[59] Il fallimento cinese nel calcio europeo
Dal piano quinquennale ai disinvestimenti: cos'è successo nell'ultimo decennio e perché i cinesi se ne sono andati perdendo (come nel caso di Milan e Inter) centinaia di milioni.
Amburgo, 25 maggio 2024
Se la Cina apre le sue porte, entreranno inevitabilmente delle mosche.
(Deng Xiaoping)
La chiusura dell’era Zhang all’Inter chiude anche un decennio in cui la Cina ha provato ad acquistare asset calcistici europei al fine di diventare una potenza nel calcio.
La chiamo era Zhang e non Suning perché il periodo è stato diviso in due fasi, la prima più legata agli investimenti dell’azienda, la seconda alla resistenza della famiglia.
Per i cinesi nel calcio europeo è andata male e lo dicono le situazioni che si sono susseguite negli ultimi 5 anni, a cavallo con la pandemia.
Il piano quinquennale del 2015 aveva messo per la prima volta il calcio tra le priorità nazionali.
L’interesse del partito comunista per lo sport era nota da tempo e si era manifestata in particolare con l’attivismo di gruppi come Evergrande.
Già nel luglio 2014 il paese faceva trapelare il proprio interesse a ospitare il Mondiale 2022 qualora fosse saltato il Qatar.
Possiamo distinguere anche qui due fasi, la prima arrivata fino all’incirca a inizio 2019 con investimenti e obiettivi di crescita: acquisto di calciatori e allenatori sul mercato ma anche investimenti in club europei e asset sportivi strategici.
La seconda dal 2019 in poi fatta soprattutto di disinvestimenti.
Ad agosto 2017 il Corriere dello Sport titolava: “Dalla Cina con furore, si sono presi l’Eurocalcio”.
In quel momento i due club di Milano erano in mano di altrettanti investitori cinesi, in Premier League 8 club avevano capitale cinese (tutti di maggioranza, tranne il Manchester City).
Del resto quando il 2 dicembre 2015 Xi Jinping aveva viaggiato in Inghilterra, la tappa più significativa era stata all’Etihad Campus del Manchester City che poche settimane prima aveva aperto il 13% del suo capitale a Citibank.
In quell’occasione venne aperta una linea aerea diretta Manchester - Pechino e la crescita di lì a poco fu esponenziale.
Un anno dopo sarebbe arrivato il colpo più eclatante: il brasiliano Oscar dal Chelsea allo Shanghai Haigang per 60 milioni di euro.
Nel 2018 in Europa si contavano
5 miliardi investiti dai cinesi nel calcio, tra Inghilterra, Italia, Spagna, Olanda e Repubblica Ceca
una dozzina di club controllati
investimenti strategici come quelli del gruppo Wanda (che aveva anche quote dell’Atletico Madrid) in Infront (diritti tv) e di Fosun (che controlla il Wolverhampton) in Gestifute, l’agenzia di Jorge Mendes (procuratore di CR7).
Il link Fosun - Gestifute - Wolverhampton ad oggi sembra essere l’unico di una certa rilevanza a sopravvivere.
Ma perché i cinesi facevano questo?
L’obiettivo era quello di porsi sulla cartina del calcio come superpotenza, ma era anche di importare know how per far crescere il movimento interno, i giovani, la nazionale del paese.
Disse Marco Fassone presentando la nuova proprietà cinese del Milan in conferenza stampa: “Ho capito che loro fanno molto per te se tu fai qualcosa per loro”.
E quel qualcosa era appunto cedere conoscenza (allenatori, metodologie, centri tecnici) per fare in modo che la nazionale entro qualche lustro diventasse tra le prime al mondo.
I cinesi lo hanno fatto in tanti settori economici, ci hanno provato anche nel calcio senza riuscirci.
Al confronto con il capitalismo incontrollato che regna nello sport più popolare del mondo il partito comunista preferì fare diversi passi indietro.
Difficile dire di caso in caso quanto la politica fosse preponderante e quanto lo fossero invece i risultati economici.
Nel caso dell’Inter di Suning ad esempio si deve dire che la società che acquistò il club nerazzurro nel 2016 di fatto venne messa sotto tutela governativa dopo la crisi finanziaria del 2020, e quindi i risvolti politici sono parsi soprattutto un alibi.
Ecco quindi i cinque motivi principali per cui il calcio cinese ha fallito in Europa:
Ritorni finanziari e sportivi deludenti: Le aspettative di ritorni finanziari e di successi sportivi non sono state soddisfatte. Le alte spese non hanno portato ai risultati sperati, né in termini di guadagni né di miglioramento delle prestazioni dei giocatori cinesi. Peraltro va fatto notare come spesso queste economie non abbiano la pazienza di coltivare una crescita lenta ma si aspettino ritorni immediati abbastanza irreali.
Cambio di politica del governo cinese: Il governo cinese ha cambiato rotta, iniziando una significativa de incentivazione degli investimenti del calcio. Le nuove regole imposte, come la rimozione dei nomi dei proprietari dai nomi dei club, hanno causato il ritiro di finanziamenti cruciali.
Investimenti opportunistici senza visione a lungo termine: Molti investitori cinesi hanno cercato di ottenere favori dal governo attraverso investimenti all'estero senza una strategia chiara e sostenibile. Quando non sono riusciti a ottenere i risultati desiderati, hanno rapidamente disinvestito.
Interferenze politiche e repressione: L'intervento dello stato nelle operazioni delle società e l'atteggiamento repressivo verso gli investitori e i tifosi hanno destabilizzato il settore. Gli investitori sono stati costretti a ritirarsi o a vendere le loro partecipazioni a causa della pressione politica.
Mancanza di cultura calcistica consolidata: In Cina, la cultura calcistica è ancora giovane e fragile, e il governo ha sottostimato questo aspetto, pensando a risultati immediati. Le interferenze del governo e la revoca delle licenze hanno alienato i tifosi, portando a proteste e frustrazione. Senza un forte supporto locale e una base solida, il calcio cinese ha faticato a mantenere una crescita stabile e sostenibile.
Mi pare un quadro abbastanza esaustivo di una situazione che si è evoluta assai in fretta, ed assai in fretta ha portato ad un definitivo verdetto: la Cina nel suo piano di espansione calcistica, ha fallito nettamente al primo tentativo.
Non significa che abbia rinunciato.
Ma di certo i passi futuri avranno una progettualità e una attenzione diverse.
Questa settimana
La vittoria dell’Atalanta in Europa League tiene aperto il tema delle squadre italiane nelle prossime coppe europee. Con una postilla: essere in una fascia o nell’altra di Champions l’anno prossimo sarà del tutto ininfluente perché comunque ogni club troverà nel megagirone 2 squadre per ciascuna fascia.
A proposito del successo dell’Atalanta, è bene sottolineare come (legittimamente) il club per competere e crescere abbia dovuto far ricorso anche all’indebitamento. I debiti complessivi - dati dell’ultima semestrale - sono saliti a 185,1 milioni di euro (133,5 milioni al 30 giugno 2023). Questo con buona pace di chi fa del qualunquismo su temi aziendali come questo. Non ci si scappa: se vuoi crescere da qualche parte i soldi li devi prendere.
…intanto i sauditi attraverso il fondo sovrano PIF sono diventati sponsor globale della WTA, includendo il naming rights per il ranking. Nonostante le preoccupazioni di sportwashing e le divergenze sui diritti delle donne, l'accordo offre un aiuto finanziario necessario dopo la fine della collaborazione con la Cina.
L'Arabia Saudita ospiterà tre edizioni delle WTA Finals. Per la WTA un rischio (la dipendenza da un solo Paese) e un’opportunità (i soldi). Vedremo.
Ticketmaster nel mirino dell’antitrust. La crescita di Live Nation, madre di Ticketmaster, ha subito un duro colpo: il Dipartimento di Giustizia USA ha avviato una causa antitrust per pratiche scorrette. La causa mira a separare Ticketmaster e Live Nation, invertendo la fusione del 2010. Il procuratore generale Merrick Garland dichiara: "È ora di ripristinare la concorrenza nell'industria dell'intrattenimento". La causa contro Live Nation potrebbe ridurre i costi dei biglietti per concerti e sport. Il titolo Live Nation chiude in calo del 7.8%.
Su Fubolitix (e Youtube) questa settimana
Lunedi: l’ultima giornata di Bundesliga
Martedi: il dominio del Manchester City
Mercoledi: l’Atalanta, a prescindere da tutto (video)
Outro
Mentre state leggendo questa mail mi trovo ad Amburgo, dove questo pomeriggio iniziano le finali di Europa league di pallamano.
Si comincerà con Flensburg - Dinamo Bucarest, a seguire Berlino - Rhein-Neckar. Domani le finali.
A tal proposito non posso quindi che consigliarvi il podcast di Matteo Serra dedicato alla qualificazione dell’Italia ai mondiali di pallamano che si terranno a gennaio 2025 (inizia al minuto 16).
Non partecipavamo dal 1997.
Tra le altre cose Serra lo definisce: “il più europeo degli sport” per la grande presenza europea ed il domioni delle vittorie ai campionati mondiali.
Condivido molto anche una valutazione che viene fatta: in Italia la pallamano non si è mai sviluppata per un problema infrastrutturale.
E aggiungo: mentre era facile negli spazi angusti delle nostre scuole trovare spazio per una rete da pallavolo (infatti lì siamo campioni del mondo), lo era meno per i 40x20 metri necessari per giocare a handball.
Presto peraltro ci saranno le elezioni federali, e dopo quelle - si spera - l’Italia potrebbe entrare davvero in una nuova era inaugurata con la vittoria di qualche settimana fa sul Montenegro che ci porterà al Mondiale.
E se avete tempo e voglia recuperate anche l’episodio 44 dello stesso podcast in cui Serra parla di professionismo nello sport italiano.
Anche per questa settimana è tutto.
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A presto!
Giovanni
si stanno preparando per la guerra!! come anche noi , PS guarda i pesanti acquisti di ORO>
saluti da Taiwan