[77] Il peccato originale del calcio italiano
Alla radice del problema delle infiltrazioni criminali negli affari delle squadre c'è la natura stessa del modello di business dello sport nazionale e il suo DNA culturale affermatosi 70 anni fa
Berlino, 5 ottobre 2024
Sociologo è colui che va alla partita di calcio per guardare gli spettatori.
(Gesualdo Bufalino)
Prologo
Il calcio italiano, è storia nota, fin dalla notte dei tempi è stato uno sport “panem et circensem” in cui ricchi signori ottenevano l’utilizzo di strutture pubbliche (gli stadi) per creare squadre, sostanzialmente a fondo perduto, guadagnandone fama e gloria personale mediata dall’appartenenza ad un consesso di loro pari (la Lega Calcio) ed in gran parte avallata dal mondo politico nazionale e locale. La formalizzazione dell’esistenza di questo mondo è a inizio anni ‘50, il calciomercato come luogo fisico inventato dall’allora presidente del Palermo, Raimondo Lanza di Trabia (che, non è un dettaglio, poteva fregiarsi del titolo nobiliare di principe) il quale invitava gli altri presidenti di Serie A per trattative e trasfertimenti all’Hotel Gallia di Milano, di sua proprietà. L’Italia è stata a lungo l’unico paese (solo il Messico per imitazione ha qualcosa di simile) in cui il calciomercato è un luogo fisico. Fino al nuovo millennio il modello di business del calcio italiano è stato B2B (business to business): compravendita di calciatori tra ricchi signori nelle vesti di presidenti, al calciomercato. Le perdite erano accettate, i passaggi di società (lo racconta bene Nicola De Ianni nel suo “Il calcio italiano 1898-1981 - Economia e potere”) erano cessioni “tecniche” che avvenivano con una stretta di mano e la sostanziale accettazione dell’acquirente di accollarsi la situazione debitoria precedente. Non era naturalmente l’unico sistema possibile, in Inghilterra il calcio tra le altre cose divenne a fine ‘800 un mezzo attraverso il quale i grandi produttori di birra dominavano il mercato cittadino, perché lo stadio (per lo più di proprietà, non a caso) era di fatto il più grande pub della città. Un modello che per contrapposizione possiamo definire business to consumer (B2C) perché orientato in maniera non mediata a incassare dal tifoso consumatore.
In Italia, l’accettazione di un conto economico sempre in perdita, e di un modello non sostenibile secondo le normali logiche aziendali, che sopportava le perdite in cambio di profitti alternativi (favori politici, agevolazioni imprenditoriali, prestigio personale) negli anni ha portato alla totale sottovalutazione della principale leva storica dello show business sportivo, ovvero l’attività dello stadio, che garantisce introiti attraverso la vendita di biglietti, ristorazione, parcheggi, merchandising del club. La maggior parte dei soldi arrivava dal Totocalcio, qualche sponsor, il patrimonio dei presidenti.
Dentro questa logica i club italiani hanno sempre accettato di buon grado di cedere parti dei loro business (che percepivano quasi come un fastidio accessorio) a interlocutori che li sollevassero dal dover investire in qualcosa che non fosse il campo. A inizio anni ‘80 non esistevano i negozi dei club, i tifosi organizzati erano più sensibili alla produzione di merchandising, occupando una parte inesplorata del business. Abituati come erano, da una parte ad interfacciarsi con pochi interlocutori liberi di fare i propri interessi al livello sottostante (tipico del B2B) e dall’altra ad accettare che i ritorni dell’attività sportiva spesso non fossero economici ma indiretti, come detto, i presidenti accettarono di buon grado di lasciare alcuni ambiti agli interessi dei tifosi. Il tifo organizzato - nato nell’accezione moderna ad inizio anni ‘70 - ripagava indirettamente, garantendo colore allo stadio, e divenendo parte della costituzione del brand e dell’identità della società, oltre ad essere sempre presente a supporto delle vittorie (la retorica dell’irrinunciabile dodicesimo uomo in campo). Per questo lo scambio poteva sembrare equo.
Non so se sia nato prima l’uovo (il tifo organizzato fine a sé stesso) o la gallina (la sua deviazione affaristica), ma con certezza possiamo dire che molto di ciò a cui stiamo assistendo in questi anni nei rapporti società - tifo organizzato è l’escalation di una serie di errori: una errata percezione del proprio orizzonte aziendale, la sottovalutazione del problema alla radice, il perfetto match tra questi errori strategici e gli appetiti della criminalità italiana, che nello stadio peraltro ha spesso trovato un ambiente “a sovranità sospesa”, dove tutto o quasi è concesso.
Questo mix ha causato, in ultima analisi, anche una grossa parte della crisi del nostro calcio negli ultimi 20 anni: quando i grandi club di Inghilterra (già dagli anni ‘90), Spagna e Germania (dai primi 2000) si sono industrializzati, investendo autonomamente e massicciamente nello sviluppo di tutte le aree di business, i nostri club non solo erano impreparati (tranne in un caso), ma si sono trovati a pagare storiche carenze strutturali (gli stadi, le reti distributive), ed hanno visto aumentare via via il divario perché investire in esse avrebbe significato fare due passi indietro nello sviluppo sportivo e dedicare risorse a una visione di più lungo periodo. Ed infatti cosa contestano spesso gli ultras alle società? Il fatto di trattare i tifosi come clienti. Certo, perché quelli sono “i loro” clienti e tali devono rimanere.
I rapporti club - tifo organizzato, sono sempre stati negati e sempre esistiti, ma qui finisce la generalizzazione (sabato scorso parlavo di chi, per evitare certi contatti indesiderati, preferisce legittimamente fare calcio in comuni piccoli, senza bacino d’utenza e tradizione). L’emersione di questi rapporti, invece, va ricondotta esclusivamente alle singole fattispecie (ed avviene per denuncia, per indagine o in seguito a fatti criminosi, finanche delittuosi, definendo diversi livelli di colpevolezza o connivenza). Ma l’impressione è che davvero in pochi, nel mondo del calcio, possano dirsi a cuor leggero totalmente estranei, o inconsapevoli della genesi di un fenomeno che, in questi ultimi anni, stiamo vedendo nella sua degenerazione.
Zico. C’è una storica intervista al Messaggero Veneto che per me è una pietra miliare del racconto sul business calcistico in Italia a inizio anni ‘80. Risale al 9 ottobre 2015 e l’intervistato, Stefano Mazza, racconta come il padre, Lamberto Mazza, presidente dell’Udinese dal 1981 al 1986 comprò Arthur Antunes Coimbra “Zico” nell’estate del 1983 quando il calciatore veniva da 3 campionati brasiliani (80, 82, 83), una Copa Libertadores (81) e una Coppa Intercontinentale (81) vinte nei 4 anni precedenti, ed era a buona ragione considerato da molti il miglior giocatore al mondo. È una lucida rappresentazione di come il calcio B2B di cui parlavo nel Prologo iniziò ad evolversi nei primi anni ‘80. Non a caso sempre Nicola De Ianni nel suo Storia del Calcio Italiano ferma al 1981 (riapertura delle frontiere) l’età artigianale del calcio per far iniziare da quel momento una nuova storia che porta idealmente a fine secolo e dentro cambiamenti epocali come la Legge Bosman e la nuova Champions League ai giorni nostri.
Vuol dirci che Zico lo comprò suo padre?
«Sì, all’epoca il suo patrimonio era considerevole. Pagammo Zico 4 miliardi di lire. Grazie alla Grouping di Londra, che pagava il Flamengo grazie alla vendita dell’immagine del calciatore ad aziende che noi gli procuravamo, come ad esempio Agfacolor o Diadora».
Un’operazione miracolosa...
«Pagammo il Galinho 9 milioni di euro attuali. L’avvocato Agnelli disse a mio padre: se avessi saputo che costava così poco l’avrei preso io Zico».
Scommesse in crescita. In vista del divieto delle sponsorizzazioni delle magliette delle squadre di Premier League da parte delle aziende di scommesse, che entrerà in vigore nel 2026, cresce la pressione da parte dell’industria del betting. Un recente studio dell'Università di Bristol ha rivelato che il numero di annunci pubblicitari legati al gioco d'azzardo è aumentato del 240% durante il weekend inaugurale della stagione 2024-2025 della Premier League. Sono stati registrati quasi 30.000 messaggi pubblicitari legati al gioco d'azzardo su TV, radio e social media, triplicando rispetto all'anno precedente. I dati sollevano preoccupazioni per l'inefficacia dell'autoregolamentazione dell'industria del gioco d'azzardo, in particolare per il crescente utilizzo dei social media per raggiungere giovani e bambini attraverso forme di marketing poco riconoscibili come pubblicità.
La zona grigia. Sorare, piattaforma di sport fantasy basata su blockchain, è sotto inchiesta da parte della UK Gambling Commission (UKGC) per presunta fornitura di servizi di gioco d'azzardo non autorizzati. Ne scrive SportsProMedia raccontando che il caso, che sarà discusso in tribunale, riguarda l'uso da parte di Sorare di token non fungibili (NFT) nelle sue competizioni di calcio fantasy. I giocatori utilizzano carte digitali NFT per creare squadre fantasy, il cui valore può aumentare in base alle prestazioni reali degli atleti. La UKGC sostiene che queste operazioni rientrano nelle leggi sul gioco d'azzardo, mentre Sorare nega fermamente, affermando che la sua piattaforma non è un servizio di gioco d'azzardo. Questo caso mette in evidenza le sfide normative legate agli NFT e ai collezionabili digitali, specialmente negli sport fantasy. Sorare, che collabora con importanti leghe sportive come la Premier League, ha affrontato problemi legali simili in Francia, riuscendo a risolverli fuori dal tribunale
Rugby crack. La situazione finanziaria dei club della Premiership di rugby inglese è estremamente critica. Un recente rapporto indipendente ha rivelato che sette dei dieci club sono tecnicamente insolventi, il che significa che le loro attività non sono sufficienti a coprire i debiti. Questi club dipendono fortemente dal supporto finanziario dei loro proprietari per rimanere operativi. Nel 2022/23, nessun club ha registrato profitti, con perdite collettive superiori a 30 milioni di sterline e debiti complessivi che hanno raggiunto 311 milioni di sterline. Le cause principali includono salari elevati e costi operativi fuori controllo, con alcune squadre che spendono più del 75% dei loro ricavi in stipendi. Le recenti bancarotte di club storici come Wasps, Worcester Warriors e London Irish hanno aggravato le preoccupazioni per il futuro del rugby inglese. Nonostante il successo sul campo e l'aumento del coinvolgimento digitale, il modello attuale è considerato insostenibile e molti esperti invocano riforme radicali per salvare lo sport da un futuro finanziario incerto.
Newcastle stadium. Il Newcastle United potrebbe affrontare costi fino a 1 miliardo di sterline per il progetto di riqualificazione di St. James' Park. Lo stadio è stato di proprietà pubblica fino all’arrivo del fondo PIF nel club che lo ha acquistato contestualmente alla società calcistica. Il piano prevede l'espansione della capacità dello stadio a oltre 60.000 posti, con interventi sulle tribune East Stand e Gallowgate End. Anche la modernizzazione delle sezioni Milburn e Leazes End è in valutazione. Il club sta ancora decidendo se procedere con la riqualificazione o costruire un nuovo stadio, e la decisione sarà presa con la consulenza dei tifosi. Ad oggi considero personalmente lo stadio del Newcastle quello con la miglior atmosfera in Premier League, secondo solo a Celtic Park se si allarga all’intera Gran Bretagna.
Sport ringiovaniti. Negli anni scorsi si è parlato spesso del rilancio della Formula 1 (sport di cui non so nulla perché non mi piacciono i motori e le cose veloci in generale) grazie a una serie Netflix di successo. Un nuovo caso di studio può ora riguardare il baseball americano, che peraltro contiene alcuni passaggi potenzialmente utili anche al calcio. La Major League Baseball (MLB) ha concluso la stagione regolare del 2024 con un aumento della partecipazione e una riduzione dei tempi di gioco, rafforzando il successo delle modifiche alle regole introdotte nel 2023. L'affluenza totale ha raggiunto 71,35 milioni di spettatori, con un incremento dello 0,85% rispetto all'anno precedente, consolidando il primo aumento consecutivo di presenze dal 2011-2012. Inoltre, la durata media delle partite è scesa a 2 ore e 36 minuti, la più breve dal 1984. Le modifiche alle regole, come il cronometro per i lanci e l'allargamento delle basi, hanno contribuito a rendere le partite più dinamiche, aumentando anche il numero di basi rubate (MLB.com). Anche l'audience televisiva ha registrato una crescita significativa. ESPN, FOX e altri canali hanno visto aumentare gli ascolti delle partite di apertura, con incrementi dal 14% al 17% rispetto alla stagione precedente (MLB.com). Questi risultati evidenziano come le nuove regole abbiano contribuito a coinvolgere più pubblico giovane e a migliorare l'esperienza complessiva dei fan.
Italia 2029. L'Italia si è candidata per ospitare il Campionato Europeo femminile del 2029. Gli altri dossier vengono da Germania, Polonia, Portogallo mentre Danimarca e Svezia hanno presentato una candidatura congiunta. La FIGC, che co-ospiterà gli Europei maschili nel 2032 con la Turchia, ha promesso che i campi selezionati saranno diversi rispetto a quelli maschili, sottolineando l'importanza dell'evento per il calcio femminile. L'evento potrebbe dare una grande spinta allo sviluppo del calcio femminile in Italia. La decisione finale sarà presa nel dicembre 2025.
Volleyballworld. Se come me siete appassionati di pallavolo la vostra vita sociale è a forte rischio dopo che VolleyballWorld ha annunciato l’acquisizione dei diritti internazionali della Plusliga e della Tauronliga polacche. Questa collaborazione permetterà di raggiungere un pubblico globale, aumentando la visibilità di entrambe le leghe oltre il loro attuale seguito in Polonia. VBTV già include molte competizioni di alto livello tra cui naturalmente la Superlega Italiana.
Epilogo
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Campionato a Forza 4. Per la prima volta da inizio stagione Napoli, Juve, Milan e Inter ottengono 12 punti su 12 nella stessa giornata: è il segnale che aspettavamo, ora sarà una lunga battaglia fino allo Scudetto.
Come l'IA cambia lo sport che vediamo. La crisi dei diritti tv può essere una grande opportunità per introdurre novità sia tecnologiche che di formato: personalizzazione si, ma anche spostamento dai broadcaster alle piattaforme.
È nata la Juve di Thiago Motta. A Lipsia una prestazione monumentale: non esistono numeri che possano fotografare una partita giocata con una maturità superiore anche alla propria consapevolezza, ma ispirata dalle scelte del tecnico.
Ultras, narrazione di un fenomeno tutto italiano. Si può essere imparziali quando c'è di mezzo la propria squadra e si ricoprono ruoli socialmente rilevanti? E possono gli addetti ai lavori chiamarsi fuori evitando connivenze?