizio di valore su questi eventi ma semplicemente una constatazione
E qui torno alle parole di Jean Baudrillard:
L’era della simulazione è così ovunque aperta dalla commutabilità dei termini un tempo contraddittori o dialetticamente opposti.
Ovunque la medesima ‘genesi dei simulacri’: commutabilità del bello e del brutto nella moda, della sinistra e della destra in politica, del vero e del falso in tutti i messaggi dei media, dell'utile e dell'inutile al livello degli oggetti, della natura e della culturale tutti i livelli della significazione.
Tutti i grandi criteri umanistici del valore, quelli di tutta una civiltà del giudizio morale, estetico, pratico, si cancellano nel nostro sistema d'immagini e di segni.
Tutto diventa indecidibile: è l'effetto caratteristico della dominazione del codice, che ovunque riposa sul principio della neutralizzazione e dell'indifferenza.
Questo è il bordello generalizzato del capitale; non il bordello della prostituzione, ma il bordello della sostituzione e della commutazione.
Note a margine.
Genoa romeno. Con l’acquisizione del 77% del Genoa da parte di Dan Socu e Ion Tiriac (lo storico agente di Boris Becker, oggi 85enne) in seguito ad un aumento di capitale da 45 milioni di euro si è chiusa la vicenda 777 Partners (di cui avevo iniziato a parlare in estate con questo video, se avete tempo prendetevi due popcorn e andate a leggervi i commenti tossici…). Dan Șucu è un imprenditore rumeno nato a Bucarest il 25 aprile 1963, noto principalmente come fondatore di Mobexpert, il più grande marchio di arredamento in Romania con oltre 2.200 dipendenti. Appassionato di sport, è già proprietario del club di calcio Rapid Bucarest, di cui detiene il 90% delle quote.
I playoff di Serie B. Attualmente tra la terza e la quarta di Serie B ci sono 9 punti di distacco: lo Spezia ne ha 34 e la Cremonese 25. Con 17 partite giocate, la proiezione media su 38 gare è di una chiusura a 75 per i liguri e 56 per i lombardi. C’è una probabilità, in sostanza, che quest’anno non si disputino i playoff di Serie B perché da regolamento la terza classificata acquisisce il diritto alla promozione nel caso in cui ci siano 14 punti di distacco dalla quarta. L’unica stagione in cui i playoff non si disputarono fu 2006/07 quando Juventus, Napoli e Genoa conquistarono la promozione diretta.
Newcastle saudita. Lo scontro tra politica e affari nel calcio inglese, in attesa della sentenza sul Manchester City, aumenta di intensità. Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman dovrà sottoporsi al nuovo e più rigoroso test per proprietari e dirigenti della Premier League, in quanto leader del consorzio che ha acquisito il Newcastle United. Questo sviluppo potrebbe mettere in discussione la proprietà saudita del club. La Baronessa Twycross, ministro per il digitale, la cultura, i media e lo sport, ha dichiarato che chiunque eserciti un'influenza significativa su un club dovrà superare il test del regolatore indipendente del calcio, inclusi individui come Bin Salman. La Premier League aveva approvato l'acquisizione del Newcastle nel 2021 dopo aver ricevuto "garanzie giuridicamente vincolanti" che lo Stato saudita non avrebbe controllato il club. Inoltre, è stato sottolineato che qualsiasi atto commesso da un proprietario o direttore in un paese straniero, che violerebbe la legge se commesso nel Regno Unito, potrebbe costituire un motivo di esclusione.
Outro.
Netflix Serie A
Il Secolo XIX ha scritto che Netflix potrebbe prendere i diritti del massimo campionato italiano nel prossimo ciclo commerciale.
Non sappiamo al momento quanto ci sia di vero e se la cosa sia fattibile (i tempi mi sembrano un po’ troppo lunghi per parlare di qualcosa di realmente concreto), ma la voce mi riporta a due valutazioni.
La prima è che a due anni dall’accordo Apple - MLS (di cui parlai tra le altre cose in questo video) che per la prima volta ha portato un intero campionato su una sola piattaforma ovunque nel mondo, quel discorso non ha avuto alcun seguito se non con l’operazione FIFA - DAZN che tuttavia pare più come una mossa politica fuori mercato che come un benchmark a cui fare riferimento in chiave strategica.
La seconda è che rimangono secondo me validi due temi di fondo:
la necessità di allungare i cicli dei diritti, sia nell’interesse delle leghe (garantirsi incassi stabili per più tempo) che dei broadcaster (poter pianificare una strategia di lungo periodo);
la necessità di migliorare l’accessibilità alle competizioni, oggi spezzettata su tantissimi mercati.
Da qualche tempo Netflix sta assaggiando il mercato dello sport in diretta (c’è grande attesa per la NFL che verrà trasmessa il giorno di natale) e molti attendono un approdo anche in Europa.
Non rimane che monitorare attentamente la situazione.
Anche per oggi è tutto. A presto!
Giovanni